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IV - Ad un Monaco della Certosa essendo in carcere

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Non dà a divedere se lo creda colpevole o sottoposto agli arbitrii del rigore monastico. Arte delicata di prudenza, e di carità. Non lo giudica, lo conforta numerandogli le utilità del dolore. Vuole che esso giudichi sè, e del suo dolore faccia consolazione.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi, dilettissimo e carissimo fratello in Cristo Gesù, io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, scrivo, e confortovi nel prezioso sangue del Figliuolo suo; con desiderio di vedere il cuore e l'anima vostra unito e trasformato nel consumato amore del Figliuolo di Dio. Perocchè senza questo vero amore non possiamo avere la vita della Grazia, nè portare i pesi con buona e perfetta pazienzia. E questa vera carità non veggo, carissimo fratello, che possiamo avere, se l'anima non ragguarda lo inestimabile amore che Dio ha avuto a lui; e singolarmente vederlo svenato in sul legno della santissima croce, dove solo l'amore l'ha tenuto confitto e chiavellato.

Dicovi, carissimo fratello, che non sarà veruna amaritudine che non diventi dolce, nè si gran peso che non diventi leggiero. Ho inteso la molta fadiga e tribulazioni, le quali voi avete; cioè reputiamo noi, che siano tribulazìoni, ma se noi apriremo l'occhio del cognoscimento di noi medesimi, e della bontà di Dio, ci paranno grandi consolazioni. Del cognoscimento di noi, dico; cioè, che noi vediamo, noi non essere; e come siamo sempre stati operatori d'ogni peccato e iniquità. Perocchè quando l'anima ragguarda sè avere offeso il suo Creatore, sommo ed eterno bene, cresce in uno odio di sè medesima, intanto che ne vuole fare vendetta e giustizia; ed è contenta di sostenere ogni pena e fadiga per satisfare all'offesa che ha fatta al suo Creatore. Onde, grandissima grazia reputa che Dio gli abbia fatta, che egli il punisca in questa vita, e non abbia riservato a punire nell'altra, dove sono pene infinite. O carissimo fratello in Cristo Gesù, se noi consideriamo la grande utilità a sostenere pene in questa vita, mentre che siamo peregrini, che sempre corriamo verso il termine della morte, non le fuggiremo. Egli ora ne segue molti beni dallo stare tribolato. L'uno si è, che si conforma con Cristo crocifisso nelle pene e obbrobri suoi. Or che può avere maggiore tesoro l'anima che essere vestita dagli obbrobri e pene sue? L'altro si è, che egli punisce l'anima sua, scontando i peccati e i difetti suoi, fa crescere la grazia, e porta il tesoro nella vita durabile, per le sue fadighe, che Dio gli dà, volendola remunerare delle pene e fadighe sue.

Non temete, carissimo fratello mio, perchè vedeste o vediate che il dimonio, per impedire la pace e la pazienzia del cuore e dell'anima vostra, mandi tedi e tenebre nell'anima vostra, mettendovi le molte cogitazioni e pensieri. Ed eziandio parrà che 'l corpo vostro voglia essere ribello allo spirito. Alcuna volta, ancora, lo spirito della bestemmia vorrà contaminare il cuore in altre diverse battaglie; non perchè creda che l'anima caggia in quelle tentazioni e battaglie, perocchè già sa che egli ha deliberato d'eleggere la morte innanzi che offendere Dio mortalmente con la volontà sua; ma fàllo per farlo venire a tanta tristizia, parendogli offendere colà dove non offende che lasserà ogni esercizio. Ma non voglio che facciate cosi; perocchè non debba l'anima mai venire a tristizia per neuna battaglia che abbia, nè lassare mai veruno esercizio, o officio, o altra cosa. E se non dovesse fare altro, almeno stare dinanzi alla croce, e dire: Gesù, Gesù! Io mi confido in domino nostro Jesu Christo. Sapete bene: perchè vengano le cogitazioni, e la volontà non consente, anco vorrebbe innanzi morire, non è peccato: ma solo la volontà è quella cosa che offende.

