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  GLI ESERCIZI
 

Sant’Ignazio di Loyola ha pensato gli Esercizi spirituali proprio per persone che si ponevano grosse domande: «Che cosa devo fare della mia vita? Che cosa vuole il Signore da me?». Ignazio negli Esercizi “accompagna” l’esercitante alle risposte che deve chiederle direttamente a Colui che potrà dargliele. 

di Enrico Cattaneo

Per amore di tranquillità, sembra che tutti, o quasi, nei discorsi ufficiali si siano messi d’accordo per non toccare quelli che sono chiamati il “temi divisivi”, quali ad esempio: aborto, eutanasia, matrimoni gay, teoria gender, procreazione assistita, utero in affitto, adozione per coppie omosessuali... In realtà questi temi sono toccati - e come! - dalle lobby che li sbandierano come diritti, e lavorano attivamente perché siano introdotti nella nostra legislazione, come lo sono già in molte legislazioni europee e americane. Chi tace (purtroppo) sono i cattolici (ma non tutti), perché non vogliono turbare la quiete, ma mantenere un clima di serenità, lasciando da parte appunto le questioni che potrebbe dividere (i “temi divisivi”).

C’è però un effetto collaterale, perché in questo modo si addormentano le coscienze, le si“anestetizzano”. Questo è il grande problema della nostra cultura post-moderna. Ci hanno detto e inculcato che non bisogna perdere tempo con le domande fondamentali della vita: chi sono? Da dove vengo? Dove vado? Qual è il senso della vita? C’è la verità? Perché cerco la felicità? Esiste la felicità? Che cos’è il bene? E il male? Perché il bene finisce? Perché la morte?... Ci hanno inculcato che porre queste domande è da stupidi, perché (dicono) tanto non ci sono risposte. E noi, invece di piangere come il veggente dell’Apocalisse, che piangeva a dirotto perché nessuno poteva aprire il libro e leggerlo (Ap 5, 4), cioè trovare le risposte, abbiamo detto: «Va bene, accontentiamoci di quello che riusciamo ad avere. Mangiamo e beviamo, tanto domani moriremo. Cerchiamo di portare avanti il più a lungo possibile queste quattro ossa, prima che finiscano nella tomba, cioè nel nulla».

Avendo così rinunciato a porci le domande ultime, anche le risposte, che pure ci sono, scivolano sullanostra mente come frasi fatte, convenzionali, che non ci dicono più niente. In questo tempo di Natale, ad esempio, la Chiesa ci fa chiede spesso nelle sue orazioni: «Concedi o Signore che, dopo aver... ecc. ecc. ... possiamo partecipare alla gioia senza fine», oppure: «...alla felicità eterna». Ma pare che ora a nessuno interessi più quella “gioia senza fine” o quella “felicità eterna”. Siamo troppo presi dai problemi quotidiani, che quelle richieste ci fanno solo ridere. Così il cristianesimo è diventato per molti, moltissimi, irrilevante, non perché abbia perso qualcosa della sua carica dirompente, ma perché gli uomini, soprattutto quelli che stanno bene, hanno smesso di porsi le domande ultime. (Solo chi si è trovato in situazioni estreme, chi ha visto in faccia la morte, allora sì, si pone quelle domande...).

Sant’Ignazio di Loyola ha pensato gli Esercizi spirituali proprio per persone che si ponevano grossedomande: «Che cosa devo fare della mia vita? Che cosa vuole il Signore da me?». Ignazio negli Esercizi “accompagna” l’esercitante in questo cammino dove “lui” deve trovare le risposte, e deve chiederle direttamente a Colui che potrà dargliele. Ignazio per primo ha fatto questo cammino, e perciò è in grado di “accompagnare” altri. Ma bisogna partire dalle domande. Se non ci sono grosse domande, è inutile fare gli esercizi. Il percorso degli Esercizi si articola in una premessa e in quattro tappe. La premessa (detta “Principio e fondamento”) ti dice già tutto l’essenziale, e cioè che la risposta è Dio e le risposte alle tue domande è lui che te le può dare. Devi solo accettare di entrare in dialogo con lui, disposto però ad andare sino in fondo.

