DIFENDERE LA VERA FEDE

800 anni Giubileo dei Domenicani Il Papa dice loro grazie per ciò che siete e fate

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    Caterina63
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    00 09/11/2015 15:01

      riprendiamo qui gli aggiornamenti che di volta in volta andranno ad arricchire l'informazione e l'evangelizzazione in questo duplice Giubileo.... Vi raccomandiamo di sfogliare anche la pagina precedente che troverete cliccando qui...



    Gli 800 anni dei Domenicani. Il Papa: grazie per ciò che siete e fate

    Celebrazione della Basilica di Santa Sabina - OSS_ROM

    Celebrazione della Basilica di Santa Sabina - OSS_ROM

    08/11/2015

    “Che il Signore vi benedica tanto in questa ricorrenza. E grazie tante per tutto quello che fate nella e per la Chiesa”. Con queste parole, al termine dell’Angelus, Papa Francesco ha ricordato l’Ordine Domenicano, che ieri ha inaugurato solennemente, con una Messa nella Basilica romana di Santa Sabina, un anno giubilare indetto per celebrare gli 800 anni dalla propria fondazione. A presiedere la liturgia è stato il maestro dei Frati Predicatori, Fr. Bruno Cadoré, nel giorno in cui l’Ordine ricorda tutti i propri Santi. L’anno speciale si concluderà il 21 gennaio 2017, data della Bolla “Gratiarum omnium largitori” con cui Papa Onorio III riconosceva l’Istituto. Il tema che guiderà questi mesi è “Mandati a predicare il Vangelo”. Hélènes Destombes ne ha parlato con lo stesso maestro dell’Ordine, Fr. Cadoré:

    R. – L'évangélisation est toujours nouvelle…
    L’evangelizzazione, in fondo, è sempre nuova. Oggi, il contesto è nuovo e cambia continuamente e ogni volta bisogna trovare il modo di incontrare la gente, alla quale poter dire che il nome di Gesù Cristo è la Buona Novella per loro, per noi e per tutti. E’ necessario quindi riuscire a trovare sempre nuovi metodi: metodi di incontri, metodi di ascolto per comprendere quali siano le  attese, le nuove aspettative: le aspettative della parola, del sostegno, della consolazione, le aspettative della misericordia.

    D. – Quali sono questi nuovi metodi che voi richiamate?

    R. – le monde a de nouveaux réseaux sociaux...
    Per esempio, il mondo ha una nuova rete sociale: ci sono nuovi modi di incontrarsi, nuove vie di essere comunità, nuove vie di entrare in amicizia. Questo è il nuovo. Ma c’è anche il “vecchio”, che non passerà mai: l’incontro con le persone e l’ascolto delle persone. C’è qualcosa che deve essere ancora scoperto: come nel mezzo di questa globalizzazione, al centro delle attività degli uni e degli altri, di tutti gli stili di vita, sia possibile prendersi del tempo per sedersi, per fermarsi, per ascoltare, per cambiare… Per avere il tempo di comprendere che è la ricerca che ci anima. E’ la cosa più fondamentale.

    D. – L’inculturazione e l’interculturalità sono delle priorità…

    R. – L’inculturacion est important dans le Évangile depuis le début…
    L'inculturazione è importante nel Vangelo fin dall'inizio: si comprende immediatamente come il Vangelo entri in dialogo con le culture che incontra. Come è entrato in dialogo ad Atene o quando i primi predicatori si sono avvicinati all’Europa che noi conosciamo… L’inculturazione è sempre importante. Il Vangelo è sempre incompleto quando non parla con gli altri. L’interculturalità è oggi estremamente importante in un mondo globalizzato, perché  le nostre chiese, le nostre parrocchie, le nostre comunità sono composte da membri che arrivano da tutte le culture. Si tratta quindi di inventare una nuova fraternità, partendo proprio da quanto ciascuno porta a questa fraternità dell’eredità della sua propria cultura. Questo è un qualcosa di magnifico! Ci vuole molto tempo per scoprire se si è compresa la cultura dell’altro…

    D. – Lei ha invitato i Domenicani ad approfittare di questo Giubileo per dare prova di “audacia”. Ma come deve essere espressa questa audacia?

    R. – Surtout oser: aller à la rencontre de ce qui ne vient pas…
    Soprattutto osare. Incontrare colui che non viene al nostro incontro. Le nostre chiese hanno la possibilità di riunire i fedeli, di riunire i credenti, di riunire le comunità, di riunire gli amici di Dio. Allo stesso tempo, è però necessario che questa possibilità non ci impedisca di avere il desiderio di aprire le porte e di andare all’incontro di coloro che non hanno ancora sentito il nome di Gesù Cristo, all’incontro di tutti coloro in cui il nome di Gesù Cristo non è ancora risuonato nel cuore come una Buona Novella. Questa è l’“audacia”: avere l’audacia di incontrare coloro che non vengono…

    D. – Questo Giubileo si è aperto un mese prima del Giubileo straordinario della Misericordia, voluto da Papa Francesco. E’ tutto molto simbolico…

    R. – Je suis très touchet de cette occurence…
    Sono molto toccato da questo evento: per noi è un segno della Provvidenza, perché la FRamiglia domenicana, sin della sua fondazione, è stata molto spesso indicata come “predicatrice dalla Misericordia”. La Misericordia è sempre qualcosa che viene dal Signore, qualcosa del Signore che viene all’incontro col mondo per farlo nascere, per farlo rinascere. Quindi, che questo nostro Giubileo si tenga proprio mentre Papa Francesco apre l’Anno giubilare della Misericordia richiama in noi il fatto che questo tema, questa realtà è centrale ed essenziale.







    In questo 2016 nel quale i domenicani festeggiano gli 800 anni di vita, crescono le vocazioni nelle Filippine.
    Lo scorso 10 dicembre solo dallo UST Central Seminary, il Pontificio Seminario interdiocesano di Manila retto dai padri domenicani, sono stati accolti nell’ordine dei frati predicatori 18 seminaristi.
    Attualmente i figli di san Domenico nel Paese asiatico sono 193, di cui 134 sono sacerdoti e ben 14 vescovi. 

    Crescono le vocazioni domenicane nelle Filippine. Dopo 800 anni dall'abero spuntano nuove gemme


    fra Lorenzo Piretto Arcivescovo di Smirne

    Papa Francesco ha voluto un frate della nostra Provincia di San Domenico in Italia come Arcivescovo di Smirne (iZMiR, in Turchia). Il 7 novembre 2015, giorno di inizio delle celebrazioni per il Giubileo dell’Ordine Domenicano, ne è stata data la comunicazione: fra Lorenzo Piretto verrà ordinato vescovo nella cattedrale smirniota il prossimo 20 dicembre e inizierà così il suo ministero episcopale sulla cattedra di san Policarpo.

    Proprio così, questo antico vescovo, discepolo dell’apostolo Giovanni, martirizzato nella sua città nel 155, sedette sulla stessa cattedra che adesso sarà di fra Lorenzo. Non sembri cosa di poco conto: benché ormai la presenza cristiana – e quindi anche cattolica latina – sia molto esigua in Turchia, questa regione fu una delle prime ad accogliere la predicazione apostolica e per molti secoli fu un importantissimo centro di vita cristiana.

    Le sette Chiese destinatarie delle lettere con cui si apre il libro dell’Apocalisse sono tutte nella penisola anatolica e una di loro, quella appunto di Smirne, è ormai l’unica rimasta in cui si trovi una viva -per quanto piccola- comunità cattolica, riunita intorno al suo arcivescovo.

    Fra Lorenzo, anzi Sua Eccellenza Monsignor Piretto, è nato in provincia di Torino nel 1942, in una famiglia in cui già c’erano altri due domenicani: suo zio fra Giuseppe Vittonatto, esegeta e fraterno amico del beato padre Girotti e suo cugino fra Luigi Fontana, insegnante di filosofia a generazioni di studenti domenicani. Dopo essere stato anch’egli professore di filosofia e maestro dei frati studenti, all’inizio degli anni ’80 fra Lorenzo realizza il suo desiderio -per cui aveva da tempo iniziato a prepararsi studiando la lingua turca- di essere assegnato a Istanbul.

    Nella grande metropoli euroasiatica trascorre più di trent’anni, facendo il vicario generale della diocesi, insegnando all’università, occupandosi della piccola comunità parrocchiale e soprattutto essendo un punto di riferimento costante della nostra presenza domenicana in quel paese. Più volte superiore a Istanbul e del vicariato di Turchia ultimamente, con vero spirito di obbedienza e di servizio si era da poco tempo trasferito a Smirne, dove fra Stefano Negro era rimasto da solo a prendersi cura di quella parrocchia.

    Qui ha subito messo a frutto la sua instancabile voglia di fare, guadagnandosi ancora una volta stima e affetto da parte di tutti. Ora la Chiesa di Smirne ha un nuovo pastore, che la conosce, la ama e la serve con dedizione. Saremo in molti, il 20 dicembre, a stringerci intorno a fra Lorenzo per ringraziare con lui il Signore e per manifestargli la nostra vicinanza, il nostro affetto e la nostra preghiera.




    Maestri Generali dell'Ordine

    Domenico di Guzmán (1216-1221)
    Giordano di Sassonia (1222-1237)
    Raimondo di Peñafort (1238-1240)
    Giovanni di Wildeshausen (1241-1252)
    Umberto di Romans (1254-1263)
    Giovanni da Vercelli (1264-1283)
    Munio de Zamora (1285-1291)
    Stefano di Besanç0n (1292-1294)
    Niccolò Boccasini (1296-1298)
    Alberto di Chiavari (1300)
    Bernardo di Jusix (1301-1303)
    Amerigo di Piacenza (1304-1311)
    Berengario di Landorra (1312-1317)
    Hervé de Nédellec (1318-1323)
    Barnaba Cagnoli (1324-1332)
    Hugh de Vaucemain (1333-1341)
    Gerard de Daumar (1342)
    Pierre de Baume (1343-1345)
    Garin de Gy (1346-1348)
    Jean de Moulins (1349-1350)
    Simon de Langres (1352-1366)
    Elias Raymond (1367-1380)
    Raimondo delle Vigne (1380-1399)
    Tommaso Paccaroni (1401-1414)
    Leonardo Dati (1414-1425)
    Barthélémy Texier (1426-1449)
    Pierre Rochin (1450)
    Guy Flamochet (1451)
    Marcial Auribelli (1453-1462)
    Corrado di Asti (1462-1465)
    Marcial Auribelli (1465-1473)
    Leonardo Mansueti (1474-1480)
    Salvo Cassetta (1481-1483)
    Bartolomeo Comazzi (1484-1485)
    Barnaba Sansoni (1486)
    Gioacchino Torriani (1487-1500)
    Vincenzo Bandello (1501-1506)
    Jean Clérée (1507)
    Tommaso De Vio (1508-1518)
    Juan García Loaysa (1518-1524)
    Francesco Silvestri (1525-1528)
    Paolo Butigella (1530-1531)
    Jean du Feynier (1532-1538)
    Agostino Recuperati (1539-1540)
    Alberto de las Casas (1542-1544)
    Francesco Romeo (1546-1552)
    Stefano Usodimare (1553-1557)
    Vincenzo Giustiniani (1558-1570)
    Serafino Cavalli (1571-1578)
    Paolo Constabile (1580-1582)
    Sisto Fabri (1583-1589)
    Ippolito Maria Beccaria (1589-1600)
    Jerónimo Xavierre (1601-1607)
    Agostino Galamini (1608-1612)
    Serafino Secchi (1612-1628)
    Niccolò Ridolfi (1629-1642)
    Tommaso Turco (1644-1649)
    Giovanni Battista de Marinis (1650-1669)
    Juan Tomás de Rocaberti (1670-1677)
    Antonio de Monroy (1677-1686)
    Antonin Cloche (1686-1720)
    Agostino Pipia (1721-1725)
    Tomás Ripoll (1725-1747)
    Antonin Bremond (1748-1755)
    Juan Tomás de Boxadors (1756-1777)
    Baltasar de Quiñones (1777-1798)
    Pio Giuseppe Gaddi (1798-1819)
    Joaquín Briz (1825-1831)
    Francesco Ferdinando Jabalot (1832-1834)
    Benedetto Maurizio Olivieri (1834-1835)
    Tommaso Giacinto Cipolletti (1835-1838)
    Angelo Ancarani (1838-1844)
    Vincenzo Ajello (1844-1850)
    Vincent Jandel (1850-1872)
    Giuseppe M. Sanvito (1873-1879)
    José Maria Larroca (1879-1891)
    Andreas Frühwirth (1891-1904)
    Hyacinthe Marie Cormier (1904-1916)
    Ludwig Theissling (1916-1925)
    Buenaventura García de Paredes (1926-1929)
    Martin Gillet (1929-1946)
    Manuel Suárez (1946-1954)
    Michael Browne (1955-1962)
    Aniceto Fernández Alonso (1962-1974)
    Vincent de Couesnongle (1974-1983)
    Damian Byrne (1983-1992)
    Timothy Radcliffe (1992-2001)
    Carlos Azpiroz Costa (2001-2010)
    Bruno Cadoré (2010-In carica)


     

     

    [Modificato da Caterina63 10/02/2016 22:28]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 27/11/2015 13:44
    <header class="entry-header">

      Quando il diavolo si arrabbiò con san Domenico


    A Santa Sabina, a Roma, dove si è aperto il Giubileo dell'Ordine dei Domenicani, la storia diventa  legenda



    </header>
    Lapide Santa Sabina



    “Insomma, Domenico! Lasciaci dormire!”. Sicuramente qualcuno dei primi compagni di san Domenico l’avrà pensato, svegliandosi nel dormitorio del monastero di Santa Sabina, a Roma, nel cuore della notte abitata dai pianti e dai gemiti del santo fondatore dell’Ordine dei predicatori.

    Affacciandosi, però, alla finestrella che ancora oggi dà sulla chiesa dove i papi si recano il Mercoledì delle ceneri, una meraviglia si apriva ai loro occhi:

    Domenico era talmente “perso” nel colloquio intimo con Dio, che tutto il suo corpo partecipava con lui e piangeva calde lacrime sulla sorte dei peccatori, gridando all’Altissimo per invocarne la salvezza. Misericordia, cosa stanno per diventare i peccatori?” 
    gridava il frate di Guzman.

    S. Domenico

    Così preso dal “tu per tu” con il divino, che nemmeno il diavolo riusciva a distoglierlo. La leggenda vuole che una notte, indispettito, il Maligno abbia scagliato contro il santo un pesante blocco di basalto nero che precipitòcon il fragore di una granata sulla lastra marmorea che copriva le ossa di alcuni martiri dove Domenico giaceva prostrato. La lapide andò in pezzi, ma Domenico nemmeno se ne accorse…

    S. Sabina - Interno
    S. Sabina - Interno

    Oggi il blocco di basalto nel quale si possono vedere distintamente i graffi lasciati dall’artiglio del diavolo –non per niente è chiamata Lapis Diaboli, cioè la “pietra del diavolo” è posto su una colonnina tortile in un angolo dellastupenda chiesa paleocristiana, mentre la lapide, ricomposta, è al centro della schola cantorum. 
    Le cronache sostengonoche la lapide fu spezzata dall’ architetto Domenico Fontanadurante il restauro del 1527 per spostare la sepoltura dei martiri. L’architetto poi gettò via i frammenti, successivamente ritrovati e ricomposti, ma si sa che il diavolo è abile a nascondere le tracce delle sue malefatte…

    La pietra del diavolo

    Il 7 novembre 2015 i frati predicatori, i fratelli di oggi di san Domenico, hanno aperto l’anno giubilare dell’Ordine per ricordare gli 800 anni trascorsi dalla fondazione.
    Un’occasione per ripercorrere la storia dei domenicani, visitare i luoghi della loro presenza e farsi raccontare l’accaduto.

