00 17/08/2016 17:55

UDIENZA GENERALE


Aula Paolo VI
Mercoledì, 17 agosto 2016

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26. La Misericordia strumento di Comunione (cfr Mt 14,13-21)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Oggi vogliamo riflettere sul miracolo della moltiplicazione dei pani. All’inizio del racconto che ne fa Matteo (cfr 14,13-21), Gesù ha appena ricevuto la notizia della morte di Giovanni Battista, e con una barca attraversa il lago alla ricerca di «un luogo deserto, in disparte» (v. 13). La gente però capisce e lo precede a piedi così che «sceso dalla barca, egli vide una grande folla, e sentì compassione per loro e guarì i loro malati» (v. 14). Così era Gesù: sempre con la compassione, sempre pensando agli altri. Impressiona la determinazione della gente, che teme di essere lasciata sola, come abbandonata. Morto Giovanni Battista, profeta carismatico, si affida a Gesù, del quale lo stesso Giovanni aveva detto: «Colui che viene dopo di me è più forte di me» (Mt 3,11). Così la folla lo segue dappertutto, per ascoltarlo e per portargli i malati. E vedendo questo Gesù si commuove. Gesù non è freddo, non ha un cuore freddo. Gesù è capace di commuoversi. Da una parte, Egli si sente legato a questa folla e non vuole che vada via; dall’altra, ha bisogno di momenti di solitudine, di preghiera, con il Padre. Tante volte trascorre la notte pregando con suo Padre.

Anche quel giorno, dunque, il Maestro si dedicò alla gente. La sua compassione non è un vago sentimento; mostra invece tutta la forza della sua volontà di stare vicino a noi e di salvarci. Ci ama tanto Gesù, e vuole essere vicino a noi.

Sul far della sera, Gesù si preoccupa di dar da mangiare a tutte quelle persone, stanche e affamate e si prende cura di quanti lo seguono. E vuole coinvolgere in questo i suoi discepoli. Infatti dice loro: «Voi stessi date loro da mangiare» (v. 16). E dimostrò ad essi che i pochi pani e pesci che avevano, con la forza della fede e della preghiera, potevano essere condivisi per tutta quella gente. Gesù fa un miracolo, ma è il miracolo della fede, della preghiera, suscitato dalla compassione e dall’amore. Così Gesù «spezzò i pani e li diede ai discepoli e i discepoli alla folla» (v. 19). Il Signore va incontro alle necessità degli uomini, ma vuole rendere ognuno di noi concretamente partecipe della sua compassione.

Ora soffermiamoci sul gesto di benedizione di Gesù: Egli «prese i cinque pani e i due pesci, alzò gli occhi al cielo, recitò la benedizione, spezzò i pani e li diede» (v. 19). Come si vede, sono gli stessi segni che Gesù ha compiuto nell’Ultima Cena; e sono anche gli stessi che ogni sacerdote compie quando celebra la Santa Eucaristia. La comunità cristiana nasce e rinasce continuamente da questa comunione eucaristica. Vivere la comunione con Cristo è perciò tutt’altro che rimanere passivi ed estraniarsi dalla vita quotidiana, al contrario, sempre più ci inserisce nella relazione con gli uomini e le donne del nostro tempo, per offrire loro il segno concreto della misericordia e dell’attenzione di Cristo. Mentre ci nutre di Cristo, l’Eucaristia che celebriamo trasforma poco a poco anche noi in corpo di Cristo e cibo spirituale per i fratelli. Gesù vuole raggiungere tutti, per portare a tutti l’amore di Dio. Per questo rende ogni credente servitore della misericordia. Gesù ha visto la folla, ha sentito compassione per essa ed ha moltiplica i pani; così fa lo stesso con l’Eucaristia. E noi credenti che riceviamo questo pane eucaristico siamo spinti da Gesù a portare questo servizio agli altri, con la stessa sua compassione. Questo è il percorso.

Il racconto della moltiplicazione dei pani e dei pesci si conclude con la constatazione che tutti si sono saziati e con la raccolta dei pezzi avanzati (cfr v. 20). Quando Gesù con la sua compassione e il suo amore ci dà una grazia, ci perdona i peccati, ci abbraccia, ci ama, non fa le cose a metà, ma completamente. Come è accaduto qui: tutti si sono saziati. Gesù riempie il nostro cuore e la nostra vita del suo amore, del suo perdono, della sua compassione. Gesù dunque ha permesso ai suoi discepoli di eseguire il suo ordine. In questo modo essi conoscono la strada da percorrere: sfamare il popolo e tenerlo unito; essere cioè al servizio della vita e della comunione. Invochiamo dunque il Signore, perché renda sempre la sua Chiesa capace di questo santo servizio, e perché ognuno di noi possa essere strumento di comunione nella propria famiglia, nel lavoro, nella parrocchia e nei gruppi di appartenenza, un segno visibile della misericordia di Dio che non vuole lasciare nessuno nella solitudine e nel bisogno, affinché discendano la comunione e la pace tra gli uomini e la comunione degli uomini con Dio, perché questa comunione è vita per tutti.


