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XXXIV - Al Priore de' Frati di Mont'Oliveto presso a Siena

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Chi ha mente e cuore piccolo, ascenda la croce; e vedrà meglio e sotto e sopra di sè, e si collocherà in altezza d'amore. Questa è massimamente necessaria a chi regge. Gli raccomanda due frati novelli: li lasci studiare.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo padre per riverenzia di quello santissimo Sacramento, e fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi quello pastore buono e virile, che pasciate e governiate con sollicitudine perfetta le pecorelle a voi commesse, imparando dal dolce Maestro della Verità, che ha posta la vita per noi pecorelle che eravamo fuore della via della Grazia. é vero, dolcissimo fratello in Cristo dolce Gesù, che questo non potete fare senza Iddio, e Iddio non potiamo avere nella terra; ma un dolce rimedio ci veggo: che, essendo con cuore basso e piccolo, voglio che facciate come Zaccheo, che, essendo piccolo, salì sull'arbore per vedere Dio. Per la quale sollicitudinemeritò d'udire quella dolce parola, dicendo: «Zaccheo, vattene alla tua casa; chè oggi è di bisogno che io mangi con teco». Cosi doviamo fare noi: che essendo noi bassi, con stretto cuore e poca carità, noi saliamo in sull'arbore della santissima croce. Ine vedremo e toccheremo Iddio: ine troveremo il fuoco della sua inestimabile carità eamore, il quale l'ha fatto correre infino agli obbrobrii della croce, levato in alto, affamato e assetato di sete dell'onore del padre e della salute nostra.

Ecco dunque il nostro dolce e buono pastore, che ha posta la vita con tanto affamato desiderio e affocato amore, non ragguardando alle pene sue, nè alla nostra ignoranzia e ingratitudine di tanto beneficio, nè a rimproveri de' Giudei; ma, come innamorato, ubbidiente al Padre con grandissima reverenzia. Bene si può adunque, se noi vorremo, adempire in noi quella parola (se la nostra negligenzia non ci trae) salendo in su l'arbore, siccome disse la dolce bocca della verità: «Se io sarò levato in alto, ogni cosa trarrò a me». E veramente è così che l'anima che ci è salita, vede versare la bontà e potenzia del padre, per la quale potenzia ha data virtù al sangue del Figliuolo di Dio di lavare le nostre iniquitadi. Ine vediamo l'obedienzia di Cristo crocifisso, che, per obedire, muore; e fa questa obedienzia con tanto desiderio, che maggiore gli è la pena del desiderio, che la pena del corpo.
Vedesi la clemenzia e l'abbondanzia dello Spirito Santo; cioè quello amore ineffabile che 'l tenne confitto in sul legno della santissima croce, che nè chiovi nè fune l'avrebbe potuto tenere legato se il legame della Carità non fusse. Ben sarebbe cuore di diamante, che non dissolvesse la sua durizia a tanto smisurato amore. E veramente il cuore vulnerato di questa saetta, si leva su con tutta sua forza: e non tanto è l'uomo in sè mondo, ma è monda l'anima, per la quale Dio ha fatto ogni cosa. E se mi diceste: «io non posso salire, perocchè esso è molto in alto»; dicovi, che egli ha fatti gli scaloni nelcorpo suo. Levate l'affetto a' piedi del Figliuolo di Dio, e salite al cuore che è aperto e consumato per noi; e giugnerete alla pace della bocca sua, e diventerete gustatore e mangiatore dell'anime; e cosi sarete vero pastore, che porrete la vita per le pecorelle vostre. Fate che sempre abbiate l'occhio sopra di loro acciocchè il vizio sia stirpato; e piantatavi la virtù.

