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sabato 1 agosto 2015

Introibo ad altare Dei

È con queste parole sulle labbra che, il 21 febbraio 1794, il canonico Noël Pinot, rivestito dei paramenti sacerdotali, saliva i gradini della ghigliottina di Angers, iniziando così, in un certo senso, la sua ultima Messa, quella in cui si sarebbe fisicamente fatto vittima con l’Ostia pura, santa e immacolata.

Nel 1926 papa Pio XI lo avrebbe elevato alla gloria degli altari come beato; iniziava in tal modo il riconoscimento del martirio di una schiera di sacerdoti secolari che, dando a Cristo la testimonianza suprema, avevano composto una pagina particolarmente gloriosa nella storia del sacerdozio cattolico. Non è certo il sangue dei martiri a redimerci – ricorda sant’Agostino –, ma esso si mescola a quello del Redentore e ne prolunga nel tempo la Passione a vantaggio della Chiesa, per la sua estensione e il suo trionfo mediante la conversione dei peccatori. 

È un genere di “rischi”, questo, che corrono i preti refrattari, non certo il clerocostituzionale e collaborazionista. I primi sanno bene che cos’è la santa Messa; i secondi l’hanno ridotta a scialba lezione di corso biblico con appendice rievocativa sostanzialmente superflua, se non fosse per quella processione all’altare a cui tutti si accodano senza nemmeno pensarci su. Il santo Sacrificio è una nozione sconosciuta, mentre la Comunione è ormai percepita come mero gesto di appartenenza dal quale nessuno dovrebbe sentirsi escluso.

Visto che il costrutto posticcio non funziona affatto né interessa più nessuno, ci si sforza disperatamente di farlo tenere con continui interventi verbali e di renderlo appetibile con canzonette da balera e allegri battimano da scuola materna. Il vero dramma, tuttavia, è che mezzo secolo di questa irriverente parodia – che lo si voglia ammettere o meno – ha spento la fede in buona parte dei cattolici, mentre infligge un continuato martirio del cuore a quelli che non si rassegnano a perderla.

Ciò che più colpisce nel rito antico è che al momento della Consacrazione, sebbene non si odano le parole del sacerdote (o forse proprio per questo), ci si rende perfettamente conto che l’evento è avvenuto: la salvezza del mondo, la redenzione dell’umanità è unfatto che si realizza in quel preciso istante, un avvenimento sovratemporale che, pur essendosi compiuto una volta per sempre, si rende presente dovunque sulla terra si celebri la Messa; l’oblazione redentrice del Calvario può così raggiungerci in qualsiasi punto del tempo e dello spazio per assumerci in sé e consegnarci al Padre nell’unica Vittima a Lui accetta: il Figlio Suo incarnato e fattosi obbediente fino alla morte di croce al fine di riparare la primitiva disobbedienza e rendergli la gloria che Gli è dovuta. Certo, per aver consapevolezza di questo bisogna almeno esservi istruiti: i nostri padri, per quanto semplici, lo erano e partecipavano attivamente – cioè soprattutto con atti interiori ed esteriori di penitenza, di offerta e di fede accessibili a tutti, compresi i socialmente poveri – alla ripresentazione del Sacrificio redentore.

Oggi, invece, i poveri vengono defraudati della ricchezza più preziosa (la grazia che Cristo ha ottenuto per loro) e illusi con chiacchiere fumose che non cambiano nulla della loro condizione se non in peggio, facendone dei ribelli e dei disperati. I gesuiti – quelli di un tempo – furono annientati in omaggio alla massoneria non per aver fatto rivoluzioni, ma, fra l’altro, per aver creato nelle reducciones un modello di società cristiana in cui gli Indios venivano iniziati, di pari passo con la fede, alle arti, ai mestieri e alla convivenza civile: si potrebbe desiderare di meglio in questa vita?

Certo, era solo un’anticipazione dei tempi escatologici, ma intanto ci ha mostrato un modo realistico di predisporci ad essi sfuggendo al tritacarne del sistema economico attuale. Non sarà inutile rammentare che il centro propulsore di quel piccolo mondo nuovo era la santa Messa, nella quale chiunque – dalle Americhe all’Africa, all’Asia e all’Oceania – poteva sentirsi a casa propria, in quanto non impedito dalla barriera di una lingua straniera, e cantare le lodi di Dio in comunione di spirito con i cattolici di tutto il globo.

Oggi, invece, in questo rito che tutti possono “capire” verbalmente nei testi senza più comprenderne il significato, l’atto più sacro ed efficace che si possa compiere sulla terra, il più straordinario ed eccelso miracolo dell’intera storia umana è percepito come racconto di una storiella commovente, sempre che non sia tirato via in fretta e furia perché il “comizio” è durato più del consentito.

