NEGLI ANNI ’70 NOI DI LINGUA INGLESE AVEVAMO GRAN VOGLIA DI STRAFARE… COL NUOVO MESSALE
Nell’ottobre 1979, Giovanni Paolo II nella cattedrale di NY tira spedito ad abbracciare per primo mons.Sheen, del quale aveva grande venerazione. Monsignore morirà due mesi dopo, a 84 anni
Bene, a questo torneremo dopo, ma nel frattempo mi interessava sapere cosa accade, invece, nella Chiesa americana odierna, che, al contrario, pare avere incarnato un ruolo guida dell’ortodossia, ad esempio nel campo della morale e del recupero di pratiche liturgiche come l’Adorazione Eucaristica o la stessa Messa Tridentina. Dove è diretta la Chiesa americana oggi? Può davvero avere un ruolo guida per il cattolicesimo mondiale?
Senz’altro, lo può avere, ma soprattutto nel mondo di lingua inglese. La nuova traduzione del Messale Romano che diventerà norma il 27 Novembre, la prima domenica di Avvento, è un avvenimento straordinario di sviluppo della situazione. Negli anni tra il ’70 e il ’72 c’era voglia di fare e di strafare tra noi di lingua inglese, ma i risultati delle traduzioni del Nuovo Messale non ci convinsero mai davvero. Questo perché si volle una pubblicazione affrettata, mentre le traduzioni italiana, spagnola, francese, erano state più ligie alla lettera latina. Io non ho mai digerito, per esempio, quell’ “also with You” (con il Tuo Spirito), dove ‘also’ non è liturgicamente proprio. C’è tutta questa voglia di fare cose buone, ma non sarà facile. C’è bisogno di una leadership e ora col nuovo presidente della Conferenza Episcopale, l’arcivescovo di New York Timothy Dolanritengo che le cose possano prendere la direzione giusta in questo senso.
Sempre legato a ciò: lei ha lavorato per un periodo lunghissimo in Vaticano nella Congregazione per il Clero, dunque l’aggiornamento intellettuale e pastorale del clero era una delle materie di diretto interesse del suo ruolo. E’ nei seminari che si può dire risieda l’origine della sciatteria catechistica e liturgica che ha di fatto svuotato le chiese quando non la fede facendo allontanare fedeli frastornati, in quanto non è raro che vi si insegnino dottrine o idee in contrasto variamente grave col Magistero, la Dottrina, la Tradizione, ecc. In questo quadro rientra anche un’altra malattia mondana che ha infettato la Chiesa con effetti devastanti: la political correctness, l’esasperato riflesso di annacquare e addomesticare alla vulgata modaiola la testimonianza, pur di non suscitare fastidio, anzi quasi riducendo la fede a qualcosa di cui vergognarsi in pubblico. Insomma, il famoso relativismo su cui batte senza sosta Benedetto XVI. In tal senso i seminari americani stanno cambiando?
Stanno cambiando. Tempo fa abbiamo avuto un’opera di correzione da parte di un gruppo di vescovi che avevano il compito di andare a revisionare quello che succedeva nei seminari e, grazie a Dio, devo dire che lo hanno fatto con un buon risultato. Naturalmente adesso bisogna riempirli, questi seminari, questo è il problema. Ma sono convinto che raccoglieremo buoni frutti.
NOI CATTOLICI AMERICANI NON CI SIAMO FATTI INFLUENZARE DAL PROTESTANTESIMO. AL CONTRARIO DEGLI EUROPEI
Sheen con Pio XII
Nell’affermarsi di una tendenza ad uniformarsi alle opinioni del mondo, quanto ha contato e conta nella Chiesa Cattolica statunitense la forte presenza del protestantesimo?Verrebbe infatti da pensare che tanti abusi siano dovuti anche a questa influenza, se si fa, ad esempio, un parallelo col Nord Europa, dove sono stati toccati livelli indescrivibili di follia e apostasia, di cui noi abbiamo scritto parlando ad esempio della situazione austriaca.
Devo dire che non siamo mai stati influenzati da questa vicinanza al protestantesimo, assolutamente no. Tant’è vero che si può dire il contrario. Ad esempio, qui vicino c’è una chiesa anglicana, ben tenuta…
Scusi la domanda: ma chi ci va alla chiesa anglicana?
Ecco, è interessante questo fatto. Se vai nel centro di Ossining troverai tre o quattro chiese di varia denominazione. Noi qui abbiamo 35 acri affacciati sull’Hudson. In questo spazio ce ne andrebbero una ventina di quelle chiese! Non ci sono fedeli. Quando il rettore mi chiese di andare alla sua installazione, gli dissi di sì, eravamo anche diventati buoni amici. Non è sposato, è molto vicino alla Chiesa Cattolica, potrebbe, non si sa mai… Mi chiese di indossare gli abiti corali, e quando andai al piano di sopra dove eravamo tutti i rappresentanti eccelsiastici, vidi che sotto non c’era nessuno, poco o niente. Tant’è vero che mi voltai e vidi che c’erano in maggioranza persone della mia parrocchia a cui avevo chiesto di venire. C’è insomma sempre stato questo ecumenismo positivo, ma, come dicevo, non possiamo assolutamente dire di essere stati influenzati negativamente dal protestantesimo come in Europa.
E quale è la sua opinione riguardo al Nord Europa, invece?
Ah, qui è un guaio. Un guaio grosso, perché ritengo sia stato l’immediato ‘misunderstanding’ del post-concilio che ha rovinato tutto. Basterebbe solo il Catechismo olandese per rappresentare la situazione, che da lì si è espansa ed è stata cosa facile avere quegli esiti. Ci fu un grande sforzo per mettere nelle diocesi importanti d’Olanda delle persone valide di cui ci si poteva fidare, ma… è una cosa triste, veramente. Basta pensare a tutti i missionari che quel paese ha dato: erano i massimi esportatori di missionari al mondo. San Damiano di Molokai, per dirne uno. Una Chiesa gloriosa, tutti questi missionari che andavano in giro per il mondo a fare un lavoro eccezionale. Poi è successo il crac.
Come dicevo prima, in alcuni articoli da noi pubblicati sulla situazione del clero austriaco, abbiamo evidenziato come questo crac delle Chiese nordeuropee di cui lei parla non abbia neanche più a che fare con deviazioni ideologiche, ma semplicemente con i soldi, il ‘posto fisso’ nella gerarchia ecclesiale.
E’ vero. Ad esempio, mi è venuto a visitare un sacerdote polacco che è parroco nella diocesi di Utrecht e mi ha confermato in qualche modo un quadro di questo genere. Menomale che ci sono questi missionari che vanno dalla Polonia all’Olanda. Pure lui, poveretto, non è che avesse tanta gente nella sua parrocchia.
L’amatissimo Benedetto XVI ci offre la possibilità di chiudere circolarmente la nostra conversazione. Abbiamo iniziato parlando di Sheen e della necessità della Chiesa del XXI secolo di affrontare la sfida della comunicazione. In questo senso come e quando crede raccoglierà i suoi frutti il progetto di rievangelizzazione fortemente voluto dal papa?
Fraternamente CaterinaLD
"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)