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§ 2. - La preparazione intellettuale alla fede.


I segni di credibilità.


- La ragione può verificare l'origine divina del messaggio rivelato con una verifica che è logicamente anteriore alla fede, e che psicologicamente la può accompagnare o seguire. Il credente che si accinge a giustificare la sua fede non abbandona per questo la sua credenza, ma fa una cosa perfettamente legittima e possibile. La Chiesa ha sempre rivendicato per sé il diritto di giustificare la propria fede e per la ragione umana la possibilità di riuscirvi.


Il Concilio Vaticano insegna che ci sono realmente " segni o argomenti esterni della rivelazione, cioè fatti divini, soprattutto miracoli e profezie, che mostrando sovrabbondantemente l'onnipotenza e l'infinita scienza di Dio, sono segni certissimi della divina rivelazione, appropriati all'intelligenza di tutti " (Denz. 1790). Tra i compiti principali l'apologetica ha quello di studiare questi segni.


Veramente l'apologetica accoglie soltanto le ragioni di credere (o segni di credibilità) che hanno un valore generale e possono essere offerti a tutti, perché le ragioni personali ordinariamente non sono comunicabili, ma non sono meno valide, poiché la grazia può far scoprire un segno dell'azione di Dio in un'esperienza privata, ed è una fortuna per quelli che non hanno potuto essere raggiunti dalla predicazione evangelica.


I segni di credibilità si adattano a tutti gli spiriti.


- Non tutti gli uomini sono egualmente sensibili alle stesse prove; chi preferisce attenersi ai miracoli, chi alle profezie, chi alla coerenza e alla stabilità della dottrina; gli spiriti moderni infine saranno impressionati dal miracolo permanente della Chiesa, che ripete l'ascendente personale che Gesù esercitava al suo tempo. San Matteo scriveva il suo Vangelo per i Giudei e insisteva soprattutto sulle profezie; San Marco invece, scrivendo per il lettore romano proveniente dal paganesimo insisteva sui miracoli. Possiamo dire che ci sono prove per tutti i gusti e per tutti i temperamenti. D'altronde i vari segni si rafforzano a vicenda e l'uno spesso implica l'altro, come i miracoli evangelici e la dottrina sono uniti da tal vincolo che il miracolo, segno della rivelazione, essendo quasi sempre un miracolo tanto della bontà quanto della potenza, trasmette a suo modo la dottrina e diviene segno rivelatore. " Andate e riferite a Giovanni ciò che avete veduto e udito:... gli zoppi camminano, ecc". Gesù nello stesso tempo manifestò la sua potenza, rivelò la sua bontà e adempì una profezia. Non occorre filosofare per giungere ad ammettere la trascendenza dei segni, cioè per riconoscere in essi o per essi la presenza e l'azione d'una sapienza, d'una potenza e d'una bontà che supera le forze create; né occorre iniziazione scientifica perché ordinariamente bastano attenzioni, buon senso e quella logica naturale di cui ci serviamo tutti i giorni senza bisogno di analizzarne le leggi, clic ci da certezze e convinzioni ragionevoli, anche se non sempre ragionate.


Non è proibito ragionare; lo faccia chi vuole e può; è anzi consigliabile die Io si farcia. L'apologetica è appunto la scienza delle ragioni di credere. Si potranno anche volgarizzare per le masse le ricerche erudite, ma non occorre possederle appieno e in tutti i particolari. Per offrire ai fedeli buoni elementi di apologetica basta la conoscenza anche succinta purché esatta, della fede e della pratica cristiana.


Per acquistare delle certezze non è nemmeno necessario essere adusati agli esercizi della logica formale in cui può anche errare la ragione di molti, non trovandovisi più la duttilità d'un pensiero vissuto; né occorre cominciare col dubbio che nega ogni valore alla logica naturale, perché il dubbio né illumina né offre il punto di partenza per la certezza. D'altronde non si tratta di dubitare, ma di esaminare e chi non dubita non è meno intelligente.


