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REAGAN VENNE A ROMA SOLO PER VEDERE IL PAPA. E SCATTÒ LA GELOSIA DI PERTINI

Il Sacrificio della Messa di Sheen

Soffermandoci ancora su Giovanni Paolo II e il suo ruolo, ancora dibattuto dagli storici, decisivo nei processi che portarono all’implosione dell’Impero del male. Al di là dell’episodio, pare da lei mai ufficialmente confermato (qui il Monsignore capisce al volo e ripete un eloquentissimo “no, no, no”, n.d.a.), delle lettere che il Pontefice le affidò personalmente per essere recapitate nelle mani di Brežnev tra l’agosto 1980 e il febbraio 1981in che misura l’incessante attività del papa polacco nelle controversie tra la sua nazione e l’URSS fu importante al dissolvimento della sanguinaria e disumana illusione comunista? Qual è la sua opinione a riguardo?

Ritengo che già solo il fatto che, non appena eletto papa, volle tornare quasi immediatamente nella sua patria, con la ‘scusa’ che era la sua patria, fu già di per sé qualcosa di sconvolgente. Gli esponenti del governo polacco rimasero scioccati, perché nessuno se l’aspettava; ma lui, che era un uomo di polso che non aveva paura di niente e di nessuno, volle andare. Lo stesso nel 1979, per il suo viaggio pastorale in Turchia, quando tutti gli dissero: <<Ma Santità, è pericoloso, assolutamente non conviene>>, perché c’è sempre un team che fa prima un sopralluogo e poi riferisce delle condizioni logistiche. Era anche il periodo del terrorismo in Italia, dunque immagina le tensioni. Ebbene, lui ci guardò: <<In questo momento tutti hanno paura. Se anche il papa ha paura…?>>. Qualcuno suggerì anche l’uso del giubbotto antiproiettile e lui scoppiò in una risata enorme.
Poi parlando anche di quest’altra corrispondenza d’amorosi sensi che aveva con Reagan: ricordo quando il presidente americano venne per un giorno soltanto a Roma e solo per incontrarsi con Giovanni Paolo II durante uno dei periodi cruciali della Guerra Fredda. Tra l’altro subirono gli attentati alla loro vita più o meno nello stesso periodo (Reagan il 30 Marzo 1981, mentre il papa neanche due mesi dopo il 13 Maggio, n.d.a.e il giorno di quello al pontefice io ero nel mio ufficio col finestrone che dava proprio su piazza San Pietro. Resi la mia testimonianza a Marvin Kalb della NBC per lo speciale 60 Minutes: The man who shot the Pope (trasmesso nel 1982, n.d.a.). Comunque, tra i due c’era veramente una sintonia particolare, non solo per via degli attentati subiti, ma perché riuscirono a fare ciò che nessuno prima di loro era riuscito a fare riguardo la questione della Guerra Fredda. Hai letto in alcune biografie su Giovanni Paolo II… ho fatto quello che dovevo fare… e lì io vedo assolutamente la mano della Provvidenza.

Quindi il suo ruolo fu capitale.