Adunque vi confortate nella santa e buona volontà, e non curate le cogitazioni: e pensate, che la bontà di Dio permette alle dimonia che molestino l'anima vostra per farci umiliare e ricognoscere la sua bontà, e ricorrere dentro a lui nelle dolcissime piaghe sue, come il fanciullo ricorre alla madre. Perocchè noi benignamente saremo ricevuti dalla dolce madre della Carità. Pensate che egli non vuole la morte del peccatore; ma vuole che si converta e viva. é tanto smisurato amore, che 'l muove a dare le tribolazioni, e permettere le tentazioni quanto le consolazioni; perocchè la sua volontà non vuole altro che la nostra santificazione. E per darci la nostra santificazione, diè sè medesimo a tanta pena, e all'obbrobriosa morte della santissima croce. Permanete dunque nelle piaghe dolci di Gesù Cristo, e nella santa dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




V - A Misser Francesco da Montalcino dottore in legge civile

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
A lui infermo raccomanda pazienza con argomenti dedotti e dalla fede, e dalla ragione naturale, e dall'autorità, e dall'esperienza della vita e dell'anima umana; ragioni esposte con quella parsimonia faconda, che è più efficace dell'appariscente eloquenza.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Dilettissimo fratello in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fondato nella vera e santa pazienzia; considerando me, che senza la pazienzia non potremmo piacere a Dio, anco gustaremmo l'arra dell'inferno in questa vita.

Oh quanto sarebbe semplice l'uomo che voglia gustar l'inferno colà dove può aver vita eterna! Che se io considero bene, in vita eterna non è altro che una volontà pacifica, accordata e sottoposta alla volontà dolce di Dio: che non possono desiderare nè volere se non che quello ch'esso Dio vuole; e ogni diletto che hanno i veri gustatori, è fondato sopra questa volontà pacifica. Così per lo contrario coloro che sono nell'inferno, li arde e li consuma la mala volontà perversa, nella quale volontà ricevono crudeli tormenti, con impazienzia, odio, e rancore; con essi si rodono e si contristano. E di tutto questo si fa degna la ignoranzia e cecità dell'uomo: che se fosse stato savio in questa vita, mentre ch'egli era nel tempo della Grazia, cioè che era atto a ricevere la Grazia, se egli avesse voluto, avrebbe schifata questa cecità e ignoranzia. O fratello carissimo, accordatevi con li veri gustatori, che in questa vita cominciano a gustare Dio facendo una volontà con lui. Perocchè in altro non sta la pena nostra, se non in volere quello che non si può avere. Se la volontà ama onore, ricchezze, delizie e stati, o sanità di corpo; se le vuole e desidera con disordinato affetto, ed egli non le può avere, ma spesse volte perde di quelle ch'egli ha; n'ha pena grandissima, perchè sè ama troppo disordinatamente. Sicchè la volontà è quella che gli dà pena: ma tolletemi via la volontà propria, e sarà tolta ogni pena.

In che modo ce la potremo tollere? Che noi ci spogliamo di questo uomo vecchio di noi medesimi, e vestianci dell'uomo nuovo dell'eterna volontà del Verbo, Dio e uomo. E se voi cercate che vuole questa dolce volontà, dimandatene a Paolo, che dice, che non vuole altro che la nostra santificazione. E ciò ch'egli ci dà o permette a noi, o pena o infermità, per qualunque modo elle siano, egli le dà e permette con grande misterio per nostra santificazione e necessità della salute nostra.

Adunque non dobbiamo essere impazienti di quello che è nostro bene: ma con uno grande ringraziamento, e reputandoci indegni di tanta grazia quanta è a sostener pena per Cristo crocifisso; cioè reputarci indegni del frutto che seguita dopo la fadiga, facendoci degni della fadiga per dispiacimento e odio di noi medesimi, e di questa parte sensitiva che ha ribellato e offeso il suo Creatore. E se noi dicessimo: «questa sensualità non pare che si voglia accordare a portarle»; - poniamo il freno con una santa e dolce memoria di Cristo crocifisso, lusingandola e minacciandola dicendo: «porta oggi, anima mia. Forse che domane sarà terminata la vita tua. Pensa che tu debbi morire, e non sai quando». E se noi ragguardiamo bene, tanta è grande la fadiga, quanto è 'l tempo; e 'l tempo dell'uomo è quanto una punta d'aco, e più no. Adunque come diremo che veruna fadiga sia grande? Non è da dirlo: ch'ella non è. E se questa passione sensitiva volesse pure alzare il capo, metti a lei il timore e l'amore addosso, dicendoli: «guarda, che il frutto dell'impazienzia è la pena eternale; e nell'ultimo dì del giudicio sosterrai pena con meco insieme. Meglio t'è dunque a volere quello che Dio vuole, amando quello ch'egli ama, che a volere quello che vogli tu, amare te medesimo d'amore sensitivo. Virilmente io voglio che tu porti, pensando che non sono condegne le passioni di questa vita a quella futura gloria che Dio ha apparecchiata a coloro che il temono, e che si vestono della dolce volontà sua».

