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  Nel 2011 è stata dichiarata cerebralmente morta. Lunedì ritirerà il diploma: «È stata la mano di Dio»


Maggio 16, 2015 Benedetta Frigerio


Taylor Hale, ragazzina dell’Iowa, è stata vittima a 14 anni di un gravissimo incidente e i medici l’hanno dichiarata morta. Ma si è miracolosamente risvegliata, e ha dovuto imparare di nuovo a vivere




 


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Nel settembre 2011 i medici avevano dichiarato Taylor Hale cerebralmente morta, staccando i macchinari che la tenevano artificialmente in vita. Ma lunedì la ragazza camminerà sulle sue gambe per ricevere il diploma.


L’INCIDENTE. Taylor, residente in Iowa, aveva 14 anni quando l’11 settembre 2011 si recò a casa di un amico con altri compagni dopo la partita di football della sua scuola, la Waukee High School. Quando uno dei ragazzi uscì per tornare a casa, Taylor e un’amica scherzando salirono sul cofano dell’auto per impedirgli di andarsene. Il ragazzo, sbadatamente, fece retromarcia e Taylor cadde all’indietro, sbattendo violentemente la testa sull’asfalto. Poiché non si riprendeva, i compagni chiamarono l’ambulanza


MORTE CEREBRALE. «C’è stato un incidente», si sentì dire la madre, Stacy Henningsen. All’inizio i medici le spiegarono che il cervello della figlia era stato gravemente danneggiato e che le speranze di ripresa erano minime. Anche il coma farmacologico sembrava non servire a nulla, perché in una settimana Taylor non aveva dato il minimo segnale di ripresa. Medici e infermieri avevano lottato aiutando la ragazzina a respirare con i macchinari, ma alla fine parte del cervello della ragazza era sceso nel cavità spinale. «Nessuno si riprende quando accade», avevano spiegato i dottori alla famiglia. Dichiarata la morte celebrale, cominciarono quindi le pratiche per la rimozione dei sostegni vitali e per la donazione degli organi.


LA PREGHIERA. Lo stesso giorno, Jeff Stickel, uno specialista chiropratico amico dei genitori, venne a trovarla affermando che si era sentito chiamato da Dio ad aiutare Taylor. Stacy e il marito Chuck gli spiegarono che era ormai troppo tardi. E anzi che era una pessima idea, visto che Stickel non aveva mai trattato un paziente in stato d’incoscienza. Il medico, direttore della clinica di chiropratica di Des Moines, capitale dell’Iowa, chiese allora ai genitori di pregare insieme al capezzale della ragazza. Stickel implorò il miracolo poggiando la mano sul collo di Taylor, poi salutò la famiglia.


«È STATA LA MANO DI DIO». Qualche ora dopo i medici dovettero procedere allo spegnimento dei macchinari e accadde l’impossibile. Il cuore di Taylor non si fermò, la ragazza anzi cominciò a respirare affannosamente e vedendola reagire i dottori riaccesero immediatamente il respiratore. Gli occhi della ragazza si aprirono ed emise dei suoni cercando di parlare. «È stata la mano di Dio. Il fatto non può essere spiegato in altro modo», commentò il padre ai giornali locali.


DIPLOMA E UNIVERSITÀ. Taylor dovette letteralmente rinascere: imparare di nuovo a deglutire, masticare, parlare, camminare, lavorando anche sulla memoria perduta. Lo studio divenne durissimo: «Dovetti imparare da capo la matematica e non è stato facile». Ma in soli quattro anni, accettando di farsi aiutare, la ragazza ha recuperato a pieno tutte le sue funzioni. Lunedì ritirerà il diploma, poi l’aspetta l’università: «Dio può salvare le persone. Sono grata a tutti i medici e le infermiere e i terapisti che mi hanno aiutato a riprendermi. Ma la maggior parte è merito di Dio».






Lettera di una mamma di una bimba Down al medico che voleva farla abortire

«Questa è Emmy, che spedisce la nostra lettera allo specialista prenatale che non voleva farla vivere, suggerendomi ripetutamente di abortire»

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«Questa è Emmy, che spedisce la nostra lettera allo specialista prenatale che non voleva farla vivere, suggerendomi ripetutamente di abortire». È questa la didascalia scelta da Courtney Baker, madre americana di tre bambine, in una foto nella quale si vede la figlia di un anno con la sindrome di Down sorridente e la lettera in mano.

IL PRIMO INCONTRO. La foto e il contenuto della lettera sono stati originariamente pubblicati da Parker Myles, blog che si batte contro la discriminazione dei bambini Down, e poi ripresi dai media americani. Baker ricorda nella lettera il primo incontro con il medico, quando aveva bisogno di capire che cosa avrebbe significato avere una figlia Down: «Sono venuto da te nel momento più difficile della mia vita. Ero terrorizzata, ansiosa e disperata. Non sapevo ancora la verità sulla mia bambina, questo è ciò di cui avevo disperatamente bisogno da lei».

ABORTO. «Invece di sostenermi e incoraggiarmi», si legge nella missiva, «mi hai suggerito di terminare la vita della nostra bambina. Io ti ho detto il nome [che avevamo scelto per lei] e tu mi hai chiesto di nuovo se avevo capito quanto bassa sarebbe stata la nostra qualità della vita con un figlio con la sindrome di Down. Ci hai suggerito di riconsiderare la decisione di andare avanti con la gravidanza. Da quella prima visita, abbiamo temuto le successive. Mi hai reso il momento più difficile della mia vita quasi insopportabile, perché non mi hai mai detto la verità. Che la mia bambina era perfetta».

QUALITÀ DELLA VITA. La madre si dice non «arrabbiata, ma triste» e «mi si spezza il cuore all’idea che potresti aver ripetuto a un’altra mamma oggi che un bambino con la sindrome di Down diminuisce la qualità della vita. Ma soprattutto sono triste perché non avrai mai il privilegio di conoscere mia figlia, Emersyn, che non ha solo aumentato la nostra qualità di vita, ma a toccato il cuore di migliaia di persone».

«IL TUO BAMBINO È PERFETTO». Infatti, «lei ci dà uno scopo e una gioia impossibili da esprimere. Ci ha aperto gli occhi alla vera bellezza e all’amore puro. La mia preghiera», conclude la lettera, «è che nessun altra mamma passi quello che ho passato io. (…) Prego anche che tu, quando vedrai il prossimo bambino con la sindrome di Down tutto avvolto nell’utero della madre, possa guardare a quella mamma e, vedendomi, dirle la verità: “Il tuo bambino è perfetto”».





[Modificato da Caterina63 11/06/2016 11:59]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)