00 13/11/2015 16:40
  IL RISCHIO DI UNA NUOVA DOTTRINA C'E'  E SE ACCADESSE, SAREBBE UN VERO CATACLISMA.....






Il noto filosofo francese, Thibaud Collin, ha scritto sul quotidiano francese La Croix, dove ha un suo blog, un interessante analisi del sinodo appena concluso.

Per fare un bilancio del lungo cammino il filosofo ritiene utile porsi nella “prospettiva dell’intenzione del Papa che l’ha convocato”. L’orizzonte è quella “conversione pastorale” più volte richiamata nelle “sue dichiarazioni e nelle sue scelte”, con l’obiettivo di una “chiesa ospedale da campo”.

Secondo Collin, “il Santo Padre desidera eliminare alcuni ostacoli che rendono incomprensibile e anche scandaloso agli occhi dei nostri contemporanei la morale della Chiesa sulla sessualità e il matrimonio. Riprendendo di fatto l’agenda del cardinale Martini esposta nel 1999 al sinodo sull’Europa, egli cerca di sciogliere alcuni nodi disciplinari”.

Francesco vuole “una chiesa vicina alle vulnerabilità delle persone, ai loro fallimenti e ai loro tortuosi percorsi biografici”. Vorrebbe, quindi, “una Chiesa amorevole e tenera e non più una Chiesa altezzosa e colpevolizzanti”.

La discussione al sinodo si è comunque concetrata sulla questione dell’accesso all’Eucaristia dei divoriziati risposati. Ma, dice Collin, “questo argomento è diventato centrale non per una moda dettata dai media, ma per volontà stessa del Papa che di ritorno dalla GMG di Rio (estate 2013) ha avviato il dibattito, e poi ha chiesto al cardinale Kasper, celebre oppositore di Giovanni Paolo II e Bendetto XVI sull’argomento, di aprire la riflessione e di porre la problematica al concistoro del febbraio 2014”.

E’ evidente “che i tre numeri del testo finale del Sinodo riferiti a questo tema (n°84, 85 e 86) non concludono il problema. E per una buona ragione…questi numeri sono il frutto del compromesso maturato nel circolo Germanicus, in cui vi erano i cardinali Kasper e Muller.”

Frutto di questo incontro fra posizioni agli antipodi ha prodotto un testo che “può essere letto secondo due ermeneutiche opposte, quella della rottura con il magistero anteriore, o anche quello della continuità. Un segno di questa indeterminazione è che i tre testi che servono da riferimento (FC 84, CCC 1735 e la Dichiarazione del Pontificio Consiglio per i Testi Legislativi del 24/06/2002) sono indicati in modo così incompleto che possono legittimare sia una interpretazione che conferma lo status quo ante (con l’idea che un testo deve essere compreso secondo la sua propria logica e il suo contesto), sia una interpretazione legittimante la “novità pastorale” (secondo l’idea che il silenzio volontario o l’omissione significhino una presa di distanza)”.

Secondo Collin la soluzione del “foro interno” finisce per non essere una soluzione, ma semplicemente il sinodo “rimanda al mittente”, il Papa, la risposta chiara sulla questione. Infatti, può “un prete, in certi casi, dare l’assoluzione a un fedele che si trova in una situazione coniugale oggettivamente in contraddizione con il sacramento del matrimonio? Se questo fosse il caso, è difficile non vedere una messa in discussione di fatto della dottrina dell’indissolubilità e di Familiaris Consortio (il n°84…letto nella sua interezza)”

 


Mons. Fulton Sheen: "Il Falso Profeta e l'Anticristo"

 
Il vescovo statunitense Fulton Sheen è ricordato, oltre che come teologo grave e profondo, anche come eccellente comunicatore attraverso la radio, la stampa e la Tv. Tenne conferenze, molto seguite, sia in patria che all’estero, nelle quali appassionava e conquistava l'uditorio. 

Nel 1930, alla NBC, teneva un programma fisso la domenica sera:  L’ora cattolica
 
Un'attività fruttuosa di conversioni. 

