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  Cosa dicono i vescovi italiani del papa. Anche i più ben disposti lo bocciano



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polonia


Mercoledì 27 luglio, nella sua prima giornata in Polonia, papa Francesco ha incontrato a porte chiuse, nella cattedrale di Cracovia, i 130 vescovi di quel paese (vedi foto), scambiando con loro domande e risposte.


I vescovi polacchi, si sa, non sono in buona sintonia con l'attuale papa. Lo si è visto al sinodo sulla famiglia, dove erano compattamente schierati contro le innovazioni poi entrate in circolo con la "Amoris laetitia".


E in questo assomigliano un po' agli italiani. Anche questi in gran parte a disagio col papa, che non ha esitato a commissariare la conferenza episcopale imponendole come segretario un vescovo che ha ulteriormente aggravato il disagio, Nunzio Galantino.


È un disagio, quello di tanti vescovi italiani nei confronti di  Francesco, che cova sotto la cenere, raramente espresso "apertis verbis".


Ma ecco che in questi giorni un osservatore al di sopra di ogni sospetto ha sollevato il velo. È Luigi Accattoli, vaticanista "senior" del "Corriere della Sera", che ha pubblicato su "Il Regno" un'antologia di giudizi sul papa personalmente raccolti dalla viva voce di un buon numero di vescovi da lui incontrati durante il suo peregrinare per l'Italia di conferenza in conferenza.


Dei vescovi Accattoli non dà i nomi. Ma garantisce che le citazioni sono testuali.


Eccole riportate qui di seguito. Con l'avvertenza – fornita dallo stesso Accattoli – che si tratta di vescovi "tra i più disponibili nell'ammirare l'audacia apostolica bergogliana" e nel "simpatizzare per il papa argentino".


Se questi sono i giudizi e i timori dei favorevoli, immaginiamo quelli dei contrari.


*


«Ammiro la sua generosità. C’era in giro tanta demotivazione, il suo arrivo è stato un riscatto psicologico. Ma perché tanta inquietudine, qual è il suo disegno?».


«Rimprovera, spinge a muoversi: ma dove ci vuole portare?».


«Ho l’impressione che abbia un giudizio negativo su noi vescovi e non capisco da dove gli venga. L’Italia è pur sempre lo zoccolo duro della Chiesa cattolica. Perché ci bastona?».


«Ammiro la capacità del papa di porre gesti di misericordia "in uscita", poniamo verso i diseredati, verso i non credenti; ma mi chiedo che ne sia di tutto il resto: del catechismo, del Codice, dei seminari, delle parrocchie, delle leggi sempre più lontane dal sentimento cristiano. Che dire, che fare?».


«Ma che vuol dire "uscita"? È facile dirlo, ma farlo? In una situazione data, nella mia diocesi, che cosa comporta?».


«Ha bloccato il tormentone dei valori non negoziabili ma con che cosa l’ha sostituito? Con una mezza parola. Perché è una mezza parola, o no?».


«Accenna ai padrini di battesimo e cresima, dice che non è giusto escludere chi è in situazione matrimoniale irregolare, ma poi non modifica le regole esistenti e così ci mette in difficoltà di fronte al popolo».


«I fedeli continuamente ci obiettano che “il papa ha detto”. Per lo più hanno capito male ma vai a convincerli. Lui fa presto a parlare e purtroppo non tiene conto di noi che siamo in trincea. Sembra che non sia stato vescovo».


«Nella "Amoris laetitia", al paragrafo 300, ha scritto che il discernimento delle situazioni personali va condotto nel dialogo con il confessore “secondo gli insegnamenti della Chiesa e gli orientamenti del vescovo”: li devo dare io – vescovo – questi orientamenti? Non li ha dati il papa, immagino perché non li aveva; e come posso darli io?».


«L’ultimo sinodo gli aveva posto la domanda su quali servizi ecclesiali potessero essere affidati a chi è in situazione matrimoniale irregolare e lui al paragrafo 299, invece di onorare quella richiesta, riaffida la questione a noi, che siamo incalzati dall’attesa della gente».