E io vi mando due altre pecorelle: date a loro l'agio della cella e dello studio: perocchè sono due pecorelle le quali nutricherete senza fatiga, e averetene grande allegrezza e consolazione. Altro non vi dico. Confortatevi insieme, legandovi col vincolo della carità, sagliendo in su quello arbore santissimo dove si riposano i frutti delle virtù, maturi sopra al corpo del Figliuolo di Dio. Correte con sollicitudine. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXV - A Frate Niccolò di Ghida, e Frate Giovanni Zerri, e a Frate Niccolò di Jacomo di Vannuzzo, di Mont'Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Croce è cattedra d'amore. Chi predica una dottrina di virtù senza fatica, perseguita, non seguita, Cristo. Amore coraggioso sia il nostro, e si difenda con l'arme dell'orazione, col coltello della libera volontà. Sia amore schietto, non per paura di pena o speranza di premio. Il monaco non ceda alla debolezza di voler mutare Ordine. La sua navicella abbia per vela la carità, per timone l'obbedienza. Sia l'obbedienza con fede, e però non nel male. Gemma della pazienza. Esempio d'un debole, disertore dell'Ordine.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi seguitatori dell'umile e immacolato Agnello, il quale ora c'è rappresentato dalla santa Chiesa in tanta umiltà e mansuetudine, che ogni cuore di creatura ne dovrebbe venire meno, e confondere e spegnere la superbia sua. Questo Parvolo è venuto per insegnarci la via e la dottrina della verità;perchè la via era rotta per lo peccato d'Adam per modo che neuno poteva giugnere al terinine di vita eterna. E però Dio Padre, costretto dal fuoco della sua carità, ci mandò il Verbo dell'unico suo Figliuolo, il quale venne come un carro di fuoco, manifestandoci il fuoco dell'amore ineffabile e la misericordia del Padre eterno; insegnandoci la dottrina della verità, e mostrandoci la via dell'amore, la quale noi doviamo tenere. E però disse egli: «Io son via e verità e vita; chi va per me, non va perle tenebre; ma giugne alla luce». E così è: perocchè, chi seguita questa via, in verità, ne riceve vita di Grazia, e vacol lume della santissima fede e con esso lume giugne all'eterna visione di Dio. Dove ce l'ha insegnata questa dottrina questo dolce e amoroso Verbo? Su la cattedra della santissima croce. Ed ine ci lavò la faccia dell'animanostra col prezioso sangue suo. Dico che c'insegnò la via dell'amore e la dottrina della virtù. Egli ci mostrò in chemodo noi doviamo amare, a volere avere la vita. Onde noi siamo tenuti e obligati di seguitarlo: e chi nol seguitaper la via delle virtù, esso fatto il perseguita col vizio. Onde molti sono che vogliono perseguitare, e non seguitare; e vogliono andare innanzi a lui, ma non dietro a lui,facendo un'altra via di nuovo, cioè, di volere servire a Dio e aver la virtù senza fadiga. Ma ingannati sono; perocchè egli è la via. Questi cotali non son forti nè perseveranti; anco, vengono meno, e nel tempo della battaglia gittano a terra l'arme, cioè l'arme dell'umile e continua orazione con l'affocata carità, ed il coltello della volontàcon che si difende. Il quale ha due tagli, cioè odio del vizio e amore della virtù. E 'l piglia con la mano del liberoarbitrio, e dàllo al nemico suo. Sicchè, trattosi l'arme che riparava a' colpi delle molte tentazioni, molestie dalla carne, e persecuzioni dagli uomini; e dato il coltello, con che si difendeva, rimane vinto e sconfitto; onde non gli seguita gloria; anco, vergogna e confusione. E tutto gli addiviene perchè non seguita la dottrina del Verbo ma perseguitala, volendo andare per altra via che tenesse egli.

