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Galantino “salva” Sodoma e Gomorra e riscrive la Bibbia

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Sì, avete letto bene e non siamo “noi” i cattivi che fanno le pulci alla sacra Gerarchia della Chiesa allo sbando. Il tutto è portato magnificamente, virgolettato, nelle pagine – niente meno – di Avvenire, voce ufficiale dell’episcopato italiano, e tutti zitti, guai a chi fiata.

Ecco come è riportato:

“Concelebrando con numerosi sacerdoti italiani e col vescovo della diocesi abruzzese Tommaso Valentinetti, Galantino ha commentato il brano biblico della supplica di Abramo per salvare Sodoma, “una città sulla quale nessuno avrebbe scommesso niente, eccetto Abramo”. Infatti, fa notare Galantino alle centinaia di giovani che gremiscono la bella chiesa barocca a ridosso della collina del Wawel, “la sua preghiera di intercessione e la sua voglia di osare salvano Sodoma. La città è salva perché ci sono i giusti, anche se pochi; ma la città è salva soprattutto perché c’è Abramo, uomo di preghiera, che non fa da accusatore implacabile, non parla contro ma parla a favore….” vedi qui.

E le castronerie proseguono riscrivendo la Sacra Scrittura a proprio uso e consumo. Non vogliamo giudicare il pastore se c’è o ci fa… ma è certo che non possiamo tacere davanti a questa gravissima lacuna o mistificazione. Ci viene il sospetto che questo modo diabolico di procedere non è isolato, ma una specie di “passaparola” della nuova pastorale, quella di modificare i testi biblici perché ci è stato segnalato che domenica scorsa, la cui prima lettura era proprio il brano biblico della preghiera di Abramo, non sono stati pochi i sacerdoti che hanno detto ai propri fedeli che “grazie alla preghiera di intercessione di Abramo, Dio risparmiò Sodoma e Gomorra dalla distruzione…”

Riteniamo che il primo grave errore fatto dalla riforma liturgica – forse anche non voluto, diamo spazio al dubbio – sia stato nella scelta di molti brani della Scrittura SPEZZATI, ossia, molti brani non terminano con il finale dei fatti riportato dalle Scritture, ma vengono lasciati alla libera interpretazione del celebrante o del predicatore di turno. Il passo di Abramo di cui si parla, infatti, termina con la distruzione di Sodoma e Gomorra perché, come poi sappiamo, Dio non trovò neppure un giusto…. (Gn.18,20-32) ed è strana la cosa perché c’erano dei giusti, ma Dio parlava degli abitanti della città non degli “ospiti”, e il testo riportato nel Messale termina con la supplica di Abramo, vedi qui dove il sito ufficiale riporta il link alla lettura biblica anche questa spezzata, monca, privata del come andrà a finire il fatto. Certo, il capitolo della distruzione è il 19, non il 18…. ma davvero basta per poter dire che Sodoma e Gomorra furono salvate? Ecco come si conclude la vicenda:

“Il sole spuntava sulla terra e Lot era arrivato a Zoar,  quand’ecco il Signore fece piovere dal cielo sopra Sòdoma e sopra Gomorra zolfo e fuoco proveniente dal Signore.  Distrusse queste città e tutta la valle con tutti gli abitanti delle città e la vegetazione del suolo.  Ora la moglie di Lot guardò indietro e divenne una statua di sale. Abramo andò di buon mattino al luogo dove si era fermato davanti al Signore; contemplò dall’alto Sòdoma e Gomorra e tutta la distesa della valle e vide che un fumo saliva dalla terra, come il fumo di una fornace…” (Gn.19,23-28)

Provando ad aggirare le parole di Galantino per trovare ogni scusa plausibile, si potrebbe pensare che egli intendesse dire che oggi ci sono molti Abramo (molti “giusti”, sic!) che intercedono presso Dio, che “non fanno gli accusatori” dei gravi peccati degli uomini, abbiamo un Papa misericordioso che è il nuovo Abramo che intercede per noi peccatori oggi, e Dio ci salverà, non ci distruggerà… è scontato!