Fu nominato vescovo da Pio XII e mandato come Ausiliare a New York, ma continuò nella sua attività di conferenziere e scrittore. Ricordiamo: La pace dell’animaLa felicità del cuoreIl primo amore del mondo (sulla Vergine), La filosofia della religione, in cui dimostra come nel nostro tempo la filosofia abbia raggiunto il livello più basso di irrazionalismo con cui guarda con disprezzo assoluto a Dio e alle Verità eterne e indica il cammino della sana ragione, illuminata dalla fede, orientata al Padre, in Cristo, unica Via Verità e Vita. 
Riprendiamo da gloria.tv il testo che segue, che è preceduto da una breve introduzione:
Premessa
L'Arcivescovo Fulton Sheen disse nel 1950: «Stiamo vivendo nei giorni dell'apocalisse gli ultimi giorni della nostra epoca .... Le due grandi forze il Corpo mistico di Cristo e del Corpo Mistico dell'anticristo stanno cominciando a elaborare le linee di battaglia per la fine». (Flynn T & L. Il Tuono di giustizia. Maxkol Communications, Sterling, VA, 1993 p. 20)
Disse anche: «Il Falso Profeta avrà una religione senza croce. Una religione senza un mondo a venire. Una religione per distruggere le religioni. Ci sarà una chiesa contraffatta. La Chiesa di Cristo [la Chiesa cattolica] sarà una. E il falso profeta ne creerà un'altra. La falsa chiesa sarà mondana, ecumenica e globale. Sarà una federazione di chiese. E le religioni formeranno un certo tipo di associazione globale. Un parlamento mondiale delle chiese. Sarà svuotato di ogni contenuto divino e sarà il corpo mistico dell'Anticristo. Il corpo mistico sulla terra oggi avrà il suo Giuda Iscariota, e sarà il falso profeta. Satana lo assumerà tra i nostri vescovi».
Mons. Fulton Sheen sull'anticristo:
L'Anticristo non si chiamerà così; altrimenti avrebbe seguaci. Egli non indosserà calze rosse, né vomiterà zolfo, né porterà un tridente né una coda come Mefistofele nel Faust. Questo per aiutare il Diavolo a convincere gli uomini che egli non esiste. Quando l'uomo lo nega, più diventa potente. Dio ha definito Sé stesso come "Io sono colui che sono", e il Diavolo come "Io sono colui che non sono."

Da nessuna parte nella Sacra Scrittura troviamo descritto il Diavolo come un buffone. Piuttosto è descritto come un angelo caduto dal cielo, come "il principe di questo mondo", il cui scopo è convincerci che non c'è la vita eterna. La sua logica è semplice: se non c'è il paradiso non c'è inferno; se non c'è l'inferno, allora non c'è peccato; se non c'è peccato, allora non c'è nessun giudice, e se non c'è giudizio, allora il male è bene e il bene è il male. Ma come farà a convincerci alla sua religione?
La convinzione russa pre-comunista, è che egli verrà travestito come il Grande umanitario; parlerà di pace, prosperità e abbondanza non come mezzo per condurci a Dio, ma come fini in sé. . .
 
. . . La terza tentazione in cui Satana chiese a Cristo di adorarlo e tutti i regni del mondo sarebbero stati suoi, diventerà la tentazione di avere una nuova religione, senza una croce, una liturgia, senza un mondo a venire, una religione per distruggere una religione, o una politica che è una religione - quella che rende a Cesare anche le cose che sono di Dio.
 
In mezzo a tutto il suo amore per l'umanità e apparente suo discorso di libertà e di uguaglianza, si avrà un grande segreto che egli non dirà a nessuno: egli non crede in Dio. Perché la sua religione sarà la fratellanza senza la paternità di Dio, egli vuole ingannare anche gli eletti. Egli ha istituito una controchiesa che sarà la scimmia della Chiesa, perché lui, il Diavolo, è la scimmia di Dio. Avrà tutte le note e le caratteristiche della Chiesa, ma in senso inverso e svuotata del suo contenuto divino. Sarà un corpo mistico dell'Anticristo che in tutte le cose esteriori somiglierà al corpo mistico di Cristo. . .
 