Adunque ci convien tenere per lui, e amare schiettamente in verità, non per timore della pena che seguita a colui che non ama, e non per rispetto dell'utilità e del diletto che trova l'anima nell'amore; ma solo perchè il sommo Bene è degno d'essere amato da noi. E però il doviamo amare, se mai utilità non ne avessemo; e se danno non avessemo per non amare, noi doviamo pure amare. Cosi fece egli; perocchè egli ci amò senza essere amato da noi, non per utilità ch'egli potesse ricevere, nè per danno che ne potesse avere non amandoci; perocchè egli è lo Dio nostro che non ha bisogno di noi: onde il nostro bene non gli è utile, e il nostro male non gli è danno. Dunque perchè ci amò per sua bontà, così dunque noi il doviamo amare per la bontà sua medesima. E quella utilità che noi non possiamo fare a lui, doviamo fare al prossimo nostro, ed amarlo caritativamente; e non diminuire l'amore verso di lui per alcuna ingiuria che ci facesse, nè per sua ingratitudine. Ma doviamo esser costanti e perseveranti nella carità di Dio e del prossimo; perocchè così fece questo dolce e amoroso Verbo, che non attendeva ad altro che all'onore del Padre e alla salute nostra; e non allentò l'andare nè di correre all'obbrobriosa morte della croce, per nostra ingratitudine (che ci vedeva spregiatori del sangue), nè per pena nè per obbrobri che si vedeva sostenere. Perchè? perchè il suo fondamento era d'amare noi solo per onore del padre e salute nostra.

Questa dunque è la via che ci ha insegnata, dandoci dottrina d'umiltà e d'obedienzia, di pazienzia, di fortezza e di perseveranzia. Perocchè egli non lassò il giogo dell'obedienzia che aveva ricevuto dal Padre, nè la salute nostra per alcuna pena; ma con tanta pazienzia, che non n'è udito il grido suo per neuna mormorazione. Forte e perseverante infino all'ultimo, che egli rimise la Sposa dell'umana generazione nelle mani del Padre Eterno. Adunque vedete, figliuoli miei, che egli v'ha mostrata la via e insegnata la dottrina. Dovetelaseguitare dunque virilmente e senza alcuno timore servile, ma con timore santo, con speranza e fede viva; perocchè Dio non vi porrà maggior peso che voi potiate portare. E con questa fede rispondere al dimonio, quando vi mettesse timore nelle menti vostre, dicendo: «le battaglie, e le fadighe dell'Ordine e il giogo dell'obedienzia, tu non lo potrai portare»: e dicendo: «meglio è che tu ti parta, e stia nella carità comune. O tu va in un'altra religione, che ti sia più agevole che questa: e potrai meglio salvare l'anima tua». Non è da credergli; ma col lume della fede perseverare nello stato vostro infino alla morte. Già sete levati, carissimi figliuoli, dalla bontà di Diodalla puzza del secolo, e sete entrati nella navicella dellasanta religione a navigare questo mare tempestoso, sopra le braccia dell'Ordine, e non sopra le vostre, col timone della santa obedienzia; e ritto avete l'arbore della santissima croce. Spiegatevi su la vela della sua ardentissima carità, con la quale vela giugnerete a porto di salute, se voi vi soffierete col vento del santo desiderio, conodio e dispiacimento di voi, con umile, obediente e continua orazione. Or con questo vento prospero si giunge, e con perseveranzia, al porto di vita eterna.

Ma guardate che 'l timone dell'obedienzia non v'esca delle mani; perocchè subito sareste a pericolo di morte. Son certa che se averete spogliato il cuore del proprio amore sensitivo, e in verità vestiti di Cristo crocifisso (cioè d'amare lui schiettamente senza rispetto di pena o di diletto, comedetto è); voi il farete stando nella navicella dell'Ordine, ed abbraccerete l'arbore della santissima croce, seguitando le dottrine e le vestigie dell'umile eimmacolato Agnello, annegando e uccidendo la vostra propria volontà con obedienzia pronta, che mai non allenti per alcuna fadiga, o per obedienzia incomportabile; ma sempre obedienti infino alla morte. O gloriosa virtù, che porti teco l'umilità! Perocchè tanto è l'uomo umile quanto obediente, e tanto obediente quanto umile. Il segno di questa obedienzia, che ella sia nelsuddito,è la pazienzia; con la quale pazienzia non vorrà recalcitrare alla volontà di Dio nè a quella del prelato suo, guarda già che non gli fusse comandato cosa che fusse offesa di Dio, perocchè a questa non debbe obedire; ma a ogni altra cosa si. Questa virtù non è sola, quand'ella èperfetta nell'anima; anco, è accompagnata con lo lume della fede fondata nell'umilità; perocchè altrimenti non sarebbe obediente con la fortezza e con la lunga perseveranzia, e con la gemma preziosa della pazienzia.