    Biblioteca
    Biblioteca



    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 03/12/2015 14:54
    [SM=g1740717] Pellegrinaggio a Bologna con il Rito Domenicano
    Associazione Cardinal G. Saldarini
    per la liturgia latino-gregoriana “Summorum Pontificum”

    (Coetus fidelium stabiliter existens ex art. 5 M.P. Summorum Pontificum et art. 15. Instr. Universae Ecclesiae)

    PELLEGRINAGGIO A BOLOGNA CON IL RITO DOMENICANO



    7 DICEMBRE 2015

    S. MESSA CANTATA CON LA SCHOLA GREGORIANA DELLA CATTEDRALE DI S. PIETRO - CONFERENZA - MOMENTO DI CONVIVIALITÀ

    In occasione del Giubileo per gli ottocento anni dalla conferma dell’Ordine dei Predicatori (7 novembre 2015 - 21 gennaio 2017), si propone di compiere il prossimo 7 dicembre 2015 un pellegrinaggio all’Arca di San Domenico in Bologna, che culminerà in una Santa Messa cantata in rito domenicano, preceduta da una conferenza su tale rito tenuta dal P. Riccardo Aimone Barile O.P.; priore del Convento Patriarcale di Bologna e seguita da un momento di convivialità.

    Il pellegrinaggio vuole essere innanzitutto un momento di preghiera e ringraziamento a Dio per aver dato alla Chiesa il Santo Padre Domenico, fondatore dell’Ordine dei Predicatori, ma anche l’occasione per l’approfondimento e la promozione del rito che per settecentocinquant’anni ha caratterizzato la vita liturgica dell’Ordine e che dal 2007, grazie al Motu Proprio Summorum Pontificum di S.S. Bendetto XVI e all’Istruzione Universae Ecclesiae della Pontificia Commissione Ecclesia Dei, può essere nuovamente celebrato e promosso senza alcun limite nella Chiesa e nell’Ordine Domenicano.

    Scorci della Messa nel Rito Domenicano:

    www.youtube.com/watch?v=WFQLgaIo2eo






    [SM=g1740738]

    3 Febbraio la Chiesa, e noi in quanto domenicani, facciamo memoria dei Beati Pietro Ruffia, Antonio Pavoni, Bartolomeo Cerveri, tre frati domenicani, sacerdoti e martiri. Saviglianesi per patria e professione religiosa, sebbene in anni diversi, ebbero in comune l’ufficio di inquisitori della fede nelle regioni subalpine e vennero uccisi a causa della fede. Il culto dei tre martiri fu confermato da Pio IX: quello del beato Bartolomeo il 22 settembre 1853, quello dei beati Pietro e Antonio il 4 dicembre 1856.

    gloria.tv/media/XW1GfcFPPZK

    www.youtube.com/watch?v=gkM3F1nua74

    Movimento Domenicano del Rosario
    www.sulrosario.org
    info@sulrosario.org






    [SM=g1740738]

    [Modificato da Caterina63 25/01/2016 21:14]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
    Post: 39.987
    Sesso: Femminile
    00 26/01/2016 16:57

      La predicazione profetica e comunitaria per i diritti dell’uomo


    Cominciamo con alcune date per dare una collocazione storica ai fatti.


    Con la conquista del regno di Granada (1491), l'ultimo territorio iberico ancora in mano ai musulmani, la Castiglia aveva libero accesso alle coste atlantiche, ma si trovava la costa africana e le isole atlantiche sbarrate dai portoghesi.


     


    Proprio per questo i sovrani Ferdinando d'Aragona e Isabella I di Castiglia accettarono l'impresa proposta loro dal genovese Cristoforo Colombo che il 12 ottobre 1492 (di mercoledì) Arrivò all’attuale San Salvador dove poi il giorno seguente sbarcò. 


    Date di alcuni personaggi


    Bartolomeo de Las Casas, O.P.  (Siviglia1484 – Madrid17 luglio 1566) prima encomendero e prete e poi Domenicano.


    Antón o Antonio Montesinos, O.P. (c. 1475 - Venezuela, 27 de junio de 1540),


    Pedro de Córdoba, O.P.  (Córdoba, 1482 - La Española, 4 de mayo de 1521),


    Francisco de Vitoria, O.P.  (Burgos o Vitoria1483/1486 – Salamanca12 gennaio 1546)


    Tommaso De Vio, O.P.  detto il Cardinal Gaetano (Gaeta20 febbraio 1469 – Roma10 agosto 1534),


    Martin Lutero, (Eisleben10 novembre 1483 – Eisleben18 febbraio 1546): nel 1517 appese le sue 95 "tesi" alla porta della cattedrale di Wittemberg.


    I Domenicani non partirono subito, come gli altri Ordini (in particolare Francescani e Agostiniani) alla evangelizzazione delle nuove terre scoperte da Colombo perché impegnati nella riforma dell’Ordine. In tutto l’Ordine, come nella società civile e religiosa, c’è il fermento del rinnovamento ed il timore che l’Ordine si spacchi in due: conservatori (conventuali) e riformati, è molto forte. I Domenicani prima di partire, devono riuscire in questo intento: mantenere l’unità dell’Ordine. Una volta portata a termine la riforma, sono pronti per partire.
    Il re Ferdinando il cattolico aveva molte volte chiesto al padre Generale dei Domenicani di inviare i suoi frati nelle nuove terre delle Indie. Solo nel 1510 (in settembre) il padre maestro Generale, allora Tommaso di Vio Gaetano, riuscì a far eseguire dal padre Provinciale della Provincia di Spagna, il suo ordine di inviare frati. Erano in quattro, però sarebbero stati presto in 15.

    Questi i nomi dei frati presenti a Ispaniola nel periodo che c’interessa:
    1. Nell’ottobre del 1510 arrivarono questi 4: Pedro de Córdoba, Antonio Montesinos, Bernardo de Santo Domingo, sacerdoti, e Domingo de Villamayor, fratello cooperatore.

    2. Nel dicembre de 1510 (alla fine) o gennaio (inizio) del 1511 i 5 seguenti: Tomás de Fuentes, Francisco de Molina, Pedro de Medina, Pablo de Trujillo y Tomás de Berlanga.

    3. Nel luglio (inizio) de 1511 altri 7: Lope de Paibol, Hernando de Villena, Domingo Velázquez, Francisco de Santa María, Juan de Corpus Christi, Pablo de Carvajal e Domingo de Mendoza, che era l’animatore iniziale e colui che convinse Pedro de Cordoba e Montesinos a partire per le Indie.

    Ci racconta il Las Casas: “Il primo ideatore a cui Dio ispirò di condurre finalmente l'Ordine fino alle Indie fu il religioso chiamato Domingo de Mendoza… Per questo suo grande progetto fra Domingo aveva individuato un religioso chiamato fra Pedro de Cordoba che entrò giovanissimo nell'ordine quando era studente nell’università di Salamanca, e, sempre a Salamanca, nel convento di Santo Stefano prese l'abito. Da questo fortunato confratello andò fra Domingo per convincerlo a partecipare all'impresa missionaria e andò anche a smuovere un altro frate chiamato Antonio de Montesinos che amava il rigore della vita religiosa ed era un ottimo predicatore. Persuasero anche un altro sant'uomo fra Bernardo de Santo Domingo poco o niente esperto delle cose del mondo però profondamente compromesso con le cose di Dio, buon letterato, devoto e grande religioso. Fra Domingo si recò a Roma dal padre Maestro Generale dell'Ordine che era fra Tommaso de Vio Gaetano per avere il permesso di andare alle Indie e tornò con la licenza del Maestro Generale e anche con il rescritto del re. Non potendo partire subito per ragioni burocratiche, fra Domingo inviò fra Pedro de Cordova (che aveva 28 anni) come superiore e gli altri due, a cui si aggiunse un fratello cooperatore, perché partissero per la evangelizzazione missionaria”. (Las Casas)

    Il viaggio da Salamanca al porto di San Lúcar de Barrameda fu come una’epopea nella storia di questa missione. Fecero tutto il Viaggio a piedi, nel modo più povero chiedendo elemosina e ospitalità nei villaggi che incontravano sul loro cammino. La loro vita spirituale di preghiera la vivevano con tanto fervore come se camminassero in un convento ambulante. (Alcuni storici antichi: Alonso Fernández, Historia del insigne convento de San Esteban de Salamanca de la Orden de Predicadores , Juan de Araya, sempre storia dello stesso convento; Esteban de Mora nella sua historia dello stesso convento aggiunge che “in questo itinerario recitavano l'ufficio divino in comunità all'ora in cui doveva essere recitato come se fossero nel coro del loro convento di Salamanca. Osservavano in silenzio, avevano le loro ore di preghiera e fra Pietro di Cordova in varie occasioni teneva il capitolo conventuale nel campo, non solo per raccomandare a Dio i benefattori, ma anche per riprendere e correggere i loro difetti, benché leggeri.”)

    Questi frati erano molto speciali venivano da conventi di studio dove erano stati segnalati per la loro capacità ed erano stati mandati ad Avila ad aprire un nuovo convento visto il loro speciale stile di vita religiosa molto aderente alle proposte della riforma (ripeto siamo all'epoca della riforma dell’Ordine Domenicano). 
    “Questi quattro frati portarono l'Ordine in quest’isola. Il frate cooperatore tornò presto in Castiglia e rimasero solo in tre e si cominciò subito a sentire il soave profumo della loro religiosità e Santità.

    All’arrivo a Ispaniola furono aiutati e ricevuti da un buon cristiano abitante della città chiamato Pedro de Lombreras che diede loro una capanna, al limitare del suo cortile, nella quale si stabilirono: non c'erano allora disponibili che case di paglia.”  (Bartolomeo de Las Casas, Historia de las Indias, lib. II, cap. LIV)

    Le case dei domenicani si chiamano e sono case di predicazione: è la comunità che predica: quando parla una persona il suo discorso vale per essere l'opinione di una persona quando è tutta una comunità che si esprime il discorso prende molta forza. San Domenico ha voluto una comunità di predicatori non un gruppo di persone che predicassero. Montesinos fu incaricato dalla Comunità che arrivò a comporre il testo del sermone dopo lunghe riunioni e discussioni: tutti lo firmarono perché era di tutti e tutti vi si riconoscevano: fra Antonio era “solo” il portavoce che riceve il “precetto formale” (ordine tassativo dato in forza del voto di obbedienza) di andare a predicarlo. Secondo quanto ci dice Bartolomeo De Las Casas fu scelto Montesinos perché, a giudizio della Comunità, era il più adatto a portare quel messaggio. Questa scelta non provocò invidie negli altri frati perché il predicare nel migliore dei modi la Parola di Dio ha la prevalenza su tutti gli altri interessi.

    Questa particolarità dei domenicani - la Comunità si fa predicazione – impone che nei loro conventi ci si organizzi per uno studio assiduo in vista della salute delle anime. Non uno studio fine a sé stesso o fine alla conoscenza, al sapere, ma si studia per poter portare meglio la Parola di Dio.

    Cosi Scrive il Las casas nella Historia de las Indias: “Davanti all'evidente sottomissione e oppressione degli indios la Comunità dei Domenicani dedicò molte ore di riunione per studiare a fondo il problema, finché decisero di denunciarlo pubblicamente: non potevano tacere: si sentirono obbligati a fare questa pubblica denuncia per la professione che avevano fatto.

    Prepararono la denuncia sotto forma di sermone e a questa preparazione dedicarono lunghe riunioni con la partecipazione di tutti i membri della comunità. Una volta redatto il testo, e avendolo ciascuno di loro firmato, fra Pedro de Cordoba, che era il vicario, incaricò fra Antonio de Montesinos di predicarlo alla Messa principale della quarta domenica di avvento. Così avvenne: era il 21 dicembre del 1511 ed era trascorso poco meno di un anno dall'arrivo dei frati all'isola”.  (Las Casas, Historia de las indias, libro III, capítolo 4)

    Cosa curiosa: benché si trattasse di un documento scritto e anche sottoscritto, non abbiamo il testo originale ma unicamente un estratto che, tempo dopo, Bartolomeo De las Casas incorporò nella sua opera Historia de las indias (libro III, capitolo 4)

    Il Maestro Generale dell'Ordine Tommaso de Vio Gaetano, in una sua lettera ordinò che “i frati che andavano in missione portassero con sé i loro libri” perché la missione non dispensa dallo studio anzi viene richiesto a chi è dedito a un'opera così importante di apostolato di avere una formazione teologica dottrinale e giuridica la più completa possibile. Diceva: un domenicano che non studia almeno quattro ore al giorno non è un bravo domenicano. E così i frati dell'isola Ispaniola avevano con sé poche cose personali però tutti i loro libri sui quali avevano speso tanto tempo durante il loro periodo di formazione.

    Gli Indios erano molto maltrattati: torturati, obbligati a lavori forzati, privati della loro libertà e della loro famiglia, costretti come schiavi al servizio dei padroni che li sfruttavano all’eccesso, approfittavano delle loro donne, uccidevano i bambini e gli inabili al lavoro, non li curavano nelle malattie, non venivano istruiti adeguatamente nella fede: motivo principale per cui erano dati agli encomenderos, si muovevano contro di loro guerre sanguinose e fu così che si giunse a sterminare un immenso numero di indios.

    I Frati, con a capo Las Casas, che nel frattempo era diventato domenicano anche lui, tentavano l'evangelizzazione pacifica tanto che Las Casas si fece assegnare un territorio abitato da indigeni considerati molto bellicosi chiedendo che non gli venisse data nessuna scorta dell'esercito e così cominciò una evangelizzazione pacifica nel Chiapas. Questi luoghi erano stati prima sede di tante guerre ora si viveva in pace e quella zona venne chiamata Verapaz. Ora Verapaz è parte del Guatemala divisa in due zone Alta Verapaz e Baja Verapaz. I domenicani vi sono ancora presenti a Cobàn: hanno un centro di cultura che si chiama A’kut’an, hanno una bella biblioteca specializzata in cose dell'America Latina e soprattutto una scuola per insegnare ai missionari tutti, catechisti, sacerdoti, religiosi e religiose le lingue maja dei villaggi perché tutti possano ascoltare il Vangelo nella loro madre lingua.

    La compassione è un segno distintivo della vita di san Domenico e l’ha inculcata nei suoi frati, fa parte di tante scelte del suo Ordine. I nuovi missionari che vivevano una stretta vita religiosa e che avevano stampato nella propria anima la compassione per quelli che soffrono dialogavano tra loro sopra gli orrori che si consumavano sugli indios e si domandavano: questi non sono uomini? Non dobbiamo osservare con loro i precetti di carità e di giustizia? Non avevano proprie terre e propri capi e propri stati? Non siamo obbligati a predicar loro la legge di Cristo e agire con diligenza perché si  convertano?

    Si riviveva in questo spirito il carisma del fondatore, San Domenico di Guzman. Egli aveva a fior di pelle la compassione per le sofferenze del prossimo e aiutava materialmente, spiritualmente e dottrinalmente tutti quelli che erano nella necessità, come uomini liberi che hanno impressa l'immagine e la somiglianza di Dio Padre.

    Quando gli adulti indios chiedevano di essere battezzati, veniva loro chiesto di lasciare tutte le altre pratiche religiose e di lasciare pure la poligamia per avere una sola donna come moglie: ma quale? I moralisti rispondevano la prima. Tommaso de Vio Gaetano consigliò di tenere la prima che avevano sposato per amore sponsale. Paolo III ratificò questo suggerimento del cardinale domenicano.

    In questo ambiente e con queste motivazioni nacque l’idea di urlare l’indignazione e il “non ci sto” in faccia a tutti.

    Ricostruiamo il momento del primo sermone.

    La Messa è cominciata è stato proclamato il Vangelo del Battista che tuona nel deserto. Subito dopo il padre Antonio de Montesinos comincia il suo discorso. Inizia con soavità situando nel suo contesto il Vangelo della Messa, però il suo zelo missionario che gli ha fatto contenere giorno e notte le lacrime e i patimenti degli indios, fa levare il tono della sua parola che diventa sempre più ardente. Da questo pulpito lancia le sue frasi rivoluzionarie con un grido di protesta contro l'oppressione degli indios della loro piena libertà come veri uomini con i propri diritti naturali uguali a quelli degli altri uomini, uguali a quelli dei figli di Dio, degni quindi dell'amore di Cristo, redenti con il suo Sangue al pari di tutti gli esseri umani.

    Queste sono le parole centrali, incancellabili, ripetute in tutto il mondo, in tutte le lingue durante cinquecento anni.

