00 15/12/2015 14:53

Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?

 
Se qualcuno dice le cose che noi abbiamo già espresse e le sintetizza tutte con efficacia, lo riprendiamo. Antonio Socci:Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?[qui]. 

Peraltro queste prime giornate mostrano una inattesa penuria di fedeli. Così titola Repubblica: A piedi nelle basiliche deserte tanta polizia e pochi fedeli. [qui] (vedi immagine a lato). 

La responsabilità viene attribuita alla paura dopo i fatti di Parigi; ma forse non è l'unico fattore. La confusione pastorale prim'ancora che dottrinale è innegabile.

Ma dov'è l'indulgenza in questo giubileo?
 
A proposito del prossimo Giubileo, ieri “Il Fatto quotidiano” ha scritto: “La Chiesa nuova. Ancora una volta Bergoglio tenta di far dimenticare il rigore dei predecessori”.
Il rigore dei predecessori? A dire il vero il Giubileo, con l’indulgenza universale, è stato “inventato” proprio dai suoi predecessori e viene celebrato da secoli nella Chiesa, che da sempre dona al mondo la misericordia divina.
In questa smania della stampa laicista di esaltare Bergoglio come fondatore di una “nuova Chiesa” si dimentica anche l’evidenza dei fatti.

Si dirà che quella frase del “Fatto” allude alla facoltà che il papa ha dato, per l’Anno Santo, a tutti i sacerdoti, di dare il perdono sacramentale per il peccato di aborto (facoltà che già normalmente, nelle diocesi, esercitano alcuni sacerdoti delegati dai vescovi).
È una notizia che ieri ha fatto scalpore. Ma sarebbe questo che fa “dimenticare il rigore dei predecessori”?

I CATTIVI

Consideriamo quei “cattivoni” dei suoi predecessori, scegliamo addirittura colui che la cultura laicista considera il peggiore, ovvero il “famigerato” papa del Sillabo, quel Pio IX su cui si sono versati fiumi di veleni.
Scopriremo che Pio IX, per l’Anno Santo del 1875, andò ben oltre ciò che ha fatto papa Bergoglio.
Infatti conferì a tutti i sacerdoti confessori la facoltà di assolvere non solo dai peccati la cui competenza è dei vescovi (come il peccato di aborto), ma addirittura da quelli che erano di competenza della stessa Sede Apostolica. Comprese censure, pene ecclesiastiche e scomuniche.
 
Egli scrisse:
“i quali Confessori (…) possano assolverli dalla scomunica, sospensione ed altre ecclesiastiche sentenze e censure comminate ed inflitte a ‘jure vel ab nomine’ per qualunque causa, ancorché riservata agli Ordinarii dei luoghi, e a noi o alla Sede Apostolica, compresi i casi in modo speciale riservati a chiunque e al sommo Pontefice e alla Sede Apostolica, e che altrimenti in qualunque concessione quantunque ampia non s’intenderebbero concessi; parimente potranno i detti Confessori assolvere i nominati penitenti da tutti i peccati ed eccessi, per quanto gravi ed enormi, ancora, come si dice, riservati agli stessi Ordinarii, e a noi e alla Sede Apostolica”.
Dunque Pio IX fu ben più largo di manica di papa Bergoglio. Segno evidente che la misericordia non è stata inventata nel 2013, ma è da sempre l’essenza della Chiesa.
 
C’è un altro aspetto da considerare. Infatti le decisioni di Pio IX erano provocate solo dalla preoccupazione per la salvezza delle anime: in quell’anno 1875 egli era ancora “recluso” in Vaticano (da poco lo stato sabaudo aveva conquistato Roma e deposto il legittimo sovrano con grandi confische).

A questo si aggiunga che molti vescovi italiani – per gli stessi motivi – erano stati incarcerati o esiliati e che tanti cristiani non potevano recarsi a Roma. Fu questa situazione che indusse Pio IX a prendere quelle decisioni.
Oggi non c’è nulla del genere e tutti si muovono facilmente. Qual è allora il motivo dell’annuncio di ieri di Bergoglio sull’aborto?

GLORIFICAZIONE DI B.