La prima tappa è la discesa nell’inferno. Nell’inferno del peccato, di tutto il peccato del mondo, dalsuo inizio fino a oggi, compreso anche il tuo peccato. Devi scendere nell’inferno del tuo peccato. Ignazio ti pone anche con l’immaginazione proprio nell’inferno (come Dante), fino a sentire le urla, le bestemmie, il fetore... Perché scendere nell’inferno del peccato e del mio peccato? Perché riaprire storie passate, che sarebbe meglio dimenticare? Perché è solo così che puoi fare l’esperienza della salvezza: sentire che qualcuno è venuto a tirarti su per i capelli dall’abisso in cui eri caduto e dal quale non saresti mai uscito da solo (e qui Ignazio ti dice di andare a parlare con la Madonna, perché ti aiuti Lei, la senza macchia). Così, davanti a Gesù crocifisso puoi allora piangere lacrime di pentimento e di consolazione. Ricevuto il perdono, rinato a vita nuova, capisci che da questo Gesù non ti puoi più staccare. E qui inizia la seconda tappa.

Nella seconda tappa, Ignazio ti fa vedere Gesù che annuncia il regno di Dio e chiama i discepoli, cioèchiama anche te. Ma come? Come san Paolo, anche l’esercitante deve chiedere: «Signore, che cosa vuoi che io faccia? Come devo seguirti?». Ignazio dice: non ti devo dare io la risposta, la devi trovare tu, mettendoti in ascolto del Signore che ti parla. Io ti potrò aiutare a come metterti in ascolto del Signore. Intanto prendi i Vangeli e leggili, leggili e rileggili... Dove senti che arde il tuo cuore, lì fermati... Così questa seconda tappa è come un po’ salire sul monte della Trasfigurazione. È una tappa che è insieme di trasformazione e di purificazione (un po’ come il Purgatorio di Dante). 

Infatti, in ogni pagina del Vangelo che leggi, il tuo animo acquista delle virtù nuove, e nello stessotempo si purifica dalla mentalità del mondo. Perché se hai lasciato il peccato (Ia tappa), non hai ancora “rivestito Cristo”, non hai ancora “il pensiero di Cristo”, i suoi stessi sentimenti, sei ancora intriso di mondanità. Per questo c’è bisogno di “frequentare” il Vangelo, la persona di Gesù, perché stando vicino a Lui impari a pensare come lui, sentire come lui. Ignazio pone alla fine anche una domanda impegnativa: «Ma sei pronto a soffrire con lui?». Portato dall’entusiasmo, l’esercitante non esita a rispondere: «Certo, Signore, sono pronto!».

Qui però inizia la terza tappa, che è una nuova “discesa nell’inferno”, non più però portato dalpeccato, ma portato dall’Amore, «che ha preso su di sé il peccato del mondo». È la settimana della Passione. Ignazio invita l’esercitante a fermarsi su ogni dettaglio della Passione di Gesù, come per dire: «Ecco dove porta l’amore vero, fino a prendere su di sé il peccato degli altri, fino a dare la propria vita per gli altri... Sei disposto?». Ultima cena, eucaristia, agonia nel Getsemani, tradimento di Giuda, arresto, condanna, schiaffi, sputi, flagellazione, coronazione di spine, chiodi della croce, grido sulla croce, morte, colpo di lancia, sepoltura... Non è la descrizione di un condannato a morte qualsiasi (ce ne sono stati tanti nella storia), ma è l’inferno umano visitato dall’Amore. E sai che l’Amore non può morire. 

Così passi con lui alla quarta tappa, quella della risurrezione (che corrisponde al Paradiso di Dante).Ignazio è più sobrio, non si stacca dai Vangeli, ma sente la gioia della risurrezione come quella gioia vera, che nessuno potrà più togliere e ti porta già davanti alla “corte celeste”. Così l’esercitante può tornare “sulla terra” della sua vita, della sua giornata, dove sa che ormai non c’è più nulla di insignificante, ma tutto ha un senso, dove tutto ti parla di Lui: la vita, la morte, la gioia, il dolore, la salute, la malattia, la luna, il sole, le stelle, i fiori, gli uccelli... dove «tutto è amore» (Dante, Vita Nova).  Come dice la canzone “La mente va dove và”, cantata da Mina nel 1972: «Arrivi Tu, il mondo è acceso / quello che era mio / tu l’hai già preso / non ci sono per me / esitazioni / ti chiedo solo / se mi perdoni». Quelli che immaginano un sant’Ignazio un po’ arcigno, severo, cosa direbbero se scoprissero che gli Esercizi terminano con una contemplazione «per ottenere l’amore»?