«Al paragrafo 122 della "Amoris laetitia" afferma che “non si deve gettare sopra due persone limitate il tremendo peso di dover riprodurre in maniera perfetta l’unione che esiste tra Cristo e la sua Chiesa”: la considero un’affermazione imprudente. Facciamo un paragone con il clero: diremo che non si deve gettare sul prete il peso di doversi porre come figura del buon pastore?».


«Nella riforma del processo per le nullità ha posto il vescovo come giudice unico e ora vengono da me – povero – come se io potessi affrontare ogni caso: è lei il giudice, l’ha detto il papa. E tutti vogliono il processo breve».


«Quello che interessa ai fedeli è la comunione. Se il discernimento arriva ad autorizzare l’accesso ai sacramenti, del riconoscimento della nullità non importa più».


«Sulle nomine non segue la prassi, fa di testa sua. Si capisce che vuole contraddire il carrierismo e le filiere, ma la prassi era un salvagente per evitare errori. Procedendo senza rete che garanzia ha di non sbagliare?».


«Si prende una libertà che mette in imbarazzo i collaboratori di curia e i responsabili della CEI. Per tanti è come se fosse venuto meno il rapporto di fiducia».


«Non solo bastona preti e vescovi ma ora è arrivato a minacciare la rimozione dei vescovi che non s’adoperano per contrastare la pedofilia del clero. Quest’uscita proprio non l’ho capita: è un terreno delicato, il vescovo è un padre e deve anche trovare il modo d’essere un padre misericordioso, o no?».


«Capisco che voglia apparire povero ma portare una veste trasparente che mostra il nero dei pantaloni non è trascuratezza? Quando noi vescovi veniamo nominati ci danno istruzioni severe sull’abbigliamento, di presentarci sempre in ordine, guai! Per il papa non vale?».


«Parla tanto della sinodalità ma poi decide da solo. Dice che bisogna decentrare ma un accentramento personale del governo così forte non si era mai visto».


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NOTA BENE !


Il blog “Settimo cielo” fa da corredo al sito “www.chiesa”, curato anch’esso da Sandro Magister, che offre a un pubblico internazionale notizie, analisi e documenti sulla Chiesa cattolica, in italiano, inglese, francese e spagnolo.


Gli ultimi tre servizi di "www.chiesa":


26.7.2016
> Un "pontificato d’eccezione". Il mistero di papa Benedetto
Contro gli Anticristi che insidiano la Chiesa. Le teorie del filosofo della politica Carl Schmitt applicate al pontificato di Joseph Ratzinger e alla sua rinuncia

22.7.2016
> Un papa che non s'era mai visto. Un po' protestante
L'idillio tra Francesco e i seguaci di Lutero. L'allarme di cardinali e vescovi contro la "protestantizzazione" della Chiesa cattolica. Ma anche la diffidenza di autorevoli teologi luterani

18.7.2016
> Brandmüller: "La rinuncia del papa è possibile, ma è da sperare che non succeda mai più"
Il cardinale tedesco, autorevole storico del cristianesimo, interviene sulla questione sempre più incandescente delle dimissioni di Benedetto XVI. Che a suo giudizio non hanno fatto bene alla Chiesa

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Aldo Maria Valli: il Papa ha bisogno di aiuto

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Leggere un Aldo Maria Valli affermare che il Papa ha bisogno di aiuto, ha dell’incredibile e tutto il suo articolo suona davvero come un S.o.S preoccupante sotto molti aspetti.

L’articolo si conclude con queste parole allarmanti: “Di certo, credo che Francesco abbia bisogno di aiuto. Non solo attraverso la preghiera, che lui sempre chiede e noi gli assicuriamo, ma dico proprio aiuto culturale: quello che solo amici sinceri, e non yes men ossequiosi, possono garantirgli. Del resto, non è stato proprio Francesco a chiedere a noi cattolici di parlare con parresìa, cioè con franchezza e libertà di dire tutto?” (vedi qui)

Aldo Maria Valli
Aldo Maria Valli

Va subito detto che è Papa Francesco ad essersi circondato da gente inetta, carrierista, supina, cortigiana, dopo aver defenestrato impietosamente persone umili e sagge, che avrebbero potuto aiutarlo nel suo difficile compito.

