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la dottrina della chiesa

tratto dall'Enciclopedia di Apologetica - quinta edizione - traduzione del testoAPOLOGÉTIQUE Nos raisons de croire - Réponses aux objection

 

  LA MORALE CRISTIANA NON ESAURISCE IL CRISTIANESIMO

" Noi amiamo certamente Gesù Cristo, ma assolutamente nulla ci potrà far amare la morale cristiana" (1). Se prendessimo alla lettera questo paradosso di Claudel sarebbe pregiudicato il disegno propostoci, cioè di portare la nostra testimonianza in favore della morale cattolica e di scoprirvi il segno della divinità della Chiesa. Da un certo punto di vista Claudel ha ragione e sono con lui i mistici di tutti i tempi e il pensiero religioso contemporaneo. Il cristianesimo innanzitutto è una religione non una morale, è unione a Dio nel Cristo, una sommissione allo Spirito, una vita eterna, cominciata in noi già in questa terra attraverso la conoscenza attiva che abbiamo del Padre e del Figlio; è un atteggiamento filiale. Non è in primo luogo un'educazione della volontà, né una cultura dell'anima, tanto meno un semplice codice, un manuale di atti permessi o proibiti protetti da sanzioni. Nondimeno è innegabile che questa vita spirituale contiene anche un'etica e un'ascesi e costringe a certe posizioni proibendone altre, poiché il cristianesimo si riconosce dai suoi frutti, cioè dalle sue opere; e lo Spirito ci obbliga a praticare le virtù che ci suggerisce.

Il presente trattatello ha lo scopo di studiare come e in quali condizioni questa morale s'aggancia alla spiritualità, come abbia cercato di definirsi, e forse anche di costituirsi a parte, come a sua volta ha in sé i segni del dito di Dio, e offre a suo modo uno speciale argomento apologetico, di cui il cristianesimo va fiero.

 

CAPITOLO I. - LA MORALE CRISTIANA NELLE SUE FONTI

§ 1. - La Morale portata dal Cristo

II moralismo giudaico. - Quando Cristo cominciò a predicare il Vangelo in Israele non mancavano certo le prescrizioni sul bene e il male; i casi di coscienza erano familiari ai rabbini contemporanei, come sono familiari alla leggerezza del nostro tempo le parole incrociate, e il valore dei credenti si misurava dall'austerità delle loro osservanze, con un sistema che, seguendolo, gli uomini corrono sempre il rischio di cercare in se stessi la propria legge e misura.

 

(1) P. Claudel, FeuUles des Saints, Ed. della Nauseile Reme Francaise, p. 69.

La rivoluzione di Cristo. - La grande rivoluzione di Gesù fu quella d'insegnare a trovare in Dio l'ideale della loro azione, e a spingere i limiti del dovere, che ai suoi occhi erano le frontiere della perfezione, fino all'infinito. " Siate perfetti come è perfetto il vostro Padre celeste ". Cosi di colpo diventava impossibile materializzare la morale, incarnarla una volta per tutte in atti definiti, al di qua dei quali comincerebbe il peccato e al di là trionferebbe un altro regime, inaccessibile agli uomini, quello di Dio. Il cielo era disceso sulla terra nella persona del Figlio, che attirò i discepoli alla sua sequela; d'ora in poi non ci sarà più morale umana distinta dai costumi divini, e la vita spirituale ormai consisterà nell'imitazione di Cristo e nel possesso di Dio. Invece d'un codice, un modello; invece d'una legge, un'adesione; oltre la lettera, uno spirito. È noto l'entusiasmo di San Paolo di fronte a questa trasposizione di tutti i valori religiosi, e come la Lettera ai Galati e la Lettera ai Romani, trent'anni dopo, avrebbero registrato per sempre questa rivoluzione. Anche il Vangelo esprime questo, in formule più calme, e d'altronde anche forti, dove solo la squisita tenerezza del Maestro tempera le sue straordinarie esigenze. Il Discorso della montagna è il testimonio per eccellenza di quest'atteggiamento inaudito: le sue opposizioni tra la legge antica e lo spirito nuovo inaugurano il primo corso di teologia morale cristiana che abbia inteso l'umanità: Voi sapete quello che fu detto agli antichi...; ma io vi dico, non certo il contrario, ma talmente di più che ormai nulla più esaurirà il contenuto del Vangelo da credersi e da attuarsi nell'azione e nella vita pratica.

