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Una giovinezza accanto al primo televangelista: Fulton Sheen. Con mons.Hilary Franco

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hugyu

 

UNA GIOVINEZZA ACCANTO AL PRIMO TELEVANGELISTA:

FULTON SHEEN

Un incontro a New York con mons. Hilary Franco

Assistente al Concilio (e anche dopo) del celebre vescovo tele-predicatore americano. Poi per 26 anni alla Congregazione per il Clero. Oggi parroco nei dintorni di New York, in un paese sullo Hudson

 

Sulle rive mozzafiato dello Hudson, con l’assistente di Fulton Sheen. A 30 anni dentro il Concilio. Incontri con i periti ragazzini: Ratzinger e Kung. Il primo “televangelista”: Fulton Sheen, “ci fosse lui si arresterebbe la pletora dei denigratori della Chiesa”. Questa Chiesa atona che non sa più comunicare. Sheen diceva: “Nei primi 5 minuti nessuno ti ascolta”: aveva capito tutto su come si evangelizza. Reagan venne a Roma solo per vedere il papa; e scattò la gelosia di Pertini. La contestazione post-conciliare negli Usa ci fu perchè “i vescovi non sapevano bene il latino”. Negli anni ’70 noi di lingua inglese avevamo gran voglia di strafare… col nuovo messale. Noi cattolici americani non ci siamo fatti influenzare dal protestantesimo, al contrario degli europei

Al Concilio lavoravo con Fulton Sheen che era membro di tre commissioni anti preparatorie. Ovviamente era tutto in latino e le sue idee erano magnifiche, tanto è vero che poi si sono realizzate nel Concilio. Il Concilio è stata un’esperienza straordinaria. C’erano degli esperti, come un certo Joseph Ratzinger, che era l’esperto del cardinal Frings. A quel tempo c’era ancora tanto da maturare in lui e in tutti noi. C’era Hans Küng… Una volta mi ricordo che lui non era venuto alla sessione prima dell’ultima nel ’65 e gli dissi: <<Ho visto che hai scritto un libro, Il Concilio giorno per giorno. Ma come hai fatto a scrivere un libro se non sei mai venuto? Non t’ho visto mai>>. E lui mi sorrise e disse: <<Senti, ma tu lo sai come facciamo a scrivere questi libri? Ci sediamo al tavolo della colazione (mima il suo interlocutore spaparanzato sulla sedia mentre, con un sorriso sardonico, legge le pagine spalancate di un quotidiano, n.d.a.), mettiamo assieme tutti i giornali della mattinata e si scrive un libro>>. Vabbè, tanto per dare un’istantanea del Concilio, che dovrebbe essere visto nella sua interezza, ma purtroppo è stato mal capito tantissime volte.

Dal nostro corrispondente da New York

Luca Dombrè

SULLE RIVE MOZZAFIATO DELLO HUDSON. CON L’ASSISTENTE DI FULTON SHEEN

Mons. Hilary Franco

La prima volta che sentii parlare della figura di monsignor Hilary Franco fu durante una conversazione con padre Walter Tonelotto, responsabile della Radio Maria italiana a New York di cui ho raccontato precedentemente su queste pagine. Il sacerdote italiano ne descrisse la grande umanità e buona disposizione e mi suggerì che potevo contattarlo per richiedergli un’intervista con un’autorevole personalità del cattolicesimo americano. Per darmi un’idea di ciò, mi disse che, negli anni ’60, il monsignore era stato a lungo assistente del Servo di Dio Fulton J. Sheen, vescovo famosissimo (non tanto in Italia, quanto nel mondo anglosassone) della cui causa di beatificazione si sta attualmente occupando. Poi mi raccontò anche di un episodio descritto in una biografia di Giovanni Paolo II del giornalista polacco-americano Tad Szulc, dove si riferiva che agli inizi degli anni ’80 monsignor Franco fu inviato a Mosca da papa Wojtyla per recapitare in persona alcune missive all’allora segretario generale del PCUS Leonid Brežnev. Circostanza mai ufficialmente confermata dal prelato statunitense, che glissò ammettendo di essersi trovato nella capitale sovietica per “fare jogging attorno al Cremlino”.

Iniziai così a documentarmi sul personaggio, prima di chiamarlo per organizzare un incontro. E se quest’ultimo episodio poteva risultare alquanto interessante specie in un’ottica di aneddotica storico-politica (ma tutto sommato incidentale nell’approfondimento di un cammino spirituale), in realtà il valore più considerevole risiedeva nella prima informazione datami da padre Walter. Nel mio approfondimento, infatti, compresi presto la grandezza di Fulton J. Sheen e l’influenza incredibile che fu capace di esercitare durante il suo lungo apostolato. Non capirne la maestosità significherebbe omettere dal ritratto della storia della Chiesa americana del ‘900 un soggetto capitale (i dettagli li scopriremo più avanti in questo articolo). Un vero maestro, dunque, specie per monsignor Franco che lo affiancò per lunghi anni trovando in lui una guida pastorale ed umana che ne ha indelebilmente segnato il percorso. Percorso, quello di Hilary Franco, che lo ha visto protagonista e testimone di mezzo secolo di storia della Chiesa Cattolica, come perito nella preparazione del Concilio Vaticano II e poi nella Congregazione per il Clero, solo per citare due tra gli incarichi del suo lungo curriculum.