Poi pensate, dolce fratello e padre, che quando l'anima sè ha tenuto così bene a ragione, ed ella apre l'occhio del cognoscimento, e vede, sè non essere, perchè ogni essere che ha, procede da Dio. Truova la sua inestimabile carità, che per amore, e non per debito, l'ha creata all'immagine e similitudine sua, perchè ella goda e partecipi la somma eterna bellezza di Dio, che per altro fine non l'ha creata. Questo ci mostra la prima eterna Verità; che egli non creò l'uomo per altro fine.

Quando in sul legno della santissima croce morì per renderci quel fine il quale avevamo perduto, svenò ed aperse il corpo suo, che da ogni parte versava abbondanza di sangue, con tanto fuoco d'amore, che ogni durezza di cuore si dovrebbe dissolvere, ogni impazienzia levare, e venire a perfetta pazienzia. Non è veruna cosa sì amara, che nel sangue dell'Agnello non diventi dolce; nè si grande peso, che non diventi leggero.

Or non dormiamo più: ma questo punto del tempo, che c'è rimaso, corretelo virilmente, attaccandovi al gonfalone della santissima croce con buona e santa pazienzia; pensando che il tempo è poco, e la fadiga è quasi non covelle; e 'l prezzo e 'l frutto è grande. Non voglio che schifiate il gran bene per piccola fadiga: chè per dolersi e lagnarsi non si sollevano le fadighe; anco si raddoppia la fadiga sopra fadiga; perchè io pongo la volontà in volere quello che io non posso avere.

Vestitevi, vestitevi di Cristo dolce Gesù; che è sì forte vestimento, che non dimonia nè creatura vel può tollere, se voi non volete. Egli è somma eterna dolcezza, che dissolve ogni amaritudine. In lui si gusta ogni dolcezza; in lui s'ingrassa e sazia l'anima per sì fatto modo che ogni cosa, fuore di Dio, reputa sterco e loto. Dilettasi delli obbrobri, delli strazi e villanie; e non vuole altro, che conformarsi con Cristo crocifisso. Ine ha posto l'affetto, e ogni sua sollecitudine: e tanto gode, quanto si vede in pene; perocchè vede che quella è la via dritta. Veruna altra è che faccia tanto conformare con Cristo crocifisso, quanto la via delle dolci pene.

Voglio che mi siate un cavaliero virile, che per Cristo crocifisso none schifiate il colpo della infirmità. Pensate quanto è la grazia divina, che nel tempo della infirmità pone freno a molti vizi e difetti, i quali si commetterebbero avendo la sanità; e sconta e purga i peccati commessi, e' quali meritano pena infinita: e Dio per la sua misericordia li punisce con pena finita. Orsù, virilmente, per l'amore di Cristo crocifisso. Conficcatevi in croce con Cristo crocifisso, dilettatevi nelle piaghe di Cristo crocifisso. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.





VI - A Monna Lapa, sua madre.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
La conforta a pazienza del sacrifizio della sua figliuola diletta. Nel faticare in bene degli uomini pone l'onore di Dio.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi vera serva di Cristo crocifisso; fondata in vera pazienzia: perocchè senza la pazienzia non possiamo piacere a Dio. Nella pazienzia mostriamo il desiderio dell'onore di Dio e della salute dell'anime. E ancora dimostra che l'anima è conformata e vestita della dolce volontà di Dio; perocchè d'ogni cosa gode, ed è contenta di ciò che le avviene; onde, la creatura, essendo vestita di così dolce vestimento, ha sempre pace, ed è contenta di sostenere pena per gloria e loda del nome di Dio. E dona sè e i figliuoli, e tutte le cose sue, e la vita per onore di Dio. Or così voglio che facciate voi, carissima madre; cioè, che tutta la vostra volontà, e me indegna miserabile vostra figliola, offeriate al servizio e onore di Dio, e salute dell'anime, con vera e buona pazienzia; notricandovi del frutto della santissima croce col dolce innamorato e umile Agnelllo. E a questo modo neuna cosa vi parrà fadiga. Spogliatevi del proprio amore sensitivo; perocchè egli è tempo di dare l'onore a Dio e la fadiga al prossimo. Essendo spogliata del proprio amore, anderete con diletto, e non con fadiga. Non dico di più. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.






