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L’Oratorio di San Filippo
saluta il beato Giovanni Paolo II

 

 

Roma, 1 maggio 2011

 

La Famiglia Oratoriana si unisce alla gioia della Chiesa pellegrina nel mondo per l’elevazione di Papa Giovanni Paolo II alla gloria degli altari.

 

Insieme ad un servizio fotografico, che presenta alcuni momenti significativi della benevolenza del nuovo Beato verso l’Oratorio, riportiamo un articolo chiesto a P. Edoardo A. Cerrato e pubblicato dal giornale “Il Biellese”.

 

 

NEGLI OCCHI E NEL CUORE QUELLA STUPENDA UMANITÀ
 

E’ sempre toccante veder apparire in piazza S. Pietro, al canto del “Gloria” della Messa papale, l’immagine dei nuovi santi, ma la commozione è particolare quando di essi si ricordano i dettagli del volto, il tono della voce. 
 

Il 1° maggio non sarà la prima volta che mi accade: ho assistito nel 2002 alla canonizzazione di Josemaria Escrivá, morto nell’anno in cui fui ordinato sacerdote, con il quale, da chierico, ebbi l’occasione di parlare per qualche minuto; nel 2003, ho assistito alla beatificazione di madre Teresa di Calcutta: la vidi in alcune occasioni, ma in una di esse – nella casa delle missionarie a San Gregorio al Celio – potei parlarle brevemente chiedendole di pregare per me: porto impresse nel cuore le sue parole. 
 

Papa Giovanni Paolo II lo incontrai più volte, soprattutto a partire dal 1994, quando iniziò il mio servizio alla Famiglia Oratoriana. 
 

Sulla grandezza del suo pontificato tanto è stato detto e tanto si continuerà a dire; ma in relazione alla beatificazione ciò che più mi viene alla mente è la “ferialità” di questo grande Pontefice, nella quale, non meno che nei momenti più solenni del servizio pontificale, emergeva l’umanità di Karol Wojtila che nell’omelia di inizio del suo ministro di supremo Pastore aveva proclamato, con forza impressionante, dinanzi alla Chiesa ed al mondo: “Uomo! Con quale venerazione l’apostolo di Cristo deve pronunciare questa parola!”.
 

Questa parola Giovanni Paolo non l’ha solo pronunciata con venerazione; prendendo sul serio l’umano, ne ha vissuto la realtà nelle concrete circostanze della sua vita e ha fatto vibrare il cuore di chiunque lo abbia incontrato. 
 

Nessun atteggiamento di convenzionalità, nessuna finzione, nessuna forma di clericalismo nei gesti, negli sguardi, nel pensiero, nei palpiti del cuore di Giovanni Paolo II. Era un uomo: un uomo prete, vescovo e papa; una persona divenuta “cristianesimo”, dal momento che il cristianesimo altro non è che la presenza di Gesù Cristo, vivente e salvatore, non in una astratta proposta di valori, ma nella carne di un uomo che accoglie Cristo e gli consegna tutto l’umano che ha ricevuto in dono da Dio.
 

Di questa umanità di papa Giovanni Paolo, capace di esprimersi tutta anche solo in un abbraccio, feci esperienza fin dal primo incontro con lui. Ne ricordo anche la data: era il 21 marzo 1979.Giovane professore, accompagnavo a Roma alcune classi. L’udienza del mercoledì per i giovani si teneva in basilica perché gli adulti riempivano l’aula “Paolo VI”; il Papa percorreva a piedi la navata e si fermava a salutare tra gli applausi, il clamore ed i canti di quei giovani. 
 

Conservo una foto dell’abbraccio ricevuto da un vigoroso Giovanni Paolo. Unico motivo di quel gesto che non ho più dimenticato: il Papa aveva visto un giovane prete tra tanti ragazzi ed aveva voluto fargli sentire che apprezzava quella presenza. Mille documenti sulla pastorale giovanile non avrebbero trasmesso ciò che compresi in quell’abbraccio.
 