. . . Ma il XX secolo si unirà alla controchiesa perché sostiene di essere infallibile quando il suo capo visibile parla ex cathedra da Mosca sul tema dell'economia e della politica, e come capo pastore del comunismo mondiale'.
(Arcivescovo Fulton J. Sheen, Communism and the Conscience of the West [Bobbs-Merril Company, Indianapolis, 1948], pp. 24-25)







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Settimo Cielo di Sandro Magister

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Dal diario di un cattolico di campagna. Riflessione postsinodale

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Che l'accesso di tutti alla comunione eucaristica sia un gesto di "routine" di ogni messa è convinzione ampiamente diffusa. E testimonia quanto tale sacramento sia decaduto a puro gesto di amicizia e "condivisione", al quale diventa maleducato sottrarsi o sottrarre qualcuno.

Non c'è alcun dubbio che la battaglia per ammettere alla comunione i divorziati risposati risenta notevolmente di tale opinione.

La riflessione inedita che ci è offerta più sotto suona appunto come una nativa reazione a questo decadimento e come un ritorno alla verità e alla realtà dell'eucaristia, con i comportamenti che ne possono derivare, anche quello qui suggerito, per chi lo voglia adottare in piena libertà.

Ne è autore Philippe de La Mettrie. Non anticipiamo qui la punta della sua riflessione, che certo può sorprendere. Va detto però che de La Mettrie è anche presidente in Francia di "Les priants des campagnes", gli oranti delle campagne, un'associazione che ha una notevole prossimità con ciò che traspare da questa sua riflessione:

> Philippe de La Mettrie: "Que ceux qui tiennent à nos églises le montrent!"

Gli oranti della campagne sono cattolici che si propongono di strappare all'abbandono le centinaia di chiese che sorgono nei villaggi e nelle campagne francesi, semplicemente tornandovi a pregare, anche solo in due o tre, o pochi di più, e così piano piano riportandole alla vita, suonando le loro campane, celebrandovi qualche volta la messa, restaurandone le mura col concorso degli abitanti del luogo.

Il loro sogno dichiarato è di "veder diventare queste chiese di campagna le molteplici cappelle disperse di un monastero immenso, senza chiostri, quello degli uomini e delle donne di ogni condizione che vi pregano qualche minuto al giorno o alla settimana, pochi di numero ma lievito nella pasta, per una testimonianza capace di toccare i cuori, anche i più induriti, perché una chiesa in cui si prega è come una luce che brilla nelle tenebre".

Un'ultima annotazione prima di lasciare la parola a de La Mettrie. Il vescovo di Ajaccio da lui citato, Olivier de Germay, è stato il primo dei non eletti quando i vescovi di Francia hanno votato i loro tre delegati per il sinodo dello scorso ottobre. Ma papa Francesco non l'ha ripescato tra i 45 cardinali e vescovi che ha fatto sedere in sinodo per sua chiamata diretta. De Germay aveva espresso in più occasioni la sua contrarietà alla comunione ai divorziati risposati, tra l'altro in un intervento sul quotidiano "La Croix".

*

IL CORAGGIO E L'UMILTÀ DI RICONOSCERSI PECCATORE, UNA TESTIMONIANZA PER TUTTA LA CHIESA

di Philippe de La Mettrie

Da cristiano cattolico romano quale sono ho provato qualche difficoltà a seguire le contese non oratorie ma teologiche tra i padri sinodali, talvolta tra domenicani e gesuiti, sulla questione dell'accesso dei divorziati risposati all'eucaristia. Scoprendo, alla lettura dei loro scritti, che il più "gesuita" non sempre è colui al quale si pensa.

Alcuni a me vicini mi sussurrano la formula tante volte ripetuta: "È una disputa tra teologi, lasciali discutere". Eh no! Credo di avere il diritto alla riflessione a all'espressione delle mie idee, interrogando me stesso e su me stesso, pur imponendomi di non pronunciare alcun giudizio sulle persone in causa.