Ma è onesto chiederci: Papa Francesco, o meglio, Bergoglio… lo vuole davvero questo aiuto? Secondo noi, no!

E per favore, non accusateci di irriverenza sull’uso dell’immagine del Papa che è scivolato all’inizio della Messa a Cestokhowa. Il giornalismo di cronaca deve usare anche le immagini per aiutare a comprendere il messaggio che si vuole offrire alle proprie coscienze. Non siamo malevoli, ma realisti. Il giudizio ai fatti lo lasciamo a Voi.

Or dunque, servendoci delle gravissime riflessioni di Valli, non si tratta di giudicare la persona, ma di valutare i fatti non soltanto a riguardo delle posizioni prese nei confronti dell’Islam – perché è di questo che si preoccupa Valli – ma di valutare soprattutto la grave situazione catechetica e pastorale nella Chiesa e il silenzio del Papa su fatti gravi, come per esempio le affermazioni di Galantino, segretario della CEI, a riguardo di Sodoma, vedi qui, o come il silenzio dopo la “lettera” del cardinale frammassone Ravasi ai suoi confratelli massoni, vedi qui.

Il discorso di Aldo M. Valli è molto complesso e, per comprenderlo, bisognerebbe aver letto I Gesuiti di padre Malachi Martin e La Teologia della Liberazione (TdL) – un salvagente di piombo per i poveri – del prof. Julio Loredo, vedi quiBergoglio ha sempre lottato contro la TdL, ma per affluire nella Teologia del Popolo (TdP) che altro non è che l’approdo della teologia modernista (la nouvelle theologiae) che pervase “lo spirito del concilio” nella sua più devastante applicazione: la Chiesa del popolo.

Se non si approfondisce questo argomento, non è possibile comprendere quanto sta dicendo Aldo Maria Valli, e il suo drammatico appello finale. Tutti i Papi hanno bisogno di aiuti culturali, ma Bergoglio non chiede affatto questo aiuto, egli chiede di essere aiutato , semmai, ad applicare la sua immagine di “Chiesa del popolo” appresa, si badi bene, non dal concilio, ma dallo spirito del concilio, dallo spirito degli novatores  del quale i Gesuiti (insieme a qualche domenicano e francescano) furono i campioni, i depositari, i comunicatori, i maestri, gli applicatori. Aldo Maria Valli, con il suo articolo, apre davvero le porte verso un campo minato che fino ad oggi si è voluto sempre far tacere o distorcere a proprio vantaggio.

Scrive Valli: “…perché? Una risposta che mi viene, e che propongo, è questa: pur non avendo partecipato al Concilio Vaticano II, Francesco è profondamente figlio del Concilio nel senso che mantiene una grande fiducia nel mondo e nei suoi fenomeni e pensa che la Chiesa questi fenomeni li debba sempre e comunque accogliere e accettare piuttosto che fronteggiare e denunciare. Non a caso nel vocabolario di Francesco i verbi accogliere e accompagnare sono così centrali. Sono verbi conciliari, di una Chiesa fiduciosa nei confronti del mondo, che usciva da una fase delle porte e delle finestre chiuse (dove c’era un po’ odore di muffa, come mi disse una volta il cardinale Martini) e desiderava aprirsi alla realtà non per ciò che essa potrebbe essere ma per ciò che essa è, anche dal punto di vista delle diverse fedi religiose…”.

Anche se per Valli questa risposta appare meritoria, conoscere quei due libri che abbiamo segnalato – ed altri sull’argomento – fa comprendere come gran parte del dramma di questo pontificato e della grave situazione confusionaria in cui si trova la Chiesa oggi, è proprio l’interpretazione di certe aperture del concilio che furono stravolte dalla nouvelle theologiae nella quale, spiace dirlo ma è così, Bergoglio fu formato nel pensiero e nelle idee che ha fatto proprie, portandole a queste estreme conseguenze.

