00 16/12/2015 20:51

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Detto a padre Spadaro, perché Francesco intenda

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spadaro

Settimo Cielo e www.chiesa hanno dato una grande pubblicità all'articolo con cui padre Antonio Spadaro ha tirato le conclusioni dal sinodo sulla famiglia, "aprendo" alla comunione ai divorziati risposati. Conclusioni sue ma anche timbrate da papa Francesco, come avviene per ogni articolo strategico de "La Civiltà Cattolica", ormai divenuta "house organ" di Santa Marta:

> Francesco tace, ma un altro gesuita parla per lui

Sta di fatto che da quando quel suo articolo è uscito, Spadaro ha ricevuto parecchie cannonate contro, e autorevoli. Dalle quali nemmeno papa Francesco potrà ritenersi al riparo, se nelle conclusioni che trarrà dal sinodo dirà le stesse cose anticipate dal suo confratello de "La Civiltà Cattolica".

Una prima bordata contro l'esegesi "aperturista" che Spadaro ha fatto del sinodo è apparsa su www.chiesa per la penna del teologo di New York Robert P. Imbelli, autorevole firma de "L'Osservatore Romano":

> Il sinodo ha perso la strada, ma c'è la bussola del gesuita

Poi però sono entrati in campo contro Spadaro anche due cardinali tra i più competenti in materia di matrimonio canonico e di eucaristia: lo statunitense Raymond L. Burke, già presidente del supremo tribunale della segnatura apostolica, e il guineano Robert Sarah, prefetto della congregazione per il culto divino e la disciplina dei sacramenti.

Il cardinale Burke ha confutato le posizioni di Spadaro in una nota apparsa sulNational Catholic Register e qui tradotta in italiano nei suoi passaggi principali:

> Burke: il sinodo non può aprire porte che non esistono

Mentre il cardinale Sarah ha criticato il direttore de "La Civiltà Cattolica" all'interno di un'ampia intervista raccolta da Armin Schwibach, professore di filosofia al Pontificio Ateneo 'Regina Apostolorum' di Roma, per l'agenzia austriaca Kath.net:

> La verità del matrimonio e la porta della conversione

Più sotto è riportato il passaggio "ad hoc" dell'intervista di Sarah.

Ma prima è utile segnalare che altri due cardinali di primo piano sono intervenuti contro l'esegesi del sinodo fatta da Spadaro, pur senza citarlo espressamente.

Uno è il cardinale sudafricano Wilfrid Napier, anche lui in un'intervista a Kath.net:

> Napier: "I expect a strong reaffirmation of the Church's teaching"

E l'altro è il cardinale australiano George Pell, prefetto della segreteria per l'economia della Santa Sede, in un'omelia nella basilica romana di san Clemente, nel giorno della sua festa liturgica, il 23 novembre.

Ecco la conclusione dell'omelia di Pell:

"Alcuni hanno voluto dire, sul recente sinodo, che la Chiesa è confusa e confusionaria nel suo insegnamento sulla questione del matrimonio. Non è questo il caso. La dottrina della Chiesa su sessualità, matrimonio e famiglia continua ad essere basata sul l'insegnamento proprio di Gesù circa l'adulterio e il divorzio. L'insegnamento di san Paolo sulle disposizioni adeguate per ricevere la comunione resta fondamentale sulla controversa questione dell’impossibilità di dare la comunione anche ai divorziati civilmente sposati.

"Una tale 'possibilità' non è nemmeno citata nel documento sinodale. Ora attendiamo l'esortazione apostolica del Santo Padre, che esprimerà ancora una volta la tradizione essenziale della Chiesa e sottolineerà che l'appello al discernimento e al foro interno può essere utilizzato solo per comprendere meglio la volontà di Dio, come insegnato nelle Scritture e dal magistero, e non può mai essere utilizzato per disprezzare, distorcere o confutare l'insegnamento stabilito dalla Chiesa.

"Preghiamo questa sera per il nostro Santo Padre Francesco, che, come san Clemente, prepari questo insegnamento per chiarire ai fedeli cosa significa seguire il Signore, nella sua Chiesa, nel nostro mondo. Preghiamo in questa festa di San Clemente per papa Francesco, affinché continui ad insegnare e a esortarci nel seguire le verità della fede, che sono sempre più forti di un arido laicismo orizzontale".