Perché il mio interrogativo non è sull'approvazione o la riprovazione del tale o tal altro argomento avanzato da questi teologi; io non ne ho la competenza né il desiderio; ancor meno sulla scelta d'una risposta binaria: sì, la Chiesa dovrebbe autorizzare; no, la Chiesa deve tener ferma la sua disciplina. Io non sono teologo e mi sembra che neppure il sinodo abbia preso una posizione chiara. Il mio interrogativo si colloca sulla questione di sapere se il dibattito non è stato falsato dal fatto stesso che si è ridotto a una sola categoria di "peccatori", i divorziati risposati, quando noi lo siamo tutti. Come afferma il vescovo di Ajaccio, in Corsica, Olivier de Germay: "La pastorale delle persone divorziate risposate è un po' l'albero che nasconde la foresta!".

In altri termini, non è necessario anzitutto riflettere sul cammino preliminare all'accesso, per ciascuno, all'eucaristia?

Quando scrivo "per ciascuno", voglio parlare di me. Ho io un diritto permanente, senza condizioni, all'accesso a questa "comunione" che si realizza, nel mistero della transustanziazione, quando ricevo come un dono consacrato il corpo e talvolta il sangue del Cristo? Io credo di no. Se credo nella sacralità del dono, ne deriva che non lo posso ricevere come un nutrimento terreno quotidiano o un banale regalo.

Di conseguenza, mi sembra che dovrei talvolta impormi (cosa che non faccio) una certa "disciplina" allo scopo di non cedere alla "routine" della comunione sistematicamente associata alla partecipazione alla messa. Per essere in verità con me stesso, dovrei piuttosto preliminarmente pormi la domanda: ho fatto il cammino (penitenziale) necessario per ricevere il dono? Ho indossato la veste nuziale di cui parla il Vangelo di Matteo, prima di partecipare? Poiché non sono soltanto i "peccati gravi" che rendono indegni e devono essere "rimessi" dal sacramento della riconciliazione.

Alcune persone, divorziate risposate, suscitano la mia ammirazione quando le vedo avanzare, con le braccia conserte sul petto, verso il prete per ricevere la benedizione. Quale testimonianza! Quale coraggio e quale umiltà quella di riconoscersi, in pubblico, peccatore! Soli, tra tutti, mettono in pratica la bellissima preghiera d'inizio della messa: "Confesso a voi fratelli che ho peccato…". Dire loro che la loro testimonianza ci tocca tutti sarebbe, credo, un modo per meglio accoglierli: "Sappiate che vi accogliamo come cristiani, non più peccatori gli uni degli altri".

Certo, i nostri fratelli divorziati risposati sentono quanto è dura questa "disciplina" che è loro imposta, quando invece io per me esercito il solo mio libero arbitrio per decidere di non avvicinarmi alla comunione. Ma se noi ci riconosciamo, nel nostro foro interno, talvolta indegni di questa "comunione" con il corpo del Cristo, e lo manifestiamo con questo gesto ammirevolmente umile delle braccia conserte, gesto di profondo desiderio della comunione spirituale, invece di restare al nostro posto, penso che essi si sentirebbero veramente appartenenti alla stessa grande comunità dei "riscattati".

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NOTA BENE !

Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister, che offre a un pubblico internazionale notizie, analisi e documenti sulla Chiesa cattolica, in italiano, inglese, francese e spagnolo.

Gli ultimi tre servizi di "www.chiesa":

10.11.2015
> Il sinodo ha perso la strada, ma c'è la bussola del gesuita
Padre Spadaro non ha dubbi. Sa lui la destinazione del sinodo, non importa se in contrasto con il precedente "insegnamento della Chiesa". La severa critica di un teologo di New York al direttore de "La Civiltà Cattolica"

7.11.2015
> Francesco tace, ma un altro gesuita parla per lui
È Antonio Spadaro, direttore de "La Civiltà Cattolica". In un articolo sulla sua rivista ha già scritto che cosa dirà il papa sulla comunione ai divorziati risposati

4.11.2015
> Sinodo discorde. Verso uno "scisma di fatto" nella Chiesa?
Il teologo domenicano Thomas Michelet mette a nudo le ambiguità del testo sinodale. Che non ha fatto unità ma ha coperto le divisioni. Il conflitto tra "ermeneutica della continuità" ed "ermeneutica della rottura". Il dilemma di Francesco





Card. Muller: alcuni ambienti cattolici vanno verso il protestantesimo liberale

“Ci sono molte sfide che riguardano la fede oggi”, per questo, ha detto il cardinale Ludwig Muller, “dobbiamo chiedere al Signore il coraggio di affrontarle con saggezza e forza.”