Infatti, la prima cosa che viene in mente è questa: quando mai la Chiesa, prima del concilio, non si occupò di “accoglienza” e di fiducia? La differenza sta nel fatto che la Chiesa, fedele alla Parola divina: “Maledetto l’uomo che confida nell’uomo, che pone nella carne il suo sostegno e dal Signore si allontana il suo cuore” (Ger 17,5), non confidava nell’uomo in quanto reggitore della terra, dell’universo e della coscienza… ma vedeva l’uomo creatura fragile da portare a Dio, da convertire a Dio, confidando così non nella sua umanità, che è per altro affetta dal peccato originale e quindi bisognosa di continui restauri, ma nella sua capacità alla conversione. Questo è il ribaltamento che è avvenuto con lo spirito del concilio, altro che “nuova pentecoste”! Da qui si comprende perché non si parla più del peccato originale, dei peccati personali, dei peccati contro Dio, delle pene, dell’inferno e quant’altro sulla materia.

La misura del nostro vero umanesimo è Cristo Dio del quale noi siamo stati creati a immagine di Dio, al contrario oggi si avanza con questa TdP che ribalta la situazione, crea Dio a propria immagine dell’uomo povero, malato, sofferente e pure peccatore ma senza l’obbligo alla conversione. Nella teologia cattolica Dio discese dal cielo per sanare l’uomo fatto a quell’immagine divina deturpata dal peccato; nella TdL prima e della TdP oggi, Dio ascende al cielo grazie all’uomo, al popolo, che promuove così la nuova immagine di Dio a seconda dei propri problemi. Giudicate voi dove questa eresia, non pronunciata dogmaticamente ma pastoralmente, conduce.

Figlio del concilio”, dice Valli! L’affermazione non può che sconcertarci. Valli lo dice in forma lodativa, noi vi assicuriamo che non lo è affatto, perché la Chiesa Cattolica con tutto il suo programma missionario, culturale e dottrinale bimillenario, non nasce nel concilio, ed essere etichettato “figlio del concilio” significa allora che davvero ci troviamo davanti una“nuova” chiesa che sta tentando di schiacciare quella passata, quella bimillenaria… attraverso le nuove prassi, nuovi riti liturgici, nuove teologie…

Un concetto di nuovo che non va ad armonizzarsi all’antico come invece insegna Gesù quando dice: “Per questo ogni scriba che diventa un discepolo del regno dei cieli è simile a un padrone di casa il quale tira fuori dal suo tesoro cose nuove e cose vecchie” (Mt 13,52) il modo corretto di vivere nella Chiesa – e da sempre – la famosa ermeneutica della continuità, quanto piuttosto ci ritroviamo davanti all’altro monito in cui Gesù specifica: “Nessuno cuce una toppa di panno grezzo su un vestito vecchio; altrimenti il rattoppo nuovo squarcia il vecchio e si forma uno strappo peggiore” (Mc 2,21).

Si è, allora, “maestri” quando si resta ALLIEVI del Vangelo, allievi della Parola di Dio CHE NON MUTA, perché il nuovo non è una nuova chiesa, una nuova teologia, nuovi riti e quant’altro, ma il nuovo è Gesù Cristo (ieri, oggi e sempre), davanti al quale ogni ginocchio si piega (Fil 2,9-11) e si deve piegare non soltanto metaforicamente o spiritualmente, ma soprattutto fisicamente e mentalmenteIl nuovo deve convertirsi, piegarsi, inginocchiarsi all’antico, e l’antico deve rispecchiarsi in questo nuovo che è Gesù, il Maestro, il Salvatore, Colui senza il quale non si va da nessuna parte, il vero Buon Pastore che raccoglie il gregge disperso non per dargli pasture pacifiste, ambientaliste, progressiste, moderniste, o per dargli il mondo, ma per dargli SE STESSO e il Regno promesso.