    “Per farvi conoscere queste verità sono salito qui sul pulpito io che sono la voce di Cristo nel deserto di quest’isola. E pertanto conviene che con attenzione, non con una certa attenzione, ma con tutto il vostro cuore con tutti vostri sensi la ascoltiate; questa voce sarà la più nuova che voi abbiate mai udito la più aspra e dura e spaventosa e pericolosa che ma i pensereste di udire: tutti siete in peccato mortale e in esso vivete e morite a causa della crudeltà e tirannia con cui trattate questa gente innocente. Dite: con che diritto, con quale giustizia tenete in così orribile schiavitù questi Indios? Con quale autorità avete mosso sì detestabili guerre a queste genti, che se ne stavano mansuete e pacifiche nelle loro terre, dove tante ne avete distrutte con stragi e morti inaudite? Come li tenete così oppressi e affaticati, senza dar loro da mangiare, senza curarli nelle malattie nelle quali incorrono e muoiono per gli eccessivi lavori che gli date, o per meglio dire, li uccidete ogni giorno per estrarre e avere oro? Quale cura avete che qualcuno li istruisca e possano conoscere il loro Dio e creatore, siano battezzati, ascoltino la messa, osservino le feste e le domeniche? Non sono essi uomini? Non siete obbligati ad amarli come voi stessi? Non capite? Non sentite? Come potete stare addormentati in tanta profondità di sonno così letargico? Abbiate per certo che, nello stato in cui siete, non potete salvarvi più dei mori o dei turchi che non hanno né vogliono la fede di Cristo». (Bartolomé de las Casas, Hist. de las Indias, III, cap. 4).

    Frasi taglienti, accusatrici, risuonarono come tuoni nelle coscienze dei presenti sino a farle saltare. Commenti acerbi dopo la messa, interrogativi, proteste sempre più inferocite.
    Erano presenti alla predica l'Ammiraglio Diego figlio di Cristoforo Colombo governatore di tutte le Indie e tutti i maggiorenti, convocati dai frati porta per porta, con la promessa di far sentire a tutti cose che sommamente li riguardavano.

     Si doveva esigere una pubblica ritrattazione da parte del predicatore. Quello stesso giorno alla prima ora nel pomeriggio l’Ammiraglio Diego Colòn e gli ufficiali del re nelle Indie vanno a chiederne conto al superiore dei Domenicani che era, come sappiamo, fra Pedro di Cordova. 
    Trovano i frati che pranzano mangiando verze solo lessate, senza olio o altro condimento perché non ne avevano, cosa che - dice lo storico Las Casas - capitava spesso perché vivevano in povertà e non accettavano regali per non essere ricattati. Così quando l’Ammiraglio bussa alla porta, al padre priore non costa molta fatica alzarsi da tavola per parlare con gli infuriati spagnoli.
    Fra Pedro gli dice che quello di Montesinos era il sermone di tutta la Comunità che era venuta nel Nuovo Mondo per predicare ciò che necessitava alla salvezza delle anime non tenendo in alcun conto tutte le altre umane sollecitazioni.
    Comunque promise che la domenica seguente fra Antonio avrebbe parlato sulla stessa materia dicendo le cose più opportune. Cosa che fece rincarando la dose del primo sermone.

    Alta Vera Paz

    L'eco di quei sermoni risonò subito per tutta la Spagna. Con la prima nave che veniva dalle Indie giunsero anche le proteste contro gli intrepidi frati arrivando fino alla corte reale. Il re Ferdinando comunica al padre Provinciale dei Domenicani la necessità di fare tacere i suoi frati della Ispaniola. Nel mese di marzo del 1512 il Provinciale manda varie lettere per correggere i frati: ordina loro prudenza nei sermoni e di non dubitare dei diritti del re sulle Indie e di rientrare in Spagna piuttosto che turbare gli animi di tutti con le loro idee. I Domenicani della Ispaniola non si arrendono e si dispongono a convincere personalmente la corte e le altre autorità di Spagna.

    I due più rappresentativi nella difesa dei diritti degli indios fra Antonio de Montesinos e fra Pedro de Córdoba decidono di andare in Spagna per relazionare direttamente al re. Per poter partire devono chiedere l'elemosina per pagarsi il viaggio e molti si tirarono indietro però alcuni di buon cuore diedero i soldi necessari e s'imbarcano verso la Spagna.
    Con loro va il Vicario Provinciale dei Francescani mandato dai coloni per difendere le loro ragioni presso la corte. Molta parte del clero era connivente per interessi materiali.

    I due domenicani non vengono ricevuti dal re però con un artificio Montesinos riesce a parlarci.
    Quando il re Ferdinando apprende le cose direttamente dalla bocca dei testimoni che le hanno vissute va in crisi e si vede nella necessità di studiare più a fondo quei fatti che hanno commosso tutto il paese. Stabilisce in Burgos una giunta tra giuristi e teologi che esaminino le denunce del governo delle Indie e che elaborino delle leggi che faranno tacere tutte le voci e risolveranno le difficoltà.

    Furono promulgate le “Leggi di Burgos” il 27 dicembre del 1512; saranno poi elaborate meglio con le “Nuove Leggi” e ancora di più con le “Leggi di Valladolid” nel 1513: sono più che altro un codice sul lavoro, però non si occupano solo di ciò che si riferisce al lavoro ma si guarda anche alla buona convivenza tra spagnoli e indios e alla formazione integrale dei lavoratori.
    Queste Leggi furono disattese perché altri interessi premevano e non certo la salute degli Indios. Las Casas, per difendere la causa degli Indios, viaggia dalla Spagna all'America ben cinque volte: 1515, 1517, 1530, 1538, 1547. E ci voleva un bel coraggio e una forte fede nelle proprie convinzioni.
    Gli viene organizzata una disputa con il Gesuita Sepulveda, un  dotto che andava allora per la maggiore. Questa disputa non terminò mai perché quando era chiara la vittoria di fra Bartolomeo, non si parlò più di disputa.

    L'uomo che definisce sé stesso come essere intelligente, libero, sociale e politico, che è orientato, o meglio diretto dalla medesima forza della sua natura intelligente verso la massima perfezione personale e sociale, incontra nei sermoni Montesinos come un seme che spera di far crescere fino al raggiungimento dei massimi frutti.




    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    Sesso: Femminile
    00 27/01/2016 11:28
    Cari Amici, ricordando che siamo dentro l'Anno di grazia con ben due Giubilei: quello degli 800 anni per i Domenicani e quello straordinario della Misericordia indetto dal santo Padre Francesco, veniamo qui ad offrirvi un breve video con la sintesi della vita e delle opere, di uno tra i più grandi teologi della Chiesa, San Tommaso d'Aquino, stella lucente dell'Ordine dei Predicatori, Dottore della Chiesa, l'insuperato Dottore angelico.

    gloria.tv/media/avxmA5JZ34u

    www.youtube.com/watch?v=pe9MbAXHKUo

    Movimento Domenicano del Rosario
    www.sulrosario.org
    info@sulrosario.org





    [SM=g1740771]




    [SM=g1740717] Santa Caterina de Ricci, ma chi è Costei? Forse è conosciuta di nome, ma nei fatti che movimentarono la sua vita che cosa ne sappiamo? Ecco allora una bella e sana opportunità per conoscerla e per arricchirci spiritualmente, edificandoci con l'ascolto e la meditazione non solo di fatti davvero straordinari, come quando il Crocefisso staccandosi dalla croce finì letteralmente tra le sue braccia davanti a molti testimoni, ma soprattutto per il sostegno a vivere una vita piena e cristiana che Caterina, ancora oggi, sa trasmettere con accenti gioiosi e commoventi.

    gloria.tv/media/CAKCnn36pgv

    www.youtube.com/watch?v=BNo9o87HrJo

    Movimento Domenicano del Rosario
    www.sulrosario.org
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    [SM=g1740750] [SM=g1740752]



    [SM=g1740733] Una breve biografia del santo fondatore dei Frati Predicatori ( Domenicani ) fatta interamente a fumetti.

    Scoprine di più: www.facebook.com/fratidomenicani
    www.dominicanes.it/


    www.youtube.com/watch?v=VlYmMCuU_ZM








    [SM=g1740738]

    Un breve video per ricordare un grande frate Domenicano, padre Reginaldo d'Orleans. Pensate solo due anni di vita domenicana ma che hanno lasciato il segno. Il

    beato Reginaldo ci insegna che non è la quantità delle azioni a farci santi, ma la qualità, la passione, l'amore, il quanto ci lasciamo davvero coinvolgere dall'apostolato

    al quale siamo chiamati. A lui la Vergine Santa apparve confermandogli la preziosità dell'abito domenicano.

    gloria.tv/media/h3jsKuxvPmA

    www.youtube.com/watch?v=VExu3hG8yzE
    -------------------------------

    Il beato Giordano di Sassonia è stato il primo Maestro generale dell'Ordine domenicano dopo la morte di San Domenico, il Fondatore. Le sue fonti sono preziose per noi, oggi, che festeggiamo questo giubileo per gli 800 anni dalla fondazione. A lui dobbiamo la bellissima tradizione della Salve Regina e molto altro ancora.

    gloria.tv/media/wSMiBpqMyRq

    www.youtube.com/watch?v=-pqdaWkMkXk

    Movimento Domenicano del Rosario
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    [SM=g1740757]




    16 febbraio Beato Nicola Paglia

    Quel che accade per molti Beati del calendario è spesso, purtroppo, una sorta di oscuramento automatico causato, forse, dalla nostra pigrizia, o dalle tante "memorie" accumulate nello stesso giorno. In questi video cerchiamo, assai umilmente, di offrirvi una panoramica nella quale scorgere, in ogni santo o beato, la sua peculiarità, un suo carisma specifico atti a suscitare in noi un desiderio a seguirne in qualche modo le orme. Ecco allora la figura del beato domenicano Nicola Paglia in un fatto concreto che ci rammenta l'importanza del perdono e del suffragio per le Anime del Purgatorio.

    gloria.tv/media/F15pXZv7xpe
    www.youtube.com/watch?v=KLtxSNL_vQo

    18 febbraio Beato Angelico

    A suo onore, e per la promozione dell’arte sacra, Papa Giovanni Paolo II ha parlato a lungo e spesso del Beato Angelico definendo la sua arte "celestiale e divina", un vero Paradiso per grazia e bellezza, un'arte che si può definire un’autentica preghiera espressa con i colori... Un uomo, un frate, un sacerdote in tutto caratterizzato da modestia e condotta religiosa; in lui «mite di indole e probo nella professione di frate, fiorirono pure molte virtù». Fu insomma «uomo di santità evidente». E' fuori dubbio - conclude il Santo pontefice - il solo motivo per cui ricevette il soprannome di «Angelico», uomo certamente quasi unico nell’arte e fuori confronto con gli altri.

    gloria.tv/media/3SDzz2bUbm6
    www.youtube.com/watch?v=6eEhxzOladk

    Movimento Domenicano del Rosario








    [SM=g1740738] [SM=g1740750] [SM=g1740752]



    e.... oggi

    www.youtube.com/watch?v=Cg3GCxjiwxU






    [SM=g1740738]

    [Modificato da Caterina63 01/04/2016 11:53]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 15/04/2016 22:43
    [SM=g1740717] [SM=g1740720]

    Le Suore Domenicane irachene operano
    in Giordania nell'ambulatorio di Zarqa


    gloria.tv/video/cde5kZeGCqA









    [SM=g1740750] [SM=g1740752]

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 23/04/2016 14:36
    <header class="entry-header">

    7 Novembre_Tutti i Santi Domenicani _


    </header>

    tutti i santi domenicani


    “Se entri nell’Ordine Domenicano e sarai fedele alla nostra Regola e al nostro spirito, sarai santo, un grande santo… E andrai in Paradiso, subito dopo la morte. L’Ordine Domenicano è pieno, strapieno di santi!”.


    E’ proprio vero!!! Infatti l’Ordine non riuscendo a festeggiarli tutti con una festa singola – perché santi non sono solo quelli canonizzati dalla Chiesa, ma pur coloro che nel silenzio e nel nascondimento, sono vissuti in piena dedizione a Cristo per la salvezza delle anime- ha stabilito il 7 novembre di ogni anno, la festa di tutti i Santi domenicani.


    La festa è stata approvata da Papa Clemente X nel 1674 e ci invita tutti ad unirci al coro celestiale dei fratelli che vivendo in pienezza l’ideale domenicano, in tutte le forme e nelle più diverse condizioni, hanno dato testimonianza a Cristo e hanno predicato la sua Verità a coloro che hanno avvicinato.


    Dei Santi Domenicani, il grande P. Enrico Lacordaire (1802-1861) in “Mémoire pour le rétablissement en France de l’Ordre des Fréres Précherurs” in una pagina che tutti i laici domenicani e gli amici dell’Ordine dovrebbero conoscere, scrive: “Il secolo XIII poteva a buon diritto ritenersi un periodo privilegiato per la fede… mentre tutti credevano la Chiesa regina e signora, Domenico di Guzman (1171-1221) intuì che per scongiurarne la rovina, occorreva niente di meno che far risorgere la forma di vita degli apostoli.


    E si rispose a Domenico, … “si divenne Frati predicatori come prima si era divenuti crociati”.


    Le Università d’Europa andarono a gara nell’offrire i loro docenti e i loro allievi: Giordano di Sassonia, secondo Maestro generale dell’Ordine, diede l’abito a più di mille novizi.


    In un batter d’occhio o, per essere precisi, nel giro di cinque anni, S. Domenico che prima della bolla di Onorio III (1216) non disponeva che di sedici collaboratori (otto francesi, sette spagnoli e un inglese), fondò sessanta conventi, popolati di uomini scelti e di una schiera entusiasta di giovani.


    In una parola: essi amavano Dio, lo amavano veramente, al di sopra di ogni cosa; ed amavano il prossimo come se stessi, anzi più di se stessi.


    E oltre che a essere anime appassionate, condizione indispensabile per ogni predicatore, i Frati Domenicani rivelarono un’eccezionale sagacia nello scegliere il genere di predicazione che meglio rispondeva alle esigenze del loro tempo.


    Tra i più celebri che la storia ci ha tramandato: San Giacinto, l’apostolo del nord-Europa nel XIII secolo e le cui tappe apostoliche possono ricostruirsi sulla scia delle sue fondazioni.


    Pietro da Verona, trucidato dai sicari dopo un’intensa attività apostolica, che agonizzando scrisse con il sangue che gli fluiva dalle ferite, le prime parole del simbolo apostolico: “Credo in Dio”.


    Enrico Susone, il celebre mistico renano del XIV secolo, la cui predicazione riscosse un successo tale da meritargli, da parte degli avversari, una taglia sul capo.


    Nel medesimo periodo, Giovanni Taulero era applaudito a Colonia e in tutta la Germania. Ricorderò ancora San Vincenzo Ferrer, che nel XV secolo, evangelizzò la Spagna, la Francia, l’Italia, la Germania, i regni d’Inghilterra, di Scozia e d’Irlanda, e quel Girolamo Savonarola, che circondato da un popolo dimentico dei benefici ricevuti, fu arso vivo con inutile ferocia: che le sue virtù e la sua fama sarebbero salite più in alto del rogo, San Tommaso d’Aquino, rapidamente assurto alla gloria di Dottore della Chiesa; e al Beato Angelico del quale Michelangelo disse: “Nessuno potrebbe dipingere quei volti se prima non li avesse veduti in cielo”.


    L’Oasi di Engaddi www.airemsea.it








     
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    San Domenico visto da Santa Caterina da Siena

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    s caterina e s domenico

    «Io, o dolcissima figliola, ho generato questi due figlioli [Gesù e Domenico]: uno, generandolo secondo natura, l’altro, adottandolo amorosamente e dolcemente».

    «Come questo Figliuolo generato naturalmente da me fin dall’eternità avendo assunta la natura, mi fu obbediente fino alla morte; così il figliuolo mio adottivo DOMENICO, tutto quanto ha fatto dall’infanzia sino alla fine della sua vita, è stato regolato secondo l’obbedienza del miei comandamenti. Nemmeno una volta ha trasgredito un qualunque mio precetto, perché mantenne intemerata la verginità del corpo e dell’a­nima e conservò la grazia del battesimo, in cui rinacque spiritualmente.

    Come questo Figlio naturale, Verbo eterno della mia bocca, predicò al mondo quelle cose che gli furono da me comandate, e rese testimonianza alla Verità, come egli disse a Pilato; così il figlio mio adottivo Domenico predicò la Verità delle mie parole al mondo: fra gli eretici e fra i cattolici: e non solo per sé medesimo, ma anche per gli altri; non solo mentre visse, ma anche pei suoi successori, per mezzo dei quali se­guita a predicare e predicherà ancora. Perché come il mio Figlio naturale mandò i suoi discepoli, così questo adottivo mandò i suoi frati, per cui, come il mio Figlio naturale è il mio Verbo, così questo adottivo è banditore e portatore del mio Verbo. A questo fine, per un mio dono straordinario, è stato dato a lui e al suoi frati di comprendere la Verità delle mie parole, e di non allontanarsi mai dalla Verità.