Di tutti gli incontri che seguirono – e furono davvero tanti: come non ricordare, almeno, quello di S. Maria in Vallicella, nel IV centenario di S. Filippo Neri? – porto impresso nella mente e nel cuore il ricordo commosso di quella umanità abitata da Cristo che emergeva dal volto, dallo sguardo, dalle mani capaci di dare una carezza o di posarsi sulle spalle di chi gli stava di fronte stupito di essere alla presenza del Vicario di Cristo. Come nella udienza concessa nel 2000 ai padri Filippini riuniti a Congresso generale ed ai rappresentanti laici dell’Oratorio: eravamo nella sala Clementina e l’ordine e la compostezza di corte lasciarono a desiderare soprattutto nel momento in cui il Santo Padre giunse nella sala: le manifestazioni di rumoroso affetto, così poco gradite agli addetti dell’anticamera pontificia il cui volto mostrava un certo disappunto, furono accolte da Giovanni Paolo, ormai provato dalla malattia e affaticato dagli impegni dell’Anno Santo, come appassionato tributo di affetto filiale.

 

Non solo volle salutare uno ad uno i più di cento padri presenti – mentre l’incontro personale era previsto solo con i superiori – ma volle anche riuniti intorno alla sua sedia la settantina di laici, che non si limitarono alla foto rituale, ma iniziarono a baciargli le mani e a parlargli… Non posso dimenticare la commozione di una donna messicana che soltanto ripeteva: “Juan Pablo! Oh el Vicario de Jesucristo!”. Il sorriso del vecchio Papa stanco – ne son certo – ha rappresentato per la vita di quella donna più di mille prediche…
 

Nonostante l’insistenza dei prelati e dei gentiluomini della Casa pontificia che lo invitavano a porre fine all’udienza già troppo lunga, Giovanni Paolo II continuò a rimanere in quella sala solenne costruita da papa Clemente VIII con il quale Padre Filippo, ricordandolo giovane discepolo dell’Oratorio, rispettosamente scherzava… Il messaggio consegnato ai Filippini – bello e profondo quale nessun altro messaggio dei Papi all’Oratorio riunito in Congresso – non potrà essere riletto senza pensare al clima di festa filiale che i figli di San Filippo fecero al vecchio Papa. 
 

Ricordo la telefonata che ricevetti, in occasione della morte del Papa, da un giovane padre: “Sai che mi sento ancora addosso il suo sguardo? Ascoltando la notizia della sua morte, ho pianto con quello sguardo nei miei occhi…”. 
 

Quando Giovanni Paolo II guardava qualcuno, si sentiva che per lui c’era solo quella persona in quel momento, in tutto il mondo, anche se la fila degli altri premeva.
 

Nella stupenda Lettera apostolica “Novo Millennio ineunte”, solenne documento firmato al termine del Grande Giubileo, c’è una frase del Papa che ha il valore di una testimonianza altissima: “Mi sono soffermato a guardare le lunghe file dei pellegrini […] In ciascuno di essi cercavo di immaginare una storia di vita…” 
 

L’umanità del beato Giovanni Paolo II mi resta scolpita nel cuore più di ogni altra cosa di lui: quella che, nel turbamento e nella confusione del nostro e di tutti i tempi, l’uomo cerca. Cerca la parola dell’annuncio cristiano in qualcuno che manifesti nella sua esistenza di carne la verità proclamata; la cerca in una umanità che, consegnandosi a Cristo, stupendamente fiorisce e testimonia la bellezza del cristianesimo, la bellezza e la positività della vita cristiana!

 

Edoardo Aldo Cerrato

 

RICORDI DALL'ALBUM DI FAMIGLIA

 


 

Autografo di Giovanni Paolo II per il LX della Confederazione Oratoriana

 

 

S. Maria in Vallicella, 1995

Visita di Giovanni Paolo II nel IV centenario di S. Filippo Neri

 

 

Giovanni Paolo II ricevuto sulla soglia della Vallicella dal Preposito

P. Olgierd Kokoczinski e dal Procuratore Generale P. Edoardo A. Cerrato

 

 

Giovanni Paolo II sale all’altare per ricevere il saluto ufficiale in S. Maria in Vallicella

 

 

 





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)