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CAPITOLO II. - STRUTTURA DELLA MORALE CRISTIANA


§ 1. - L'ordine naturale


Dignità della persona umana. - Grazie alle osservazioni precedenti possiamo cercare di delineare i doveri del cristiano partendo anzitutto dalla sua natura corporea e intelligente. Per l'anima ragionevole, che c'imparenta con gli spiriti e con Dio, c'è in noi una dignità umana che non consiste tutta quanta nella ragione, come si diceva in Francia nel secolo XVII, ma prima di tutto nel dominio della ragione sulla carne, su una carne che non è né dimenticata, né soppressa, né ridotta in schiavitù, ma elevata al livello dello spirito che l'informa e la dirige interamente. C'è dunque una morale del composto umano, che non è una legge nel senso giudaico, imposta dal di fuori sotto forma di prescrizioni materiali e complicate, ma è una legge interiore, definizione perfetta dell'uomo, e che si oppone, per sostituirla, a quest'altra legge di violenza carnale, insita unicamente nelle membra del nostro corpo in rivolta.


Rapporti degli uomini tra loro. - Questo principio della dignità umana s'applica dapprima alle relazioni degli uomini tra loro, nella divisione e nello scambio dei loro beni materiali: si chiama, in tal caso, giustizia, non nel senso biblico o paolino dove il nome indica tutta la vita religiosa e l'unione a Dio, ma nel senso comune e latino della parola, quello che si riduce al settimo comandamento del decalogo.


Approfondendo quest'idea scorgiamo subito che, se la morale cristiana distingue l'ordine umano dai regni inferiori, deriva dal fatto che esso è costituito da relazioni tra persone e non tra cose, da relazioni cioè che formano una società, con i suoi diritti, le sue leggi, la sua autorità. Ma la natura ragionevole dell'uomo in ciascuno di noi si realizza appieno nella nostra propria personalità, la quale, benché non si trovi nel Vangelo con questo preciso termine, tuttavia è ovunque sottintesa nella dottrina della nostra responsabilità di fronte a Dio, nell'obligazione della salute eterna imposta a ciascuno, o semplicemente nel fatto che siamo individualmente chiamati all'amicizia di Cristo.


Perciò i rapporti vicendevoli degli uomini sono rapporti tra persone che sono le une di fronte alle altre: nessuno di noi ha il diritto di considerarsi una cosa, che si sopprime o si trasforma a piacimento, e soprattutto nessuno ha il diritto di considerare i propri fratelli quali vili strumenti, di ridurli alla schiavitù o alla mendicità, d'irregimentarli in formazioni di guerra e di assalto, ove la personalità verrebbe sacrificata al primato della razza o alla volontà, assoluta del dittatore.


Morale sessuale e coniugale. . Perfino il povero corpo umano, carne mortale, umile e dolorante, entra nel sistema e vi trova un posto cui nulla nei costumi antichi lo aveva preparato. Un tempo serviva a tutto: sangue, voluttà e morte, vessazioni, servitù e crudeltà. D'ora in poi apparterrà solo più allo spirito che lo abita, allo spirito dell'uomo e allo spirito di Dio. Questo non significa che potrà fare quanto gli piace e che sia esatta la formula: il tuo corpo è tuo; perché la carne dipende dalla legge di dignità, in cui il composto umano trova l'equilibrio interiore e quell'unità dei suoi due elementi gerarchizzati, a cui dopo tutto esso aspira assai più che alla voluttà.