    Di più, come il mio Figlio naturale ordinò tutta la sua vita e tutte le sue azioni alla salute delle anime, così il figlio mio adottivo Domenico pose tutto il suo studio e tutte le sue forze per liberare le anime dalle insidie dell’errore e dai vizi. Questa è la principale intenzione, per la quale egli fondò e coltivò il suo Ordine: lo zelo per le anime. Io ti dico che Domenico in quasi tutte le sue opere si assomiglia al mio Figlio naturale, perciò ne vedi ora anche l’immagine del suo corpo, che ebbe molta somiglianza con l’immagine del corpo del mio sacratissimo unigenito Figlio».

    da B. Raimondo da Capua, Vita di S. Caterina da Siena, Siena, Cantagalli, 1952, 1. II, c. VI, 204-205



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    I nove modi di pregare di San Domenico

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    Come ebbe a dire Papa Benedetto XVI , in una delle sue Udienze da Castel Gandolfo , di qualche anno fa, San Domenico «non  ebbe altra aspirazione che la salvezza delle anime, in particolare di quelle cadute nelle reti delle eresie del suo tempo»

     

     «In ogni momento, la preghiera fu la forza che rinnovò e rese sempre più feconde le sue opere apostoliche». Il Pontefice cita il beato Giordano di Sassonia (1190-1237), successore di san Domenico alla guida dell’Ordine Domenicano: «Durante il giorno, nessuno più di lui si mostrava socievole… Viceversa di notte, nessuno era più di lui assiduo nel vegliare in preghiera. Il giorno lo dedicava al prossimo, ma la notte la dava a Dio ». In San Domenico, «possiamo vedere un esempio di integrazione armoniosa tra contemplazione dei misteri divini e attività apostolica». Secondo le testimonianze di chi lo conosceva, «egli parlava sempre con Dio o di Dio».

    nove modi di preg di s domenico

    Il santo non ha lasciato opere scritte sulla preghiera, ma la tradizione domenicana ha raccolto quanto da lui esposto oralmente ai primo religiosi nell’opera «Le nove maniere di pregare di san Domenico», composto tra il 1260 e il 1288.

    01 modo

    PRIMO MODO
    In piedi profondamente inchinato, si umiliava dinanzi all’altare, come se Cristo… fosse lì realmente e personalmente… Dopo aver pregato in tal modo riassumeva la posizione eretta, poi inclinava il capo e fissando con umiltà il Cristo, suo vero capo, confrontava la di lui eccellenza con la propria bassezza….
    Questa maniera di inclinare profondamente il capo era il punto di partenza delle sue devozioni. Analogo segno di umiltà egli lo esigeva dai frati in onore di tutta la Trinità quando recitavano solennemente il «Gloria…».
    Venite, prostrati adoriamo, in ginocchio, davanti al Signore che ci ha creati. Salmo 94,6

    2 modo

    SECONDO MODO
    Spesso pregava completamente disteso con la faccia contro la terra (venia). Eccitava allora nel suo cuore sentimenti di compunzione, richiamando alla memoria e dicendo a voce alta «O Dio, abbi pietà di me che sono un peccatore»… e piangeva emettendo gemiti….
    Talvolta, volendo insegnare ai frati con quanta riverenza dovessero pregare diceva loro: «…Abbiamo trovato l’Uomo-Dio con Maria sua ancella. Perciò venite adoriamolo e prostriamoci piangendo davanti al Signore Dio che ci ha creati». E invitava anche i più giovani a piangere per i peccatori.
    Io sono prostrato nella polvere, dammi vita secondo la tua parola. Salmo 119, 25
    3 modo

    TERZO MODO
    Per questo motivo si rialzava da terra e con una catena di ferro si dava la disciplina.
    Da questo esempio del Padre venne nell’Ordine la disposizione che tutti i frati nei giorni feriali la sera, dopo Compieta, ricevessero a dorso nudo la disciplina con verghe di legno, recitando devotamente il Miserere o il De profundis per le colpe proprie e per quelle dei benefattori.
    Sia benedetto Dio che non ha respinto la mia preghiera, non mi ha negato la sua misericordia. Salmo 66, 20

    4 modo

    QUARTO MODO
    In seguito davanti all’altare o nel Capitolo egli (in piedi e a mani aperte) fissava lo sguardo nel Crocifisso, contemplandolo con incomparabile penetrazione e davanti a lui si genufletteva più volte. Succedeva così che, qualche volta, da dopo Compieta fino a mezzanotte, ora si alzava, ora si metteva in ginocchio… Mettendosi in ginocchio gridava per i peccatori: «Signore non imputar loro i peccati».
    Sorgeva allora in lui un sentimento di grande fiducia nella misericordia di Dio nei suoi riguardi e in quelli di tutti i peccatori e per la conservazione dei suoi frati…
    I nostri occhi sono rivolti al Signore nostro Dio, finché abbia pietà di noi. Salmo 123,2
    5 modo
    QUINTO MODO
    Talvolta si metteva davanti all’altare in posizione ben eretta, senza appoggiarsi né sostenersi, con le mani aperte sul petto come (a sostenere) un libro. E restava in piedi così con grande riverenza e devozione, come leggendo alla presenza di Dio.
    Sembrava meditasse le parole di Dio, ripetendole dolcemente a se stesso. Talvolta giungeva le mani, tenendole fortemente unite davanti agli occhi e tutto chiudendosi in se stesso. Tal’altra le alzava all’altezza delle spalle (come fa il sacerdote nella Messa), quasi volesse tendere l’orecchio per udire meglio qualcosa….Avresti creduto vedere un profeta intrattenersi con un angelo o con Dio…

    Alzate le mani verso il Tempio e benedite il Signore. Salmo 134, 2
    6 modo
    SESTO MODO
    Il santo padre Domenico alle volte fu visto pregare anche con le mani e le braccia completamente aperte e stese a forma di croce, mentre col corpo stava il più possibile eretto.
    Questa forma di preghiera non era frequente, ma egli vi aveva fatto ricorso quando, per divina ispirazione, sapeva che in virtù della sua preghiera sarebbe avvenuto qualcosa di grande e di meraviglioso.
    Così a Roma quando risuscitò il giovane che era morto cadendo da cavallo; così a Tolosa quando salvò circa quaranta pellegrini inglesi che stavano annegando nel fiume; così durante la celebrazione di una Messa.
    Il Signore è vicino a quanti lo invocano a quanti lo cercano con cuore sincero. Salmo 145, 18

    7 modo

    SETTIMO MODO
    Spesso lo si vedeva, mentre pregava, protendersi tutto verso il cielo, come una freccia scoccata dritta in alto: elevava le mani tenendole tese sopra il capo, ora congiunte ora un po’ aperte come a ricevere qualcosa. Era rapito fuori di sé.
    Quando tornava in sé era come se venisse da lontano e lo avresti detto un pellegrino…”
    Come incenso salga a te la mia preghiera, le mie mani alzate come sacrificio della sera. Salmo 141, 2

    8 modo

    OTTAVO MODO
    Il santo padre Domenico aveva anche un altro modo di pregare, assai bello, devoto e simpatico…Questo buon padre, ammirevole per la sua sobrietà e per lo spirito di devozione attinto nelle divine parole che si erano cantate in coro…, subito si ritirava in un luogo solitario…per leggere o pregare, raccolto in sé stesso e fissato in Dio. Si sedeva tranquillamente e, dopo essersi fatto il segno della croce, apriva un libro e leggeva. E mentre leggeva così in solitudine, faceva atti di riverenza vero il suo libro, chinandosi spesso a baciarlo, soprattutto se si trattava del Vangelo o vi leggeva riportate le parole proferite da Cristo. Poi…si alzava alquanto, con riverenza, e inclinava il capo. Quindi di nuovo calmo e tranquillo riprendeva a leggere.
    Sul rotolo del libro è di me è scritto che io faccia il tuo volere. Salmo 40, 9
    9 modo

    NONO MODO
    Quando a piedi viaggiava, sovente si separava dagli altri e pregava da solo. Si accendeva allora come fuoco ardente. Da altre fonti sappiamo che ruminava dei salmi cantava l’ «Ave maris stella» o il «Veni creator spiritus»….
    Avvicinandosi ad un paese pregava per i suoi abitanti.
    Aveva l’abitudine di passare assai spesso la notte in chiesa, a tal punto che si pensava che mai o raramente egli usasse un letto…Pregava e prolungava le sue veglie. Quando poi sopravveniva la stanchezza, vinto dal bisogno del sonno, appoggiava la testa all’altare … e riposava un momento. Poi si risvegliava e riprendeva la sua fervorosa preghiera.”

    Il Signore fa sicuri i passi dell’uomo e segue con amore il suo cammino.
    Salmo 37, 23

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    [Modificato da Caterina63 23/04/2016 14:39]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 23/04/2016 14:42
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    San Domenico: vera effigies, cioè vero volto


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    Domenico vera effigies


    Nel 1946 alcuni antropologi dell’Università di Bologna, dopo aver studiato lo scheletro conservato nella omonima basilica, hanno realizzato una ricostruzione in gesso della fisionomia di S.Domenico.


    Per quanto ne sappiamo San Domenico non è stato ritratto dal vivo, tutte le raffigurazioni a noi pervenute sono postume e ispirate più dalla sua fisionomia spirituale che da quella fisica. Esiste una descrizione verbale fatta da una suora che lo aveva conosciuto e frequentato, la Beata Cecilia Cesarini:


    S.Domenico O parlava con Dio, o parlava di Dio


    Era di media statura e di corporatura minuta; aveva un bel viso e carnagione alquanto rosea; fulvi la barba e i capelli; occhi grandi. Dalla fronte irradiava una certa luminosità che a tutti ispirava rispetto e simpatia. Era abitualmente sereno e gioviale, a meno che fosse angustiato per qualche sofferenza altrui. Aveva mani belle e affusolate, voce forte ed armoniosa. Non fu mai calvo; la sua corona di capelli era completa, cosparsa di qualche filo bianco.


    Tale descrizione concorda con gli studi effettuati sulle reliquie da alcuni antropologi dell’Università di Bologna: S.Domenico apparteneva alla razza mediterranea di tipo ibero-insulare; il corpo di altezza media (circa 1,66 cm), esile, con mani sottili e lunghe, il naso lungo; i capelli biondi con sfumature rossicce, senza segni di calvizie. Questi studi hanno avuto una concretizzazione visiva nel busto di gesso detto vera effigies (1946).


    Nella tradizione iconografica si possono rilevare alcune costanti, alcuni attributi che ricorrono più spesso nelle raffigurazioni di S.Domenico.


    abito domenicano


    L’abito domenicano e quasi mai le vesti canonicali che pure il Santo aveva indossato prima dell’abito del suo Ordine.


    giglio domenicano


    Il giglio che, secondo la tradizione iconografica cristiana – e non specificamente domenicana – significa la verginità; è singolare invece che il giglio sia attribuito ad un uomo – S.Domenico – nella tradizione iconografica infatti si usa questo simbolo per le sole donne, le sante.


    consegna del bastone -S.DomenicoIl bastone e il libro che gli furono consegnati, rispettivamente, dagli Apostoli Pietro e Paolo durante una visione avuta nella Basilica Vaticana. Dal momento che S.Domenico viaggiava a piedi, scalzo, il bastone era per lui un inseparabile compagno di viaggio; altrettanto inseparabile era il libro della Sacra Scrittura, in particolare il Vangelo di S.Matteo e le Lettere di S.Paolo. Il libro è un invito alla meditazione, allo studio, alla predicazione; il bastone è un appello all’evangelizzazione che abbia per unico confine i confini del mondo.


    libro san domenico


    La stella sulla fronte che ricorda la stella vista dalla nutrice sulla fronte del neonato Domenico al momento del battesimo.


     


    cane dal mantello bianco e nero


    Il cane dal mantello bianco e nero che corre con una torcia in bocca e infiamma il mondo; così, in una visione, la Beata Giovanna Aza, madre di S.Domenico, aveva visto sé stessa dare alla luce un piccolo cane che incendiava tutta la terra. Da qui il gioco di parole in lingua latina: Dominicani/Domini canes, i Domenicani (che prendono il nome da Dominicus, che a sua volta prende il nome da Dominus, il Signore)  sono i cani del Signore.


    Il senso spirituale di questo simbolismo è spiegato dal Beato  Umberto de Romans, quarto successore di S.Domenico: “Nella visione del cane veniva prefigurata la nascita di un esimio predicatore, che avrebbe portato la fiaccola di un ardente discorso, col quale infiammare con forza la carità, in molti cuori raffreddata,  e con i latrati di una assidua predicazione avrebbe scacciato i lupi dal gregge ed eccitato alla vigilanza delle virtù le anime che dormivano nei peccati. Con la visione della stella si annunciava che sarebbe venuto alla luce sulla terra un uomo che avrebbe illuminato gli uomini  che siedono nelle tenebre e nell’ombra della morte. Egli infatti rifulse nel mondo come stella del mattino, e con lui si vide spuntare nel secolo una nuova luce, il cui splendore si è ormai diffuso in tutto il mondo”.


    San Domenico riceve dalla Vergine il Rosario


    La Madonna appare a S.Domenico e gli consegna una corona, detta corona di rose di Nostra Signora o Rosario. Questo episodio, non storico, proietta nel passato – sino al fondatore – l’origine del grande impegno profuso dall’Ordine nella diffusione di questa devozione mariana. Non-storico l’episodio, ma lunghissima e ricchissima la storia iconografica di questo soggetto: chi non ha mai visto una qualche raffigurazione della Vergine che affida il Rosario a S.Domenico?


    incontro di S.Domenico con S.Francesco


    Il primo incontro di S.Domenico con S.Francesco, avvenuto – secondo una delle più probabili ricostruzioni – a Roma nel 1215, durante il pontificato di Innocenzo III che, proprio in quei giorni, in sogno, aveva visto S.Domenico sostenere con le spalle le pericolanti mura del Laterano (in un sogno simile aveva visto S.Francesco sostenere la chiesa in rovina). Durante una notte di preghiera S.Domenico vide sé stesso e S.Francesco (che ancora non aveva incontrato) ai piedi della Vergine  che stava placando il Figlio intenzionato a castigare il mondo. Il giorno seguente S.Domenico incontrò S.Francesco in una chiesa, lo riconobbe come il compagno avuto nella visione notturna e lo abbracciò.


    Domenico in Soriano


    Nell’immagine miracolosa di S.Domenico in Soriano sono riuniti gli attributi del libro e del giglio; a destra alcuni stemmi domenicani con varie stilizzazioni del giglio


    B.Angelico ha raffigurato S.Domenico con la stella e il libro


    In questo particolare del Cristo deriso (affresco, Convento di S.Marco, Firenze) il B.Angelico ha raffigurato S.Domenico con la stella e il libro (la Sacra Scrittura)


    San Domenico di Guzman


    San Domenico di Guzman sproni noi tutti ad essere


    ferventi nella preghiera, coraggiosi a vivere la fede,


    profondamente innamorati di Gesù Cristo.


    Per sua intercessione, chiediamo a Dio di arricchire sempre


     la Chiesa di autentici predicatori del Vangelo.


    collage domenicano - Copia


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    I tre motti dell’Ordine domenicano

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    i tre motti dei domenicani

    L’ idea di Domenico è sintetizzata nella nota formula di S . Tommaso:

    «contemplari et contemplata aliis tradere»: contemplare, attingere la verità nell’ascolto e nella comunione con Dio e donare agli altri il frutto della propria contemplazione.

    Ecco brevemente i tre motti dell’Ordine:

    contemplata

    1. “Contemplari et contemplata aliis tradere” –

    “Contemplare e dare agli altri le cose contemplate”.

    In questo “motto”, coniato da S. Tommaso, il “contemplare” è la parte più importante, benché essa non deve essere disgiunta dal “donare agli altri”.

