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Intervento di S.E. Mons. Luis Francisco Ladaria Ferrer, S.I.


Diversi requisiti sono necessari secondo il diritto canonico per la validità di un matrimonio fra cattolici. In primo luogo un requisito negativo, l’assenza d’impedimenti dirimenti, quelli che rendono nullo il matrimonio. In secondo luogo un requisito formale, l’osservanza della forma canonica. In terzo luogo il requisito più importante il libero consenso dei nubendi, senza il quale il matrimonio è impossibile.


Su che cosa deve versare questo consenso. Secondo l’insegnamento della Chiesa il matrimonio è uno, si possono unire in matrimonio soltanto un uomo e una donna ed è impossibile una nuova unione matrimoniale durante la vita dei due coniugi. Il matrimonio è anche indissolubile; così è stato insegnato da Gesù e abbiamo nei Vangeli numerose testimonianze di questo insegnamento. La lettera agli Efesini ci ha spiegato che il matrimonio sacramentale non si può sciogliere perché è immagine ed espressione dell’amore di Cristo per la sua Chiesa: «Questo mistero è grande: io lo dico in relazione a Cristo e alla Chiesa» (Ef 5,32). Il matrimonio deve essere anche aperto alla trasmissione della vita. Già nell’inizio del libro della Genesi leggiamo le parole di Dio ad Adamo ed Eva: «Siate fecondi e moltiplicatevi» (Gn 1,28).


Nella nostra civiltà tradizionale si poteva presupporre che questi insegnamenti della Chiesa fossero conosciute e condivise. Negli ultimi tempi è sorto il dubbio, che sembra fondato, se tutti quelli che si sposano anche in Chiesa conoscono sufficientemente questi insegnamenti e dunque se il loro consenso si riferisca veramente ad essi. Se questo non fosse il caso, il loro matrimonio sarebbe nullo, cioè, non esisterebbe affatto.


Perché proprio questi dubbi si presentano c’era il desiderio di molti di offrire un mezzo rapido ma affidabile per risolverli e contribuire a pacificare le coscienze di molti cattolici. Senza entrare nei dettagli, sottolineo solo che anche se i processi si devono svolgere nelle diverse diocesi, e non potrebbe essere altrimenti, le regole, con le necessarie distinzione fra l’Oriente e l’Occidente, sono le stesse per tutta la Chiesa, è il Papa con la sua autorità che le stabilisce sia per le Chiese orientali come per quella latina. Come dice già il primo capoverso della Lettera Apostolica è il Papa che con la Sua autorità afferma e rafforza quella dei pastori delle Chiese particolari. Il potere delle chiavi di Pietro rimane sempre immutato, anche in questo processo l’appello alla Sede Apostolica è aperto a tutti perché si confermi il vincolo fra la Sede di Pietro e le Chiese particolari. La Chiesa universale e le Chiese particolari non entrano in concorrenza. In tante manifestazioni della vita ecclesiale si trova espressa questa mutua immanenza e queste norme processuali ne sono un’ulteriore manifestazione. Si intrecciano dunque la responsabilità dei singoli Vescovi e la suprema autorità del successore di Pietro, capo del Collegio episcopale che non può esistere senza di lui.


Speriamo che questa riforma del CIC porti il frutto che il Santo Padre desidera, e con lui desiderano anche tanti Pastori e fedeli.


[01422-IT.01] [Testo originale: Italiano]






Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)