Saluti:

 

Mi rivolgo, infine, ai giovani, ai malati ed agli sposi novelli. La solennità dell’Assunzione, che abbiamo celebrato da pochi giorni, ci ha invitato a vivere con impegno il cammino di questo mondo costantemente rivolti ai beni eterni.

Cari giovani, nel costruire il vostro futuro mettete sempre al primo posto la chiamata di Cristo. Voi, cari malati, abbiate nella sofferenza il conforto della presenza materna di Maria, segno di speranza. A voi, cari sposi novelli, auguro che il vostro amore sia specchio di quello infinito ed eterno di Dio.

Terremoto in Italia. Il Papa rinvia catechesi e prega Rosario per le vittime



Il Papa in Piazza San Pietro - AP

24/08/2016 

All'udienza generale in Piazza San Pietro il Papa ha espresso il suo dolore per le vittime del terremoto che ha sconvolto l'Italia centrale, Lazio, Marche e Umbria, con numerosi morti, e ha deciso di rinviare la catechesi per recitare con i fedeli il Rosario per le vittime. Nonostante sia mercoledì, non sono recitati i misteri gloriosi ma quelli dolorosi. Queste le sue parole:

"Avevo preparato la catechesi di oggi, come per tutti i mercoledì di questo anno della Misericordia, sull’argomento della vicinanza di Gesù. Ma dinanzi alla notizia del terremoto che ha colpito il centro d’Italia, devastando intere zone e lasciando morti e feriti, non posso non esprimere il mio grande dolore e la mia vicinanza a tutte le persone presenti nei luoghi colpiti dalle scosse, a tutte le persone che hanno perso i loro cari e a quelle che ancora si sentono scosse dalla paura e dal terrore. Sentire il sindaco di Amatrice dire: “Il paese non c’è più” e sapere che tra i morti ci sono anche i bambini mi commuove davvero tanto. E per questo voglio assicurare a tutte queste persone nei pressi di Accumoli, Amatrice o altrove, nella diocesi di Rieti, di Ascoli Piceno e le altre in tutto il Lazio e l’Umbria e nelle Marche, la preghiera e dire loro di essere sicure della carezza e dell’abbraccio di tutta la Chiesa che in questo momento desidera stringervi con il suo amore materno, anche del nostro abbraccio, qui, in piazza.

Nel ringraziare tutti i volontari e gli operatori della Protezione Civile che stanno soccorrendo queste popolazioni, vi chiedo di unirvi a me nella preghiera, affinché il Signore Gesù, che si è sempre commosso dinanzi al dolore umano, consoli questi cuori addolorati e doni loro la pace per l’intercessione della Beata Vergine Maria. Lasciamoci commuovere con Gesù.

Dunque, rimandiamo alla prossima settimana la catechesi di questo mercoledì e vi invito a recitare con me per questi nostri fratelli e sorelle una parte del Santo Rosario".


 

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 31 agosto 2016

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27. La misericordia offre dignità (cfr Mt 9,20-22)

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

Il Vangelo che abbiamo ascoltato ci presenta una figura che spicca per la sua fede e il suo coraggio. Si tratta della donna che Gesù ha guarito dalle sue perdite di sangue (cfr Mt 9,20-22). Passando in mezzo alla folla, si avvicina alle spalle di Gesù per toccare il lembo del suo mantello. «Diceva infatti tra sé: Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello sarò salvata» (v. 21). Quanta fede! Quanta fede aveva questa donna! Ragiona così perché è animata da tanta fede e tanta speranza e, con un tocco di furbizia, realizza quanto ha nel cuore. Il desiderio di essere salvata da Gesù è tale da farla andare oltre le prescrizioni stabilite dalla legge di Mosè.
Questa povera donna infatti da molti anni non è semplicemente malata, ma è ritenuta impura perché affetta da emorragie (cfr Lv 15,19-30). E’ perciò esclusa dalle liturgie, dalla vita coniugale, dai normali rapporti con il prossimo. L’evangelista Marco aggiunge che aveva consultato molti medici, dando fondo ai suoi mezzi per pagarli e sopportando cure dolorose, ma era solo peggiorata. Era una donna scartata dalla società. E’ importante considerare questa condizione – di scartata – per capire il suo stato d’animo: lei sente che Gesù può liberarla dalla malattia e dallo stato di emarginazione e di indegnità in cui da anni si trova. In una parola: sa, sente che Gesù può salvarla.

Questo caso fa riflettere su come la donna sia spesso percepita e rappresentata. Tutti siamo messi in guardia, anche le comunità cristiane, da visioni della femminilità inficiate da pregiudizi e sospetti lesivi della sua intangibile dignità. In tal senso sono proprio i Vangeli a ripristinare la verità e a ricondurre ad un punto di vista liberatorio. Gesù ha ammirato la fede di questa donna che tutti evitavano e ha trasformato la sua speranza in salvezza. Non sappiamo il suo nome, ma le poche righe con cui i Vangeli descrivono il suo incontro con Gesù delineano un itinerario di fede capace di ristabilire la verità e la grandezza della dignità di ogni persona. Nell’incontro con Cristo si apre per tutti, uomini e donne di ogni luogo e di ogni tempo, la via della liberazione e della salvezza.