    La vita domenicana è questa: non una predicazione qualsiasi, ma una predicazione che è il frutto di una esperienza contemplativa. E del resto, se tu capisci, se scopri qualcosa dell’infinito amore di Dio, davvero non puoi trattenerti dal comunicarlo.

    scudo motto dom

    1. “Laudare – Benedicere – Praedicare” ; “Lodare – Benedire Predicare”

    Questo secondo motto esprime la missione di tutta la Famiglia domenicana:

    “Lodare” Dio pubblicamente – “Parlare-bene (bene-dire) degli altri” – “Parlare davanti agli altri” , cioè predicare.

    Quindi preghiera liturgica, benedire, che è soprattutto dei Padri sacerdoti e appunto, predicare, parlare di Dio agli altri.

    scudo veritas

    1. “Veritas”
    • Questo terzo motto non è assunto da noi domenicani perché ci consideriamo gli unici detentori della verità, perché la Verità è Dio solo e Gesù in quanto rivelazione del mistero di Dio. Ma è assunto perché da sempre i domenicani sono stati i difensori della Verità. Nel sec. XIV combatterono addirittura contro un errore del Papa Giovanni XXII e tuttavia lo il Pontefice stesso ebbe a dire: “Datemi un religioso che adempie le Costituzioni dei “Predicatori” (domenicani) e io lo canonizzerò”.

    collage domenicano - Copia

    per approfondire:

    http://www.airemsea.it/i-santi/index.html

     

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    La fisionomia spirituale di San Domenico_”umile ministro della predicazione”_

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    San Domenico è morto il 6 Agosto ma in quel giorno si festeggia la Trasfigurazione del Signore e quindi in passato la festa di San Domenico di Guzman era il 4 Agosto. Successivamente il giorno 4 fu ceduto al Santo Curato d’Ars ed il padre Domenico venne spostato al giorno 8. L’ordine domenicano festeggia il 4 Agosto, il Santo Domenico di Guzman.

    Conosciamo San Domenico:

    Chi sarà mai capace d’imitare la virtù di quest’uomo?

    Possiamo ammirarlo e misurare dal suo esempio la pigrizia del nostro tempo. Ma poter ciò ch’egli potè, supera le umane capacità, è frutto di una grazia unica, a meno che la bontà misericordiosa di Dio non si degni di innalzare qualcuno a un simile fastigio di santità.

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    SAN DOMENICO visto da… santa Caterina da Siena

    «Io, o dolcissima figliola, ho generato questi due figlioli [Gesù e Domenico]: uno, generandolo secondo natura, l’altro, adottandolo amorosamente e dolcemente». «Come questo Figliuolo generato naturalmente da me fin dall’eternità avendo assunta la natura, mi fu obbediente fino alla morte; così il figliuolo mio adottivo DOMENICO, tutto quanto ha fatto dall’infanzia sino alla fine della sua vita, è stato regolato secondo l’obbedienza del miei comandamenti. Nemmeno una volta ha trasgredito un qualunque mio precetto, perché mantenne intemerata la verginità del corpo e dell’a­nima e conservò la grazia del battesimo, in cui rinacque spiritualmente. Come questo Figlio naturale, Verbo eterno della mia bocca, predicò al mondo quelle cose che gli furono da me comandate, e rese testimonianza alla Verità, come egli disse a Pilato; così il figlio mio adottivo Domenico predicò la Verità delle mie parole al mondo: fra gli eretici e fra i cattolici: e non solo per sé medesimo, ma anche per gli altri; non solo mentre visse, ma anche pei suoi successori, per mezzo dei quali se­guita a predicare e predicherà ancora. Perché come il mio Figlio naturale mandò i suoi discepoli, così questo adottivo mandò i suoi frati, per cui, come il mio Figlio naturale è il mio Verbo, così questo adottivo è banditore e portatore del mio Verbo. A questo fine, per un mio dono straordinario, è stato dato a lui e al suoi frati di comprendere la Verità delle mie parole, e di non allontanarsi mai dalla Verità. Di più, come il mio Figlio naturale ordinò tutta la sua vita e tutte le sue azioni alla salute delle anime, così il figlio mio adottivo Domenico pose tutto il suo studio e tutte le sue forze per liberare le anime dalle insidie dell’errore e dai vizi. Questa è la principale intenzione, per la quale egli fondò e coltivò il suo Ordine: lo zelo per le anime. Io ti dico che Domenico in quasi tutte le sue opere si assomiglia al mio Figlio naturale, perciò ne vedi ora anche l’immagine del suo corpo, che ebbe molta somiglianza con l’immagine del corpo del mio sacratissimo unigenito Figlio».

    da B. Raimondo da Capua, Vita di S. Caterina da Siena, Siena, Cantagalli, 1952, 1. II, c. VI, 204-205

    sito web L’Oasi di Engaddi

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    I MORTI RESUSCITATI DA SAN DOMENICO DI GUZMAN, FONDATORE DELL’ORDINE DEI PREDICATORI (DOMENICANI)

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    miracolo domenicano

    1. Domenico di Guzman (1170 1221) fu il fondatore dell’Ordine dei Predicatori, comunemente noti come “Domenicani”. Questo ordine religioso ebbe grandi menti illuminate quali S. Alberto Magno e S. Tommaso d’Aquino, ed eccezionali missionari come S. Giacinto e S. Vincenzo Ferreri.

    Mentre Domenico stava fondando S. Sisto, il suo primo convento a Roma, una nobildonna romana, Guatenia o Tuta di Bulvaschi, perse il figlio. Guatenia era una devota seguace di S. Domenico e aveva lasciato a casa il figlio, gravemente malato, per andare a sentire S. Domenico predicare a S. Marco. Quando fece ritorno a casa il ragazzo era morto. Possiamo immaginarci il dolore della madre, quanto si rimproverasse e piangesse. Dopo un primo momento di afflizione, fu presa dalla forte speranza nella misericordia divina e nel potere d’intercessione di Domenico, un santo e amico di Dio. Guatenia si incamminò a piedi, e dietro di lei le ancelle che portavano il corpo… freddo e privo di vita del ragazzo.

    Siccome al tempo il monastero era in costruzione, non vigevano ancora regole di clausura, perciò Tuta entrò direttamente nel terreno. Trovando Domenico davanti alla sala capitolare, si inginocchiò ai suoi piedi e pose il figlio davanti a lui. Lacrime e gemiti d’angoscia furono le sue uniche parole.

    Domenico si voltò e pregò per alcuni istanti. Poi ritornò e fece il segno della croce sul ragazzino. Prese il giovane per mano e lo tirò su vivo. Lo porse alla madre.

    Ma Domenico non risuscitò il ragazzino esattamente come era arrivato ammalato; piuttosto il ragazzino pure guarì. Questa sorta di “doppio miracolo” avveniva spesso quando i morti erano prodigiosamente restituiti alla vita. Non solo si salvavano dalla morte, ma anche dalle infermità, dai malanni e dalle ferite che l’avevano causata.

    Alcuni frati domenicani assistettero al miracolo di Domenico e testimoniarono al processo di canonizzazione della Chiesa. (Tali investigazioni sono condotte con attenta cura e scrupolosità). Papa Onorio ordinò che il miracolo fosse reso pubblico dai pulpiti di Roma.

    Quando Domenico venne a sapere dell’ordine del Papa, si precipitò da lui e lo pregò di revocarlo; temeva che una fiumana di gente lo costringesse a fuggire. Il Papa ascoltò, ma non revocò l’ordine. I timori di Domenico erano giustificati: a tal punto i romani lo veneravano come potente intercessore e amico di Dio che di nascosto (o anche impudentemente) gli tagliavano pezzi del saio mentre camminava per le strade.

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    1. Domenico risuscitò altri morti proprio a Roma, il centro della cristianità. Quando i Domenicani erano impegnati nell’opera di costruzione del loro primo convento di S. Sisto a Roma, il sottosuolo nascondeva una gran quantità di antichi lavori murari e di cavità insospettabili. Avvenne un pericoloso smottamento che lasciò un architetto, che era stato assunto dai fratelli, sepolto sotto un cumulo di macerie nei sotterranei. Quando venne estratto era ormai già morto.

    I Domenicani erano molto angosciati, non solo perché era morto senza sacramento, ma anche per via degli strani racconti che si erano diffusi tra la gente riguardo all’ordine da poco formatosi. Temevano che la disgrazia fosse interpretata come un segno del malcontento di Dio riguardo la nuova impresa religiosa.

    Domenico si accorse della preoccupazione dei suoi discepoli. Portarono il corpo da lui e “con il potere delle sue preghiere lo risuscitò”.

    Questo era soltanto uno dei miracoli messi per iscritto durante il processo di canonizzazione di Domenico.

    1orsini s domenico risuscita morti 1

    Un altro simile miracolo avvenne durante una cerimonia di ordinazione in cui le suore prendevano appunto i voti a S. Sisto; c’era molta agitazione fuori e S. Domenico fu chiamato. Nel piazzale vicino a S. Sisto giaceva il corpo straziato di un giovane di nome Napoleone, nipote di un vescovo, il cardinale Stefano di Fossonova (che in quel momento pare fosse in chiesa).

    Il giovane si era divertito sconsideratamente lasciandosi trascinare dal cavallo in una folle corsa, ed era stato disarcionato in malo modo. Padre Tancredi, a quel tempo priore, lo disse in seguito al beato Giordano, il secondo generale dell’ordine, che aveva esortato Domenico affinché implorasse fiduciosamente Dio per il giovane Napoleone. Domenico, motivato dalla sua stessa compassione e dall’esortazione di padre Tancredi, fece portare il corpo straziato del giovane in una stanza dove potesse essere chiuso a chiave. Poi disse messa, durante la quale alcune persone testimoniarono di averlo visto alzarsi da terra in estasi.

    Poi Domenico pregò per il giovane. All’ordine del santo – “Ragazzo, nel Nome di Gesù Cristo ti dico, alzati !” – il cavaliere fu restituito sano e salvo al calore della vita.

    I primi biografi di S. Domenico ritenevano che questa fosse una risurrezione miracolosa. Questo miracolo servì a portare nell’ordine domenicano due tra i suoi membri più noti, S. Giacinto e Ceslao, apostoli del nord, che erano allora in visita a Roma come canonici di Cracovia con il vescovo loro zio Ira di Cracovia.

    Al tempo della miracolosa risurrezione dell’architetto da parte di S. Domenico, fra’ Giacomo de Bella, romano di nascita, ben noto procuratore di S. Sisto, si rimise in salute quando sembrava in punto di morte, mentre giaceva in agonìa dopo aver ricevuto gli ultimi sacramenti. Domenico fece uscire dalla stanza tutti e poi, come Eliseo, si distese sul corpo dell’uomo trattenendo così, grazie alla “violenza” delle sue preghiere, l’anima dell’uomo, che lo stava abbandonando.

    Fra’ Giacomo si rimise nuovamente in salute e fu riabilitato alla sua carica di procuratore. Egli stesso raccontò questo miracolo al capitolo provinciale di Roma nel 1243 o 1244.

    Fonte: “400 MORTI RESUSCITATI NELLA STORIA DEL CATTOLICESIMO” – di Padre Albert J. Herbert, S. M. (Società di Maria – Maristi) – Edizioni Segno, Udine

    San Domenico-Veritas

     

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    ANGELI A CUSTODIA DEL CONVENTO_Doni straordinari di San Domenico_

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    card domenic

    A Bologna era entrato nell’Ordine un giurista, che i suoi parenti ed amici intendevano riportare fuori dal convento con la forza.

    Siccome i frati avevano paura che ciò accadesse ed erano del parere di invitare alcuni militari loro amici a presidiare il convento, S. Domenico disse loro: “Non abbiamo bisogno di ricorrere a dei soldati, perché io vedo intorno alla chiesta più di duecento angeli, mandati a guardia dei frati”.

    Parenti ed amici del frate, spaventati e confusi per questo aiuto divino, si ritirarono; e il novizio, senza più timore, potè restare nell’ordine

    285.

    da VITAE FRATRUM ed. ESD

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 18/06/2016 15:21

      Un sacerdote risponde


    Mi sono imbattuto recentemente in alcune figure di santi che mi hanno lasciato un po' perplesso


    Quesito


    Buongiorno, le scrivo per avere alcuni chiarimenti sulla santità. 
    Mi sono imbattuto recentemente in alcune figure di santi che mi hanno lasciato un po' perplesso, uno fra tutti il suo confratello san Pio V: è stato senza dubbio un grande papa, e anche un personaggio affascinante, che ha amato molto la Chiesa e l'ha riformata positivamente in diversi ambiti; tuttavia ci sono aspetti della sua figura che mi lasciano perplesso, come la sua durezza nel sopprimere le eresie, le sue insistenti pressioni perché i movimenti ereticali venissero soffocati nel sangue (a quanto ho letto ha usato parole piuttosto forti), le condanne a morte di Carnasecchi, Paleario e di Niccolò Franco (colpevole di aver scritto una pasquinata contro di lui), la bolla contro gli ebrei, i decreti con cui puniva i profanatori dei giorni festivi e ordinava a medici di sospendere le cure ai malati che si rifiutassero di accostarsi ai sacramenti, ...
    Mi riesce inoltre difficile conciliare queste prese di posizione con l'atteggiamento della Chiesa oggi e di papa Francesco, con i suoi continui appelli alla misericordia e il suo atteggiamento nei confronti di ebrei e protestanti.

    Altri santi che hanno suscitato dubbi in me sono per esempio gli inquisitori san Pietro da Verona e san Pietro di Arbues, oppure santi più "politici", come l'imperatore sant'Enrico II o i santi re che cristianizzarono i popoli pagani, come sant'Olaf di Norvegia e san Canuto IV di Danimarca, che utilizzarono leggi molto dure contro coloro che non si convertivano. 
    Se la santità è somiglianza a Cristo, allora dovrebbe avere delle caratteristiche valide in ogni tempo e in ogni luogo... mi aiuti a capire come è possibile conciliare ciò che ci chiede la Chiesa oggi - soprattutto in termini di misericordia, di dialogo, di ecumenismo - con queste figure di santi che, almeno dal mio punto di vista, presentano alcune difficoltà


    Risposta del sacerdote

    Carissimo,
    1. certamente la santità deve sempre consistere nell’esercizio eroico della carità.
    Questo criterio è valido per tutti gli uomini di tutti i tempi.
    Tuttavia questo non esime dal valutare l’operato dei santi astraendo dalla cultura e dal modi di agire dei tempi in cui sono vissuti.
    Soprattutto per san Pio V è necessario ricordare che aveva sotto gli occhi l’eresia protestante, che aveva fatto molto martiri e si infiltrava in maniera molto insidiosa.
    A questa eresia cercò di fronteggiare il concilio di Trento.

    2. La pena di morte e la tortura sono per noi metodi anti umani che vanno decisamente superati e condannati.
    Giovanni Paolo II a Saint Louis (Missouri, Stato Uniti) 1° 28 gennaio 1999 ha detto che “la dignità della vita umana non deve essere mai negata, nemmeno a chi ha fatto del grande male.
    La società moderna possiede gli strumenti per proteggersi, senza negare ai criminali la possibilità di ravvedersi.
    Rinnovo quindi l’appello… per abolire la pena di morte, che è crudele e inutile”.
    Ma questo era impensabile da parte di tutti nel sedicesimo secolo.