VII - Al Cardinal Pietro d'Ostia.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Non l'amor proprio, ma la carità regge i popoli, e vince.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso, e di Maria dolce.

Carissimo e reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi legato nel legame della carità siccome sete fatto Legato in Italia, secondo che ho inteso; della quale cosa ho molto singolare letizia; considerando me, che voi per quello ne potrete fare assai l'onore di Dio, e il bene della santa Chiesa. Ma pur per questo legame, senza altro legame, non fareste questa utilità: e però vi dissi che io desideravo di vedervi legato nel legame della carità; perocchè voi sapete che nessuna utilità di grazia nè a noi nè al prossimo possiamo fare senza carità. La carità è quello dolce e santo legame, che lega l'anima col suo creatore: ella lega Dio nell'uomo, e l'uomo in Dio. Questa carità inestimabile tenne confitto e chiavellato Dio-e-uomo in sul legno della santissima croce; costei accorda i discordi; questa unisce li separati; ell'arricchisce coloro che sono poveri della virtù, perocchè dà vita a tutte le virtù: ella dona pace, e tolle guerra; dona pazienzia, fortezza e lunga perseveranzia in ogni buona e santa operazione; e non si stanca mai, e non si tolle mai dell'amore di Dio e del prossimo suo, nè per pena nè per strazio nè per ingiuria nè per scherni nè per villania.
Ella non si muove per impazienzia nè a delizie nè a piacimenti che il mondo gli potesse dare con tutte le lusinghe sue. Chi l'ha, è perseverante e giammai non si muove, perocchè egli è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; cioè, che ha imparato da lui ad amare il suo creatore; seguitando le vestigie sue. In lui ha letta la regola e la dottrina, che gliconviene tenere; perocchè egli è via, verità e vita: onde chi legge in lui, che è libro di vita, tiene per la via dritta,e attende solo all'onore di Dio, e alla salute del prossimo suo. Così fece esso Cristo dolce Gesù, e non ritrasse questo amore dall'onore del Padre e dalla salute nostra, nè per pena nè per tormenti, nè per lusinghe che gli fussero fatte, nè per ingratitudine nostra: ma perseverò infino all'ultimo, che egli ha compito questo desiderio, e compito la operazione che gli fu messa in mano dal Padre, cioè di ricomprare l'umana generazione; e così adempiè l'onore del Padre e la salute nostra.

Or in questo legame e amore voglio che seguitiate, imparando dalla prima e dolce Verità, il quale v'ha fatta la via, che vi dà vita, e e havi data la forma e la regola, e insegnata v'ha la dottrina della verità. Voi dunque, come vero figliuolo e servo ricomprato dal sangue di Cristo crocifisso, voglio che seguitiate le vestigie sue, con un cuore virile e con sollecitudine pronta; non straccandovi mai nè per pena nè per diletto: ma perseverare insino al fine in questa e in ogni altra operazione che voi pigliate a fare per Cristo crocifisso. Attendete a stirpare le iniquitadi e le miserie del mondo, de' molti difetti che si commettono; li quali tornano in vituperio del nome di Dio. E però voi, come affamato dell'onore suo e della salute del prossimo, adoperate ciò che voi potete per rimediare a tanta iniquità. Son certa che essendo voi nel legame dolce della carità, voi userete la legazione vostra, la quale avete ricevuta dal vicario di Cristo, per lo modo che detto è; ma senza il primo legame della carità, questo non potete usare, nè farlo per quello modo che dovete. E però vi prego che vi studiate d'avere in voi questo amore. E legatevi con Cristo crocifisso, e con vere e realì virtù seguitate le sue vestigie; e col prossimo vi legate per fatto d'amore.