Lo Hudson, sul quale si affaccia la parrocchia di Sant’Agostino di mons.Franco

Tento di telefonare al monsignore un paio di volte una mattina di lunedì. Non ricevendo risposta, lascio un messaggio in segreteria. Il giorno successivo è lui stesso a richiamarmi. Il suono, la cadenza, il tono di una voce molte volte possono fornire un’anticipazione esaustiva per descrivere il carattere di una persona. Nel caso del mio interlocutore, fin dal primo istante trovo conferma del ritratto datomi da padre Walter di una persona di estrema cortesia e disponibilità. Parla un italiano impeccabile, conseguenza, come si vedrà, non certo solo dei decenni trascorsi in Vaticano. Si dice contento di potermi dedicare un po’ del suo tempo per rilasciarmi un’intervista in cui, gli anticipo, verranno toccati diversi argomenti. Ci accordiamo così per il sabato di quella stessa settimana.

Dovrò raggiungerlo nella sua parrocchia ad Ossining, piccola cittadina sulle rive del fiume Hudson a circa tre quarti d’ora di treno da Manhattan. Giunto quel giorno, mi alzo prestissimo per poter arrivare puntuale all’appuntamento stabilito per le 10 antimeridiane. Le previsioni del tempo dicono che non è ancora finito Ottobre, ma sarà già ora di veder cadere la neve in uno di quegli sbalzi meteorologici così tipici di New York. Supero senza problemi l’abituale ordalia dei cambi di servizio della metropolitana nel fine settimana e arrivo con buon anticipo alla pittoresca stazione di Grand Central. Avviandomi al treno che mi porterà su oltre Harlem e il Bronx, mi concedo una tipica colazione newyorchese ‘on the go’ (caffè e bagel alla crema di formaggio), guastata dalla vista di una gigantografia di Susan Sarandon (che qualche giorno prima aveva dato sfoggio della sua dotta cultura liberal definendo Benedetto XVI “un nazista”) testimonial di un nuovo negozio di abbigliamento giapponese sulla Quinta Avenue.

Decido per direttissima che boicotterò senza remore la ditta nipponica nonostante gli appetibili sconti promozionali di cui avevo pensato di approfittare. “Piuttosto muoio assiderato”, mi dico. Prendo così posto in carrozza ripassando lo schema di domande preparate per poter rendere un quadro quanto più soddisfacente del monsignore, del suo mentore spirituale Fulton J. Sheen e di diversi aspetti del cattolicesimo americano ed europeo degli ultimi cinquant’anni.

Nel tragitto non posso fare a meno di incantarmi ad osservare il repentino cambio di scenografia dai casermoni di Harlem al pacifico panorama del fiume nocciola contornato dalla policromia da tipico autunno delle foreste nordamericane. Arrivo alla stazione di Ossining in orario svizzero e prendo un taxi che, in pochi minuti, mi porta alla parrocchia dedicata a Sant’Agostino, la cui chiesa si affaccia in posizione elevata sull’Hudson, un’ubicazione mozzafiato per bellezza paesaggistica e la pace che trasmette. In chiesa vi sono solo due persone a pregare e chiedo ad una signora dove posso trovare il monsignore.

La parrocchia dell’ex assistente del vescovo Sheen, a nord di New York City

Mi dice che è impegnato con le confessioni, e così mi siedo nell’atrio in attesa, osservando i ritratti di papa Wojtyla e del vescovo Sheen, avvolto in un silenzio davvero dell’altro mondo, se solo penso allo strepito sopportato ogni giorno a così pochi chilometri di distanza. Solo pochi minuti e finalmente monsignor Franco sbuca da una porta della sacrestia. E non mi ero sbagliato al telefono: mi accoglie con calore e subito mi chiede se può darmi del tu. “Ci mancherebbe!”, rispondo come sorpreso da questa volontà di mettere da parte i formalismi di sorta ed instaurare un rapporto verace, che inaugura mentendo sulla propria età (<<Ho 39 anni!>>).

Penso per un istante che dovrei sentirmi in soggezione di fronte non a un monsignore “qualunque”, bensì uno che è stato intimo collaboratore di un prossimo beato (<<Ti do già una notizia in anteprima – mi dice mentre ci apprestiamo a prendere posto per la conversazione a un tavolo con vista giardino-: posso ufficializzarti che l’anno prossimo Fulton J. Sheen verrà beatificato>>) e di un futuro santo come Giovanni Paolo II. Ma l’impaccio dura giusto il tempo per il monsignore di farmi sentire immediatamente a mio agio; e arriva dunque il momento di metterci comodi per cominciare una chiacchierata che durerà per circa un’ora e un quarto.

 

  continua.........








Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)