Or a questo modo correte per la via dell'amore in verità, tenendo per la via del Verbo unigenito Figliuolo di Dio; e seguiterete la dottrina sua d'essere obedienti, correndo per onore di Dio e per salute vostra e del prossimo all'obbrobriosa morte della croce, cioè con ansietato desiderio di volere sostenere pene in qualunque modo Dio ve le concede, o per tentazioni del dimonio, o per molestia del corpo vostro, o per mormorazioni, o per ingiurie che vi facessero le creature; e ogni cosa porterete per amore di Cristo crocifisso infino alla morte. E non venite a tedio per alcuna battaglia che vi venisse; ma ditelo al prelato vostro. E portate virilmente; e conservate la volontà, che non consenta. A questo modo non offenderete, ma riceverete il frutto delle vostre fadighe; e perquesto modo seguiterete la Dottrina dell'umile e immacolato Agnello: perocchè in altro modo verreste meno, e non perseverereste nello vostro andare, ma ogni movimento vi darebbe a terra. E però vi dissi ch'io desideravo di vedervi seguitatori dell'umile e immacolato Agnello; perchè altra via non ci sapevo vedere. E cosi è la verità: e chi altra via cerca, rimane ingannato. Adunque virilmente, carissimi figliuoli, adempite la volontà di Dioin voi, e la promessa che faceste quando vi partiste dalle tenebre del mondo ed entraste alla luce della santa Religione.

Siavi raccomandato Giovanni, che preghiate Dio per lui che ritorni al suo ovile. E pigliate esempio da lui, diumiliarvi: e non tenete la infirmità del cuore. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXVI - A certi Novizii dell'Ordine di Santa Maria di Monte Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Pasqua d'amore. L'unione di Dio con l'uomo rassoda le forze dell'anima e della società cristiana: muro saldo all'urlo de' venti, ròcca contro il tiranno. L'obbedienza sia libera; ci salvi dalle insidie dell'amor proprio e dai capricci della divozione fantastica.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimi figliuoli in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi figliuoli obedienti infino alla morte, imparando dall'Agnello immacolato, che fu obediente al Padre infino all'obbrobriosa morte della croce. Pensate che egli è via e regola, la quale voi e ogni creatura dovete osservare. Voglio che vel poniate per obietto dinanzi agli occhi della mente vostra. Ragguardate quanto egli è obediente, questo Verbo! Egli non schifa la fadiga che egli sostiene per lo gran peso che gli è posto dal Padre; anzi corre con grandissimo desiderio. Questo manifestò nella cena del Giovedì Santo, quando disse: «Con desiderio ho desiderato di far pasqua con voi, prima ch'io muoia». Cioè, intendeva di fare la pasqua, d'adempire la volontà del Padre e l'obedienzia sua: e però, vedendosi quasi consumato il tempo (vedevasi nell'ultimo, ch'egli doveva fare sacrificio del corpo suo al Padre per noi) gode e esulta, e con letizia dice: «Con desiderio io ho desiderato». Questa era la Pasqua che egli diceva, cioè di dare sè medesimo in cibo, e per obedienzia del Padre fare sacrificio dei corpo suo. Chè dell'altre pasque del mangiare co' discepoli suoi, spesse volte l'aveva fatta, ma non mai questa.