Sì, sì, completamente. C’è stato chi ha parlato dell’Ostpolitik, Casaroli, ecc. Questo lo lasciamo da parte, per carità, non c’entra proprio niente. Era lui, lui personalmente che ha guidato in modo eccezionale questo fatto straordinario della storia contemporanea, parliamoci chiaro. Sai, dopo 70 anni di comunismo, non era una cosa molto semplice. Io già vidi allora, nella calda estate del 1980, alcune cose che facevano presagire quello sviluppo e che naturalmente riportai al papa. Ripeto: ci fu una eccezionale sintonia di intenti con Reagan. Come, del resto, al tempo di Giovanni XXIII, la crisi dei missili cubani fu scongiurata dalla Pacem in terris, perché sembrava che Kruscëv e Kennedy nonpotessero più tornare indietro, ma con l’intervento di quell’enciclica e un po’ con le nostre manovre diplomatiche contribuimmo ad evitare una terza guerra mondiale. Ma stavo dicendo: Reagan venne per un giorno con sua moglie Nancy, e lo ricordo anche perché si sfiorò l’incidente diplomatico. Ci fu Pertini che disse: <<Non è possibile, il presidente americano viene in Italia e non mi viene a trovare (fa vibrare quasi impercettibilmente la voce come ad imitare quella dell’allora presidente della Repubblica, n.d.a.)>>. Allora dovemmo correre ai ripari e si propose che Reagan si recasse a pranzo al Quirinale. Lui era venuto esclusivamente per parlare col papa, dunque non era venuto in Italia, ma nella Città del Vaticano. Però per far contento Pertini… Mi ricordo che la signora Nancy, poveretta, disse: <<Ma come faccio a cambiarmi?>>. <<Mah – dico-, troveremo una stanza, ce ne stanno a migliaia>>.

LA CONTESTAZIONE POST-CONCILIARE NEGLI USA CI FU PERCHÈ “I VESCOVI NON SAPEVANO BENE IL LATINO”

Il giorno della sua consacrazione episcopale, negli anni ’50

Ora, tornando al Concilio: la questione delle sue conseguenze (abusi liturgici, incancrenimento di teologie via via più intaccate da ideologie anti e post-cristiane, il caso Lefebvre, ecc.) è una pagina, oserei dire una ferita per tanti motivi ancora aperta e di cui abbiamo scritto spesso sul nostro sito. Ci interessa sapere da lei come questo quadro si sia sviluppato negli USA, patria delle contestazioni liberal degli anni ’60 non solo all’esterno, ma anche all’interno della Chiesa stessa. Cosa accadeva nella Chiesa americana di quegli anni?

Dunque, noi ci troviamo davanti ad un problema di media. Noi americani avevamo dei vescovi fantastici, in gamba, ma pochi esperti a livello teologico. C’erano grandi menti: ho citato Joseph Wright, l’arcivescovo di Chicago Meyer e altri veramente preparati. Ma la maggior parte non lo era, soprattutto perché, anche se avevano studiato il latino, c’era in genere poca dimestichezza con quella lingua, per cui dovevano lasciare le loro interpretazioni a chi si presentava come ‘perito’, ma in realtà non lo era. Era perito in un altro senso, non so se mi spiego (ride, n.d.a.). C’era insomma gente che si era accaparrata questa nomea di ‘perito’ e non lo era assolutamente. Ma non solo: avevano delle idee completamente fuori dal seminato e hanno voluto interpretare un Concilio eccezionalmente pregnante, e lo dico perché ogni parola fu preparata con attenzione. Basta pensare solo al famoso ‘Schema 13‘ della Gaudium et spes che ci dice che ci fu una preparazione non indifferente. E questa, secondo me, è stata la ragione: tornando in patria, i vescovi americani si sono trovati davanti questi che non erano stati presenti al Concilio e si davano le arie di grandi esperti. Siccome in quel periodo ci fu un interesse soprattutto nel costruire le infrastrutture (scuole cattoliche, chiese) in concomitanza anche con l’influenza enorme di Fulton Sheen nello stimolare questo attivismo, quasi non ci fu il tempo di insistere su alcuni aspetti essenziali che erano stati messi ben in evidenza e nella direzione giusta dal Concilio. Invece furono deviati da questo tipo di personaggi, e adesso stiamo cercando di rabberciare il tutto, ma non è facile.

Era insomma una Chiesa che, come quella europea, attraversava grossi sconvolgimenti.

Eh! Tu pensa che io avevo a che fare con qualcosa che si chiamava Il Catechismo olandese. La competenza del nostro ufficio era la revisione dei testi catechistici (penso anche a quello canadese) e proprio per questa situazione dovemmo istituire il Direttorio Catechistico Generale, dove c’era da affrontare un’impresa ciclopica.





  continua..........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)