Il Vangelo di Matteo dice che quando la donna toccò il mantello di Gesù, Egli «si voltò» e «la vide» (v. 22), e quindi le rivolse la parola. Come dicevamo, a causa del suo stato di esclusione, la donna ha agito di nascosto, alle spalle di Gesù, era un po’ timorosa, per non essere vista, perché era una scartata. Gesù invece la vede e il suo sguardo non è di rimprovero, non dice: “Vattene via, tu sei una scartata!”, come se dicesse: “Tu sei una lebbrosa, vattene via!”. No, non rimprovera, ma lo sguardo di  Gesù è di misericordia e tenerezza. Egli sa che cosa è avvenuto e cerca l’incontro personale con lei, quello che in fondo la donna stessa desiderava. Questo significa che Gesù non solo la accoglie, ma la ritiene degna di tale incontro al punto di farle dono della sua parola e della sua attenzione.

Nella parte centrale del racconto il termine salvezza è ripetuto tre volte. «Se riuscirò anche solo a toccare il suo mantello, saròsalvata. Gesù si voltò, la vide e disse: “Coraggio, figlia, la tua fede ti ha salvata!”. E da quell’istante la donna fu salvata» (vv. 21-22). Questo «coraggio, figlia» esprime tutta la misericordia di Dio per quella persona. E per ogni persona scartata. Quante volte ci sentiamo interiormente scartati per i nostri peccati, ne abbiamo fatte tante, ne abbiamo fatte tante…
E il Signore ci dice: “Coraggio! Vieni! Per me tu non sei uno scartato, una scartata. Coraggio, figlia. Tu sei un figlio, una figlia”. E questo è il momento della grazia, è il momento del perdono, è il momento dell’inclusione nella vita di Gesù, nella vita della Chiesa.

E' il momento della misericordia. Oggi, a tutti noi, peccatori, che siamo grandi peccatori o piccoli peccatori, ma tutti lo siamo, a tutti noi il Signore dice: “Coraggio, vieni! Noi sei più scartato, non sei più scartata: io ti perdono, io ti abbraccio”. Così è la misericordia di Dio. Dobbiamo avere coraggio e andare da Lui, chiedere perdono per i nostri peccati e andare avanti. Con coraggio, come ha fatto questa donna. Poi, la “salvezza” assume molteplici connotati: anzitutto restituisce alla donna la salute; poi la libera dalle discriminazioni sociali e religiose; inoltre, realizza la speranza che lei portava nel cuore annullando le sue paure e il suo sconforto; infine, la restituisce alla comunità liberandola dalla necessità di agire di nascosto. E quest’ultima cosa è importante: una persona scartata agisce sempre di nascosto, qualche volta o tutta la vita: pensiamo ai lebbrosi di quei tempi, ai senzatetto di oggi…; pensiamo ai peccatori, a noi peccatori: facciamo sempre qualcosa di nascosto, abbiamo la necessità di fare qualcosa di nascosto, perché ci vergogniamo di quello che siamo... E lui ci libera da questo, Gesù ci libera e ci fa mettere in piedi: “Alzati, vieni, in piedi!”. Come Dio ci ha creati: Dio ci ha creati in piedi, non umiliati. In piedi.  Quella che Gesù dona è una salvezza totale, che reintegra la vita della donna nella sfera dell’amore di Dio e, al tempo stesso, la ristabilisce nella sua piena dignità.

Insomma, non è il mantello che la donna ha toccato a darle la salvezza, ma la parola di Gesù, accolta nella fede, capace di consolarla, guarirla e ristabilirla nella relazione con Dio e con il suo popolo. Gesù è l’unica fonte di benedizione da cui scaturisce la salvezza per tutti gli uomini, e la fede è la disposizione fondamentale per accoglierla. Gesù, ancora una volta, con il suo comportamento pieno di misericordia, indica alla Chiesa il percorso da compiere per andare incontro ad ogni persona, perché ognuno possa essere guarito nel corpo e nello spirito e recuperare la dignità di figli di Dio. Grazie.


Saluti:

 

Un particolare saluto rivolgo ai giovani, agli ammalati e agli sposi novelli. L’eroico martirio di San Giovanni Battista, che abbiamo ricordato lunedì, solleciti voi, cari giovani, a progettare il vostro futuro senza compromessi con il Vangelo; aiuti voi, cari ammalati, ad essere coraggiosi, trovando in Cristo crocifisso serenità e conforto; conduca voi, cari sposi novelli, a un amore profondo verso Dio e tra di voi, per sperimentare ogni giorno la consolante gioia che scaturisce dal dono reciproco di sé.


[Modificato da Caterina63 31/08/2016 19:34]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)