Oh inestimabile dolcissima e ardentissima carità! tu non pensi delle tue pene, nè della obbrobriosa morte tua: chè se tu vi pensassi, non anderesti con tanta letizia, e non la chiameresti pasqua. Pensate, figliuoli miei, che questo dolce Agnello è una aquila vera, che non ragguarda la terra della sua umanità; ma ferma l'occhio solo nella ruota del sole, nel Padre eterno; chè in sè medesimo vede che la volontà sua è questa, che noi siamo santificati in lui. Questa santificazione non si può avere, per lo peccato del nostro primo padre Adam. Conviensi adunque che ci sia uno mezzo, e pongaci cosa che questa volontà di Dio si possa adempire. Vede il Verbo ch'egli ha posto lui, e hagli data per sposa l'umana generazione; comandato gli ha per obedienzia che egli ci ponga in mezzo il sangue suo, acciocchè la sua volontà s'adempia in noi, sì che nel sangue siamo santificati. Or questa è la dolce pasqua che questo Agnello immacolato piglia; e con grandissimo affetto e desiderio insiememente adempie la volontà del Padre in noi, e osserva e compie la sua obedienzia. Oh dolce amore inestimabile, tu hai unita e conformata la creatura col Creatore. Ha fatto come si fa della pietra, che si conforma colla pietra,acciocchè, venendo il vento... non vuole che sia impedita; mettevi la calcina viva intrisa coll'acqua. Tu, Verbo Incarnato, hai fondato questa pietra della creatura; haila innestata nel suo Creatore; haici messo in mezzo il sangue intriso nella calcina viva della divina essenzia per l'unione che hai fatta nella natura umana; hai proveduto a molti venti contrari di forti battaglie e tentazioni, e molte pene e tormenti che ci sono dati dal dimonio, dalla creatura, e dalla carne propria, che tutti ci sono contrari e percuotono l'anima nostra. Veggo te, dolce prima Verità, che per lo sangue che ci hai posto in mezzo, questo muro è di tanta fortezza, che veruno vento contrario lo può dare a terra. Adunque bene ha materia, dolcissimo Amore, d'amare la creatura solo te, e di non temere, per veruna illusione che venisse.

Cosi vi prego, figliuoli miei dolci in Cristo dolce Gesù, che non temiate mai, confidandovi nel sangue di Cristo crocifisso. Nè per movimenti e illusioni dissolvete; nè per timore che venisse di non potere perseverare, nè per paura della pena che vi paresse in sostenere l'obedienzia e l'Ordine vostro, nè per veruna cosa che potesse avvenire, non temete mai. Conservate pure in voi la buona e santa volontà, quella che è signore di questo muro, che col piccone del libero arbitrio il può disfare e conservare, secondo che piace al Signore della buona volontà.

Adunque non voglio che giammai temiate: ogni timore servile sia tolto da voi. Direte col dolce e innamorato di Paolo, rispondendo alla tiepidezza del cuore, e alle illusioni delle dimonia: «Porta oggi, anima mia. Per Cristo crocifisso ogni cosa potrò; perocchè, per desiderio e amore, è in me chi mi conforta». Amate, amate, amate. Inebriatevi nel sangue di questo dolce Agnello, che fatta v'ha forte la rôcca dell'anima vostra, l'ha tratta dalla servitù del tiranno perverso dimonio; Havvela data libera e donna, chè veruno è che gli possa tôrre la signoria, se ella non vuole. E questa ha dato ad ogni creatura.

Ma io m'avvedo che la divina Providenzia v'ha posti in una navicella, acciocchè non veniate meno nel mare tempestoso di questa tenebrosa vita; cioè la santa e vera religione. La quale navicella è menata col giogo della santa e vero obedienzia. Pensate quanta è la grazia che Dio v'ha fatta, cognoscendo la debilezza delle braccia vostre. Chè chi è nel secolo, naviga in questo mare sopra le braccia sue; ma colui che è nella Santa Religione, naviga sopra le braccia d'altrui. Se egli è vero obediente, nonha a rendere ragione di sè medesimo; ma ha a rendere l'Ordine; chè egli ha osservata l'obedienzia del prelato suo. A questo m'avvedrò, che voi seguirete l'Agnello svenato; se sarete obedienti. Già v'ho detto, che io voglio che impariate dal dolce e buono Gesù, che fu obediente infino alla morte, adempì la volontà del Padre e l'obedienzia sua: così vuole Dio che facciate voi; che voi adempiate la volontà sua; osservando l'Ordine vostro, ponendovela per ispecchio. Innanzi eleggere la morte, che trapassare mai l'obedienzia del prelato. Guardate già, che se mai veruno caso venisse (e Dio, per la sua pietà, il levi) che il prelato comandasse cose che fussero fuore di Dio; a questo non dovete, nè voglio anch'io che obediate mai: perocchè non si debbe obedire la creatura fuore del Creatore. Ma in ogni altra cosa vogliate sempre obedire. Non mirate a vostra consolazione nè spirituale nè temporale.