Siamo in pieno spirito luterano: l’evento salvifico è ridotto a rievocazione nostalgica, a una santa Cena come appendice del sermone moralistico che, a partire da qualunque testo biblico, si incaglia ormai regolarmente sull’ecologia e sulla lotta ambientalistica… Peccato che proprio nella Bibbia si trovi scritto che, a causa del peccato originale, l’umanità è irrimediabilmente estromessa dal paradiso terrestre, come pure, d’altronde, che l’universo intero è nella mano del Creatore, che lo dirige con la Sua provvidenza nonostante gli innumerevoli peccati degli uomini.

La vera rivoluzione è quella operata da chi osa ricordare agli altri che la causa prima di ogni male è il peccato, la cui sola soluzione è il sacrificio del Figlio di Dio, efficace per chiunque si converta sinceramente a Lui e reso presente in ogni santa Messa in cui il sacerdote intenda realmente fare ciò che fa la Chiesa. Certo, anche un rito stravolto è di per sé valido per l’autorità di chi l’ha legittimamente promulgato; ma se al suo confezionamento – non si sa peraltro con quale diritto – contribuirono dei pastori protestanti, i quali ne furono così soddisfatti da dichiararlo accetto alla loro sensibilità, si possono nutrire legittimi dubbi circa i suoi effetti sulla fede e sulla santità del Popolo di Dio. La celebrazione dell’Eucaristia non è per la fede cattolica un’evasione nell’utopia o una rassicurante parentesi di autoesaltazione, bensì il più potente atto possibile di propiziazione per i peccatori e di santificazione per i giusti.

La vera rivoluzione è quella realizzata da chi sale i gradini dell’altare ripetendo: «Introibo ad altare Dei»: mi accosto con riverenza e timore al luogo del santo Sacrificio che strappa le anime al diavolo e le restituisce all’eterno Amore, per il quale sono state create; mi presento, per quanto indegno, per essere assunto nell’unica oblazione in unione alla Vittima immacolata; mi accingo a far scaturire la sorgente di tutte le grazie per chiunque voglia attingervi a beneficio proprio e altrui. Mi offro al Salvatore come strumento e canale di quella salvezza che fa nascostamente crescere il mondo nuovo del Regno di Dio: «Così prepari la terra…» (Sal 65 [64], 10).
Non il mondo immaginario di chi sogna un’impossibile trasformazione globale della società in senso egualitaristico, ma quello reale che si sviluppa grazie ad ogni persona che abbandona il peccato e imbocca la via della virtù. La santità in questa vita e il Paradiso nell’altra: non si potrebbe desiderare di meglio. 






L’elisir dell’eterna giovinezza

 Ad Deum qui laetificat iuventutem meam.

Il chierichetto che risponde al sacerdote ai piedi dell’altare può ben intendere queste parole sacre anche in senso letterale: nulla può render più lieta la giovinezza del privilegio di poter assistere così da vicino al più potente e sublime atto d’amore che possa compiersi sulla terra. Tutti i presenti, tuttavia, possono ripeterle a voce o nel cuore partecipandovi pienamente: anche un novantenne può rallegrarsi di poter continuamente ritrovare la giovinezza dell’anima a quel Sacrificio che espia le colpe sue e del mondo intero. Chiunque vi prenda parte con fede, pregando, adorando e unendosi all’oblazione del Verbo incarnato, ne rinasce interiormente rinnovato, visto che l’Eucaristia, secondo la dottrina cattolica, rimette i peccati: non per quanto attiene all’offesa a Dio (che è sanata dalla Confessione), ma per quanto attiene alla pena (che, anche dopo il perdono, va comunque soddisfatta per ragioni di giustizia).

Siamo ad anni-luce dal modo ormai generalizzato di considerare la santa Messa e di parteciparvi. Anche quel poco che resta dei riti introduttivi – quell’atto penitenziale con cui si apre una serie di parti giustapposte che spezzano il continuum del rito antico – viene quasi sempre affogato in un primo sermone (la monizione introduttiva) che fa da cappello all’arringa pseudo-biblica, quando non è semplicemente sostituito, come avviene in alcuni Paesi nord-occidentali, da triti convenevoli mondani miranti a mettere il pubblico – pardon, l’assemblea – a suo bell’agio, conditi magari con qualche battuta esilarante per rompere il ghiaccio…

Purtroppo l’effetto, almeno per chi abbia ancora un minimo di fede e di buon gusto, è di solito quello di raggelare il cuore in una morsa di noia e di tristezza, piuttosto che di laetificare l’anima.

È così che, in una parrocchia del Lazio profondo, si è giunti a stabilire la “tradizione” che il parroco dia inizio ai festeggiamenti di Ferragosto celebrando la Messa nel locale santuario mariano «perché sia di buon auspicio» – parola di catechista – alla settimana di bagordi, divertimenti e serate danzanti organizzata dalla Pro-loco… Il men che si possa dire è che qualcosa, nella mente dei fedeli, si è completamente capovolto.