In un lungo intervento rivolto all’Assemblea plenaria dei vescovi del Cile, il prefetto della Congregazione della Dottrina della Fede ha tracciato una strada per uscire dai pericoli principali che riguardano la fede cattolica nel mondo di oggi. E poi ha affrontato alcuni argomenti di stretta attualità ecclesiale, anche per quanto riguarda il dibattito scaturito dal recente sinodo, non ultimo il ruolo della Conferenze episcopali in un processo di “decentralizzazione” del governo della Chiesa.

Il finale della omelia tenuta dal cardinale nella S.Messa che ha inaugurato l’Assemblea dei Vescovi, ci permette di leggere i passaggi del suo discorso con una chiave di lettura interessante: “Il lavoro della Chiesa”, ha detto, “non è quello di riflettere le opinioni dei sui membri. Il compito della Chiesa è quello di riflettere il punto di vista del suo Capo e fondatore: Gesù Cristo.” Di seguito una nostra selezione di alcuni passaggi del discorso del cardinale ai vescovi del Cile.

LE PRINCIPALI SFIDE

Alcune di queste, ha specificato Muller, “derivano dall’ignoranza” e perciò si deve agire con “maggior forza nel campo dell’evangelizzazione e della missione”.

Altri pericoli per la fede arrivano da “ambienti teologici e pastorali nei quali sono stati introdotti errori e deformazioni, che noi come pastori dobbiamo scoprire, giudicare e correggere. E’ un ambito difficile, però necessario e sempre presente nel nostro impegno di pastori per il popolo di Dio”.

LA CONFERENZA EPISCOPALE, LIMITI E CONTRIBUTI

Le conferenze episcopali, come ha chiarito S. Giovanni Paolo II in Apostolos suos del 1998, esistono per “l’esercizio congiunto di alcuni atti del ministero episcopale” (n°3) ed esistono non per sostituire il Vescovo, ma “per aiutarlo” (n°18).

“Le conseguenze pastorali di una adeguata concezione e attuazione della conferenze episcopali sono evidenti. Papa Francesco ha voluto dare un segno in tal senso promulgando le norme sul procedimento per la dichiarazione di nullità del vincolo matrimoniale, attribuendo, come è per loro natura, ai Vescovi diocesani un ruolo chiave nelle decisioni di queste delicate questioni, facendosi così più vicino a quelli che soffrono in questo ambito.”

PERICOLI ATTUALI DEL RELATIVISMO ETICO

“Risulta molto evidente che in alcuni ambienti dell’insegnamento della fede oggi si sono introdotti elementi propri del protestantestimo liberale. Questo è particolarmente evidente nelle nazioni europee (…)”

“Una scarsa comprensione della natura teologica delle Conferenze Episcopali”, ha specificato il prefetto, “ha una immediata deriva nel pericolo di assumere lo stile organizzativo delle comunità riformate. Anche se non si tratta di un approccio teologico in sé, si traduce nell’esistenza di uno “stile pastorale” uniforme, simile ad una “chiesa nazionale”, che si può costatare in certe accentuazioni di contenuto e procedimento, e nel necessario adattamento dei programmi pastorali diocesani a questi accenti e contenuti.”

In maniera molto esplicita il cardinale Muller indica il pericolo principale di questa deriva che, specialmente in alcuni paesi europei, tra cui la sua Germania, rischia di essere molto concreto. “E’ necessario evitare”, dice Muller, “che il servizio pastorale dei Vescovi si trasformi di fatto in una specie di governo centrale della Chiesa in un paese o regione, che senza essere obbligatoria, diventa così presente nell’ambito della chiese particolari, che non seguirlo si considera come una mancanza di comunione ecclesiale.”