Padre Giacobbe Elia, esorcista incaricato per la Diocesi di Roma dal 1987 e autore di numerosi libri e pubblicazioni, intervistato da IntelligoNews parla dell'anno trascorso e di quello che verrà. Mette in guardia dalle tentazioni moderne e chiarisce come procedere evitando di cadere nel nichilismo e non cancellando l’idea del peccato che può trarre in inganno...

Finisce il 2015, per molti un anno buio. Si può parlare di anni di “prova” particolarmente duri o si lotta oggi come ieri?

"Più che una domanda la sua è una provocazione, di fronte a un’evidenza:

“Il 2015 è stato un anno di buio”. E io credo che quasi tutto il 2016 non sarà meno duro.
L’uomo moderno si è ingannato pensando di “poter essere” emancipandosi da Dio. Senza di Lui ogni creatura è restituita al proprio nulla, perché l’essere stesso, la vita, invoca il Creatore che lo dona. La generazione umana è metafora eloquente di questo mistero. E come il bambino che volesse emanciparsi dal seno materno si condannerebbe a morte certa, così noi allontanandoci dal Salvatore ci consegniamo al peccato e, infine, all’inferno. Perché il peccato è il rifiuto di Dio e del suo Cristo, l’unico Salvatore. Gli antichi avevano compreso bene questo dramma dell’uomo e lo hanno detto con un’espressione bruciante: «aut Deus aut diabolus, tertius non dabitur».
Fino alla consumazione dei secoli questa lotta vitale riguarderà ogni uomo, come insegna sant’Agostino spiegando il senso della prova: «La nostra vita in questo pellegrinaggio non può essere esente da prove e il nostro progresso si compie attraverso la tentazione. Nessuno può conoscere se stesso, se non è tentato, né può essere coronato senza aver vinto, né può vincere senza combattere; ma il combattimento suppone un nemico, una prova»

Oggi rispetto a ieri, quali peccati e tentazioni ci sono e come è cambiato l'Uomo?

"Il peccato dell’uomo moderno consiste nel voler cancellare l’idea stessa del peccato. La sua stessa possibilità è diluita in un’infinita e mortificante analisi sociologica, che priva la nostra libertà di qualsiasi responsabilità. La colpa è sempre dell’altro, della società, delle istituzioni… Ma una libertà senza responsabilità non è vera libertà e una vita senza impegno e senza passione si consegna all’insignificanza, che segna il trionfo del Male sull’uomo. Strumentalizzando il pensiero della Chiesa, oggi si preferisce parlare soltanto della misericordia di Dio e si tace della sua tremenda giustizia, ignorando (colpevolmente) che questa dolorosa menzogna non solleva l’uomo, ma lo rende più vulnerabile di fonte alle prove...

http://www.intelligonews.it/articoli/29-dicembre-2015/35103/capodanno-l-esorcista-padre-giacobbe-elia-il-2015-e-stato-un-anno-di-buio-dove-cade-l-uomo-moderno 



Chiesa in via di protestantizzazione
di Claudio Crescimanno 11-01-2016

Chiesa in declino

Per oltre due anni siamo bombardati a più riprese dall’uscita dei risultati delle consultazioni di numerose diocesi nel mondo e di intere conferenze episcopali in vista del Sinodo sulla famiglia, risultati nei quali, senza tanti giri di parole, si smantella quel poco che in quei paesi è rimasto della fede e della morale; c’è stata l’intervista del presidente della Conferenza episcopale tedesca, che parla a nome suo, ma anche di buona parte dei suoi colleghi, che proclama l’autodeterminazione della Chiesa tedesca; ci sono due pezzi da novanta del collegio cardinalizio (Muller e Kasper) che da fronti opposti del nuovo campo di battaglia ecclesiale (la morale sessuale e familiare), senza scomporsi tanto, parlano di uno scisma incombente o addirittura già in atto; c’è una conferenza episcopale, di nuovo quella tedesca, che ha derubricato ‘la pillola del giorno dopo’, dichiarando d’autorità che non si tratta di aborto; ci sono nazioni ex cattoliche, come l’Irlanda, che apostatano pubblicamente dalla fede votando in massa un referendum, sostenuti dal silenzio dei loro Pastori; ci sono gli apparati centrali di molte diocesi europee che si mostrano omertosi circa la rapida diffusione dell’ideologia gender e riducono al silenzio con metodi spicci i preti e i laici che la combattono… e l’elenco potrebbe continuare. 

Ciascuno di questi fatti è stato già singolarmente commentato, e con grande competenza. Non pare superfluo, però, anche una valutazione dell’insieme, per la luce che questi fatti gettano sulla vita della Chiesa in questo momento cruciale. 

