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Danilo Quinto. Se si fa il contrario di quello che faceva Gesù.....


 




Accanto a Gesù, che sceglie di affrontare il martirio sulla Croce, ci sono due persone, nella stessa situazione. La prima Lo insulta e bestemmia. La seconda, si pente dei suoi peccati. Così, il buon ladrone si salva, «si aggrappa all’unica speranza che gli era rimasta», scrive Giuseppe Ricciotti e riceve più di quanto ha chiesto. Il buon ladrone soffre sulla croce, ma al contrario dall’altro, non si dispera. Condivide la Croce di Cristo e sa, dopo le parole che gli sono state rivolte, che quella Croce lo condurrà in Paradiso. Sembra che, con la mano destra, voglia impedire che la lancia del soldato romano colpisca Cristo, mentre, con la sinistra, si aggrappa a chi lo ha salvato.

 

Se non si considera il pentimento e non gli si dà il giusto valore - si abolisce anche il peccato, che è una scelta cosciente. Un atto di volontà egoistico - che si contrappone a Dio, alla Sua legge e quindi alla Verità, quella che Gesù ha rivelato - che si rivolge anche contro il prossimo e contro se stessi. È il pentimento dei propri peccati, la via attraverso la quale si può ricevere la misericordia di Dio e, quindi, la salvezza. Dare per sottintesa la questione del pentimento, significa non considerare che alla fine dei tempi la porta sarà comunque stretta per coloro che su questa terra avranno negato Dio. «Non posso più trattenere a lungo il braccio della giustizia di mio figlio, che è già troppo pesante», disse la Santa Vergine a Fatima. Nel Vangelo, la questione del pentimento è sempre presente negli incontri che Gesù ha con le persone. Sono incontri rivolti solo a questo: alla conversione del peccatore e alla sua salvezza. A null’altro.


 

È la storia di San Matteo – l’esattore dei tributi per conto dei Romani, un ufficio odiato, ma anche ambito per la facilità con cui ci si arricchiva nel svolgerlo - così descritta da Beda il Venerabile: «Gesù vide un uomo, chiamato Matteo, seduto al banco delle imposte, e gli disse: "Seguimi" (Mt 9, 9). Vide non tanto con lo sguardo degli occhi del corpo, quanto con quello della bontà interiore. Vide un pubblicano e, siccome lo guardò con sentimento di amore e lo scelse, gli disse: "Seguimi". Gli disse "Seguimi", cioè imitami. Seguimi, disse, non tanto col movimento dei piedi quanto con la pratica della vita. Infatti "chi dice di dimorare in Cristo, deve comportarsi come lui si è comportato" (1 Gv 2, 6). "Ed egli si alzò, prosegue, e lo seguì " (Mt 9, 9). Gesù lo guardò con sentimento di pietà e lo scelse. Non c'è da meravigliarsi che un pubblicano alla prima parola del Signore, che lo invitava, abbia abbandonato i guadagni della terra che gli stavano a cuore e, lasciate le ricchezze, abbia accettato di seguire colui che vedeva non avere ricchezza alcuna. Infatti lo stesso Signore che lo chiamò esternamente con la parola, lo istruì all'interno con un'invisibile spinta a seguirlo. Infuse nella sua mente la luce della grazia spirituale con cui potesse comprendere come colui che sulla terra lo strappava alle cose temporali, era capace di dargli in cielo tesori incorruttibili».