Ammessa e non concessa questa vena poetica, questa santa intenzione, bisognerà allora e, quanto meno riconoscere, che esiste un Dio giustizia pronto a distruggere i luoghi infestati da peccatori impenitenti, altrimenti perchè pregare, supplicare, intercedere e cercare almeno dieci giusti?

Eppure sono anni che si nega a Dio il diritto di esercitare la propria giustizia, anzi, come abbiamo appena dimostrato, si è arrivati a modificare perfino la Bibbia, pur di piegare Dio alle nostre risposte, al nostro modo di leggere la storia passata, presente e futura. Del resto siamo nell’Anno della Misericordia straordinario, era forse scontato che anche la lettura della Scrittura subisse – o dovesse subire – un ripiegamento forzato nella sua interpretazione forse, sì insomma, una rilettura straordinaria.

Ciò che appare oramai evidente è che esiste una sorta di “passaparola pastorale” attraverso la quale si vorrebbe contrapporre – ad un dio guerrafondaio entrato nell’immaginario collettivo di una Chiesa del passato spietata e matrigna, che usava Dio per imporre dottrine, dogmi e stili di vita troppo castranti – un Dio tutto misericordia, la cui giustizia non è distruggere Sodoma e Gomorra, ma mettere in pratica le pie intenzioni di voler vedere tutti salvati, a prescindere dai propri peccati personali.

Si vuole contrapporre un dio islamico che arma questo terrorismo attuale (quando mai il dio dell’Islam è stato misericordioso!), ad un Dio che – giustamente – non fa violenza sulle persone inermi. Ma le persone abitanti in Sodoma e Gomorra, seppur non armate, non erano affatto inermi… erano colpevoli di uno di quei peccati gravi che “gridano vendetta al cospetto di Dio”, la sodomia, la quale non è meno grave di un terrorista che si fa esplodere in mezzo alla gente. Perché mentre il terrorista uccide i corpi, i sodomiti uccidono le anime. E questo vale sia per chi, omosessuale pratica la sodomia e la rivendica come atto moralmente lecito e santo, ma sia anche per chi, affermandosi etero e vantando anche un matrimonio cristiano, fa uso di questa spregevole e perversa unione dei corpi. Ed è allarmante che il termine “sodomia” sia scomparso dalla predicazione moderna.

Come si arriva a queste conclusioni? Sempre dalla Gmg – privata dell’adorazione Eucaristica pubblica con il Papa inginocchiato davanti al Re dei re – stanno arrivando messaggi contrastanti ed inquietanti. Alla Messa di apertura fatta dal cardinale di Cracovia Stanisław Dziwisz, il 26 luglio, per fare un esempio, prima dell’arrivo del Papa, ha detto testuali parole: “riconosciamoci peccatori, bisognosi della misericordia di Dio“. All’apparenza è una frase lucida e tranquilla, e invece no! L’atto penitenziale dice che abbiamo DEI PECCATI da farci perdonare, abbiamo dei peccati che riconosciamo come tali e per cui ci pentiamo, chiedendo perdono a Dio e quindi volendo rimuoverli facendoci aiutare proprio da una autentica confessione e poi dalla Messa, dalla Eucaristia.

E’ stato rimosso quel “riconoscere i propri peccati” sostituito da un più generico “riconosciamoci peccatori”. Guardate che l’astuzia del demonio non ha rivali! Se non riconosciamo I SINGOLI PECCATI, ma restiamo fermi al generico “siamo peccatori” (e tutti lo siamo), sarà impossibile cambiare davvero e allora ecco la soluzione più semplice: Sodoma e Gomorra non furono distrutte. Perché sembra oramai scontato che l’essere peccatori è generalizzato esclusivamente alle opere materiali, mentre si sorvola tranquillamente sui peccati personali e che sono, in primis, grave offesa a Dio.

