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  Quali possono essere le vie di questa guarigione? Considerare ed analizzare i problemi inerenti alla relazione dei sessi solo a partire da una situazione segnata dal peccato porterebbe necessariamente il pensiero a ritornare agli errori precedentemente accennati.


Bisogna dunque rompere questa logica di peccato e cercare una via d'uscita che permetta di eliminarla dal cuore dell'uomo peccatore. Un orientamento chiaro in questo senso viene offerto dalla promessa divina di un Salvatore, nella quale sono impegnati la «donna» e la sua «stirpe» (cfr Gn 3,15). È una promessa che prima di realizzarsi conosce una lunga preparazione nella storia.


9. Una prima vittoria sul male è rappresentata dalla storia di Noè, uomo giusto, che, guidato da Dio, sfugge al diluvio con la sua famiglia e con le diverse specie di animali (cfr Gn 6-9). Ma è soprattutto nella scelta divina di Abramo e della sua discendenza (cfr Gn 12,1ss) che la speranza di salvezza si conferma. Dio comincia così a svelare il suo volto, affinché attraverso il popolo eletto l'umanità apprenda la via della somiglianza divina, cioè della santità, e quindi del cambiamento del cuore. Tra i molti modi in cui Dio si rivela al suo popolo (cfr Eb 1,1), secondo una lunga e paziente pedagogia, vi è anche il riferimento ricorrente al tema dell'alleanza dell'uomo e della donna. Ciò è paradossale, se si considera il dramma rievocato dalla Genesi e la sua replica molto concreta al tempo dei profeti, come pure la mescolanza fra sacro e sessualità presente nelle religioni che circondano Israele. Eppure questo simbolismo appare indispensabile per comprendere il modo con cui Dio ama il suo popolo: Dio si fa conoscere come Sposo che ama Israele, sua Sposa.


Se in questa relazione Dio viene descritto come «Dio geloso» (cfr Es 20,5; Na 1,2) ed Israele denunciato come Sposa «adultera» o «prostituta» (cfr Os 2,4-15; Ez 16,15-34) il motivo è che la speranza, rafforzata dalla parola dei profeti, è proprio di vedere la nuova Gerusalemme diventare la sposa perfetta: «come un giovane sposa una vergine, così ti sposerà il tuo architetto; come gioisce lo sposo per la sposa, così il tuo Dio gioirà per te» (Is 62,5). Ricreata «nella giustizia e nel diritto, nella benevolenza e nell'amore» (Os2,21), colei, che si era allontanata per cercare la vita e la felicità negli dèi falsi, ritornerà e, a Colui che parlerà al suo cuore, «canterà come nei giorni della sua giovinezza» (Os 2,17) e lo udrà dichiarare: «tuo sposo è il tuo creatore» (Is 54,5). È in sostanza lo stesso dato che si afferma quando, parallelamente al mistero dell'opera che Dio realizza attraverso la figura maschile del Servo sofferente, il libro di Isaia evoca la figura femminile di Sion adornata di una trascendenza e di una santità che prefigurano il dono della salvezza destinata ad Israele.


Il Cantico dei Cantici rappresenta senza dubbio un momento privilegiato nell'uso di questa modalità di rivelazione. Nelle parole di un amore umanissimo che celebra la bellezza dei corpi e la felicità della ricerca reciproca, si esprime altresì l'amore divino per il suo popolo. La Chiesa non si è dunque ingannata quando ha riconosciuto nell'audacia di unire, attraverso l'impiego delle medesime espressioni, ciò che vi è di più umano a ciò che vi è di più divino, il mistero della sua relazione col Cristo.