 

È la storia di Zaccheo: «Entrato in Gerico, Gesù attraversava la città. Ed ecco un uomo, chiamato Zaccheo, che era sovrintendente degli esattori del fisco e ricco, cercava di vedere chi era Gesù, ma non ci riusciva a causa della folla perché era piccolo di statura. Corse dunque avanti e per poterlo vedere salì sopra un sicomoro, perché doveva passare di là. Quando Gesù arrivò sul posto, alzò lo sguaïrdo, e gli disse: Zaccheo, presto, vieni giù perché oggi debbo fermarmi a casa tua. Egli discese in fretta e lo accolse con gioia in casa. E tutti, vedendo ciò, incominciarono a mormorare dicendo: È andato ad alloggiare in casa di un peccatore. Ma Zaccheo, fattosi avanti, disse al Signore: Ecco, Signore, la metà dei miei beni la dono ai poveri, e a quelli che ho frodato restituisco il quadruplo. Disse allora Gesù a lui: Oggi in questa casa è entrata la salvezza, perché anche lui è figlio di Abramo. Il Figlio dell'uomo infatti è venuto a cercare e a salvare ciò che era perduto» (Lu, 19,1-10). È immediata la risposta di Zaccheo al dono della Grazia: dichiara di essere in peccato (dice di aver frodato), si pente e vuole riparare, sanando l’ingiustizia che ha commesso.

 

È la storia dell’adultera: «Gesù si avviò verso il monte degli Ulivi. Ma al mattino si recò di nuovo nel tempio e tutto il popolo andava da lui. Ed egli sedette e si mise a insegnare loro. Allora gli scribi e i farisei gli condussero una donna sorpresa in adulterio, la posero in mezzo e gli dissero: "Maestro, questa donna è stata sorpresa in flagrante adulterio. Ora Mosè, nella Legge, ci ha comandato di lapidare donne come questa. Tu che ne dici?". Dicevano questo per metterlo alla prova e per avere motivo di accusarlo. Ma Gesù si chinò e si mise a scrivere col dito per terra. Tuttavia, poiché insistevano nell'interrogarlo, si alzò e disse loro: "Chi di voi è senza peccato, getti per primo la pietra contro di lei". E, chinatosi di nuovo, scriveva per terra. Quelli, udito ciò, se ne andarono uno per uno, cominciando dai più anziani. Lo lasciarono solo, e la donna era là in mezzo. Allora Gesù si alzò e le disse: "Donna, dove sono? Nessuno ti ha condannata?". Ed ella rispose: "Nessuno, Signore". E Gesù disse: "Neanch'io ti condanno; va' e d'ora in poi non peccare più"» (Gv 8,1-11). Gesù - che viene messo alla prova da persone che, in forza di quel che prevede la legge per una persona che si macchia di adulterio, intendono lapidarla - insegna che se si può giudicare il peccato, non si può esprimere un giudizio sulla persona che pecca, perché il giudizio spetta a Dio; libera la donna dalle sue colpe e la perdona, dopo che lei l’ha riconosciuto come Signore, che è un titolo messianico; chiama ancora peccato il comportamento che la donna ha commesso, non ne minimizza le conseguenze e la invita a non peccare più.

 

È la storia della donna cananea (Mt.15,21-28). La commenta così Beda il Venerabile: «Il Vangelo offre alla nostra considerazione la grande fede, la sapienza, la perseveranza e l’umiltà della Cananea. Questa donna era dotata di una pazienza non comune. Alla sua prima richiesta, il Signore non risponde nulla (Mt 15,23). Ciò nonostante, continua a implorare con insistenza il soccorso della sua bontà... O donna, grande è la tua fede; ti sia fatto come desideri (Mt 15,28). Sì, possiede una grande fede. Pur non conoscendo né gli antichi profeti né i recenti miracoli del Signore, né i suoi comandamenti e le sue promesse, e in più respinta da lui, ella persevera nella sua richiesta, non smette di insistere con colui che la fama gli aveva indicato come il Salvatore. E così la sua preghiera viene esaudita in modo strepitoso. Il Signore le dice: Ti sia fatto come desideri; e in quel momento la figlia della donna guarì. Quando qualcuno ha la coscienza macchiata dall’egoismo, dall’orgoglio, dalla vanagloria, dalla collera, dalla gelosia o da qualche altro vizio, ha, come quella Cananea, una figlia crudelmente tormentata da un demonio (Mt 15,22).