Perciò stiamo tutti tranquilli, cantiamo, balliamo e facciamo festa, non c’è bisogno di alcuna conversione personale, l’importante è riconoscerci peccatori, così in generale, perchè abbiamo pastori che – come Abramo – intercedono per noi, non ci giudicano, e Dio ci perdonerà. Del resto lo ha detto Lutero: basta che tu accetti Gesù Cristo come tuo Salvatore e anche se continui a peccare, Egli ti salverà lo stesso.

Ci par corretto segnalare la profezia di San Gregorio Magno, perché sembra proprio un monito a questi fatti, dice:

“La Chiesa sarà come Giobbe sofferente, esposto alle perfide insinuazioni di sua moglie e alle critiche amare dei suoi amici; egli, davanti al quale gli anziani si alzavano e i principi tacevano!

La Chiesa – dice più volte il grande Papa – verso la fine del suo pellegrinaggio, sarà privata del suo potere temporale; si cercherà di toglierle ogni punto d’appoggio sulla terra. Ma dice di più e dichiara che essa sarà spogliata dello sfarzo stesso che deriva dai doni soprannaturali.

Il potere dei miracoli – dice – sarà ritirato, la grazia delle guarigioni tolta, la profezia sarà scomparsa, il dono di una lunga astinenza sarà diminuito, gli insegnamenti della dottrina taceranno, i prodigi miracolosi cesseranno.

Così dicendo non si vuole dire che non ci sarà più nulla di tutto questo; ma tutti questi segni non brilleranno più apertamente e sotto mille forme come nei primi secoli. Sarà anche l’occasione – spiega ancora il Pontefice – di un meraviglioso discernimento.

In questo stato umiliato della Chiesa, aumenterà la ricompensa dei buoni, che aderiranno a lei unicamente in vista dei beni celesti; quanto ai malvagi, non vedendo più in lei alcuna attrattiva temporale, non avranno nulla da nascondere, si mostreranno quali sono” (Moralia in Job, libro 35).


«Ma neppure dieci giusti si trovavano in Sodoma e Gomorra, e le città vennero distrutte. Una distruzione paradossalmente testimoniata come necessaria proprio dalla preghiera d’intercessione di Abramo. Perché proprio quella preghiera ha rivelato la volontà salvifica di Dio: il Signore era disposto a perdonare, desiderava farlo, ma le città erano chiuse in un male totalizzante e paralizzante, senza neppure pochi innocenti da cui partire per trasformare il male in bene. Perché è proprio questo il cammino della salvezza che anche Abramo chiedeva: essere salvati non vuol dire semplicemente sfuggire alla punizione, ma essere liberati dal male che ci abita.  Non è il castigo che deve essere eliminato, ma il peccato, quel rifiuto di Dio» (Benedetto XVI,  Udienza del 18-05-2011).




Galantino e il mistero di Sodoma

di Riccardo Cascioli31-07-2016

Tra ironia e sdegno, in questi giorni blog e pagine Facebook si rimbalzano commenti sull’incredibile passaggio dell’omelia pronunciata da monsignor Nunzio Galantino, segretario generale della CEI, lo scorso 24 luglio ai giovani italiani arrivati a Cracovia per la Giornata Mondiale della Gioventù. In pratica monsignor Galantino ha deciso che Sodoma non è stata distrutta, grazie alla preghiera di intercessione di Abramo: «La sua preghiera di intercessione e la sua voglia di osare salvano Sodoma. La città è salva perché ci sono i giusti, anche se pochi; ma la città è salva soprattutto perché c’è Abramo uomo di preghiera, che non fa da accusatore implacabile, non parla contro ma parla a favore. Abramo, uomo di preghiera, non denuncia i misfatti, ma annuncia la possibilità di qualcosa di nuovo» (clicca qui).