Qui, assai più che altrove, s'è esercitata la morbosa curiosità degli uomini e, purtroppo anche la sagacia dei moralisti. Da quando i farisei interrogarono Cristo sul libello del divorzio, fino alle recenti controversie sul metodo Ogino, quante questioni indiscrete e inevitabili furono poste alla Chiesa, quasi fosse stata istituita solo per studiare questi problemi. La dottrina sessuale della Chiesa è molto semplice: l'uomo è un animale ragionevole, è una persona. In quanto composto d'un'anima e d'un corpo, non deve mai permettere volontariamente che un'azione corporea oltrepassi il proprio contenuto spirituale, che qui è l'amore, l'amore d'una donna al servizio dell'amore del figlio. La sensazione, o meglio il gesto che la provoca, dev'essere il segno efficace, l'incarnazione adeguata d'un legittimo sentimento. Questa è la legge della nostra creazione, secondo San Tommaso, per il quale l'ideale di Dio non era l'astensione, ma la perfetta equivalenza dei valori psicologici e delle pratiche carnali. " Nello stato d'innocenza, egli aggiunge, il piacere sarebbe stato tanto più forte quanto più la natura era pura e il corpo sensibile " (I, q. 98, a. 2). L'uomo è una persona. Specialmente la donna cessa d'essere una cosa e ha il diritto a un amore degno di lei, per cui sarà trattata come compagna, non come strumento. Tutto il regime matrimoniale fu cosi trasformato, da una rivoluzione nel cuore dell'uomo, nel letto coniugale, nella legislazione, che pone nel mondo l'unità e l'indissolubilità come un ideale da raggiungere, una legge da rispettare, una barriera di protezione, un santuario dov'è santificato l'amore. Infatti la Chiesa persegue il folle sogno di stabilire lo spirituale nel carnale tanto bene da combaciare perfettamente e da salvare l'unità interiore dell'uomo. A questa concezione la Chiesa ha legato tutta la sua morale familiare, organizzandola sulla metafisica della natura e su quella della persona, che d'altronde qui sono una sola. Infatti un animale ragionevole per sentirsi amato come una persona, ha bisogno d'essere sicuro che il suo corpo non sarà mai cercato soltanto per la sensazione proveniente dall'unione. Per salvare questo progetto di alta spiritualità sensibile, per incarnare questa metafisica in una psicologia conseguente — quella del vero amore — la Chiesa sopportò e impose tutti i sacrifici, interdisse costantemente il divorzio e, sul piano dell'ascesi, organizzò il celibato religioso ed ecclesiastico.


Morale sociale e internazionale. . Ammessa la dottrina della dignità umana, la legge della persona e delle persone s'insinua ovunque: nei contratti per apportarvi un nuovo valore, molto superiore al valore eventuale della forza, dell'interesse o anche della volontà dell'uomo; nelle relazioni sociali, per cambiarne lo spirito, quindi trasformare le civiltà e rinnovare la faccia della terra; nella concezione dello Stato, riconducendolo alle sue vere e grandi funzioni di servire la giustizia e l'ordine subordinatamente al valore dei sudditi o cittadini; infine nelle relazioni internazionali, poiché nella nostra Europa sconvolta, caotica, o nelle nostre imprese coloniali compiute in vista di fini immediati e con facili mezzi, cominciamo a capire che la morale cristiana a chi le da ascolto offre finalmente la pace, che tutti desideriamo, senz'osare di credervi o senza voler sempre lavorare per essa.


La virtù di religione. - Ma la concezione cristiana dell'uomo ha modificato per sempre i nostri atteggiamenti soprattutto di fronte a Dio, portandoci lo spirito nuovo di religione, per riempircene tutti quanti. S'è detto che l'uomo aveva pensato la divinità a sua propria immagine; perché non dobbiamo ammetterlo se Dio con la rivelazione ha dato dapprima all'uomo la vera idea che l'uomo deve formarsi di se stesso? Le due immagini dipendono incontestabilmente l'una dall'altra. La virtù di religione nel cristianesimo con la visione di Dio che la sostiene, con la vita interiore che esige, con l'inquietudine e la sicurezza che genera, con i gesti che detta, infine col sentimento che ispira all'uomo di fronte a se stesso, considerata nei suoi riti, nei suoi templi, nella sua liturgìa, nella sua spiritualità, sarebbe già da sola uno dei più alti spettacoli che uno storico e un pensatore possano ammirare. E non è che il primo capitolo della morale che studiamo, quello riguardante i nostri doveri verso Dio.


§ 2. - L'ordine soprannaturale.


Abbiamo aspettato fin qui a esaminare i comandamenti che riguardano il culto e l'amore di Dio, perché proprio qui passa la corrente vitale che trasforma di colpo senza distruggerlo, l'ordine razionale e umano di vita morale. Finora si trattava solo di spingere all'estremo le esigenze pratiche della nostra natura, che cioè l'uomo partendo dalla sua natura ben compresa, adori e serva Dio come l'uomo deve adorare e servire il suo Creatore, che ami Dio nel modo che gli è proprio, tutto umano e ragionevole.