C’è chi ritiene che sia quello di “intestarsi” personalmente la misericordia. Infatti avrebbe potuto scrivere ai vescovi invitando loro ad assumere quella decisione, a norma di diritto canonico. Ma ha preferito prendere lui il provvedimento.
 
Il prossimo Giubileo fin dall’indizione ha avuto questa connotazione: al centro c’è Bergoglio. Non a caso ieri, sulla prima pagina del “Corriere della sera”, si poteva leggere il titolo: “Il Giubileo di Bergoglio: assoluzione per l’aborto”.
 
Del resto non è un Giubileo che cade alla scadenza stabilita (ogni venticinque anni). È “straordinario”, voluto da papa Bergoglio e – per la prima volta nella storia – è un giubileo che non si richiama, come memoria, alla vita terrena di Gesù, come tutti i precedenti giubilei.
 
Il papa argentino ha scelto di indirlo il 13 marzo, cioè proprio il giorno anniversario della sua elezione, scelta simbolica che ricorda le amnistie degli antichi sovrani.
 
Fin dall’inizio lo ha voluto qualificare con l’impronta del suo pontificato, definendolo “Anno Santo della misericordia”, quando in realtà tutti i giubilei, per definizione, sono “della misericordia”.
 
Da allora in Vaticano sono alla costante ricerca di qualche “novità” per far colpo sui media e mostrare quanto è misericordioso questo papa.
Per esempio, la bolla di indizione istituì i “Missionari della misericordia”, ovvero anomale figure di confessori che dovevano andare in giro ad assolvere dai peccati di competenza della Santa Sede. Per dare l’idea della “grande perdonanza” papale.
La trovata fece clamore. Ma poi qualcuno deve aver fatto notare che i peccati riservati alla Santa Sede in realtà sono rarissimi e dunque tutto si sarebbe risolto in un flop.
 
Così dall’entourage bergogliano è stata escogitata la decisione di questi giorni: delegare tutti i sacerdoti al perdono del peccato di aborto che è di competenza dei vescovi. E questa è di certo una trovata che colpisce molto di più.
 
Qualcuno riterrà che io sia troppo critico, ma dimentica che questa è la funzione della stampa. Inoltre l’adulazione acritica del papa non è affatto una virtù per la Chiesa.
 
Il vescovo spagnolo Melchor Cano (1509-1560), insigne teologo domenicano al Concilio di Trento, così insegnava come ci si deve rapportare al papa: “Pietro non ha bisogno delle nostre bugie o della nostra adulazione. Coloro che difendono ciecamente e indiscriminatamente ogni decisione del Sommo Pontefice sono quelli che più minano l’autorità della Santa Sede: distruggono, invece di rafforzare le sue fondamenta”.

Perciò la critica è preziosa anche per il Vescovo di Roma.

DOV’È L’INDULGENZA?

Sul Giubileo, per esempio, è inevitabile aggiungere che la bolla di indizione dell’Anno Santo e la Lettera dell’altroieri sono all’insegna della confusione e del pressappochismo.
 
Infatti qui, diversamente dai precedenti Giubilei, non si spiega cosa è l’indulgenza e non si indica come concretamente si lucra.
Non si tratta di un cavillo per addetti ai lavori. Perché il contenuto essenziale di un Giubileo non è certo la confessione del peccato di aborto (o di qualsiasi altro peccato), per il quale si può già ottenere il perdono, da sempre.
 
Il contenuto dell’Anno Santo è proprio la remissione delle pene temporali, ovvero quell’indulgenza che permette di evitare o abbreviare il Purgatorio.
Sennonché le espressioni Purgatorio e “remissione della pena temporale” neanche ci sono, nella bolla e nella lettera.
Sarebbe come se in un provvedimento di amnistia del parlamento non si parlasse dell’amnistia.
 
Dunque si lucrerà l’indulgenza nell’Anno Santo? E come? E perché Bergoglio non ne parla?
 
Si è ipotizzato che non ne parli per non urtare i protestanti che, storicamente, sono allergici alle indulgenze e non credono al Purgatorio. Ma pareva assurdo, impensabile (sarebbe come abolire il Natale per far piacere ai musulmani).
 