Partiamo dalle due domande che queste vicende non possono non suscitare in chi ha ancora un po’ di fede e un po’ di buon senso: come siamo arrivati a questo punto? E come è possibile che questo non susciti alcuna reazione in chi di dovere? Per rispondere a queste domande e, partendo da esse, fare un’adeguata riflessione sul tempo che stiamo vivendo, ritengo sia indispensabile partire da lontano.

Si sta realizzando in modo macroscopico ciò che aveva previsto l’imperscrutabile Paolo VI, in quella che già allora fu una facile profezia e che oggi è pura evidenza: «Ciò che mi colpisce quando considero il mondo cattolico è che all’interno del cattolicesimo sembra talvolta predominare un pensiero di tipo non cattolico, e può avvenire che questo pensiero non cattolico all’interno del cattolicesimo diventi domani il più forte» (J. Guitton, ‘Paolo VI segreto’). 

Sì, un pensiero non cattolico si è fatto strada ed è diventato predominante in molti ambienti della Chiesa cattolica, in molte facoltà teologiche, seminari, ordini religiosi, e, attraverso una capillare divulgazione, in molte comunità di fedeli; poi i rappresentanti di queste componenti ecclesiali si ritrovano nelle migliaia di convegni, assemblee, consigli pastorali dell’orbe cattolico, e così questo pensiero diviene predominante e maggioritario nella Chiesa intera. E a poco è servito il proliferare degli interventi magisteriali in contrario, visto che ormai da decenni essi, nella gran parte dei casi, rimbalzano sul corpo ecclesiale come su un muro di gomma.

Nessuna delle innovazioni proposte è originale: sono tesi che riguardano l’interpretazione della Scrittura, il valore dei dogmi, le conseguenze morali della fede, il valore dei sacramenti, la struttura della Chiesa, il rapporto con le altre religioni e con il mondo; su questi temi c’è un’unica paradossale proposta: sposare al più presto ciò che il Magistero ha condannato e combattuto negl’ultimi cinquecento anni.

Come è possibile un tale capovolgimento? 
Ecco il pensiero non cattolico, anzi anti-cattolico, di cui si diceva: è il pensiero secondo il quale nella contrapposizione del XVI secolo tra Lutero e il concilio di Trento, in realtà aveva ragione Lutero, solo che purtroppo la Gerarchia di allora non lo ha capito e la Chiesa si è chiusa alla meravigliosa opportunità della Riforma; nella contrapposizione del XVIII secolo tra l’illuminismo e la Chiesa, aveva ragione l’illuminismo, solo che il Magistero di allora non lo ha capito e di nuovo la Chiesa si è arroccata nelle sue posizioni integraliste e intransigenti e così ha perso l’opportunità di lasciarsi beneficamente influenzare dai principi e dai valori dei lumi … e così via di contrasto in contrasto. Così per circa cinquecento anni la Chiesa cattolica non ha fatto altro che chiudersi al mondo, alle novità, al progresso, e a moltiplicare le condanne: dalla Bolla Exurge Domine di Leone X, al Sillabo di Pio IX, alla Mirari Vos di Gregorio XVI, alla Pascendi di Pio X, alla Humani Generis di Pio XII.

E la cosa più drammatica – sempre secondo questo pensiero – è che in questo modo la Chiesa non ha fatto altro che allargare sempre più il suo divario con il Vangelo; eh sì, perché da Lutero fino all’abate Franzoni, i protestanti, gli illuministi, i liberali, i modernisti, i socialisti, insomma tutti i riformatori, ingiustamente e ottusamente condannati, in realtà avevano visto giusto, avevano capito il Vangelo ben più del Magistero cattolico! 

Ma finalmente c’è stata la svolta, finalmente con il Concilio Vaticano II la Chiesa, seppure con mezzo millennio di ritardo, prende consapevolezza di tutto ciò: ecco la portata rivoluzionaria del Concilio così appassionatamente celebrata dai sostenitori di questo pensiero. Naturalmente questa rivoluzione copernicana non si manifesta tanto nei documenti, che sono frutto di un compromesso tra le varie posizioni presenti in Concilio e quindi per ciò stesso rappresentano una fase ancora immatura del cambiamento, e dunque provvisoria; ma piuttosto si manifesta nel famoso ‘spirito’ del Concilio. Lo spirito del Concilio è da cinquant’anni il criterio di interpretazione della realtà che ha scalzato tutti i criteri precedenti (vero o falso, bene o male …), la nuova ‘ortodossia’ violando la quale si incorre nella nuova ‘scomunica’ per la quale non c’è remissione.