Questo vi dico perchè alcuna volta il dimonio ci fa vedere sotto colore di virtù e di più devozione. Vorremmo i luoghi e tempi a nostro modo, dicendo: «nel cotale tempo e luogo io ho più consolazione e pace dell'anima mia». L'obedienzia alcuna volta non vorrà. Dico ch'io voglio, e dovete seguitare più tosto l'obedienzia, che le vostre consolazioni. Pensate che questo è uno inganno occulto che tocca a tutti i servi di Dio; che sotto specie di più servire a Dio, egli disservono Dio. Sapete che sola la volontà è quella che disserve e serve. Se tu, religioso,hai volontà, il dimonio non te la mostra colle cose grosse di fuore; chè già l'hai abbandonate, avendo lassato il secolo: ma egli te la pone dentro colle spirituali, dicendo: «egli mi pare avere più pace e più stare in amore di Dio, starmi nel tale luogo, e non nell'altro». E per avere questo, egli resiste all'obedienzia: e se pure li le conviene fare, il fa con pena. Sicchè volendo la pace, egli si toglie lapace. Meglio è dunque a tôrre la propria volontà, e non pensare di sè niente; solo di vedere in sè compire la volontà di Dio e dell'Ordine santo, e compire l'obedienzia del suo prelato. Son certa che sarete aquilini, che imparerete dall'aquila vera. Così fanno gli uomini del mondo che si partono dalla volontà del loro Creatore: quando Dio permette a loro alcuna tribulazione e persecuzioni, dicono: «Io non le vorrei non tanto per la pena, quanto mi pare che siano cagioni di partirmi da Dio».
Ma sono ingannati: chè quella è falsa passione sepsitiva; che collaillusione del dimonio schifano la pena, e più temono la pena che l'offesa. Sicchè con ogni generazione usa questo inganno. Convienci adunque annegare questa volontà nostra. I secolari obedienti osservano i comandamenti di Dio; e i religiosi osservare i comandamenti e i consigli, come hanno promesso alla santa Religione. Orsù, figliuoli miei! Obedienti infino alla morte colle vere e reali virtù. Pensate, che tanto quanto sarete umili, tanto sarete obedienti; chè dalla obedienzia nasce la vena dell'umilità, e dall'umilità l'obedienzia; le quali escono dal condotto dell'ardentissima carità. Questo condotto della carità trarrete dal costato di Cristo crocifisso. Ivivoglio che la procacciate a questo modo per luogo e abitazione. Sapete che il religioso che è fuore della cella, èmorto, come il pesce che è fuore dell'acqua. E però vi dico la cella del costato di Cristo, dove troverete il cognoscimento di voi e della sua bontà.

Or vi levate con grandissimo e acceso desiderio; andate, intrate e state in questa dolce abitazione; e non sarà dimonio nè creatura che vi possa tôrre la Grazia, nè impedire che voi non giungiate al termine vostro, a vedere e gustare Dio. Altro non dico. Obedite infino alla morte, seguitando l'Agnello, che n'è via e regola. Bagnatevi nel sangue di Cristo crocifisso, nascondetevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Amatevi, amatevi insieme. Gesù dolce, Gesù amore.