Siamo ben oltre la concezione della religione come instrumentum regni o come puntello dell’ordine civile (se di ordine si può ancora parlare): questa è una religione concepita come elemento puramente decorativo che accompagna tappe ed eventi di un’esistenza vissuta nel più puro materialismo, un elemento del tutto relativo agli interessi contingenti di chi la pratica senza più il minimo pensiero a ciò che essa veicola e promette. A che serve la chiave del Paradiso a chi non ci crede più?

In fondo, si sta così bene sulla terra; l’allegria è qualcosa di ben più immediato e a buon mercato della letizia spirituale. Certo, ci sono le malattie, i problemi di lavoro, le famiglie che si sfasciano… ma, finché non capita a te, te la puoi sempre cavare con un sospiro di commiserazione: «È la vita!». Ma, se disgraziatamente il cancro arriva a te o a un familiare, di colpo la musica cambia e ne accusi subito il buon Dio, miracolosamente ricomparso sulla scena.

Si è talmente persa l’abitudine di presentarsi davanti a Lui con timore e tremore, consci dei propri peccati, che ci si crede in diritto di recriminare come se il Creatore fosse in obbligo nei confronti dell’uomo, al quale tutto sarebbe dovuto. In fin dei conti, non è forse questo il criterio con cui oggi si crescono i bambini, per poi detestarli cordialmente una volta diventati, in questo modo, insopportabili adolescenti? Non saranno certo i convegni ad alto livello né le riviste specializzate a migliorare la situazione di una gioventù che si trova al mondo senza una ragione per vivere e, di conseguenza, si abbandona alle esperienze più devastanti sul piano fisico, psichico, morale e spirituale.

Se eventualmente i tuoi genitori si sono separati e si sono “rifatti una vita”, ti sarà sicuramente di grande conforto sapere che non sono scomunicati (cosa che nessuno, comunque, si era mai sognato di affermare) e che le porte della Chiesa sono per loro spalancate, dato che ne fanno sempre parte (ma come pubblici peccatori e, quindi, come membra malate): sono “semplicemente” in peccato mortale, in stato di adulterio permanente, ma – a sentire certi discorsi – potrebbero benissimo fare il catechismo e portare ai bambini la propria testimonianza di vita, come quella donna convivente che ha mostrato loro la gravidanza quale dono di Dio – dono che, sia detto per inciso, avrebbe il diritto sacrosanto di venire al mondo in una vera famiglia… Se poi soffri come un cane perché tua madre ti ha imposto un “nuovo papà” e vedi il tuo ogni quindici giorni con la sua nuova “compagna”, niente paura: in parrocchia c’è qualcuno che può aiutarti a cercare il senso della vita (guardandosi bene, in ogni caso, dal mostrarti quel senso che conosciamo da appena duemila anni).

Vedete dove si va a finire cambiando la Messa? Se si è potuto buttare per aria ciò che c’era di più sacro e inviolabile al mondo, si possono anche inventare “nuovi modelli di famiglia”, di sessualità, di accoppiamento… Tutto può evolversi, compresa la natura umana; tutto è dato culturale, storico, sociale, compresa la Legge di Dio e la sua interpretazione. Va tutto bene – ci dicono dalla sala-comandi: stiamo per schiantarci, ma basta convincersi che in realtà è un progresso. Che importa se la vita nella società moderna è diventata un incubo, un vicolo cieco, un enigma assurdo e senza soluzione…? A questo punto, «mangiamo e beviamo perché domani moriremo» (1 Cor 15, 32).

Hanno ragione loro, le pecore che vanno al macello distraendosi dal pensiero di ciò che le attende; a togliere loro qualsiasi scrupolo, ci pensa il capo.

No, noi non ci lasciamo ingannare da quest’enorme impostura. Noi volgiamo lo sguardo a Colui che è stato trafitto per i nostri peccati e che, mediante una sincera conversione di mente e di costumi, ci garantisce quella pace che sorpassa ogni intelligenza (Fil 4, 7).

Noi lo troviamo vivo e, al tempo stesso, in stato di perpetua immolazione su ogni altare sul quale si rinnovi il santo Sacrificio; noi attingiamo senza sosta a questa fonte di purificazione e di santificazione che ringiovanisce continuamente il nostro cuore.

Chi potrà mai descrivere la gioia celeste di un peccatore perdonato e trasformato dalla grazia la cui anima è incessantemente lavata dal Sangue prezioso del Redentore? Gioia, gioia, gioia, torrenti di lacrime di gioia per questo amore inconcepibile, così eccelso e così vicino…

Venite alla sorgente della gioia, voi tutti che siete affaticati e oppressi, che avete fame di verità e di bene, che morite di sete ad un passo dal fiume della vita… Il Figlio di Dio vi aspetta da tempo immemorabile per donarvi la vita senza fine, un’eterna giovinezza.





 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)