Non pretendiamo che Aldo Maria Valli comprenda tutto questo, oseremo dire che ultimamente ha già fatto molti progressi nel suo pensiero passato, ma chi da cattolico ha sempre vissuto nella prassi catechetica e dottrinale della Chiesa, non ha scusanti, non può chiudere la propria coscienza davanti, all’oramai ricatto, che al Papa si obbedisce e basta, perché ciò è valido quando però il Papa si attiene a tutto il Magistero bimillenario della Chiesa senza pretendere di cucire toppe nuove su un vestito vecchio, squarciando in modo devastante quel vecchio, formando uno strappo ancora ben peggiore…

Una prova di ciò che abbiamo con voi meditato, è la recente lettera di ben 45 persone – fra teologi, laici e religiosi – vedi qui, indirizzata ai Cardinali di Santa Romana Chiesa attraverso la quale si può cominciare a comprendere, anche, il discorso di Aldo Maria Valli, portandolo alle più corrette domande e risposte che ogni buon cattolico, se non lo ha ancora fatto, deve cominciare a porsi, se non vuole fregarsene di quanto sta accadendo al papato e alla Chiesa intera. Infatti, laddove Valli si concentra esclusivamente sulla questione inter-religiosa, noi allarghiamo le problematiche da lui sollevate nel contesto che più ci sta a cuore, quello dottrinale e vogliamo concludere proprio con un passo di questa Lettera, lasciando ad ogni lettore il compito di pregare ed informarsi, con tutta onestà di mente e di cuore, sulla grave situazione che stiamo vivendo, ed anche subendo.

“Il problema dell’Amoris lætitia non è il fatto che abbia imposto norme legalmente vincolanti e intrinsecamente ingiuste o che abbia impartito in modo autorevole insegnamenti vincolanti ma falsi. Il documento non ha l’autorità di promulgare norme ingiuste o di richiedere l’assenso a insegnamenti falsi, perché il Papa non ha il potere di farlo. Il problema di questo documento è che può fuorviare i cattolici inducendoli a credere il falso e a fare quanto è proibito dalle leggi divine. Il documento è formulato in termini che non sono legalmente o teologicamente esatti, ma questo non influisce sulla valutazione dei suoi contenuti, perché nemmeno la formulazione più precisa potrebbe mai conferire statuto legale e dottrinale a decreti contrari alle leggi divine e alla rivelazione divina. Quel che preoccupa di questo documento è l’effetto nocivo che può avere sulla fede e sulla vita morale dei cattolici…”






EDITORIALE
Un imam davanti alla chiesa di Rouen
 

Che cosa si spera di ottenere dall’ingresso, proposto per oggi, dei musulmani nelle nostre chiese quando viene celebrata la Messa? Nessuno di loro penserà di entrare in luogo sacro, dove si svolge una funzione sacra e si adora il vero Dio. E' una pia illusione irenista. Sarà un’empia profanazione della Messa.

di mons. Antonio Livi

Dai media nazionali e internazionali apprendiamo dei fatti – in una certa misura indiscutibili nella loro fattualità – ma ascoltiamo anche un accavallarsi di opinioni, molte delle quali presentate a loro volta come fatti; si tratta però di fatti di secondo livello, ossia di notizie riguardanti le “reazioni” delle istituzioni (Chiesa cattolica, rappresentanti delle altre comunità religiose, parlamenti nazionali, capi di Stato e di governo) ai fatti di primo livello. Questa breve premessa massmediologica serve per ragionare da cattolici sull’evento tragico dell’irruzione di due terroristi islamici nella chiesa di Saint-Etienne-du-Rouvray, nei pressi di Rouen, e dell’assassinio brutale dell’abbé Jacques Hamel che stava celebrando la Santa Messa.

Le “reazioni” a questo fatto sono state tante, e alcune corrispondono in pieno alla logica della coscienza cristiana: esecrazione di fronte a un sacrilegio così orribile (profanazione di un luogo sacro e aggressione di una persona sacra nel momento stesso in cui svolgeva il rito più sacro), preghiera e e opere di riparazione e al sentimento di venerazione di fronte alla vittima innocente della violenza anticristiana. Il professor Roberto de Mattei, per esempio, ha subito pubblicato un editoriale nella sua agenzia “Corrispondenza romana” onorando «il primo martire  dell’islam in Europa».