Intanto un nome doveva riassumere tutto questo contenuto: il termine amore che fu tradotto ben presto con carità, per distinguerlo, nella lingua greca e latina, meno religiose di quella ebraica, da tutte le categorie inferiori della sensibilità umana. Dio ci aveva amati fino a darci il proprio Figlio; cosi il suo vero nome è Carità, e la dilezione riassume tutte le sue iniziative temporali ed eterne in nostro favore. Il Figlio ci ha amati all'esempio del Padre, fino a dare la sua vita per noi. In virtù di tutto il dinamismo spirituale, ricordato più sopra, gli uomini a loro volta, dovevano amare Dio con tutto il loro cuore, con tutta la loro anima e tutte le forze, e il prossimo come se stessi per amore e nell'amore di Dio.

In questi due comandamenti è racchiusa tutta la morale cristiana. Il resto sarà sempre e soltanto commento e corollario.

§ 2. - La Morale nella Chiesa di Cristo

Compito della Chiesa. - Intanto non si poteva fare a meno d'un commentario e per offrirci anche questo fu istituita la Chiesa, la' quale, a sua volta, è realmente animata dallo Spirito Santo, è figlia di Dio, Sposa di Cristo, e i suoi costumi, la sua vita di santità, le sue istituzioni, servono a tradurre in lezioni e in esempi la morale evangelica. Ma la Chiesa è indefinitamente differenziata circumdata varietale; essa lungo la storia non fa che sminuzzare quello che il Discorso della montagna e il Discorso dopo la Cena avevano insegnato una volta per tutte. D'altronde Gesù aveva cominciato per primo questo lavoro di ; sviluppo; per rispondere a domande insidiose o per darne l'esempio in circostanze decisive, aveva tratto egli stesso le conseguenze più importanti della grande legge della carità.

 

Due idee-poli. - Non è nostro compito dire dettagliatamente come la nostra teologia latina, erede a suo modo dello spirito giuridico dell'impero romano e dell'imperatoria brevitas, e come la nostra anima occidentale, alla quale Sant'Agostino aveva inculcato per sempre il profondo senso della miseria del peccato, ispirandosi a questi principi, abbiano a poco a poco costruito separatamente una morale conforme alle esigenze del Vangelo. Basterà ricordare che le linee maestre della costruzione sono organizzate attorno alle due idee della natura umana e del fine dell'uomo: non la natura limitata alle sole sue forze, (il che avrebbe condotto unicamente a sostituire una specie di stoicismo cristiano al giudaismo antico), ma la natura voluta dal nostro Padre a sua propria immagine, una natura di figli adottivi di Dio, quindi con tutte le esigenze evangeliche di cui parleremo fra poco, e tuttavia con un costante riferimento all'intelligenza ragionevole, che comincia fin dalla creazione a farci assomigliare al nostro Autore. Noi siamo insieme creature ragionevoli e figli di Dio secondo lo Spirito: in quanto creature ragionevoli non abbandoniamo nulla della morale naturale; per la nostra seconda e più alta vocazione di figli di Dio mettiamo nell'ordine razionale un'anima nuova, che eleviamo fino alle vette del Vangelo. La morale cattolica deriva da questi due principi; si rinfresca ad ambedue queste fonti: grazie alla prima fonte, sotto la penna dei teologi si è fatta così chiara, limpida e sempre umana; grazie alla seconda fonte continua ad essere una spinta verso una perfezione di cui è impossibile in astratto disegnare i contorni, e di cui ciascuno di noi a ogni istante scoprirà nella sua coscienza i limiti provvisori e mobili.

La parola ragione, che troviamo in San Paolo e che nella forma greca è scritta al principio del prologo di San Giovanni, non la cogliamo dalle labbra del Signore, che in pratica parlava solo aramaico e usava unicamente il vocabolario religioso d'Israele, dove la natura umana non viene mai definita a parte, ma è sempre percepita attraverso la sapienza divina, che la istruisce. Le due idee di creazione e di salute sono però presenti in ogni pagina del Vangelo: la prima fonda la trascendenza divina e nello stesso tempo la grandezza umana, l'idea d'un ordine primitivo da rispettare, da stabilire o da ristabilire, insomma un concetto di natura e un programma di dignità. La salvezza o il regno, nel vocabolario messianico, è un'opera d'amore, cui deve corrispondere una vita di carità. A queste due esigenze, che non si contraddicono, perché ci spingono a distanze differenti nella stessa direzione, è agganciato quello che, infine, possiamo chiamare, dopo averne spiegata e legittimata la nascita, il moralismo cristiano. D'altronde non è sempre facile e nemmeno necessario (come nella morale coniugale) distinguere le prescrizioni del diritto naturale e le obbligazioni del diritto evangelico.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)