§ 3. - La ragione che si nutre della fede.


L'intelligenza dei misteri. - Il Concilio Vaticano insegna che s quando la ragione, illuminata dalla fede, cerca con cura, pietà e moderazione, per dono divino acquista una certa intelligenza dei misteri molto fruttuosa, sia per l'analogia delle cose che conosce naturalmente, sia per il legame dei misteri tra di loro e col fine ultimo dell'uomo ".


La religione non è tutto mistero, né lo stesso mistero è tutto misterioso. È pacifico il principio che il mistero non si dimostra e di fatto esso sfugge a un'esauriente comprensione; ma ciò non implica che esso sfugga completamente alla comprensione. Siccome Dio s'è degnato d'insegnare a noi non per abbagliarci ma per istruirci, anche nel mistero si può cogliere qualcosa per soddisfare lo spirito, come pure per la condotta della vita.


Il Concilio Vaticano ci avvia per la strada battuta dalla Chiesa nel suo lavoro teologico.


Un primo processo, analitico, si fonda sull'analogia esistente tra il rivelato e il creato. Perfino le espressioni di cui si serve Dio per rivelare se stesso e la sua azione (Padre, Figlio, Spirito, Verbo, Luce, Vita, Verità, Amore, Redenzione, Cielo, ecc.) sono prese dalla nostra esperienza umana e ci danno quindi un'idea positiva dei misteri che esse rivelano. L'intelligenza le analizza e, dopo averle spogliate del loro antropomorfismo e liberate dalle tare inerenti alla natura creata, ne conserva il contenuto accettabile.


All'analisi segue la sintesi. Tutti i misteri della rivelazione, che è un tutto, sono collegati con in cima la Trinità, il grande Mistero, l'unico che rappresenta un Assoluto necessario; poi gli altri misteri, come la nostra vocazione a partecipare alla vita intima dì Dio, la grazia e, data la cadute dell'uomo col peccato, l'Incarnazione, la Redenzione, e una nuova economia della grazia nei Sacramenti e attraverso la Chiesa. I dommi sono così connessi die basta toglierne uno per scuotere tutti gli altri, come risulta dalla storia delle eresie, e per vederne l'armonia basta concatenare gli uni con gli altri.


La fede vissuta illumina lo spirito.


- Per quanto interessante l'analisi di ciascun domma é soddisfacente la vista del loro insieme, è ancor possibile migliorare la conoscenza che cc ne danno l'analisi e la sintesi, perché dopo averli contemplati, dobbiamo ancora viverli. La dottrina cristiana illumina la nostra vita e, per una felice reversibilità, dalla pratica della vita cristiana riceve un supplemento di chiarezza. Per comprendere qualcosa dell'amore di Dio bisogna amare: l'egoismo è d'ostacolo alla fede. Parallelamente non è possibile intendere bene il " dato rivelato " se non lo si riconosce teoricamente e praticamente nella verità che apporta la luce attesa per orientare la vita. Rileggendo con questo spirito il sesto capitolo di san Giovanni si nota come Nostro Signore, proponendo ai suoi discepoli l'idea, in quel tempo ancora sconcertante, che occorre mangiare il suo corpo, l'associa al progetto splendido a prima vista pazzesco della partecipazione alla vita di Dio; il Padre attira l'uomo e lo da al Figlio; il Figlio lo riceverà dal Padre e non lo respingerà, anzi darà se stesso all'uomo per renderlo al Padre e associarlo al loro divino amplesso: " Siccome il Padre, il vivente, ha mandato me e io vivo per il Padre, così pure colui che mangia di me, per me vivrà ". San Pietro non aveva capito più degli altri " come mai può costui darci da mangiare la sua carne ", ma aveva tuttavia percepito che cosi sarebbe avvenuto e poggia la sua fede su questa grande esperienza: a Tu hai parole di vita eterna ".



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)