Lungo tutto l'Antico Testamento si configura una storia di salvezza che mette simultaneamente in gioco la partecipazione del maschile e del femminile. I termini di sposo e sposa o anche di alleanza, con i quali si caratterizza la dinamica della salvezza, pur avendo un'evidente dimensione metaforica, sono molto più che semplici metafore. Questo vocabolario nuziale tocca la natura stessa della relazione che Dio stabilisce con il suo popolo, anche se questa relazione è più ampia di ciò che può sperimentarsi nell'esperienza nuziale umana. Parimenti, le stesse condizioni concrete della redenzione sono in gioco, nel modo in cui oracoli come quelli di Isaia associano ruoli maschili e femminili nell'annuncio e nella prefigurazione dell'opera della salvezza che Dio sta per compiere. Tale salvezza orienta il lettore sia verso la figura maschile del Servo sofferente, sia verso la figura femminile di Sion. Gli oracoli di Isaia infatti alternano questa figura con quella del Servo di Dio, prima di culminare, nella finale del libro, con la visione misteriosa di Gerusalemme che partorisce un popolo in un solo giorno (cfrIs 66,7-14), profezia della grande novità che Dio sta per realizzare (cfr Is 48,6-8).


10. Nel Nuovo Testamento tutte queste prefigurazioni trovano il loro compimento. Da una parte Maria, come eletta figlia di Sion, nella sua femminilità, ricapitola e trasfigura la condizione di Israele/Sposa in attesa del giorno della sua salvezza. Dall'altra, la mascolinità del Figlio permette di riconoscere come Gesù assuma nella sua persona tutto ciò che il simbolismo antico-testamentario aveva applicato all'amore di Dio per il suo popolo, descritto come l'amore di uno sposo per la sua sposa. Le figure di Gesù e di Maria, sua Madre, non soltanto assicurano la continuità dell'Antico Testamento con il Nuovo, ma lo superano, dal momento che con Gesù Cristo appare — come dice Sant'Ireneo — «ogni novità».13


Questo aspetto è messo in particolare evidenza dal Vangelo di Giovanni. Nella scena delle nozze di Cana, per esempio, Gesù è sollecitato da sua madre, chiamata «donna», a offrire come segno il vino nuovo delle future nozze con l'umanità (cfr Gv 2,1-12). Queste nozze messianiche si realizzeranno sulla croce dove, ancora in presenza della madre, indicata come «donna», sgorgherà dal cuore aperto del Crocifisso il sangue/vino della Nuova Alleanza (cfrGv 19,25- 27.34).14 Non c'è dunque niente di sorprendente se Giovanni Battista, interrogato sulla sua identità, si presenti come «l'amico dello sposo», che gioisce quando ode la voce dello sposo e deve eclissarsi alla sua venuta: «Chi possiede la sposa è lo sposo; ma l'amico dello sposo, che è presente e l'ascolta, esulta di gioia alla voce dello sposo. Ora questa mia gioia è compiuta. Egli deve crescere e io invece diminuire» (Gv3,29-30).15


Nella sua attività apostolica, Paolo sviluppa tutto il senso nuziale della redenzione concependo la vita cristiana come un mistero nuziale. Scrive alla Chiesa di Corinto da lui fondata: «Io provo infatti per voi una specie di gelosia divina, avendovi promessi a un unico sposo, per presentarvi quale vergine casta a Cristo» (2Cor 11,2).


Nella Lettera agli Efesini la relazione sponsale fra Cristo e la Chiesa viene ripresa e approfondita con ampiezza. Nella Nuova Alleanza la Sposa amata è la Chiesa, e — come insegna il Santo Padre nella Lettera alle famiglie — «questa sposa, di cui parla la Lettera agli Efesini, si fa presente in ogni battezzato ed è come una persona che si offre allo sguardo del suo Sposo: “Ha amato la Chiesa e ha dato se stesso per lei... al fine di farsi comparire davanti la sua Chiesa tutta gloriosa, senza macchia né ruga o alcunché di simile, ma santa e immacolata” (Ef 5,25-27)».16


Meditando quindi sull'unione dell'uomo e della donna come è descritta al momento della creazione del mondo (cfr Gn 2,24), l'Apostolo esclama: «Questo mistero è grande: lo dico in riferimento a Cristo ed alla Chiesa!» (Ef 5,32). L'amore dell'uomo e della donna vissuto nella forza della vita battesimale diventa ormai sacramento dell'amore del Cristo e della Chiesa, testimonianza resa al mistero di fedeltà e di unità da cui nasce la «nuova Eva» e di cui questa vive nel suo cammino sulla terra in attesa della pienezza delle nozze eterne.