XXXVII - A frate Niccolò di Ghida dell'ordine di Monte Oliveto

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
(Fatta in astrazione.) Dal conoscere i propri difetti, l'umiltà; dal conoscere l'amore di Dio, carità: dall'umile carità, l'odio del male con lo speranza del meglio. Due celle: del corpo, della mente. Due carità: la diritta che cerca il bene schiettamente; la troppo semplice per astuzia, che della ricerca del bene altrui fa tentazione all'anime nostre. Mali della dissipazione. Viviamo con noi e con gli scritti e gli esempi de' Grandi buoni. Il raccoglimento continuo ci è incessante comunione col sangue di Cristo.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi abitatore della cella del cognoscimento di voi, e della bontà di Dio in voi: la quale cella è una abitazione che l'uomo porta con seco duvunque va. In questa cella s'acquistano le vere e reali virtù, e singolarmente la virtù dell'umiltà, edell'ardentissima carità. Perocchè nel cognoscimento di noi l'anima s'umilia, cognoscendo la sua imperfezione, e sè non essere; ma l'essere suo il vede avere avuto da Dio. Poi, dunque, che cognosce la bontà del suo Creatore in sè, retribuisce a lui l'essere, e ogni grazia che è posta sopra l'essere: e così acquista vera e perfetta carità, amando Dio con tutto il cuore e tutto l'affetto, e con tutta l'anima sua. E come egli ama, concepe un odio verso la propria sensualità, in tanto che per odio di sè è contento che Dio voglia e sappia punirlo per qualunque modo si vuole delle sue iniquità. Questi è fatto subito paziente inogni tribolazione, o dentro o di fuore che l'abbia. Onde se egli l'ha dentro per diverse cogitazioni, egli le porta volontariamente, reputandosi indegno della pace e quiete della mente, la quale hanno gli altri servi di Dio: e reputasi degno della pena, e indegno del frutto che sèguita dopo la pena.

Questo d'onde gli procede? dal cognoscimento di sè santo. Colui che cognosce sè, cognosce Dio e la bontà di Dio in sè; e però l'ama. Di che si diletta allora quell'anima? Dilettasi di portare senza colpa per Cristo crocifisso; e non cura le persecuzioni del mondo nè le detrazioni degli uomini; ma il suo diletto è di portare ì difetti delsuo prossimo. E cerca di portare in verità le fadighe dell'Ordine, e innanzi morire che trapassare il giogo dell'obedienzia; ma sempre è suddito non tanto che al prelato, ma al più minimo, che n'è. Perocchè non presume di sè medesimo, reputandosi alcuna cosa: e però si fa veramente suddito ad ogni persona per Cristo crocifisso, non in subiezione di piacere nè di peccato, ma con umiltà e per amore della virtù. Egli fugge la conversazione del Secolo e de' secolari; e fugge il ricordamento de' parenti (non tanto che d'avere loro conversazione) siccome serpenti velenosi.
Egli è fatto amatore della cella, edilettasi del salmeggiare con umile e continua orazione; e hassi fatto della cella uno cielo. E più tosto vorrà starein cella con pene e con molte battaglie del dimonio, che fuore della cella in pace e in quiete. Onde ha questo cognoscimento e desiderio? Hallo avuto e acquistato nella cella del cognoscimento di sè: perocchè,se prima non avesse avuta questa abitazione della cella mentale, nè avrebbe avuto desiderio, nè amerebbe la cella attuale. Ma perchè vide e cognobbe in sè quanto era pericoloso il discorrere e star fuor di cella, però l'ama. E veramentoil monaco fuore della cella muore, siccome il pesce fuore dell'aequa. Oh quanto è pericolosa cosa al monaco l'andare a torno! Quante colonne abbiamo veduto essere date a terra, per lo discorrere e stare fuore della cella sua, di fuore del tempo debito ed ordinato! O quando il mandasse l'obedienzia o una stretta espressa carità, per questo l'anima danno non riceverebbe, ma per leggerezza di cuore, e per la semplice carità,la quale alcuna voltalo ignorante (per illusione del dimonio per farlo stare fuore della cella) egli adopera nel prossimo suo. Ma egli non vede che la carità si debba prima muovere di sè; cioè che a sè non debba fare male di colpa, nè cosa che gli abbia a impedire la sua perfezione, per neuna utilità che possa fare al prossimo suo. Perchè gli addiviene che per lo stare fuore della cella attuale gli è tanto nocivo? Perchè prima ch'egli esca dalla cella attuale, è uscito dalla cella mentale del cognoscimento di sè: perocchè se non fusse escito averebbe cognosciuta la sua fragilità, per la quale fragilità non faceva per lui l'andar fuore ma di stare dentro.