Vignetta su Galantino e Bagnasco (Sergio Mura da Fb)

Galantino commentava la prima lettura di domenica scorsa che presentava appunto il capitolo 18 della Genesi quando Abramo chiede a Dio di risparmiare Sodoma se anche nella città ci fossero soltanto cinque giusti, e Dio acconsente. La lettura della Messa in effetti si interrompe qui e questo sicuramente può avere indotto dei fedeli distratti a pensare che Sodoma fosse salva. Ma da un sacerdote e soprattutto da un vescovo, che si picca di essere un grande teologo, ci si aspetta che conosca anche il seguito. In effetti, anche nel brano letto la presenza dei cinque giusti è un’ipotesi tutta da verificare. E infatti nel capitolo 19 Dio seppellisce Sodoma sotto una pioggia di fuoco e zolfo (peraltro dopo che i sodomiti hanno tentato di sodomizzare anche i due angeli inviati da Dio in sembianze umane).

Ma Galantino, ossessionato dal dover parlare a favore (soprattutto di quelli che vogliono la distruzione della Chiesa) e mai contro (a meno che non si tratti di chi prega il rosario fuori dalle cliniche abortiste o organizza Family Day), evidentemente non gradisce quel finale. E quindi, pensando forse che l’era tecnologica legittimi la Bibbia interattiva in cui ogni lettore si riscrive le parti a suo piacimento, ha deciso di salvare Sodoma. Tra parentesi, l'inviato di Avvenire ha impietosamente riportato l'errore in bella evidenza.

Visto l’argomento, molti hanno collegato la riscrittura galantiniana della Bibbia alla tendenza catto-gay oggi dominante. È certamente un processo alle intenzioni, ma è pur vero che questa pagina di Genesi da un po’ di anni è entrata nell’occhio del ciclone. Per millenni infatti l'interpretazione non è mai stata messa in discussione, tanto è chiaro il testo; non a caso "sodomìa" (con i suoi derivati) è diventata una parola della lingua comune. Ma ora le cose sono cambiate: per poter affermare che la Bibbia non condanna l’omosessualità, oggi molti teologi in carriera affermano che il vero peccato degli abitanti di Sodoma che fa scattare l’ira di Dio non è la pratica omosessuale bensì la mancanza di accoglienza nei confronti degli stranieri, degli ospiti.

Vi fa venire in mente qualcosa? Eh già, avanti ancora un passettino e oggi i veri sodomiti sarebbero quelli che chiedono di controllare l’immigrazione. Sarà un caso, ma nella stessa omelia monsignor Galantino – pur senza riferimenti espliciti a Sodoma, anche perché nel frattempo si è salvata – ha fatto l’ennesima tirata sull’accoglienza ai profughi: «Continuo a domandarmi – ha detto - come si possano tenere le mani giunte in preghiera e poi con le stesse mani respingere il fratello che chiede di essere accolto! (…) Continuo a domandarmi come si possa elevare la propria mente a Dio e semmai impegnare la stessa mente a trovare giustificazioni per chiudere il proprio cuore dinanzi a chi è profugo e perseguitato!». 

Su questo tema ci siamo già dilungati molte volte e non vale la pena di ripetersi. Si potrebbe solo ribadire che il tema immigrazione è ben più complesso degli slogan galantiniani, che fanno fuori pure il diritto internazionale. Ma per uno abituato a riscrivere anche la Bibbia, cosa vuoi che sia.

 

 


 
L'allarme gay nei seminari parte da Dublino
di Riccardo Cascioli


04-08-2016
L arcivescovo Diarmuid Martin

Una bomba che sconvolge la Chiesa irlandese ma che deve aprire gli occhi sulla realtà gay tra i preti dell’intera Chiesa cattolica. Il clamoroso gesto dell’arcivescovo di Dublino, monsignor Diarmuid Martin, che ha ritirato i propri seminaristi dal famoso seminario nazionale di Maynooth a causa della cultura gay che regna in quella istituzione, è destinato a provocare un terremoto nella Chiesa irlandese. Martin è infatti uno dei quattro vescovi che fa parte del comitato dei garanti di Maynooth, un simbolo della Chiesa irlandese, un seminario fondato nel 1795 e preparato per accogliere 500 seminaristi.
La crisi post-conciliare e i gravi scandali di pedofilia che hanno sconvolto la Chiesa irlandese hanno comportato un calo drastico delle vocazioni e attualmente ci sono una sessantina di seminaristi, destinati ulteriormente a calare alla riapertura del seminario a settembre. Oltre ai tre della diocesi di Dublino, che verranno inviati a studiare al Collegio irlandese a Roma, indiscrezioni parlano di altri sei seminaristi che avrebbero deciso di uscire per le molestie ricevute.