Sarah, Napier e Pell sono tre dei firmatari della famosa "lettera dei tredici cardinali" consegnata al papa all'inizio del sinodo. Tutti e tre sono stati eletti a pieni voti nel consiglio di cardinali e vescovi che farà da ponte fino al prossimo sinodo. E tutti e tre sono stati promossi a ruoli importanti dallo stesso papa Francesco: Sarah come prefetto della congregazione per il culto divino, Pell come prefetto della segreteria per l'economia e Napier come copresidente delegato del sinodo sulla famiglia.

Tutti e tre dicono apertamente di aspettare da papa Francesco, riguardo ai temi discussi nel sinodo, una parola chiara e in piena continuità con il precedente magistero della Chiesa.


Ed ecco il botta e risposta del cardinale Sarah, Prefetto per la Congregazione dei riti e Sacramenti, riguardo all'articolo di padre Spadaro.

*

D. – In un articolo de “La Civiltà Cattolica” il suo direttore Antonio Spadaro parla in maniera esplicita di una “porta aperta” per l’eucaristia ai divorziati risposati. Il gesuita scrive: “Sarà sempre dovere del pastore trovare un cammino che corrisponda alla verità e alla vita delle persone che egli accompagna, senza poter forse spiegare a tutti perché essi assumano una decisione piuttosto che un’altra. La Chiesa è sacramento di salvezza. Ci sono molti percorsi e molte dimensioni da esplorare a favore della ‘salus animarum’. Circa l’accesso ai sacramenti, il sinodo ordinario ne ha dunque effettivamente posto le basi, aprendo una porta che invece nel sinodo precedente era rimasta chiusa”.

In quanto padre sinodale che conosce i controversi paragrafi 84-86 della “Relatio synodi”: come giudica queste affermazioni di un altro membro del sinodo che interpreta in questo modo i risultati? Il discorso di “aprire una porta” non equivale a un sempre negato “cambiamento” della dottrina sull’indissolubilità del matrimonio, che è impossibile? Affermazioni del genere non aumentano incertezze e perplessità tra i fedeli, come si sono verificate in maniera particolarmente sensibile durante questi due anni?

R. – Il Sinodo ha voluto aiutare e accompagnare questi battezzati che si trovano in una situazione di vita contraria alle parole di Gesù. E ha annunciato che la porta per loro è sempre aperta, in quanto Dio continua a chiamare alla conversione e ad agire nel loro cuore per rigenerare il loro desiderio verso la vita piena che Gesù ci ha annunciato.

Certamente, proporre delle strade che non conducano a questa vita piena non è "aprire le porte". La porta che Dio apre ci conduce sempre a lui, alla sua dimora in cui possiamo vivere la sua vita. Il peccato chiude la porta della vita. Ammettere una persona alla comunione eucaristica quando vive in manifesta contraddizione con le parole di Gesù significa aprire una porta che non conduce verso Cristo, ovvero chiudere la vera porta della vita.
Ricordiamo: la porta è Gesù, la Chiesa può solo aprire questa porta; il pastore che non vuole entrare per questa porta, diceva Gesù stesso, non è un vero pastore. Perché “chi non entra nel recinto delle pecore per la porta, ma vi sale da un'altra parte, è un ladro ed un brigante. Chi invece entra per la porta, è il pastore delle pecore... In verità, in verità vi dico: io sono la porta delle pecore” (Gv 10, 1-2. 7).

Il documento del sinodo (nn. 84-86) non dice altro, e il testo scritto è l’unico sicuro per interpretare rettamente ciò che il ainodo ha voluto dire. Il documento parla del dovere del pastore di accompagnare le persone sotto la guida del vescovo, ma aggiunge anche, e questo è molto importante, che l’accompagnamento deve avvenire “secondo l’insegnamento della Chiesa”. Questo insegnamento include senz’altro la lettura non adulterata, ma completa e fedele della "Familiaris consortio" n. 84 e di "Sacramentum caritatis" n. 29, insieme al Catechismo della Chiesa Cattolica. L’accompagnamento, che terrà conto delle circostanze concrete, ha una meta comune: condurre la persona a una vita in accordo con la vita e la parola di Gesù; e alla fine del cammino la decisione di abbandonare la nuova unione o di vivere in assoluta continenza in essa. Rinunciare a questa meta è rinunciare anche al cammino.