Vocazione all'amor filiale. - Ma improvvisamente gli viene comandato e quindi dato il potere d'amare Dio alla maniera di Dio, in ogni caso alla maniera del Figlio di Dio, e si inizia cosi un ordine nuovo ben al di sopra di quello anteriore. I due ordini non si contraddicono, perché la morale evangelica non distrugge quella razionale, ma la anima, la eleva, la perfeziona, la supera senza negarla. Il doppiamente o meglio l'incontro è una delle meraviglie del cristianesimo, in cui tutte le prescrizioni anteriori sono trasferite, sublimate, penetrate dallo Spirito nuovo ed eterno. La rivelazione soprannaturale con tutte le sue conseguenze pratiche, viene a inserirsi qui e, con essa, la morale specificamente cristiana, e le virtù a riservate ", come si diceva all'epoca romantica sul pulpito di Nótre-Dame.


a) Rinuncia preventiva. - Quest'aggiunta che non è una tirannia, ma un dono gratuito conforme a desideri (che non sono diritti) profondi, e questo prolungamento, che è un baluardo alle fragili costruzioni sempre precarie della morale naturale, si possono ottenere solo con una certa rinuncia preventiva. "Chi vuoi venire dietro a me, rinneghi se stesso " (Mt., 16, 24; Le, 9, 28), cioè rinneghi non la propria natura, ma i limiti della sua natura, non il suo umanesimo interiore, ma l'egocentrismo, che è una visuale errata, un errore che disgraziatamente ci è caro. Occorre qui passare da un piano a un altro, a causa dei donami del peccato originale e della grazia, che sono l'inverso e il diritto d'una stessa verità. Noi siamo obbligatoriamente chiamati a un ordine superiore di realtà, (d'altronde conformi a desideri naturali inefficaci in se stessi) il che è una gloria e una gioia, ed è anche un dovere che interessa la nostra vita morale. A questo titolo i due dommi suddetti sono parte necessaria del nostro soggetto.


Sollevandoci tanto in alto, il cristianesimo ci ha onorati con l'invito a sforzi maggiori; c'impone privazioni solo apparenti, poiché sacrificare i nostri limiti naturali per portarli più lontani, in realtà significa accrescere le possibilità di vita. I mezzi poi che si devono usare per raggiungere questo scopo, come esercizi ascetici, mortificazioni e anche penitenze, rendono il centuplo di quanto costarono in principio; il ramo tagliato rimette più vigoroso per dare frutti più abbondanti. Certo, la morale cristiana è alquanto severa e perciò è difficile predicarla, o meglio è facile esagerarla, trasformando i mezzi provvisori in fini ultimi, facendo del peccato originale il principio d'una diminuzione della nostra natura, mentre al contrario arricchisce il nostro programma morale primitivo superandolo.


Però la parola superare ci atterrisce, poiché mentre dovrebbe evocare l'immagine d'una vittoria da riportare per un migliore risultato, sembra obbligarci a lasciare posizioni legittime, facendoci vittime d'una metafora che serve a scusare la nostra pigrizia e la nostra rivolta. In realtà siamo invitati a restare uomini, pur divenendo figli di Dio. È una rivoluzione che non suppone nessuna abdicazione preventiva, ma è una rivoluzione. Nel passato quando si trattava di relazioni dell'uomo con se stesso o col suo prossimo era possibile conservare per qualche tempo l'illusione d'una semplice morale, fatta sulla nostra misura. Ma di fronte al Dio di Abramo, d'Isacco, di Giacobbe e dei profeti; di fronte al Padre del Nostro Signore Gesù Cristo, è ormai definitivamente impossibile. Con la redenzione del Figlio suo. Dio si è talmente dato agli uomini, che un atteggiamento puramente ragionevole verso di lui appare ormai un'ingratitudine, un anacronismo, una mostruosità. Tempo fa col pretesto dei progressi spirituali dovuti allo stesso cristianesimo, si tentò di sostituirgli una religione puramente filosofica e naturale; nel secolo XVIII, durante la grande rivoluzione francese e in seguito, siffatta religione cercò d'organizzarsi a sé con nomi diversi, ma in realtà mai nessuno volle servirsene nella vita pratica, non ebbe mai templi, sacrifìci o martiri, e fu soltanto un capitolo morto nei programmi dell'esame di filosofia.