Altre “reazioni” sono invece dissennate. I media di ieri hanno parlato di una decisione che dovrebbe attuarsi già oggi: invitare i musulmani a partecipare alla Messa domenicale assieme ai fedeli cattolici, nelle chiese cattoliche. La proposta, inizialmente avanzata dal mondo musulmano e sposata dal parroco di Saint Etienne, è stata poi approvata (sembra) dall’intero episcopato francese, e per ultimo anche dall’episcopato italiano, il cui portavoce ha detto (e la frase a effetto ha ottenuto il suo scopo, quello cioè di essere citata da tutte le radio, le televisioni, Internet  e i giornali) che «si tratta di un gesto enorme!».

Di “enorme” in questa uscita del portavoce, c’è solo l’insensatezza (che spero non sia davvero di tutta intera la Conferenza Episcopale Italiana) e la stupidità di esprimersi in questo modo di fronte a eventi come quello di cui si sta parlando. Queste dichiarazioni rispondono evidentemente al dettato di una legge non scritta, ma rigorosamente applicata all’unisono da tutti i poteri forti del nostro mondo occidentale, siano essi poteri ecclesiastici che civili (politica, finanza, informazione).

La legge è che non bisogna condannare nulla, ma proprio nulla, se la condanna deve mettere in cattiva luce la religione dell’islam, senza troppo distinguere tra islam considerato moderato e il cosiddetto islam radicalizzato, e senza sottilizzare troppo sulle intenzioni di guerra santa professate dall’autoproclamato Stato islamico. Non bisogna parlare male dell’islam e non bisogna presentare le vittime cristiane dell’islam come vittime e/o come  cristiane. Bisogna parlare d’altro. Meglio tornare a parlare un’altra volta, come da anni, dell’uguaglianza di tutte le religioni, che sono tutte per la pace e non usano mai la violenza per imporsi le une sulle altre. In questa linea di retorica pacifista, l’idea di invitate i musulmani a Messa costituisce una trovata geniale. Così almeno dice (non so se lo pensa davvero) il portavoce della Cei.

Ma c’è un problema. Oltre alla responsabilità istituzionale che obbliga in un certo grado ed entro certi limiti la Chiesa gerarchica a occuparsi di diplomazia inter-religiosa (buon vicinato, rispetto incondizionato per l’altro, silenzio sulle colpe altrui e richiesta di perdono per la proprie colpe, vere o presunte che siano, non importa), c’è anche – ed è la più importante, anzi è quella essenziale, tanto che se manca quella non c’è proprio più Chiesa – la responsabilità di dare a Cristo Gesù, realmente presente «in corpo, sangue, anima e divinità» nell’Eucaristia, il dovuto culto adorazione.

Nelle chiese cattoliche questo culto si dà con la santa Messa e con la “riserva” eucaristica  nel Tabernacolo. Per questo le chiese cattoliche non sono un semplice luogo di incontro della comunità, e quindi non sono qualcosa di analogo alle sinagoghe e alle moschee: sono – in senso proprio, cioè in senso teologico e soprannaturale – la “casa di Dio”. Sono un “luogo sacro”, e la profanazione di un luogo sacro è un orrendo peccato agli occhi di Dio, perché è esattamente il contrario di ciò che Dio ordina nel primo comandamento del Decalogo. Anche il sacerdote cattolico è una “persona sacra”, come la Chiesa ha sempre riconosciuto; è una “persona sacra” per effetto della consacrazione sacerdotale ricevuta nel momento in cui un vescovo gli ha conferito il sacramento dell’Ordine, che imprime nell’anima del soggetto un “carattere” indelebile, come il Battesimo.

E’ vero che il mondo contemporaneo è dominato, nella sua cultura apparentemente egemone, dall’ideologia del secolarismo e dal processo sociale della secolarizzazione, quindi anche dalla smania di dimenticare, anzi di rimuovere ogni forma di presenza del Sacro. E’ vero che molti pensatori protestanti (a cominciare da Paul Tillich) pretendono che anche i cristiani di oggi sappiano accettare la secolarizzazione come un fatto positivo, che addirittura risponderebbe al messaggio cristiano originario; è vero che Martin Lutero ha abolito il sacramento dell’Ordine sacro e che per i luterani i preti cattolici, considerati alla stregua dei “pastori” protestanti, non hanno alcun carattere sacro. 