È vero che il testo non ripete esplicitamente questo insegnamento, e in questo senso è stato interpretato in diversi modi dalla stampa. Ma è un interpretazione abusiva, ingannatrice, che ne deforma il significato. Il testo non parla mai di concedere l’eucaristia a chi continua a vivere in modo manifestamente contrario ad essa. Se ci sono dei silenzi, essi devono essere interpretati secondo l’ermeneutica cattolica, vale a dire alla luce del magistero precedente e costante, un magistero che il testo mai nega. In altre parole, ai divorziati risposati civilmente la porta alla comunione eucaristica rimane chiusa da Gesù stesso che ha detto: “Chiunque ripudia la propria moglie, se non in caso di concubinato, e ne sposa un’altra, commette adulterio. Perciò l’uomo non separi ciò che Dio ha unito” (Mt 19, 6. 9).

È chiusa da "Familiaris consortio" n. 84, da "Sacramentum caritatis" n. 29 e dal Catechismo della Chiesa cattolica. Sfondare questa porta o arrampicarsi da qualche altra parte significa riscrivere un altro vangelo ed opporsi a Gesù Cristo Nostro Signore.  

Sono sicurissimo che papa Francesco interpreta i numeri 84-86 della “Relatio synodi” in perfetta continuità e fedeltà ai suoi predecessori. Infatti in un intervista al quotidiano argentino “La Nación” ha affermato: “Che facciamo con loro, che porta si può aprire? C’è un’inquietudine pastorale: e allora andiamo a dare loro la comunione? Non è una soluzione dare loro la comunione. Questo soltanto non è la soluzione, la soluzione è l’integrazione”.

È vero che ci sono “molti percorsi e dimensioni da esplorare”, come segnala padre Spadaro. Vorrei solo aggiungere che questi sono percorsi verso una meta, e questa meta per la Chiesa può essere solo una: portare la persona a Gesù, mettere la vita in sintonia con Gesù e con il suo insegnamento sull’amore umano e coniugale. L’accesso all’eucaristia, che è la comunione con il corpo di Gesù, è aperto per tutti coloro che sono pronti a vivere nel loro corpo secondo la parola di Gesù. Se la Chiesa apre la porta verso un'altra meta, verso un altro luogo, allora questa non è la porta della misericordia. Allora si tratterebbe di un vero cambiamento della dottrina, perché ogni dottrina, come quella sull’indissolubilità del matrimonio, è confessata in primo luogo dove l'eucaristia è celebrata. Quando un cristiano dice “Amen” nel ricevere l’eucarestia, egli afferma, non solo che l’eucaristia è il corpo di Gesù, ma anche che vuole conformare a lui la sua vita nel corpo, conformare a Gesù le sue relazioni, perché crede che la parola di Gesù è parola di vera vita.

Questo significa che c’è un cammino, che c’è una speranza anche per chi vive lontano, e questo il sinodo ha voluto ribadirlo. Se queste persone non si sentono pronte a vivere secondo la parola di Gesù, allora è compito della Chiesa ricordare loro, con pazienza, delicatezza, misericordia, che appartengono alla Chiesa, che sono figli di Dio. È compito della Chiesa accompagnarle perché si possano avvicinare a Gesù in tanti modi, partecipando alla celebrazione liturgica, contribuendo alle opere di carità e di misericordia, alla missione della Chiesa... Una volta che sono più vicine a Gesù, potranno capire meglio le sue parole, potranno essere convinte della forza di Dio nella loro vita che rende possibile la conversione, l’abbandono del peccato e la rottura totale con esso.

Certo, l’accompagnamento si fa caso per caso, come anche si fa caso per caso la preparazione al matrimonio. Ma questo non vuol dire che a quelli che si preparano al matrimonio la Chiesa offra diversi tipi di matrimonio, di varia durata secondo i casi individuali. Il matrimonio a cui si preparano è sempre lo stesso, come è sempre la stessa la meta per i divorziati risposati. Ed  è così perché viviamo in comune, non siamo monadi, condividiamo la stessa chiamata alla santità e una stessa vocazione all’amore, quella appunto che è contenuta nel matrimonio monogamico, stabile e indissolubile.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)