    3. Ti riporto quanto scrive G. Grente, biografo di San Pio, che aiuta a comprendere il clima socio culturale del tempo: 
    “Tale fu la lotta energica, senza tregua, ma sempre leale, che S. Pio V ingaggiò coll'eresia. Se personalmente aveva verso la Riforma un'antipatia naturale, come capo della Chiesa egli doveva sentire un'avversione ancora maggiore. E qualora si considerino le crudeltà dei protestanti, e si tenga conto delle idee del suo tempo, si potrà comprendere l'atteggiamento da lui preso, tanto diverso dai nostri attuali costumi.
    Per giudicare gli uomini secondo equità, bisogna giudicarli nell'epoca in cui vissero.
    Quegli stessi che si mostrano scandalizzati per la severità del Papa, assolvono con tutta facilità Madame de Sévignè per aver scherzato sulle impiccagioni e sugli abbruciamenti dei bretoni: “Noi non siamo più così arrotati; lo fossimo almeno per otto giorni, tanto per dare un pò di occupazione alla giustizia; la forca mi pare un sollievo... Si sono presi sessanta borghesi; domani saranno impiccati... I nostri soldati si divertono a rubare; l'altro giorno hanno messo sullo spiedo un bambino” (Lettere del 4 e 24 luglio, 16 agosto, 11 e 20 settembre, 22,23,27 e 30 ottobre, 24 novembre del 1675 e 5 gennaio 1676).
    Davanti a simili scherzi, non si può far a meno di pensare che una gran dama del secolo di Luigi XIV sentiva le cose diversamente da noi. A più forte ragione vi sono degli avvenimenti che spiegano come un Papa, il quale governava la Chiesa negli anni così difficili dal 1566 al 1572, e che aveva per obbligo sacrosanto di conservare intatta la verità dall'assalto brutale dell'errore e dalle maligne insinuazioni di dottrine mitigate, non potesse e non dovesse vedere le cose come le vediamo.
    Pio V, senza punto dimenticare che la conversione delle anime dev'essere opera di persuasione e non di timore, fides suadenda non imponenda, volle a ogni costo preservare i fedeli timidi e ingenui dal contagio. Fermo nelle sue forti convinzioni, egli sapeva d'essere investito da Dio del diritto di punire e del dovere di proteggere.
    Di qui quella sua serenità d'animo, che spiega il tono imperioso dei suoi ordini e la santa sua impetuosità nell'agire. La cura dei principali interessi impegnati nella lotta e la chiara nozione della sua responsabilità gli fecero pronunziare delle parole, prendere delle decisioni, dar dei colpi che ci recano meraviglia o spaventano la nostra debolezza. Ma come si potrà movergli rimprovero d'aver presa un'attitudine battagliera, se da ogni parte si moveva guerra alla Chiesa, guerra arrogante, aspra o scaltra? Collocato dalla divina Provvidenza in un secolo fecondo in ogni genere d'intrighi, più che respingerli direttamente, amò ignorarli”
    (G. Grente, Il Pontefice delle grandi battaglie, ed. Paoline, pp. 141-142).

    4. Venendo ai casi concreti che mi hai citato, premettendo che non sono uno storico di san Pio V, tuttavia in Wikipedia non si legge che Niccolò Franco sia stato condannato a morte per una pasquinata contro san Pio, ma per altro.
    Del Carnasecchi ugualmente Wikipedia dice che “era un uomo abituato all'intrigo dalla lunga milizia sotto Clemente: non agiva mai troppo scopertamente e non si esponeva mai più del dovuto, ma continuava a tessere una fitta ragnatela di contatti; nel 1536  nella sua casa paterna di Firenze, dove si era ritirato, si ebbe una straordinaria riunione di alcuni dei più vivaci protagonisti della storia religiosa del Cinquecento:: Ochino, G.P. Carafa, Caterina Cybo, Pole, Giberti, Priuli. (…).
    Fu lungamente alla corte di Francia presso Caterina se? Medici e a Venezia, e non cessò mai di tener contatto e prestare aiuto agli eretici. Processato più volte, riuscì sempre a cavarsela in virtù dei suoi appoggi e della sua abile dialettica, della sua capacità magica di far vedere lucciole per lanterne”.
    Del Paleario puoi leggere del suo processo che ebbe inizio più di vent’anni prima dell’elezione di san Pio V al papato.

    5. Di tutte queste condanne sinceramente mi dispiaccio e Giovanni Paolo II nell’anno duemila, in occasione del grande Giubileo, chiese di purificare la memoria e di domandarsi perdono reciprocamente.
    Anche gli eretici, anche i luterani hanno fatto molti martiri 
    La Chiesa Cattolica l’ha fatto. L’altra parte invece non l’ha fatto.
    Ma non importa.
    Ciò che conta è avere l’animo riconciliato e pieno di rispetto per tutti, anche per quelli che non ci portano rispetto.

    6. Dire che San Pio V abbia soffocato nel sangue l’eresia non è conforme alla realtà storica. Quest’espressione da l’impressione che abbia fatto scorrere rivi di sangue.
    Due a tre casi di condanne a morte a fronte di molte morti subite per mano degli eretici non è soffocare nel sangue. Era una misura (biasimevole per noi) di difesa.
    Ugualmente dire che alcuni santi hanno usato la forza per convertire è ugualmente un’altra bufala.
    Un conto è denunciare una persona di diffondere l’eresia e un’altra costringere chi è di un’altra fede ad aderire alla Chiesa cattolica.
    Come vedi, è necessario essere precisi e non accontentarsi solo della storiografia laica.

    Ti ricordo al Signore e ti benedico. 
    Padre Angelo

     

    altrochè Liberté, Égalité, Fraternité

    Ma chi vuoi che, da anti-cattolico, vada ad insegnare questi fatti?

    " Papa san Pio V (quello della Battaglia di Lepanto), quando era ancora un semplice frate domenicano, aveva legato amicizia con un Ebreo onesto e molto facoltoso dal nome di ELIA CIRCASSO, il quale divenne Rabbino della Sinagoga di Roma. I due erano diventati amici e si rispettavano, pur vivendo ognuno la propria fede. Elia in un contesto del tutto sereno, decise di ricevere il Battesimo, ma esprimeva il desiderio di restare nella Sinagoga, e lo voleva proprio attraverso il frate che prima di diventare Papa con il nome di Pio V si chiamava Michele Ghilsieri.

    Ma Elia si prestava titubante nei confronti della sua comunità dell'Urbe, e diplomaticamente promise che: < Ebbene, quando ti faranno Papa, mi battezzerai tu in privato, così senza dover chiedere il permesso a nessuno! > pensando che un frate così semplice ed umile quale era, mai sarebbe diventato Papa....

    Ma la Provvidenza, i cui Disegni non sempre ci appaiono chiari, provvide diversamente e l'umile frate divenne Papa Pio V. Ma dalla scherzosa battuta, Elia si sentì invece indubbiamente legato.
    Il vecchio Elia andò a rendergli omaggio dopo la sua elezione ed in nome della vecchia amicizia che li teneva legati. Papa Pio V lo tirò in disparte e gli disse: < Sai ho pensato di darti il mio nome, Michele, che essendo poi lo stesso nome dell'Arcangelo protettore del tuo popolo, ci terrà ancora uniti in amicizia, ti va? >

    Elia fu pieno di commozione ed accettò. E il Battesimo avvenne in S.Pietro per mano dello stesso Pio V. Elia portò anche i suoi figli i quali furono battezzati e poichè non tutti avevano un cognome all'epoca, e su richiesta dello stesso Elia, papa Pio V gli dette il suo cognome, GHILSIERI. "
    (Quinto Centenario della nascita di s.Pio V Antonio (Fr.Michele) Ghilsieri, domenicano in Bosco Marengo (Al) 1504-2004 " A cominciare dalle storielle poco conosciute" - Bollettino Dominicus -marzo-aprile 2004 Redazione: Fr.G.Barzaghi C.C.P. 16056244 -L.go Bellotti 1 Bergamo)


     

    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 05/07/2016 10:51
    "La celebrazione di Santa Maria Maddalena, oggi memoria obbligatoria nel giorno 22 luglio, sarà elevata nel Calendario Romano generale al grado di festa".

    Con queste parole si è espresso il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti pubblicando il relativo decreto il 3 giugno 2016. Visto che siamo anche dentro il Giubileo Domenicano, vogliamo allora approfondire, brevemente, la storia e il culto di questa grande Santa, che la Chiesa ha sempre tenuto in alta considerazione, e che è Patrona dell'Ordine dei Predicatori.

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    22 luglio Festa di
    Santa Maria Maddalena
    Patrona dell'Ordine dei Predicatori

    in video a cura del

    Movimento Domenicano del Rosario

    "La celebrazione di Santa Maria Maddalena, oggi memoria obbligatoria nel giorno 22 luglio, sarà elevata nel Calendario Romano generale al grado di festa". Con queste parole si è espresso il Culto Divino e la Disciplina dei Sacramenti pubblicando il relativo decreto il 3 giugno 2016. Visto che siamo anche dentro il Giubileo Domenicano, vogliamo allora approfondire, brevemente, la storia e il culto di questa grande Santa, che la Chiesa ha sempre tenuto in alta considerazione, e che è Patrona dell'Ordine dei Predicatori.

    Maria Maddalena è sempre stata riconosciuta una grande Santa nella Chiesa ma è anche vero, purtroppo, che furono le farneticazioni di Dan Brown col suo perverso romanzo Il Codice da Vinci, che molti presero alla lettera come testo storico, ad aver avuto maggior eco in questi tempi, nel quale la Maddalena viene fatta passare per “moglie di Gesù”… e il famoso santo Graal non sarebbe il tanto bramato calice dell’Ultima Cena, ma la Maddalena stessa. Qui non vogliamo parlare di questo e perciò vi invitiamo a leggere il libro tascabile del domenicano padre Giorgio Maria Carbone, nel quale ricostruisce tutto il percorso storico e teologico della Maddalena nei Vangeli e nella tradizione della Chiesa.

    Qui, piuttosto, ci piace ripetere con San Tommaso d’Aquino che la Maddalena è apostolorum apostola, apostola degli Apostoli poiché a loro annuncia i fatti della Risurrezione che, a loro volta, essi annunceranno a tutto il mondo. La Chiesa fin dai primi secoli ha riservato a Maria Maddalena un posto speciale, una devozione mirata e attenta, un affetto profondo perché, come dicono i Padri, ella ha da sempre incarnato l'immagine della Chiesa in cammino, missionaria, delle Membra che grazie al suo annuncio si convertono al Risorto.

    Così sintetizza Benedetto XVI all'Angelus del 23 luglio 2006:
    "Abbiamo celebrato ieri la memoria liturgica di santa Maria Maddalena, discepola del Signore, che nei Vangeli occupa un posto di primo piano. San Luca la annovera tra le donne che avevano seguito Gesù dopo essere state "guarite da spiriti cattivi e da infermità", precisando che da lei "erano usciti sette demoni" (Lc 8, 2). Maddalena sarà presente sotto la Croce, insieme con la Madre di Gesù e altre donne.

    Sarà lei a scoprire, al mattino del primo giorno dopo il sabato, il sepolcro vuoto, accanto al quale resterà in pianto finché non le comparirà Gesù risorto (cfr Gv 20, 11). La storia di Maria di Màgdala richiama a tutti una verità fondamentale: discepolo di Cristo è chi, nell'esperienza dell'umana debolezza, ha avuto l'umiltà di chiedergli aiuto, è stato da Lui guarito e si è messo a seguirLo da vicino, diventando testimone della potenza del suo amore misericordioso, più forte del peccato e della morte."

    In un altro Angelus del 22 luglio 2012, ascoltiamo ancora questo:
    "Tra le «pecore perdute» che Gesù ha portato in salvo c’è anche una donna di nome Maria, originaria del villaggio di Magdala, sul Lago di Galilea, e detta per questo Maddalena. Oggi ricorre la sua memoria liturgica nel calendario della Chiesa. Dice l’Evangelista Luca che da lei Gesù fece uscire sette demoni (cfr.Lc.8,2), cioè la salvò da un totale asservimento al maligno. In che cosa consiste questa guarigione profonda che Dio opera mediante Gesù? Consiste in una pace vera, completa, frutto della riconciliazione della persona in se stessa e in tutte le sue relazioni: con Dio, con gli altri, con il mondo..."

    San Gregorio Magno ha parole straordinarie per colei che fece di Cristo l’unica ragione di vita. «Ella si recò la Domenica di Pasqua al Sepolcro, con gli unguenti, per onorare il Signore. Ma non lo trovò: “stava all’esterno, vicino al sepolcro, e piangeva” (Gv.20,10-11). In questo fatto dobbiamo considerare quanta forza d’amore aveva invaso l’anima di questa donna, che non si staccava dal sepolcro del Signore, anche dopo che i discepoli se ne erano allontanati. (…) Accadde perciò che poté vederlo essa sola che era rimasta per cercarlo; perché la forza dell’opera buona sta nella perseveranza, come afferma la voce stessa della Verità: “Chi persevererà sino alla fine, sarà salvato” (Mt.10, 22)....

    “Donna perché piangi? Chi cerchi?” (Gv. 20,15). Le viene chiesta la causa del dolore, perché il desiderio cresca, e chiamando per nome colui che cerca, s’infiammi di più nell’amore di lui. “Gesù le disse: Maria!” (Gv. 20,16). Dopo che l`ha chiamata con l’appellativo generico (…) senza essere riconosciuto, la chiama per nome come se volesse dire: Riconosci colui dal quale sei riconosciuta. Io ti conosco non come si conosce una persona qualunque, ma in modo del tutto speciale».

    Maria si risveglia dall’incubo: «Rabbunì!» (Maestro!). L’umile penitente Maddalena, diventa testimone del trionfo del Crocifisso. Ora vorrebbe stare lì, in adorazione, e invece no: «Non mi trattenere, perché non sono ancora salito al Padre; ma va’ dai miei fratelli e di’ loro: Io salgo al Padre mio e Padre vostro, Dio mio e Dio vostro» (Gv.20, 17). Porterà Lei l’annuncio agli Apostoli.
    (Cristina Siccardi dal sito Santi&Beati)

    Nel 1200 gli Ordini mendicanti allora nascenti, nutrivano una significativa devozione verso santa Maria Maddalena e associarono spesso la figura di questa discepola di Cristo alle loro attività. Anche l'Ordine di san Domenico, approvato dal Papa nel 1216, fu legato fin dalle sue prime generazioni di Frati alla figura di santa Maria Maddalena tanto che, nel Capitolo generale del 1297, la proclamarono Patrona dell'Ordine.

    Anche Santa Caterina da Siena la ebbe come patrona. Fin da piccola ella dimostrava una devozione particolare per Maria Maddalena, e faceva di tutto per imitare lo stile di penitenza e l'amore verso il Cristo. Nella biografia narrata dal beato Raimondo da Capua il Signore stesso, apparendo a santa Caterina, le affidò la Maddalena come madre e guida sicura, ricevendo le sue apparizioni con immensi benefici per l'anima.

    Infine, sotto l'ispirazione di questa grande Santa, sorsero numerosi monasteri maschili e femminili, ed eremi. Sotto il suo patrocinio sorsero innumerevoli opere di misericordia come ospedali, lebbrosari, pie fondazioni, mense e, fatto singolare nella Chiesa e nelle società di tutti i tempi, case per accogliere le prostitute rinate a vita nuova e per dar loro nuove prospettive di vita decorosa. Tanto ha sempre ispirato la vera devozione all'intercessione di santa Maria Maddalena e che forse molti, troppi, hanno dimenticato.

    «Ogni cristiano rivive l’esperienza di Maria di Magdala. È un incontro che cambia la vita: l’incontro con un Uomo unico, che ci guarisce del tutto e ci restituisce la nostra dignità. Ecco perché la Maddalena chiama Gesù “mia speranza”: perché è stato Lui a farla rinascere, a donarle un futuro nuovo, libera dal male. “Cristo mia speranza” significa che ogni mio desiderio di bene trova in Lui una possibilità reale: con Lui posso sperare che la mia vita sia buona e sia piena, eterna, perché è Dio stesso che si è fatto vicino fino a entrare nella nostra umanità».
    (Messaggio Urbi et orbi, Santa Pasqua, 8 aprile 2012)

    Cari amici, queste parole ci fanno vibrare il cuore, perché esprimono il nostro desiderio più profondo, dicono ciò per cui siamo fatti: la vita, la vita eterna! Sono le parole di chi, come Maria Maddalena, ha sperimentato Dio nella propria vita e conosce la sua pace. Parole più che mai vere sulla bocca della Vergine Maria, che già vive per sempre nei pascoli del Cielo, dove l’ha condotta l’Agnello Pastore. Maria, Madre di Cristo nostra pace, prega per noi!
    (Benedetto XVI Angelus 22.7.2012)







    [SM=g1740733]


    23 agosto Santa Rosa da Lima

    Dire "Santa Rosa da Lima" fa scattare, senza dubbio, una conoscenza amica, una grande Santa ma... ci siamo mai chiesti per quale motivo è diventata così grande e Santa? Rosa da Lima ha sofferto di tutto fin da bambina, e seppur è vero che il Signore l'aveva prediletta con grazie e consolazioni, è lei che ci insegna come dobbiamo vivere la sofferenza: non con mera rassegnazione, ma come ringraziamento e strumento per ottenere da Dio ogni favore. Rosa ha fatto della sofferenza la "perla preziosa", il tesoro del campo, il dono più grande che Dio potesse darle. Ascoltiamo la sua vita, la sua testimonianza e pure alcuni consigli che ci offre ancora oggi, e chiediamole di aiutarci a conseguire gli stessi traguardi.

    gloria.tv/video/WR3EN6EcT9ZX5SHbhxbvwgk2K

    Movimento Domenicano del Rosario

    Con Rosa da Lima giochiamo davvero in casa. Parliamo infatti di una grande Santa domenicana che seppe conquistare il cuore di milioni di persone, ancora oggi. Pensate che, beatificata nel 1668, due anni dopo fu insolitamente proclamata patrona principale delle Americhe, delle Filippine e delle Indie occidentali: si trattava di un riconoscimento singolare dal momento che un decreto di Papa Urbano VIII del 1630 stabiliva che non potessero darsi quali protettori di regni e città persone che non fossero state canonizzate. Ci pensò il 12 aprile 1671 Papa Clemente X, la prima canonizzata del Nuovo Mondo.