Questa forma di relativismo si è fatta presente nella Chiesa in molto modi. “Ricordiamo”, ha detto il cardinale, “il rifiuto che provocò in alcuni ambienti teologici la dichiarazione Dominus Iesus, del 6 agosto dell’anno 2000. Questi ambienti non hanno ceduto e sono ancora presenti e hanno nuove manifestazioni che, come pastori, dobbiamo essere capaci di controllare, analizzare e illuminare. Una di queste [nuove manifestazioni] è un certo sincretismo religioso (…)”

A causa di questo generalizzato relativismo le “verità antropologiche fondamentali sulla persona umana si sono diluite e l’espressione più evidente è il primato delle teorie del genere che implicano un cambiamento antropologico completo nella concezione cristiana della persona, del matrimonio, della vita, etc.”

LA DISSIDENZA TEOLOGICA

“Come in molti paesi, così anche in Cile, i vescovi hanno dovuto affrontare la dissidenza teologica, soprattutto in materie relative alla morale cattolica.” In questo caso per i pastori non è sufficiente limitarsi alla “denuncia e la comunicazione ai livelli più alti, ma è necessario correggere gli errori con coraggio e audacia, e usare i mass media perchè sia chiara a tutti la verità, che sempre deve risplendere.”

Il dissenso teologico può presentarsi sotto varie forme. Quella “più radicale pretende un cambiamento della Chiesa secondo un modello di protesta ispirato a quello che si ha nella società politica.”

IL SENSUN FIDEI DEL POPOLO DI DIO

In alcuni casi si tenta di “mostrare il sentire del popolo di Dio su alcune materie” come “nuovo” rispetto a quello che per “decenni, secoli o millenni è esistito”. Questo nuovo sensus fidei sarebbe originato dalle nuove scoperte scientifiche che così vengono utilizzate per analisi teologiche.

“In realtà”, chiarisce il prefetto della Dottrina della Fede, “le opinioni dei fedeli non possono puramente e semplicemente identificarsi con il sensus fidei. Quest’ultimo è una proprietà delle fede teologale che, consistendo in un dono di Dio, fa aderire personalmente alla Verità e non può ingannarsi. Questa fede personale è anche fede della Chiesa, dal momento che Dio ha affidato alla Chiesa la custodia della Parola e, quindi, ciò che i fedeli credono è ciò che la Chiesa crede. Per sua stessa natura, il “sensus fidei” implica, dunque, profondo accordo di spirito e del cuore con la Chiesa, “sentire cum Ecclesia”.”

PER LA PASTORALE OCCORRE PARTIRE DAL CATECHISMO

“E’ necessario insistere che la nostra riflessione teologica e le sue conseguenze pastorali devono partire dal dato rivelato, di qui l’importanza di un insegnamento adeguato dei contenuti del Catechismo della Chiesa Cattolica, che S. Giovanni Paolo II ha dato alla Chiesa, come uno strumento valido al servizio della comunione ecclesiale e come norma sicura per l’insegnamento della fede.” (Lorenzo Bertocchi)



EDITORIALE
Il cardinale Bagnasco
 

Concluso a Firenze il V Convegno ecclesiale italiano, passato perlopiù inosservato, a parte l'intervento del Papa. Ma il presidente della Cei alla fine prende le distanze da chi fa credere che l'attenzione ai poveri sia nata con papa Francesco e da chi dipinge i vescovi come assetati solo di potere e soldi.

di Riccardo Cascioli

Se guardiamo il rilievo dato dai principali quotidiani italiani si deve dire che il V Convegno ecclesiale italiano, chiusosi ieri a Firenze, non ha lasciato traccia. A parte l’intervento del Papa martedì scorso – salutato come sempre come «l’inizio di una Chiesa nuova», qualsiasi cosa voglia dire - dei contenuti del convegno e del cammino che la Chiesa vuole intraprendere in Italia non interessa nessuno. 

E ad essere onesti non è solo colpa dei media: a parte la ripresa continua di questo o quel passaggio del discorso del Papa si sono sentite tante chiacchiere che sanno di aria fritta. Valga per tutte l’emblematica intervista al segretario della Conferenza episcopale, monsignor Nunzio Galantino, apparsa ieri su Avvenire: si capisce che il Convegno di Firenze non è stato importante per il contenuto – di cui infatti nell’intervista non c’è traccia – ma per il metodo, il famoso “stile sinodale” che è ormai diventato un mantra. Ma che cos’è questo “stile sinodale”? Il povero giornalista di Avvenire lo chiede a monsignor Galantino per ben otto volte, cercando di porre la domanda in tutti i modi possibili, ma alla fine si deve arrendere. Dialogo, confronto, ascolto, ma alla fine si capisce che non lo sa neanche monsignor Galantino: «Si cresce nella sinodalità esercitandola, si capisce meglio in cosa consiste cominciando a lavorare e a confrontarsi insieme sulle questioni concrete delle nostre comunità», ha detto sfidando anche la logica. Insomma, «ciò che si è cercato di fare a Firenze è proprio questo: avviare un esercizio di sinodalità». 