L’effetto di questo pensiero è la rottura della Chiesa post-conciliare con la Chiesa pre-conciliare; da questa rottura è nata una Chiesa ‘nuova’ che ha archiviato quella vecchia; è nata una Chiesa purificata dai paludamenti costantiniani, da una teologia e una morale integraliste, da una liturgia clericale, da un’assoluta incapacità di dialogare con il mondo contemporaneo. Al contrario la ‘nuova’ Chiesa è aperta al mondo, fa autocritica per tutto ciò che di identitario c’era in lei, e con umiltà impara da coloro che aveva condannato. E per recuperare il tempo perduto, tanto per cominciare, sposa con entusiasmo i cavalli di battaglia del suo nemico storico: il protestantesimo. Il cosiddetto spirito del Concilio non è altro che il motore di una Chiesa in avanzata fase di protestantizzazione: nell’esegesi biblica, negli studi filosofici e teologici, nella riforma liturgica, nella visione della Chiesa e dei suoi rapporti con le religioni e col mondo, in ogni settore della vita ecclesiale il rinnovamento post-conciliare ha sposato sempre più esplicitamente le posizioni protestanti.

Naturalmente il fatto che il protestantesimo liberale a cui ci si è entusiasticamente ispirati per rendere più evangelico, più cristiano, un cattolicesimo ormai obsoleto, sia in realtà da decenni in profonda crisi e che perda ministri e fedeli con rapidità vertiginosa non importa a nessuno. Lo spirito del Concilio infatti è un teorema ideologico e i suoi paladini non si imbarazzano a chiamare ‘primavera’ della Chiesa questa imitazione a scoppio ritardato dei fallimenti dei nipoti di Lutero, una sicura ricetta svuota-chiese, svuota-seminari, svuota-conventi che si è puntualmente e drammaticamente realizzata in questi ultimi decenni. Le poche eccezioni a questo tracollo sono le realtà ecclesiali che meno si sono fatte rinfrescare da questo soffio dello ‘spirito’ del Concilio, e che per ciò sono state impunemente ostacolate, e oggi apertamente perseguitate…

Ma il punto di arrivo di questo processo non è nemmeno la protestantizzazione del cattolicesimo: questa infatti è la tappa intermedia, necessaria ma transitoria, per il raggiungimento del vero obiettivo che è la secolarizzazione; il protestantesimo infatti è l’anticamera della secolarizzazione della società: lo è di diritto e di fatto. Lo è di diritto, poiché il ripiegamento soggettivo e intimistico della fede luterana non può non sfociare nella pratica di una religiosità individuale, che esclude ogni dimensione sociale della fede; lo è di fatto, poiché è questo ciò che si è storicamente realizzato: i paesi protestanti si sono secolarizzati prima e di più di quelli cattolici, e non solo perché hanno opposto meno resistenza al processo mondano, ma al contrario perché vi si sono consapevolmente e volontariamente consegnati senza opporre resistenza. Anzi, nel protestantesimo liberale – e ora, per imitazione, anche in ampi settori del cattolicesimo – la secolarizzazione non è vista come antitetica, ma come fase più matura, compiuta, della fede. 

In quest’ottica strabica, la secolarizzazione non è la scomparsa esplicita della fede, ma il suo evaporare in una religiosità vaga ed emotiva, che tutti accomuna, eliminando la dimensione identitaria; è dunque il miglior collante per costruire una società pacificata, tollerante, pluralista, accogliente e rispettosa di tutte le posizioni, cioè quel paradiso in terra che nella visione relativistica e immanentistica del mondo contemporaneo deve essere il vero obiettivo a cui tendono tutte le religioni, dunque anche quella cristiana. 

E anche verso questa tappa ultima si cammina a grandi passi: il dialogo ecumenico dell’immediato post-Concilio si è progressivamente trasformato nella inter-confessionalità, cioè nello scambio senza più distinzioni tra le diverse denominazioni cristiane; e ora la inter-confessionalità si sta evolvendo rapidamente nella inter-religiosità, cioè una parificazione sincretista di tutti i credo religiosi, forse in vista della costruzione di quella ONU delle religioni, la super religione universale, umanitaria e antropocentrica, che sempre più e da più parti viene auspicata…





[Modificato da Caterina63 11/01/2016 00:35]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)