Eppure, un vaticanista del “Corriere” ieri ha elogiato la lettera di Bergoglio proprio per il suo “effetto liberante rispetto allo spinoso tema delle indulgenze che sono state all’origine della ‘protesta’ di Lutero”. Perché “Francesco usa la parola indulgenza come sinonimo di ‘grazia del Giubileo’ ”.

Ma che sarebbe questa grazia del Giubileo? Nella bolla bergogliana il concetto di “indulgenza” si confonde con quello di perdono sacramentale dei peccati (la confessione). Mentre invece è un’altra cosa, molto diversa.
 
In pratica non viene mai espressa con chiarezza la dottrina dell’indulgenza, né si danno le tassative indicazioni per ottenerla.
Perciò questo Anno Santo sembra più che altro una grande, ma confusa e improvvisata, liturgia penitenziale.
 
In questo senso sarà interessante vedere se i fan laicisti e anticlericali di Bergoglio – come Scalfari, Bertinotti o Pannella – ne approfitteranno.
È curioso infatti che certi laici esaltino questo papa, ma non ascoltino il suo invito al pentimento e alla conversione. Che vorrà dire?
 
Antonio Socci
Da “Libero”, 3 settembre 2015





<header class="entry-header">

LE INDULGENZE E IL PURGATORIO? FRANCESCO LI HA MESSI IN SOFFITTA

</header>

Erano elementi costitutivi di tutti i giubilei. Ma non di questo. Il papa non ne parla più, come se facessero ombra al primato assoluto della misericordia.

¿Las indulgencias y el purgatorio? Francisco los ha guardado en el desván

Les indulgences et le purgatoire? François les a mis au grenier

Indulgences and Purgatory? Francis Has Mothballed Them

di Sandro Magister (19-12-2015)

Il giubileo è per sua natura tempo di “indulgenze”. Eppure papa Francesco ha fin qui accuratamente evitato di pronunciare questa parola.


Apertura della "porta santa" di una mensa della Caritas di Roma.
Apertura della “porta santa” di una mensa della Caritas di Roma, 18-12-2015.

Non l’ha pronunciata né quando ha aperto la prima porta santa in quel di Bangui, nella Repubblica Centrafricana, né quando ha aperto la porta santa in San Pietro, l’8 dicembre, giorno d’inizio ufficiale del giubileo, né quando l’ha aperta a San Giovanni in Laterano, la cattedrale di Roma. E nemmeno l’ha pronunciata nelle due catechesi del mercoledì che ha finora dedicato a spiegare questo anno santo.

Per ritrovare la parola “indulgenza” bisogna riandare alla bolla di indizione del giubileo, la lettera apostolica Misericordiae vultus dell’11 aprile 2015, e alla successiva lettera esplicativa del 1 settembre.

Nel secondo di questi due documenti si legge che l’indulgenza è data a chi varca una porta santa, si confessa, fa la comunione, compie un’opera di misericordia, recita il Credo e si unisce al papa nella preghiera “per il bene della Chiesa e del mondo intero”.

Si aggiunge che “l’’indulgenza giubilare può essere ottenuta anche per quanti sono defunti”.

Ma nemmeno qui è detto che cosa sia di preciso l’indulgenza. La parola vi ricorre come sinonimo del “perdono di Dio per i nostri peccati”.

È solo nella bolla di indizione del giubileo che l’indulgenza è associata a qualcosa di più specifico. Anche dopo il perdono sacramentale – si legge – “l’impronta negativa che i peccati hanno lasciato nei nostri comportamenti e nei nostri pensieri rimane”. E l’indulgenza è appunto l’atto con cui Dio, attraverso la Chiesa, “raggiunge il peccatore perdonato e lo libera da ogni residuo della conseguenza del peccato”.

Ma anche così il concetto risulta molto vago. Per saperne di più non resta che aprire il Catechismo della Chiesa cattolica ai paragrafi 1471 e seguenti, al termine del capitolo sul sacramento della penitenza o riconciliazione.

Lì l’indulgenza è definita come “la remissione dinanzi a Dio della pena temporale per i peccati, remissione che il fedele, debitamente disposto e a determinate condizioni, acquista per intervento della Chiesa”.