La cosa peraltro non è stata molto gradita da tutti i vescovi: nei corridoi un certo malumore serpeggiava tra chi ritiene che per poter essere reale «il dialogo necessita di interlocutori che siano diversi e coscienti della propria diversità», come diceva il “sindaco santo” di Firenze, Giorgio La Pira. Bisogna aver chiaro in quale realtà questo dialogo si deve esercitare, dicono costoro, bisogna guardare all'Italia reale, a quel che c'è veramente.

In Italia domina una cultura laicista arrivata ormai a tutti gli strati della popolazione: solo negli ultimi giorni c’è stata una scolaresca impedita di recarsi a una importante mostra a tema religioso, con il pretesto di non offendere i non cattolici; e la Corte Costituzionale con una sentenza clamorosa ha formalmente sdoganato l’eugenetica. E molti altri esempi si potrebbero portare. Ma nulla di tutta questa realtà ha sfiorato gli oltre 2mila delegati di Firenze, neanche ci si è chiesto se c’è qualcuno che voglia dialogare seriamente con la Chiesa. Giusto nove anni fa, nel precedente convegno della Chiesa italiana a Verona, papa Benedetto XVI invitava a valorizzare quanti si sentivano interpellati dall’annuncio della Chiesa, riconoscendo che in generale la cultura dominante, avendo tagliato i ponti «con le tradizioni religiose e morali dell’umanità», non è «in grado di instaurare un vero dialogo con le altre culture, nelle quali la dimensione religiosa è fortemente presente». Un giudizio pesante quanto preciso, oggi abbandonato in nome di un ingenuo ottimismo sul mondo.

Il presidente della Conferenza episcopale, cardinale Angelo Bagnasco, nel suo discorso conclusivo ha cercato di rimediare in parte a questo vuoto di proposta, seppur con scarsi risultati. Più interessante la conferenza stampa, dove – seppur con il suo usuale modo discreto e sempre ringraziando il Papa per il suo intervento – ha marcato una netta differenza da certi accenti usati da Bergoglio (e soprattutto dalle interpretazioni dei giornalisti di corte) e da monsignor Galantino. 

A chi veicola un’immagine di Chiesa che ha scoperto solo con papa Bergoglio l’attenzione ai poveri, Bagnasco ha ribattuto: «Se uno è informato correttamente e pensa con la sua testa non può non vedere i 6 milioni di pasti serviti dalle mense legate alla Chiesa, le 115mila istituzioni cattoliche che soccorrono i bisognosi di ogni tipo, i 500mila poveri aiutati ogni giorno da Caritas e realtà ecclesiali non solo con prestazioni assistenziali ma soprattutto con uno sguardo e una prossimità che restituisce dignità a chi è povero, invisibile o solo. Ognuno tiri le sue conseguenze». Tutte cose che c’erano già tre anni fa. 

Analoga la reazione di fronte al tentativo di dipingere tutti i vescovi e i preti come dediti alla ricerca di potere e soldi, intenti ad aggiudicarsi lussuosi appartamenti o a sfrecciare sull’ultimo modello di auto sportiva. Prendendo a pretesto il «dolorosissimo e penoso» caso dell’ex abate di Montecassino, accusato di aver sottratto 500mila euro alla sua comunità spendendoli in cene e vizi vari, Bagnasco ha tenuto a dire che «va ricordato che in mezzo a un grande popolo di persone consacrate generose e trasparenti può capitare un caso di vita contraddittoria» e che «nessuna ombra deve oscurare la luce di chi è fedele alla vocazione».



[Modificato da Caterina63 14/11/2015 17:58]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)