    Il suo modello di vita fu Santa Caterina da Siena. Come lei, vestì l'abito del Terz'ordine domenicano, a vent'anni, per poter esercitare più liberamente, quello stile di vita evangelico sobrio fatto di preghiera, sacrifici, penitenze e carità ai bisognosi. Rosa nasce a Lima il 20 aprile 1586, decima di tredici figli, in una nobile famiglia di origine spagnola. Ben presto la piccina fu prevenuta in modo straordinario dalla grazia di Dio, che supplì alla educazione dei collerici e maneschi genitori assai più preoccupati del benessere temporale che di quello spirituale dei figli.

    La sua alta spiritualità non fu capita dalla madre, Maria Oliva, la quale, ritenendo riprovevoli difetti le sue buone qualità, pur piccina la percuoteva rabbiosamente; dai fratelli, i quali, invece di proteggerla, la chiamavano bacchettona e ipocrita; dai parenti, i quali, invece di ammirarla, la canzonavano e deridevano. Rosa imparò a soffrire senza un lamento sia i rimbrotti dei familiari che le infermità. A 3 anni la mamma, chiudendo un forziere, le pestò inavvertitamente un pollice delle mani. Alla domanda del medico se la loro figlia avesse pianto, i genitori risposero mortificati: "Essa non si lagna, né piange mai: è una piccina strana".

    Con uguale fortezza d'animo, la Santa sopportò le cure per estirpare un ascesso che le si era formato in un orecchio; un polipo che le era spuntato nelle cavità nasali; delle pustole e delle croste che le si erano formate sulla testa e che la madre aveva creduto di guarire con l'applicazione di polvere di arsenico. "Come hai potuto sopportare simile tortura?" le chiese costernata la mamma. Sollevando gli occhi all'immagine dell'Ecce homo che sovrastava il suo letto, le rispose con semplicità: "I dolori della Sua corona di spine erano ben più vivi".

    Arrivò anche il giorno in cui la famiglia cadde in disgrazia. Perdendo ogni agio Rosa dimostra subito la propria fede granitica aiutando i genitori nei lavori più umili, e sempre con spirito gioioso, senza mai lamentarsi, anzi, incoraggiando i familiari a lodare sempre Dio in ogni occasione, buona o cattiva che fosse. Riuscì anche ad allestire, nella casa materna, una sorta di ricovero per i bisognosi, dove prestava assistenza ai bambini ed agli anziani abbandonati, soprattutto a quelli di origine india. Questa iniziativa è stata considerata come «l’inizio dei servizi sociali in Perù».

    Rosa, già adolescente, detestava le vanità e la menzogna. Costretta dalla madre a porsi sul capo delle rose per trovare marito (si racconta che fosse davvero molto bella di aspetto), trovò il modo di sistemare tra di esse un serto di spine che le pungevano di continuo. Talora la mamma l'adornava come una sposa e le insegnava a danzare, ma Rosa restava immobile anche quando la mamma le gridava inviperita: "Danza, idiota! Muovi i passi, testa di mula!".

    Sovente dagli insulti passava alle verghe, ma i risultati erano gli stessi. Il confessore più volte dovette intervenire per fare comprendere all'insensata genitrice che Rosa era un'anima privilegiata e che doveva quindi seguire le mozioni dello Spirito Santo. Ripetutamente i genitori la percossero perché alle loro proposte di matrimonio rispondeva timidamente: "Non posso, non posso!" Dio la voleva nel Terz'ordine Domenicano. Glielo fece capire durante una processione in onore di Santa Caterina da Siena. I familiari non le si opposero più, perché comunque sarebbe rimasta in casa ad aiutarli.

    Santa Rosa, che aveva studiato con impegno, aveva una discreta cultura ed aveva appreso l'arte del ricamo. Ebbe modo di leggere qualcosa di Santa Caterina da Siena. Subito la elesse a propria madre e sorella, facendola suo modello di vita, apprendendo da lei l'amore per Cristo, per la sua Chiesa e per i fratelli indios. Sempre come Caterina, fu resa degna di soffrire la passione del Suo divino Sposo, ma provò pure la sofferenza della “notte oscura” che durò, pensate, ben 15 anni.

    Ebbe anche lo straordinario dono delle nozze mistiche. Fu arricchita dal suo Celeste Sposo altresì di vari carismi come quello di compiere miracoli, della profezia e della bilocazione. Ma questi doni celesti erano le consolazioni di una vita di immensi sacrifici per la salvezza delle anime e, specialmente, per la difesa degli indios. Con l'Angelo custode ebbe frequenti rapporti visibili e amichevoli. Gli chiedeva consigli nelle difficoltà, gli affidava incarichi e da lui riceveva i necessari aiuti materiali.

    I demoni invece fremevano alla vista della vita santa che conduceva. Quasi di continuo la molestavano o la percuotevano violentemente per le numerose anime che sottraeva al loro dominio con l'uso quotidiano dei flagelli e dei cilici foderati di cardi e di punte di spilli, con la pratica notturna della Via Crucis nel giardino, a piedi nudi e con una pesante croce in spalla. Le interne desolazioni furono lo straziante martirio di tanti Santi. Anche Rosa non ne fu risparmiata.

    Quando piacque al Signore di fissarla nella luce dell'antica intima unione le divennero abituali le estasi e le visioni. Il Bambino Gesù le appariva spesso sul libro che meditava o sul telaio da ricamo e le diceva: "Come tu sei tutta mia, così io sono tutto tuo". La sua fiducia di appartenere al numero degli eletti era tanta da ritenere superflua al riguardo ogni rivelazione. La statua della Madonna del Rosario innanzi alla quale pregava si animò, e il Bambino Gesù le disse: "Rosa del mio cuore, sii la mia sposa".

    A ricordo di quelle mistiche nozze ella si fece fabbricare un anello che consegnò al sacrestano perché lo deponesse sull'altare in cui, il Giovedì Santo, si conservava il SS.mo Sacramento. Con quel gesto voleva significare che desiderava riporre nel sepolcro con Gesù il pegno del suo amore. La mattina di Pasqua, Rosa stava inginocchiata con la madre nella cappella della Madonna del Rosario allorché, d'un tratto, l'anello, sollevandosi nell'aria, andò ad ornarle per tutta la vita il dito.

    Dodici ore della giornata le dedicava alla preghiera, dieci al lavoro e alla carità e due soltanto al sonno. Non potendo, a causa dell'insonnia e della prostrazione fisica attendere ai suoi doveri, il medico le prescrisse di non lottare più contro il sonno. Rosa, desolata, supplicò allora la Vergine SS.ma perché fosse per lei la stella mattutina. Da quel giorno la Madre di Dio si assunse l'incarico di destarla al momento opportuno dicendo: "Levati, figlia, ecco l'ora della preghiera".

    Tutti questi doni celesti accendevano in Rosa sempre più il desiderio di convertire gli erranti. Diceva sovente: "Se mi fosse dato di predicare, percorrerei tutti i quartieri di questa città a piedi nudi, coperta di cilici e tenendo in mano un Crocifisso". Tante volte fu udita lagnarsi di non potere, a causa del suo sesso, recarsi tra gl'infedeli per portarli alla conoscenza del Vangelo. Tante persone migliorarono i propri costumi alle sue esortazioni. Possedeva il dono di scrutare i cuori e di prevedere il futuro.

    Dio ricompensò il suo ardente amore per il prossimo dandole anche il dono dei miracoli. In città non si parlava che delle prodigiose guarigioni da lei operate. Agli stessi suoi familiari moltiplicò il pane, il miele ed i soldi necessari per estinguere un debito. Anche per lei quindi valevano le parole dette dal Signore alla sua maestra Santa Caterina da Siena: "Pensa a me ed io penserò a tè e ai tuoi cari".

    Negli ultimi mesi di vita il corpo di Rosa divenne il ricettacolo di mali misteriosi tanto che i medici si stupivano come facesse a vivere. Soltanto la lingua e la mente non le rimasero impedite, motivo per cui fino alla fine poté lodare il Signore e godere di continue estasi. Morì il 24 agosto 1617 dopo aver preso in mano un cero benedetto, sollevato gli occhi al cielo ed esclamato per tre volte: "Gesù, sii con me!". È anche patrona dei giardinieri e dei fioristi. È invocata in caso di ferite, contro le eruzioni vulcaniche ed in caso di litigi in famiglia.

    Dopo la sua morte il Capitolo domenicano, il senato e le corporazioni più rispettabili della città accompagnarono il suo corpo al luogo della sepoltura ma la folla di persone che si era radunata era tale che non fu possibile fare il funerale per diversi giorni. Venne seppellita in forma privata nel chiostro della chiesa di S. Domenico, come aveva chiesto, ma in seguito il suo corpo venne trasportato all’interno della chiesa stessa e oggi è interrato nella cripta sotto un altare.

    Molti pensano di conoscere Santa Rosa da Lima, ma forse ben pochi conoscono l'autentica vita eroica che visse per conformarsi, ogni giorno di più, a Gesù Crocifisso, aiutata dalla Santissima Madre. Vogliamo concludere ora con alcuni testi tratti dai suoi scritti che ci aiutano a comprendere il valore della sofferenza: "Nessuno si lamenterebbe della croce e dei dolori, che gli toccano in sorte, se conoscesse con quali bilance vengono pesati nella distribuzione fra gli uomini.”

    "Il Salvatore levò la voce e disse: Tutti sappiano che la grazia segue alla tribolazione, intendano che senza il peso delle afflizioni non si giunge al vertice della grazia, comprendano che quanto cresce l’intensità dei dolori, tanto aumenta la misura dei carismi. Nessuno erri né si inganni; questa é l’unica vera scala del paradiso, e al di fuori della croce non c’é altra via per cui salire al cielo.”

    "Oh se i mortali conoscessero che gran cosa é la grazia, quanto é bella, quanto nobile e preziosa, quante ricchezze nasconde in sé, quanti tesori, quanta felicità e delizie! Senza dubbio andrebbero essi stessi alla ricerca di fastidi e pene; andrebbero questuando molestie, infermità e tormenti invece che fortune, e ciò per conseguire l’inestimabile tesoro della grazia. Questo é l’acquisto e l’ultimo guadagno della sofferenza ben accettata..."

    "Ascolta, popolo; ascoltiamo, genti tutte. Da parte di Cristo e con parole della sua stessa bocca vi avverto che non si riceve grazia senza soffrire afflizioni. E’ necessario che dolori si aggiungano a dolori per conseguire l’intima partecipazione alla natura divina, la gloria dei figli di Dio e la perfetta bellezza dell’anima."

    Preghiamo: O Dio, che a Santa Rosa da Lima, ardente del Tuo amore, hai ispirato il proposito di rinunziare a un ideale terreno per dedicarsi interamente a Te nell'austerità e nella preghiera; concedi anche a noi di seguire le vie della Vita per dissetarci al torrente delle Tue delizie. Per Cristo nostro Signore. Amen
    (dalla Liturgia delle Ore dei Frati Predicatori)

    segue il testo in video

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    [Modificato da Caterina63 18/07/2016 23:34]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    Caterina63
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    00 29/08/2016 19:22

    L'ANNIVERSARIO
     

    L'ordine nato da San Domenico festeggia l'VIII secolo di vita. La Nuova BQ intervista Padre Giorgio Maria Carbone sull'attualità del predicatore missionario: «La collaborazione tra ragione e fede è l'aspetto più significativo. Unito al rispetto delle opnioni altrui, per cercare con l'altro la verità». 

    di Andrea Bartelloni
    San Domenico

    Siamo nel mezzo dell’anno delle celebrazioni per l’VIII centenario dalla fondazione dell’Ordine domenicano che si concluderà il 21 gennaio 2017.
    L’invito che risuona, ed è quasi una regola per tutti i centenari degli ordini religiosi, è quello di «tornare alle origini dell’Ordine» come scrive il Maestro dalla casa generalizia. Tornare alle origini fa venire in mente i grandi delle origini, San Domenico, ovviamente, San Tommaso, il Beato Angelico, tanto per ricordare i nomi più noti dell’ordine dei frati predicatori.

    Ne parliamo con p. Giorgio Maria Carbone, frate domenicano e sacerdote, laureato a Genova in Giurisprudenza (1991), dopo il diploma di perfezionamento in bioetica conseguito alla Facoltà di Medicina del Policlinico Gemelli di Roma (2001) ha ottenuto la cattedra di Bioetica, Antropologia Teologica e Teologia alla Facoltà di Teologia di Bologna. Dal gennaio 2006 è direttore editoriale delle Edizioni Studio Domenicano. 

    Come inserire il messaggio di San Domenico nella nuova evangelizzazione?

    Guardare a san Domenico per partecipare oggi all’evangelizzazione significa trarre almeno tre insegnamenti, nuovi e antichi. Il primo è quello della misericordia che è Dio. San Domenico è ricordato dai suoi contemporanei come un uomo che predicava la misericordia di Dio, che piangeva per i peccati propri e altrui, che passava le notti in preghiera per ottenere da Dio la misericordia. Gli stessi conventi dei frati predicatori erano chiamate non solo case di predicazione, ma anche Betania, cioè casa della misericordia. Il secondo è l’audacia: san Domenico ha il coraggio di abbandonare mentalmente e fisicamente i luoghi comuni pur di annunciare la persona di Gesù Cristo. Abbandona la vita sedentaria di Osma, le lussuose cavalcature di un corteo diplomatico, le certezze delle rendite fondiarie, pur di essere libero di agire e annunciare la misericordia che è Cristo. Il terzo la libertà di Cristo: san Domenico abbraccia la vita dei consigli evangelici, che sono i voti di povertà, castità e obbedienza, per essere libero di donarsi integralmente a Dio e alla Chiesa, sua sposa, nella predicazione, e quindi dell’evangelizzazione. Misericordia, audacia e libertà sono ambizioni umane universali. Chi di noi non vuole sperimentare la misericordia degli altri e anche quella di Dio, se è credente? Chi di noi, anziché essere misericordioso, vuole esser crudele con gli altri? Chi di noi preferisce la pavidità al coraggio? E, poi, chi di noi vuole fare il liberticida? Ma, misericordia, audacia e libertà sono anche e soprattutto doni dello Spirito Santo, lo Spirito di Cristo, che rende nuove tutte le cose e per questo sono ambizioni sempre attuali.

    La modernità e la predicazione. Oggi sembra venire meno qualsiasi intervento di tipo dottrinale e la crisi vocazionale è forse legata anche a questo o all’avvertimento che Dante mette in bocca a San Tommaso che descrive il suo ordine «u' ben s'impingua, se non si vaneggia» (Dove ci si arricchisce spiritualmente se non si devia dalla regola, Paradiso, X, v. 96) mettendo in guardia dai vaneggiamenti che portarono alla decadenza dell’Ordine?

    Certamente in molti ambienti si avverte una acuta allergia al ruolo dottrinale e all’apostolato intellettuale. L’Ordine dei Predicatori ha nel proprio DNA, nelle proprie leggi fondamentali, l’impegno nella missione dottrinale. Di fatto, in concreto questo impegno dottrinale si traduce nei molti frati che sono impegnati nell’insegnamento della filosofia, della teologia, delle scienze bibliche, che sono parte di istituzioni deputate a collaborare strettamente con il magistero. Si pensi alle varie Facoltà pontificie, alle Facoltà di teologia e alla Commissione teologica internazionale. Sono impegni ordinari, che non fanno notizia, ma che contribuiscono realmente a edificare la Chiesa e a approfondire la fede.

    Ricordare i domenicani più illustri sarebbe un compito arduo il primo nome che torna alla memoria è quello di San Tommaso. Quale è la sua attualità?