Sapete che frutto n'esce per l'andar fuore? Frutto di morte, perocchè la mente se ne svagola, pigliando la conversazione degli uomini, e abbandonando quella degli angioli. Votasi la mente de' santi pensieri di Dio, e empiesi del piacimento delle creature: con molte varie e malvage cogitazioni diminuisce la sollecitudine e la devozione dell'uffizio, e raffredda il desiderio nell'anima. Onde apre le porte dei sentimenti suoi; cioè l'occhio a vedere quello che non debba, e le orecchie audire quello che è fuore della volontà di Dio e salute del prossimo; la lingua a parlare parole oziose, e scordarsi del parlare di Dio. Onde fa danno a sè e al prossimo suo, tollendogli l'orazione, perocchè nel tempo che debbe orare per lui, egli va discorrendo; e tollegli anco la edificazione. Onde la lingua non sarebbe sufficiente a narrare quanti mali n'escono. E non se n'avvedrà se non n'ha cura: chè poco a a poco sdrucciolerebbe tanto, che si partirebbe dall'ovile della santa religione. E però colui che cognosce sè, vede questo pericolo; e però fugge in cella, ed ine empie la mente sua, abbracciandosi con la croce, con la compagnia de' santi dottori, i quali col lume soprannaturale, come ebbri, parlavano della larghezza della bontà di Dio, e della viltà loro; e innamoravansi delle virtù, prendendo il cibo dell'onore di Dio, e della salute dell'anime in su la mensa della santissima croce, sostenendo pena con vera perseveranzia infino alla morte.

Or di questa compagnia si diletta; e quando l'obedienzia il mandasse fuore, duro gli pare; ma stando di fuore, sta dentro per santo e vero desiderio. E in cella sinotrica di sangue, ed unisce col sommo ed eterno Bene per affetto d'amore. Egli non fugge nè rifiuta labore; ma come vero cavaliero, sta in cella in sul campo della battaglia, difendendosi da' nemici col coltello dell'odio e dell'amore, e collo scudo della santissima fede. E mai non volle il capo indietro, ma con speranza e col lume della fede persevera, infino che con la perseveranzia riceve la corona della gloria. Costui acquista la ricchezza delle virtù; ma non l'acquista nè compra questa mercanzia inaltra bottiga che nel cognoscimento di sè, della bontà di Dio in sè; per lo quale cognoscimento è fatto abitatore della cella mentale e attuale; perocchè in altro modo mai non l'averebbe acquistate.

Onde considerando me che altro modo non ci ha, dissi che io desideravo di vedervi abitatore della cella del cognoscimento di voi e della bontà di Dio in voi. Ma sapete che fuora della cella non l'acquisterete mai. E però voglio che voi strettamente torniate a voi medesimo, stando in cella; e lo star fuora della cella vi venga a tedio,di fuore da quello che vi pone l'obbedienzia e la estrema necessità. E l'andare alla terra vi paia andare a uno fuoco, e la conversazione de' secolari vi paia veleno. Ma fuggite a voi medesimo e non vogliate essere fatto crudele all'anima vostra. Figliuolo carissimo, io non voglio che dormiamo più ma destianci nel cognoscimento di noi, dove troveremo il sangue dell'umile e immacolato Agnello. Altro non vi dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Strettamente ci raccomandate al priore e a tutti gli altri. Gesù dolce, Gesù amore.





Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)