Corra perciò a supplicare il Signore di guarirla... e lo faccia con umile sottomissione; non si giudichi degno di partecipare alla sorte delle pecorelle d’Israele, delle anime pure, e si consideri indegno della ricompensa del cielo. La disperazione tuttavia non lo spinga a desistere dalla preghiera, ma abbia una fiducia incrollabile nell’immensa bontà del Signore. Colui che ha potuto trasformare un ladrone in un confessore della fede, un persecutore in apostolo e semplici pietre in figli di Abramo, sarà anche capace di trasformare un cagnolino in una pecorella d’Israele... Vedendo l’ardore della nostra fede e la tenacità della nostra perseveranza nella preghiera, il Signore finirà per aver pietà di noi e ci accorderà quello che desideriamo. Una volta messa da parte l’agitazione dei nostri cattivi sentimenti e sciolti i nodi dei nostri peccati, la serenità di spirito tornerà in noi unitamente alla possibilità di agire correttamente. Se, nell’esempio della Cananea, persevereremo nella preghiera con fede incrollabile, la grazia del nostro Creatore verrà in noi, correggerà in noi tutti gli errori, santificherà tutto ciò che è impuro, pacificherà ogni agitazione. Il Signore infatti è fedele e giusto; egli perdonerà i nostri peccati e ci purificherà da ogni bruttura se grideremo a lui con la voce implorante del nostro cuore».
 
È la storia della peccatrice che non ha nome. Dice Gesù: «Per questo ti dico: le sono perdonati i suoi molti peccati, poiché ha molto amato. Invece quello a cui si perdona poco, ama poco» (Lu 8, 47). L’uomo non può meritare il perdono dei peccati, perché essendo Dio l’offeso, la loro gravità non ha limiti. È necessario, quindi, il sacramento della Penitenza, col quale Dio rimette i peccati per i meriti di Suo Figlio. Una sola condizione è richiesta per ottenere il perdono: il nostro amore, il nostro pentimento, che è la prova che amiamo Dio. Ma è Dio colui che per primo ci ha amato (Gv 4,10). Quando Dio ci perdona, manifesta il suo amore per noi. Il nostro amore a Lui, di conseguenza, è sempre un amore di contraccambio, perché viene dopo il Suo.
 
È la straordinaria storia della conversione della samaritana (Gv 4, 1-42). Gesù, che sulla Croce dirà «Ho sete», rivolge alla samaritana le parole «Dammi da bere». La Sua non è un’esigenza solo fisiologica, ma spirituale: ha sete di salvare le anime. Per questo dona la Sua vita sulla Croce e per questo agisce con la Grazia – l’acqua viva - nei confronti di questa donna, che diventa disponibile a conversare con Lui, che era giudeo, gli confida i suoi sentimenti religiosi (cita Giacobbe), gli chiede l’acqua che non dà più sete, riconosce in Gesù – che conosce i suoi sentimenti e la sua vita – un profeta e dà inizio alla sua conversione, riconosce i propri peccati e infine accoglie la dottrina vera: adorare il Padre in spirito e verità. È, come dice Dante (1265-1321), «La sete natural che mai non sazia se non con l’acqua onde la femminetta samaritana domandò la grazia» (Purg., canto XXI, 1).
 
Incontrando venti prostitute salvate dalla Comunità fondata da Don Oreste Benzi, il Papa ha affermato: «Oggi a tutti voi io chiedo perdono per tutti i cristiani, i cattolici che hanno abusato di voi e anche perdono da parte mia di non aver pregato tanto per voi e per questa schiavitù». Gesù non era un dispensatore di misericordia. Incontrava le persone per convertirle e dava il Suo perdono solo quando queste si pentivano dei loro peccati. Con la sua inaudita avversione a predicare, per il bene del popolo di Dio e per la sua salvezza, la conversione, il Papa mostra di non comprendere il suo primario dovere e il fondamento del suo mandato, che rinuncia a praticare. È questo il dramma che vive la Chiesa fondata da Gesù, che in questo momento sta concorrendo a condannare per l’eternità le anime a lei affidate.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)