E per “pena temporale” si intende l’effetto che ogni peccato, anche dopo che è stato perdonato, lascia in chi l’ha commesso: “un attaccamento malsano alle creature, che ha bisogno di purificazione, sia quaggiù, sia dopo la morte, nello stato chiamato purgatorio”.

È da questa pena purificatrice “temporale” che l’indulgenza libera. E la Chiesa dispensa tale indulgenza attingendo all’incommensurabile tesoro di grazia accumulato da Gesù, da Maria e dai santi.

I giubilei sono sempre stati, appunto, i tempi di massima elargizione di queste indulgenze, in tutto l’orbe cattolico.

Basta vedere la centralità che le indulgenze hanno avuto in tutti i giubilei della storia, compreso il penultimo, quello del 2000 indetto e celebrato da Giovanni Paolo II.

Nella sua bolla di indizione, emessa il 29 novembre 1998, non solo si trovava spiegato a fondo il significato di questo “elemento costitutivo dell’evento giubilare”, ma vi era anche annesso un decreto della Penitenzieria apostolica, che determinava con precisione “la disciplina da osservare per l’acquisto dell’indulgenza plenaria giubilare”, sia per chi si recasse a Roma, sia per chi si trovasse in ogni altro luogo della terra: > Bolla di indizione del grande giubileo dell’anno 2000

Nel giubileo della misericordia indetto da Francesco, invece, tutto questo è praticamente messo da parte e la Penitenzieria apostolica è come se nemmeno esista. Il messaggio che il papa trasmette incessantemente è quello della misericordia e del perdono universali, della cancellazione totale del peccato, senza più alcun cenno esplicito alla remissione della pena conseguente. La parola “pena” è un’altra delle parole sparite. Nella bolla d’indizione di questo giubileo e nella successiva lettera esplicativa si ritrova in tutto solo tre volte e marginalmente: in una citazione del profeta Osea e in un paio di riferimenti alla giustizia terrena e alla condizione dei carcerati.

Ma non solo il concetto di pena, anche quello di giudizio è messo in ombra nella predicazione giubilare di papa Francesco, come si può notare in questo passaggio chiave della sua omelia dell’8 dicembre:

“Quanto torto viene fatto a Dio e alla sua grazia quando si afferma anzitutto che i peccati sono puniti dal suo giudizio, senza anteporre invece che sono perdonati dalla sua misericordia! Sì, è proprio così. Dobbiamo anteporre la misericordia al giudizio, e in ogni caso il giudizio di Dio sarà sempre nella luce della sua misericordia”.

Francesco non abroga nulla della dottrina tradizionale, ma nel riordinare – come lui ama fare spesso – la gerarchia delle verità non teme di lasciar cadere il silenzio su articoli di fede che ritiene oggi marginali.

La dottrina e la disciplina delle indulgenze è uno di questi. La novità dell’anno santo indetto da papa Bergoglio è che questo è il primo giubileo della storia che fa a meno di tali dottrina e disciplina, pur di non proiettare la minima ombra sulla verità prioritaria della misericordia.

Con qualche danno collaterale non di poco conto, sempre in materia di dottrina. Perché con la messa in ombra delle indulgenze e della pena “temporale” purificatrice, tende oggi a scomparire anche il purgatorio.


 

Sul quale, per ritrovarne il senso e il mistero, non resta che riandare a prima di questo pontificato, a una catechesi di Benedetto XVI del 12 gennaio 2011 e a un ancor più memorabile passaggio della sua lettera enciclica Spe salvi del 30 novembre 2007: > Il purgatorio c’è. E brucia.

La più completa “summa” del magistero della Chiesa in materia di indulgenze è in questa esortazione apostolica di Paolo VI del 1 gennaio 1967: > “Indulgentiarum doctrina”

Mentre questa è la bolla di indizione del giubileo della misericordia: > “Misericordiae vultus” 

Con la successiva lettera esplicativa: > “Al venerato fratello Mons. Rino Fisichella…”

Sull’anno santo, le indulgenze e il purgatorio la parola del cardinale Mauro Piacenza, penitenziere maggiore, in un’intervista a Zenit del 26 ottobre 2015: > Un anno “tra la terra e il cielo”

FONTE: chiesa.espresso.repubblica.it





[Modificato da Caterina63 19/12/2015 20:30]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)