    Gli aspetti di attualità di Tommaso d’Aquino sono molti. Mi concentro solo su due. Il primo è l’armonia e la collaborazione tra ragione e fede. Aspetto che è presente in tutti i suoi scritti. Se tratta di un tema dal punto di vista filosofico, come l’immortalità dell’anima umana, innanzitutto parte dall’esperienza fattuale e poi procede con ragionamenti rigorosi e incontrovertibili. Se tratta di un tema dal punto di vista teologico, come la Trinità di Dio, allora muove dal dato di fede, dalla rivelazione storico-biblica, e poi procede sia con argomenti rigorosi sia con argomenti di convenienza, cioè plausibili. Il secondo aspetto è la considerazione delle opinioni altrui: san Tommaso dà prova di conoscere e prendere sul serio le tesi degli altri. Non le liquida mai scrivendo “è un’idiozia”. Ma le studia, cerca in esse qualche elemento di verità e anche se sono opinioni erronee dimostra razionalmente dov’è l’errore. Questo perché è convinto che «Omne verum a quocumque dicatur a Spiritu Sancto est» cioè «Ogni verità, da chiunque sia stata detta, proviene dallo Spirito Santo; ed è anche convinto che se amo il bene della persona che mi sta accanto, dovrò impegnarmi a cercare con lei il vero e a fuggire il falso. Questa resta sempre un’opera di misericordia intellettuale.

    Ho avuto la grazia di conoscere padre Tito Sante Centi, grande traduttore delle opere di San Tommaso e in particolar modo della Summa Contra Gentiles, un’opera che per tre quarti è dedicata all’uso della ragione per arrivare alla verità. Sembrerebbe un’opera altamente moderna visto che stiamo andando verso un mondo, specialmente quello della prima evangelizzazione, sempre più pagano.

    La Somma contro i Gentili è un capolavoro nel quale Tommaso applica brillantemente quei principi di metodo che ricordavo prima, e cioè tra ragione e fede c’è una armonica e fruttuosa collaborazione, e le opinioni dell’altro non vanno bollate con giudizi a priori, ma vanno studiate a fondo e seriamente. Padre Centi è stato un pioniere: tra il 1950 e il 1975, quando nella scuola dell’obbligo si studiava ancora il latino, ha iniziato a tradurre dal latino all’italiano prima la Somma Teologica e poi la Somma contro i Gentili. Queste traduzioni sono ancora oggi continuamente ristampate da Edizioni Studio Domenicano, oggi che il latino non è più studiato dalla maggioranza degli italiani. Quindi, la sua opera continua ad essere molto apprezzata.

    «Cristo parla della “luce delle opere buone”. Andando oltre - nella sfera della vocazione artistica - si potrebbe parlare con buona ragione della “luce delle opere umane”. Questa luce è la bellezza; la bellezza infatti, come “splendore della forma”, è una luce particolare del bene contenuto nelle opere dell’uomo-artista». Con queste parole san Giovanni Paolo II propose agli artisti (1984) l’esempio dell’Angelico, bello nelle sue opere e bello nell’anima. “La bellezza salverà il mondo” ricordava Dostoevskij, qualcuno maliziosamente aggiunge “speriamo faccia presto” perché ogni decennio ci porta delle novità. Il Beato Angelico, chiamato così da dopo la sua morte, ma beatificato da san Giovanni Paolo II nel 1982, sembra indicarci la via pulchritudinis come via privilegiata che porta a Dio.

    Ciò che è bello è armonico e provoca gioia e diletto nella vista e nell’intelletto. Quindi ciò che è bello contribuisce a realizzare la vocazione della vista e dell’intelletto, e quindi eleva la persona umana. Questa elevazione non può che essere un gradino verso il Bello e la Gioia senza limiti che è Dio stesso. Ognuno di noi mira alla gioia, al piacere, non effimeri ma durevoli, sostanziali e non epidermici. Le opere del beato Angelico, penso soprattutto agli affreschi di San Marco a Firenze, realizzano un esempio di armonia estremamente piacevole e pacificante. Sono continuamente riprodotte, anche a livello pubblicitario. Questo dimostra che sono attuali, che riescono a parlare anche oggi.

    Nell’Ordine domenicano è centrale la devozione mariana, san Domenico, infatti, avrebbe ricevuto il Santo Rosario direttamente dalla Madonna e il beato Paolo VI, nell’esortazione apostolica Marialis cultus (1974), parla dei domenicani che sono  “per tradizione custodi e propagatori di così salutare devozione”. Santa Caterina ci ha rivelato che il vostro ordine, grazie all’intercessione della Vergine, rimarrà sempre saldo nella fede e sarà sempre un baluardo di ortodossia.

     

    Beh, propriamente san Domenico non ha ricevuto la corona del Rosario da Maria. Piuttosto aveva una profonda devozione alla Madonna e recitava più di mille Ave Maria al giorno meditando i misteri della vita di Gesù. Si consideri che nel XIII secolo l’Ave Maria si componeva solo della cosiddetta Salutazione angelica, cioè “Ave, Maria, piena di grazia il Signore è con te e benedetto è il frutto del tuo seno Gesù”. La seconda parte “Santa Maria, Madre di Dio... e nell’ora della nostra morte” non era ancora stata aggiunta. Sempre nel XIII secolo la corona, come strumento per contare le Ave Maria, esisteva, ma non aveva la struttura delle corone di oggi. Bisogna cioè fare attenzione a non trasferire l’oggi a otto secoli fa. Ma ciò che è importante è la confidenza che san Domenico aveva con la Madonna, confidenza vissuta nella preghiera costante, cioè la ripetizione frequente dell’Ave Maria, e sempre nella comunione e nella meditazione della vita di Gesù Cristo. Questi due elementi sono gli ingredienti principali della nostra attuale preghiera del Rosario. L’Ordine domenicano nel corso dei secoli successivi ha diffuso questa preghiera semplice e difficile allo stesso tempo. Si pensi alle confraternite del Rosario, le prime fondate da Alano de la Roche nel XV secolo. O al Rosario vivente, fondato negli anni ’60 a Firenze.






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 28/11/2016 11:10
     come si svolge la vita quotidiana delle Suore Domenicane, Missionarie di San Sisto Vecchio-Roma



    Una giornata in convento

     

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    La giornata quotidiana di una Domenicana Missionaria di "San Sisto" è strutturata in modo da unire la dimensione contemplativa a quella attiva, secondo il carisma dell'Ordine Domenicano. La nostra famiglia religiosa ancora oggi segue le antiche osservanze di tipo monastico, che favoriscono la crescita nella vita interiore e orientano le nostre menti verso le "cose di Dio". Il nostro stile di vita richiede necessariamente un spirito contemplativo.L'orario quotidiano è scandito da momenti di preghiera e di lavoro, di; silenzio e studio, ilarità e gioia per favorire, nella quotidianità, l'avvento del regno di Dio in ognuna di noi e formarci all'attività apostolica.

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     

     


     

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    Caterina63
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    00 14/01/2017 21:22

      Avviso ai giornalisti, 14.01.2017




    Si informano i giornalisti accreditati che dal 17 al 21 gennaio 2017 si terrà a Roma il Congresso Internazionale sulla Missione dei Frati Predicatori (Domenicani), in occasione del Giubileo per gli 800 anni di fondazione dell’Ordine.

    Per l’occasione, martedì 17 gennaio, alle ore 11.30, presso la Sala Stampa della Santa Sede, in Via della Conciliazione 54, si terrà un “meeting point” con i giornalisti. Saranno a disposizione dei giornalisti Fra’ Bruno Cadoré O.P., Maestro generale dell’Ordine; Fra’ Orlando Rueda Acevedo, organizzatore del Congresso; e Fra’ Franklin Buitrago, promotore del Giubileo.

    CHIUSURA DEL GIUBILEO PER GLI 800 ANNI
    DELLA CONFERMA DELL'ORDINE DEI PREDICATORI

    OMELIA DEL SANTO PADRE FRANCESCO

    Basilica di San Giovanni in Laterano
    Sabato, 21 gennaio 2017

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    La Parola di Dio oggi ci presenta due scenari umani opposti: da una parte il “carnevale” della curiosità mondana, dall’altra la glorificazione del Padre mediante le opere buone. E la nostra vita si muove sempre tra questi due scenari. Infatti essi sono di ogni epoca, come dimostrano le parole di san Paolo rivolte a Timoteo (cfr 2 Tm 4,1-5). E anche san Domenico coi suoi primi fratelli, ottocento anni or sono, si muoveva tra questi due scenari.

    Paolo avverte Timoteo che dovrà annunciare il Vangelo in mezzo a un contesto dove la gente cerca sempre nuovi “maestri”, “favole”, dottrine diverse, ideologie… «Prurientes auribus» (2 Tm 4,3). E’ il “carnevale” della curiosità mondana, della seduzione. Per questo l’Apostolo istruisce il suo discepolo usando anche dei verbi forti: «insisti», «ammonisci», «rimprovera», «esorta», e poi «vigila», «sopporta le sofferenze» (vv. 2.5).

    E’ interessante vedere come già allora, due millenni fa, gli apostoli del Vangelo si trovassero di fronte a questo scenario, che ai nostri giorni si è molto sviluppato e globalizzato a causa della seduzione del relativismo soggettivista. La tendenza alla ricerca di novità propria dell’essere umano trova l’ambiente ideale nella società dell’apparire, nel consumo, in cui spesso si riciclano cose vecchie, ma l’importante è farle apparire come nuove, attraenti, accattivanti. Anche la verità è truccata. Ci muoviamo nella cosiddetta “società liquida”, senza punti fissi, scardinata, priva di riferimenti solidi e stabili; nella cultura dell’effimero, dell’usa-e-getta.

    Di fronte a questo “carnevale” mondano risalta nettamente lo scenario opposto, che troviamo nelle parole di Gesù appena ascoltate: «rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16). E come avviene questo passaggio dalla superficialità pseudo-festosa alla glorificazione, che è vera festa? Avviene grazie alle opere buone di coloro che, diventando discepoli di Gesù, sono diventati “sale” e “luce”. «Così risplenda la vostra luce davanti agli uomini – dice Gesù –, perché vedano le vostre opere buone e rendano gloria al Padre vostro che è nei cieli» (Mt 5,16).

    In mezzo al “carnevale” di ieri e di oggi, questa è la risposta di Gesù e della Chiesa, questo è l’appoggio solido in mezzo all’ambiente “liquido”: le opere buone che possiamo compiere grazie a Cristo e al suo Santo Spirito, e che fanno nascere nel cuore il ringraziamento a Dio Padre, la lode, o almeno la meraviglia e la domanda: “perché?”, “perché quella persona si comporta così?”: cioè l’inquietudine del mondo di fronte alla testimonianza del Vangelo.

    Ma perché accada questa “scossa” bisogna che il sale non perda il sapore e la luce non si nasconda (cfr Mt 5,13-15). Gesù lo dice molto chiaramente: se il sale perde il sapore non serve più a niente. Guai al sale che perde il sapore! Guai a una Chiesa che perde il sapore! Guai a un prete, a un consacrato, a una congregazione che perde il sapore!

    Oggi noi rendiamo gloria al Padre per l’opera che san Domenico, pieno della luce e del sale di Cristo, ha compiuto ottocento anni or sono; un’opera al servizio del Vangelo, predicato con la parola e con la vita; un’opera che, con la grazia dello Spirito Santo, ha fatto sì che tanti uomini e donne siano stati aiutati a non disperdersi in mezzo al “carnevale” della curiosità mondana, ma invece abbiano sentito il gusto della sana dottrina, il gusto del Vangelo, e siano diventati, a loro volta, luce e sale, artigiani di opere buone… e veri fratelli e sorelle che glorificano Dio e insegnano a glorificare Dio con le buone opere della vita.

       


    [Modificato da Caterina63 22/01/2017 13:32]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 06/02/2017 11:04
    Una lettera di Benedetto XV   versione testuale

    Il centenario di cento anni fa


     

     


     

    L'ultimo Bollettino della Provincia del Centro Italia (Romana di S. Caterina da Siena) Domenicani 3 (2013) alle pp. 99-102 ha pubblicato la lettera che il 29 ottobre 1916 Papa Benedetto XV inviò al Maestro dell'Ordine da poco eletto Ludovico Theissling per il VII centenario della "legittima conferma" dell'Ordine.


    Benedetto XV
     era di nascita Giacomo Paolo Giovanni Battista della Chiesa (Pegli 21.11.1854 - Roma 22.1.1922) ed esercitò il ministero petrino dal 3.9.1914 al 22.1.1922. Iniziando il pontificato nel segno della prima guerra mondiale, volle essere "incoronato" non in S. Pietro, ma più riservatamente nella Cappella Sistina, riducendo al minimo lo sfarzo per non dare un "contro segno" a quanti soffrivano e morivano a causa della guerra da poco iniziata. Nella lettera il Papa cita l'esistenza di un suo antenato domenicano: si tratta del beato Antonio Della Chiesa (1394-1459), attivo a Vercelli, Como, Bologna, Firenze ecc. nel quadro del movimento di riforma, essendo stato più volte Vicario dei conventi riformati.

    Quanto al Maestro dell'Ordine Ludovico Theissling, fu eletto a Friburgo a succedere al beato Giacinto Maria Cormier (1832- 1916) ed esercitò il magistero dal 1916 al 1925.
    La lettera - naturalmente positiva e gratulatoria come tutte le lettere di queste circostanze - riflette quella che era la situazione dell'Ordine dopo la ripresa ottocentesca guidata dai Maestri Jandel e Cormier, i suoi ideali e l'approvazione del Magistero della Chiesa su questi ideali.

    Di fatto la lettera pone in evidenza:

    -l'opera di promozione della fede non solo in positivo, ma anche come contrasto verso errori, erranti ed eretici, un contrasto o polemica in ultima analisi rintracciabile anche nel NT e che edifica la Chiesa;

    -la pastorale delle Confraternite, citando anche quella del SS. Nome ormai caduta in oblio nelle nostre regioni ma allora attiva negli USA;

    -il fervore dell'apostolato missionario con particolare riguardo all'America Latina e citando san Ludovico Bertrando e Bartolomeo Las Casas, quest'ultimo però celebrandolo non solo come promotore dei diritti umani, ma come colui che, come tutti i missionari, lavorò per «sottrarre gli indigeni al dominio di Satana» (prima di scrivere una cosa simile, oggi alcuni sarebbero disposti a farsi tagliare le mani!);

    -la fedeltà alla Sede Apostolica, manifestata in più occasioni;

    -lo studio al cui interno non poteva mancare un cenno a san Tommaso d'Aquino e alla fedeltà dell'Ordine - allora! - al suo pensiero;

    -la schiera dei santi che segue il patriarca Domenico.
    Superando un certo disagio che provocano testi fuori del nostro tempo ma ancora vicini a noi, può essere utile prepararsi al prossimo centenario della fondazione dell'Ordine rileggendo la lettera che fotografa l'Ordine cent'anni fa.
    Può essere utile vedere ciò che nel frattempo abbiamo acquisito: un rapporto più approfondito con le Scritture e la liturgia, un senso più sentito ed esplicito sulla comunità e le relazioni personali, la presa di coscienza della complessità dell'evangelizzazione, l'impegno per il dialogo prima che per la controversia, fino alla formula problematicissima ma oggi sempre più fascinosa di "ascoltare il mondo".

    Eppure sembra che ancora oggi l'immaginario sui domenicani corrisponda di più alla lettera di Benedetto XV che a quanto è stato faticosamente e prolissamente scritto negli Atti dei nostri Capitoli e che in genere si dimentica proprio a causa della prolissità (in questi casi la lunghezza dei testi è direttamente proporzionale al loro oblio!).

    Immaginario duro a morire o invito a concepire il progresso come aggiunta ed evoluzione alternativa e non come sostituzione a quanto c'era?

    Ecco ora qui sotto in pdf il testo della lettera. Rispetto a quanto pubblicato su Domenicani, il testo è stato ritoccato in italiano moderno, dividendolo anche in paragrafi con un titolo indicativo che evidenzia la sequenza dei contenuti.
    Infine, per massima correttezza e "preziosità", a lato del testo italiano è stato riportato anche l'originale latino, reperibile non solo in AAS, ma anche Analecta Sacri Ordinis Fratrum Praedicatorum, anno XXIV (novembre-dicembre 1916), Fasc. VI, pp. 725-729.
     
     

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    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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