Ma tutto ciò non toglie che la nostra condizione di cattolici ci impone in termini assoluti (cioè, non in termini relativi a qualche convenienza politica del momento) di professare in ogni luogo e in ogni tempo la nostra santa fede, il cui nucleo fondamentale è il mistero della Santissima Trinità e il mistero dell’Incarnazione del Verbo, che è Gesù Cristo, vero Dio e vero Uomo. Professare questi misteri della fede non è compatibile con l’invito, rivolto ai musulmani, di riunirsi con i  cattolici nelle chiese cattoliche per manifestare i propri sentimenti di pace. 

Fare opera di pacificazione, di perdono e di ricerca di un’intesa su qualche valore condivisibile è legittimo, anzi doveroso, in quanto corrisponde a quel dialogo inter-religioso che è stato promosso dal Vaticano II con il decreto Nostra Aetate. Ma fare questa opera di pacificazione nel modo che è stato ora prospettato è assurdo. E’ un «gesto enorme», nel senso che è un’enorme (e abnorme) testimonianza di fede al contrario. Alla fine risulta una vera e propria profanazione, la seconda per quanto riguarda la chiesa di Saint Etienne a Rouen, già orribilmente profanata dall’assassinio rituale di un sacerdote cattolico mentre celebrava la Santa Messa.

E’ inutile far finta di non sapere (lo sanno tutti) che i musulmani che si vogliono invitare a partecipare alla santa Messa professano una fede religiosa che è non solo diversa ma esplicitamente contraria alla fede cattolica. I musulmani non accettano in alcun modo quelli che sono i fondamentali misteri della fede cattolica che nella Messa si celebrano, anzi, li considera bestemmie contro l’unico Dio, e sono sempre in qualche modo ostili a noi che siamo, ai loro occhi, gli infedeli, gli idolatri.

Che cosa si spera dunque di ottenere dall’ingresso dei musulmani nelle nostre chiese quando viene celebrata la Messa? Nessuno di loro penserà di entrare in luogo sacro, dove si svolge una funzione sacra e si adora il vero Dio in tre Persone, dove si celebra sacramentalmente il sacrificio redentore del Figlio di Dio per la remissione dei nostri peccati. Nessuno di loro, entrando in chiesa, si farà il segno della Croce con l’acqua benedetta (un sacramentale che prepara i fedeli all’atto penitenziale e alla degna ricezione dei sacramenti della Penitenza e dell’Eucaristia). Nessuno di loro si inginocchierà al momento della consacrazione per adorare il Santissimo Sacramento dell’Altare. Soprattutto, nessuno di loro ascolterà l’omelia del sacerdote celebrata come commento liturgico al Vangelo di Gesù Cristo proclamato nella Messa: al massimo, la potranno considerare come qualcosa di analogo (e di contrario) ai sermoni del loro imam.

A che pro tutto questo? Per il bene del dialogo inter-religioso? Per la pace nel mondo? Sono tutti risultati che corrispondono a una pia illusione irenista. Quello che realmente ne risulterà è un’empia profanazione della Santa Messa, del luogo sacro dove essa viene celebrata e della persona sacra del celebrante, che sull’altare è Cristo stesso, in quanto presta la voce e i gesti a Cristo sommo ed eterno Sacerdote, che si fa Vittima perla nostra salvezza.

E se qualcuno, leggendo queste poche righe, penserà che qui si dà troppa importanza al dogma e che quello che conta è la pastorale e l’azione ecumenica, ebbene, sappia che è vittima di accecamento prodotto dalla falsa teologia e dai cattivi pastori. La fede della Chiesa è quella che ho ricordato; nessun Concilio e nessun papa l’ha voluta cambiare, né avrebbe potuto. E sappia che nessuna pastorale e nessuna iniziativa ecumenica raggiunge i suoi veri scopi se ignora o contraddice il dogma.


[Modificato da Caterina63 31/07/2016 11:04]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)