A provocare la decisione di monsignor Martin è stata la certezza di una tendenza gay diffusa a Maynooth, con diversi studenti che usano l’app Grindr, la più diffusa app gay internazionale per chat e incontri. Molte anche le lettere anonime di studenti che raccontano la situazione e che subiscono molestie. Di fronte alle ripetute segnalazioni e sollecitazioni, monsignor Martin ha denunciato l’inazione dei responsabili del seminario a cui lo stesso Martin aveva offerto l’invio di persone esperte per verificare il contenuto delle denunce. Ergo: «A Maynooth c’è un ambiente velenoso, non adatto agli studenti», e da ora in poi i seminaristi della diocesi di Dublino andranno a Roma. 

Già qualcuno afferma che rischiano di passare dalla padella alla brace: anche se il Collegio irlandese è stato “ripulito” cinque anni fa con un cambiamento di tutti i responsabili dopo una visita apostolica che aveva verificato molestie gay, non è che all’ombra del Vaticano quanto a omosessualità praticata fra sacerdoti e seminaristi si scherzi; ma almeno il nuovo rettore del Collegio Irlandese è un ex collaboratore di monsignor Martin di cui l’arcivescovo di Dublino sente di potersi fidare. 

Per chi conosce la situazione irlandese, la decisione di Diarmuid Martin non è un fulmine a ciel sereno. Le voci su Maynooth vanno avanti da decenni (molti l’hanno già ribattezzata Gaynooth), ma non si tratta solo di voci: clamoroso fu il caso, negli anni ’80 del XX secolo di padre Gerard McGinnity, allora decano di Maynooth, che denunciò a sette vescovi gli abusi sessuali del giovane candidato alla presidenza del Collegio, monsignor Micheàl Ledwith. Una indagine fu condotta ma le accuse non furono provate, padre McGinnity fu costretto a dimettersi, fu esiliato in un piccolo villaggio del nord, mentre monsignor Ledwith proseguì nella carriera come presidente del collegio prima di dimettersi improvvisamente nel 1994. Nel 2002 fu poi reso noto che Ledwith aveva trovato un privato accordo di risarcimento con un ex seminarista che lo aveva accusato di abusi sessuali.

Maynooth è tornato al centro dell’attenzione nel 2010 quando papa Benedetto XVI ordinò una visita apostolica in tutti i seminari d’Irlanda a seguito del gravissimo scandalo pedofilia. Peraltro sul tavolo delle autorità di polizia c’è anche la denuncia di un ex seminarista che ha denunciato gravi abusi sessuali da parte del proprio direttore spirituale tra il 2007 e il 2009. In ogni caso il rapporto seguito a quella visita apostolica non è mai stato reso noto ma nel 2011 si diffusero voci di una imminente chiusura del Collegio con lo spostamento di tutti i seminaristi al Collegio irlandese di Roma. Non se ne fece niente, ma è inevitabile che il progetto torni ora di attualità. 

L’iniziativa però può partire solo da Roma perché in Irlanda monsignor Martin è isolato, e non solo per il problema seminari: gli altri tre vescovi “garanti” di Maynooth – compreso il primate irlandese Eamonn Martin, arcivescovo di Aarmagh - hanno già tutti preso posizione a favore dei responsabili del collegio, così come altri vescovi. Si ha notizia di un solo altro ordinario che si appresterebbe a ritirare i propri seminaristi. 