b) Sviluppo di questa vocazione: le tre virtù teologali. - Bisogna dunque amare Dio com'Egli permise e volle che lo amassimo. Disgraziatamente l'uomo di fronte a questo comandamento rimane troppo spesso distratto, o pigro, o carnale. Quest'amore, come si sa, ha contro di sé le apparenze perché ai nostri occhi miopi pare che Dio non ci ami, perché non conosciamo i suoi misteri, non comprendiamo la sua opera, che ci sembra dura, o crudele o contradditoria. E tuttavia dobbiamo amare Dio, credere che Egli è nostro Padre e provare per lui sentimenti di figli, che non cessano d'essere sue creature, la cui unica tragedia consiste proprio nel fatto d'essere creature elevate alla dignità di figli. La fede, la speranza e la carità sono le tre virtù che hanno il compito di tradurre nei fatti e nei gesti quest'inaudita posizione, e tutte e tre assieme definiscono la morale cristiana, che in esse tocca i vertici più belli. Le altre virtù partecipano allo slancio o se si vuole, alla linea di queste altezze principali. La virtù della religione, non abolita ma sublimata, è tutta vivificata dallo spirito delle tre virtù teologali; la religione cristiana praticamente non assomiglia a nessun'altra, benché risponda alle aspirazioni umane più incoercibili. In questa atmosfera di carità paterna e d'amore filiale, i tre primi comandamenti della legge di Mosè, senz'essere soppressi, vengono animati da un dinamismo nuovo, e si trasfigurano assai più della faccia del grande legislatore ebreo quando discendeva dal Sinai. Si tratta sempre di rispettare il nome di Dio, i suoi templi e sacerdoti, e anche il suo giorno, però con uno spirito tutto nuovo, cioè per amore. Per l'amore infatti adoriamo Dio a motivo delle sue infinite perfezioni, la prima delle quali è proprio la carità: Deus caritas est.


Conseguenze di questa vocazione.
- a) La preghiera ininterrotta. 
- Il dislivello tra queste posizioni sovrumane e le nostre naturali possibilità non fa che sottolineare la nostra strana situazione di fronte a questi doveri, sicché noi siamo fortunatamente condannati alla perpetua preghiera di domanda. Tale stato tinge sempre la morale cristiana con colori che appartengono veramente e solo ad essa: di fronte a Dio siamo debitori incorreggibili, inferiori al nostro compito se non interviene un aiuto e se, conforme alla forte formula agostiana, Dio stesso non ci avrà dato i mezzi per obbedire ai suoi comandamenti. La preghiera del cristiano è d'una qualità particolare, ed ha una fiducia fatta d'umiltà, una certezza fondata sull'abbandono alla misericordia più che alla giustizia:

Se delle colpe tieni conto, o Signore,

Signor mio, chi potrà sostenersi?

È la prima parola che la liturgia cattolica fa dire al sacerdote che entra nella casa ove giace morto il cristiano; ma quest'atteggiamento non è esso pure dettato dall'amore, e dal miglior amore?

b) Perfezionamento dell'ordine morale. - La carità verso il prossimo, da cui riconosceranno, diceva Cristo, che voi siete miei discepoli, riprende anch'essa e a modo suo, tutte le soluzioni già date dalla morale naturale, portandole a un'esigenza di grado indefinito che però rispetta e non altera i lineamenti anteriori. Rimane la rigorosissima giustizia, ma la carità vi s'aggiunge come l'olio agli ingranaggi d'acciaio, onde permettere di girare più veloci senza spezzarsi. C'è sempre l'obbligo di dire la verità alla persona che ne ha il diritto; ma vi s'aggiungeranno tutte le verità di cui essa è capace, e sarà tanto di guadagnato per la dignità umana. A questo regime della mutua fiducia, si stabilisce la lealtà sulla terra e nei costumi, la civiltà s'addolcisce. E cosi di seguito : a tutte le antiche virtù dello stoico viene ad aggiungersi una qualità complementare che, senza distruggerle, da ad esse un aspetto e anche un nome specificatamente cristiano.