11. Inseriti nel mistero pasquale e resi segni viventi dell'amore del Cristo e della Chiesa, gli sposi cristiani sono rinnovati nel loro cuore e possono sfuggire ai rapporti segnati dalla concupiscenza e dalla tendenza all'asservimento che la rottura con Dio a causa del peccato aveva introdotto nella coppia primitiva. Per essi la bontà dell'amore, di cui il desiderio umano ferito aveva conservato la nostalgia, si rivela con accenti e possibilità nuove. È in questa luce che Gesù, di fronte alla domanda sul divorzio (cfr Mt 19,3- 9), può ricordare le esigenze dell'alleanza tra l'uomo e la donna come volute da Dio all'origine, ovvero prima dell'insorgere del peccato che aveva giustificato gli accomodamenti successivi della legge mosaica. Lungi dall'essere l'imposizione di un ordine duro ed intransigente, questa parola di Gesù è in effetti l'annuncio di una «buona notizia», quella della fedeltà, più forte del peccato. Nella forza della risurrezione è possibile la vittoria della fedeltà sulle debolezze, sulle ferite subite e sui peccati della coppia. Nella grazia del Cristo che rinnova il loro cuore, l'uomo e la donna diventano capaci di liberarsi dal peccato e di conoscere la gioia del dono reciproco.


12. «Quanti siete stati battezzati in Cristo, vi siete rivestiti di Cristo... non c'è più uomo né donna», scrive San Paolo ai Galati (3,27-28). L'Apostolo non dichiara qui decaduta la distinzione uomo-donna che altrove dice appartenere al progetto di Dio. Ciò che vuole dire è piuttosto questo: nel Cristo, la rivalità, l'inimicizia e la violenza che sfiguravano la relazione dell'uomo e della donna sono superabili e superate. In questo senso, è più che mai riaffermata la distinzione dell'uomo e della donna, che, del resto, accompagna fino alla fine la rivelazione biblica. Nell'ora finale della storia presente, mentre si profilano nell'Apocalisse di Giovanni «un cielo nuovo» e «una nuova terra» (Ap21,1), viene presentata in visione una Gerusalemme femminile «pronta come una sposa adorna per il suo sposo» (Ap 21,2). La rivelazione stessa si conclude con la parola della Sposa e dello Spirito che implorano la venuta dello Sposo: «Vieni, Signore Gesù» (Ap 22,20).


Il maschile ed il femminile sono così rivelati come appartenenti ontologicamente alla creazione, e quindi destinati a perdurare oltre il tempo presente, evidentemente in una forma trasfigurata. In tal modo caratterizzano l'amore che «non avrà mai fine» (1 Cor 13,8), pur rendendosi caduca l'espressione temporale e terrena della sessualità, ordinata ad un regime di vita contrassegnato dalla generazione e dalla morte. Di questa forma di esistenza futura del maschile e del femminile, il celibato per il Regno vuole essere la profezia. Per coloro che lo vivono esso anticipa la realtà di una vita che, pur restando quella di un uomo e di una donna, non sarà più soggetta ai limiti presenti della relazione coniugale (cfr Mt 22,30). Per coloro che vivono la vita coniugale, inoltre, tale stato diventa richiamo e profezia del compimento che la loro relazione troverà nell'incontro faccia a faccia con Dio.


Distinti fin dall'inizio della creazione e restando tali nel cuore stesso dell'eternità, l'uomo e la donna, inseriti nel mistero pasquale del Cristo, non avvertono quindi più la loro differenza come motivo di discordia da superare con la negazione o con il livellamento, ma come una possibilità di collaborazione che bisogna coltivare con il rispetto reciproco della distinzione. Di qui si aprono nuove prospettive per una comprensione più profonda della dignità della donna e del suo ruolo nella società umana e nella Chiesa.


 



 


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)