Ad ogni modo, il nuovo scandalo irlandese – grazie al coraggio dell’arcivescovo di Dublino - porta di nuovo alla ribalta il grave problema dell’omosessualità tra i preti, non solo in Irlanda. E ci costringe a ricordare quella verità scomoda ormai diventata un tabù, ovvero che il cosiddetto “scandalo pedofilia” nella Chiesa ha molto più a che fare con l’omosessualità che non con la pedofilia vera e propria. 

Vorrei ricordare al proposito l’intervista rilasciata alla Bussola Quotidiana dallo psicoterapeuta Gerard van den Aardweg (clicca qui per l’intera intervista) che, commentando l’approfondita ricerca sul fenomeno negli Stati Uniti, spiegava: «L’82% di tutte le presunte molestie consumate tra il 1950 e il 2002 aveva come vittime dei maschi: il 12% sotto gli 11 anni, come abbiamo visto, il restante 70% tra gli 11 e i 17 anni. Il che vuol dire che la grande maggioranza dei casi ha a che fare con l’«ordinaria» omosessualità. In generale i pedofili non si rivolgono a bambini dello stesso sesso, e certamente neanche gli eterosessuali. Inoltre, è innegabile che una rilevante parte di uomini con orientamento omosessuale sia attratta dagli adolescenti e preadolescenti». E commentando la drastica diminuzione di casi di pedofilia dopo gli anni ’80, van den Aardweg notava che non era affatto diminuita la tendenza omosessuale tra i preti ma che «l'età dei partner sessuali di seminaristi e preti omosessuali si sposta in avanti man mano che il comportamento omosessuale viene sempre più apertamente tollerato e normalizzato».

Non sorprende perciò che, consolidatasi nei decenni, oggi si possa parlare di una vera e propria lobby gay che ha guadagnato posizioni importanti ai vertici della Chiesa, tanto da influenzare pesantemente anche i recenti Sinodi sulla Famiglia, e che con il pretesto dell’accoglienza punta chiaramente a cambiare di fatto la dottrina cattolica sul tema della sessualità. 

Né può sorprendere l’atteggiamento molto accondiscendente di tanti vescovi – anche italiani – verso il riconoscimento legale delle unioni fra persone dello stesso sesso: la difesa dell’unicità della famiglia naturale (fondata sul matrimonio tra u uomo e una donna) è in questa prospettiva solo una foglia di fico. Rivendicare la diversità tra famiglia naturale e unione omosessuale infatti, non serve a difendere il matrimonio ma a legittimare quelle unioni gay il cui riconoscimento da parte dello Stato è avversato chiaramente dal Magistero della Chiesa (vedi la Nota della Congregazione per la Dottrina della Fede del 2003 e la Nota dei vescovi italianidel 2007, di cui il nostro giornale ha parlato molte volte). 

Un’ultima notazione riguarda il rapporto tra tolleranza o addirittura promozione di comportamenti omosessuali e deviazione dal Magistero. Maynooth è nota non solo per la cultura gay che la anima, ma anche per le tendenze liberal in teologia, soprattutto morale. Non si contano i casi di seminaristi che sono stati “bloccati” negli anni a causa di presunta “rigidità dottrinale”, vale a dire che erano fedeli a quanto la Chiesa ha insegnato per duemila anni. È ciò che avviene purtroppo in tanti altri seminari e congregazioni religiose, un altro segnale della grave situazione esistente nella Chiesa. Vocazioni genuine al sacerdozio vengono bruciate da predatori sessuali o maestri del relativismo teologico che spadroneggiano nei seminari e non solo. È scandaloso che da una parte ci si lamenti del calo delle vocazioni e dall’altra si distruggano coloro che sono chiamati.

In questo senso, l’iniziativa del vescovo Diarmuid Martin dovrebbe essere considerata come un grido di allarme perché qualcuno a Roma intervenga per riportare tanti collegi e seminari – non solo Maynooth – allo scopo per cui sono stati istituiti. La ricorrenza odierna del santo sacerdote Giovanni Maria Vianney ricordi a tutti la bellezza e la grazia della vocazione sacerdotale.


[Modificato da Caterina63 04/08/2016 21:39]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)