Il regime dell'esercizio dell'autorità familiare e sociale, e reciprocamente dell'obbedienza degl'inferiori, viene migliorato nel senso della duttibilità, dell'eleganza e specialmente della bontà. Ormai esiste un rispetto dei superiori riguardo ai loro subordinati, che non sono semplicemente dei soggetti, né dei puri e semplici sudditi timorosi; il che sul piano di governo, distingue le società aperte da quelle chiuse. La violenza e la forza sono sempre meno necessarie e finiscono coll'apparire mostruose, mentre ben sappiamo che posto avessero un tempo tra gli uomini.

Su questo largo orizzonte sociologico, dalle grandi linee visibili da lungi, è forse più facile cogliere i risultati della morale cristiana e le trasformazioni che essa opera ovunque. Ed è pure su questo terreno che la scomparsa del suo influsso riconduce al più presto l'umanità verso forme di civiltà che si credevano estinte e che ora rivivono dappertutto: l'uomo ridiviene per l'uomo un animale da strozzare.

CONCLUSIONE.

- I FRUTTI DELLA MORALE CRISTIANA

Quali furono nella storia e nella civiltà i frutti della morale della Chiesa cattolica nel passato, oggi lo sappiamo fin troppo bene, meglio che compulsando gli archivi del passato, guardando il vuoto immenso scavato nel mondo dal suo abbandono. Sono noti i tre esempi tracciati da Ippolito Taine ai suoi lettoori 
per fare loro apprezzare l'apporto morale e spirituale del cristianesimo: il Rinascimento in Italia, la Restaurazione in Inghilterra, la Convenzione e il Direttorio in Francia, in cui l'uomo ritorna pagano, voluttuoso e duro, e la società ridiviene un mattatoio e un inferno. Ora possiamo aggiungere l'Europa dopo le due guerre, in cui a poco a poco, per una veloce decadenza la morale delle società chiuse, fatta di forza, di dittatura, di dominio degli uni o di qualcuno sopra gli altri, di ritorno ai valori materiali, e quantitativi, oro, sensazioni, chilometro, si sostituisce alla magnifica morale aperta, generatrice d'amore e, per estensione, di libertà inaugurata dal cristianesimo sulla terra. Non soltanto la faccia del mondo ma anche quella dell'uomo è devastata: i nostri lineamenti ricominciano ad essere cattivi, sconvolti, urtati, sterilmente sensuali, inutilmente ironici, dopo che dalla nostra anima fu espulsa la divina carità.

Ogni tanto una grande luce, proveniente dalla Chiesa, attraversa il nostro cielo cupo e tormentato: si chiama Rerum Novarum, Casti Connubii, Quadra-gesimo Anno. In quei giorni gli uomini dovrebbero accorgersi che tra loro c'è ancora una vecchia morale fedele a se stessa, logica e mistica insieme, ragionevole e divina, che fa loro onore, perché è offerta a tutta l'umanità e che potrebbe salvarli. Ed essi dovrebbero confessare che, se certi cristiani non traducono sempre queste lezioni in esempi, la Chiesa, la grande Chiesa continua sempre ad essere fedele alla legge di Gesù Cristo.

E. Ma.

BIBLIOGRAFIA. - i. Sulla struttura della morale cattolica. G. a,

L'insegnamento della morale cristiana, Ed. Paoline, Alba 1951. G. Gilleman, Le primat de la diorite en théologie morale, Desclée de Brouwer, Paris 1952. Sono finora i due migliori libri sull'argomento. Qualche riserva per il Leclercq.

a. Esposizioni sintetiche della morale cattolica. F. Tiixmann, H maestro chiama, Morcelliana, Brescia 1940. G. Maorbach, Teologia morale, voli. 3, Ed. Paoline, Alba 1956-57. B. Haerino, La Legge di Cristo, Morcelliana, Brescia 1957. G. Leclercq., Saggio dimorale cattolica, Ed. Paoline, Alba 1954. Massimo Massimi, La nostra legge. Le basi e la sintesi della morale cattolica, 3 ed., Libreria Vaticana, Roma 1953. F. Oloiati, II sillabario della morale cristiana, Vita e Pensiero, Milano 1943. A. D. Sertoìanoes, Vita cattolica, ì voli., Queriniana, Brescia 1938-39. Da un punto di vista scolastico-pratico: E. Jonb, Compendio di Teologia morale, 3 ed. Marietti Torino 1952. Né van dimenticate Le osservatimi sulla morale cattolica, di A. Manzoni, benché siano di indole piuttosto apologetica.




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)