Ma io voglio che noi pensiamo, carissimo padre, che se l'animo nostro non è spogliato d'ogni amore proprio e piacere dì sè e del mondo, non può mai pervenire a questo vero e perfetto amore e legame di carità. Perocchè è contrario l'uno amore all'altro: e tanto è contrario, che l'amore proprio ti separa da Dio e dal prossimo; e quello ti unisce: questo ti dà morte, e quello vita: questo tenebre, e quello lume: questo guerra, e quello pace: questo ti stringe il cuore, che non vi capi nè tu nè 'l prossimo; e la divina carità il dilarga, ricevendo in sè amici e nemici, e ogni creatura che ha in sè ragione; perocchè s'è vestito dell'affetto di Cristo, o però sèguita lui. L'amore proprio è miserabile, e partesi dalla giustizia, e commette le ingiustizie, e ha uno timore servile, che non gli lassa fare giustamente quello che debbe, o per lusinghe o per timore di non perdere lo stato suo. Questa è quella perversa servitudine e timore che condusse Pilato ad uccidere Cristo.
Onde questi cotali non fanno giustizia, ma ingiustizia; e non vivono giustamente nè virtuosamente e con affetto di divino amore, ma ingiustamente e viziosamente con amore proprio tenebroso.

Questo cotale, dunque, amore voglio che sia al tutto tolto da voi, e siate fondato in vera e perfetta carità, amando Dio per Dio, in quanto egli è degno d'essere amato, perchè è somma ed eterna Bontà, e amando voi per lui, e il prossimo per lui, e non per rispetto di propria utilità. Or cosi voglio, padre mio, Legato del nostro signore lo Papa, che voi siate legato nel legame della vera e ardentissima carità; e questo desidera l'anima mia di vedere in voi. Altro non dico. Confortatevi in Cristo dolce Gesù; e siate sollecito, e non negligente, in quello che avete a fare: e a questo m'avvedrò se voi sarete legato, e se avete fame di vedere levato il gonfalone della santissima croce. Permanete nella santa e dolce dilezione dì Dio. Gesù dolce, Gesù amore.




VIII - A Frate Giusto, Priore in Montoliveto.

Proemio, di Niccolò Tommaseo:
Imitare Gesù nel desiderio amoroso del bene delle anime. Senza intelligenza non c'essere amore. Eserciti il priore la sua intelligenza e la carità nel non respingere un nato d'amore illegittimo. Preghiera e rimprovero sapiente.

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo Padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi mangiatore e gustatore dell'anime, imparando dalla prima dolce Verità che per fame e sete che aveva d'ansietato desiderio della salute nostra, gridava in sul legno della santissima croce, quando disse Sitio. Quasi dica: Io ho più sete e desiderio della salute vostra, che con questa pena finita mostrare non vi posso. Perchè la pena della sete del santo desiderio è infinita, e la pena sua è finita: sicchè cidimostra la sete ch'egli ha dell'umana generazione, poniamo che anco corporalmente fusse afflitto di sete. O dolce e buono Gesù, insiememente manifesti la sete, e dimandi che ti sia dato bere. E quando è che dimandi bere all'anima? allora quando ci mostri l'affetto e la carità tua, Signor mio. Vedete bene, carissimo padre, che il sangue ci manifesta l'amore ineffabile; che per amore ha donato il sangue, e con esso amore ci chiede bere. Cioè che colui che ama, richiede d'essere amato e servito.

Cosa convenevole è, che colui che ama sia amato. Allora dà bere l'anima al suo creatore, quando gli rende amore per amore. Ma non gli può rendere per servizio che possa fare a lui, ma col mezzo del prossimo: e però si volge l'anima con tanta sollecitudine a servire al prossimo suo in quel servizio che vede che più piace a Dio; e in quello si esercita. E sopra tutti quanti gli altri serviziche piacciono al nostro Salvatore, si è di trarre l'anime delle mani del dimonio, trarle dello stato del secolo, della bocca delle vanità del mondo, e reducerle allo stato santo della religione. E non tanto che sia da lassarli e fuggirli, quando con tanto desiderio vengono; ma gli è da mettersi alla morte del corpo per potergli ritrarre. E questo è quello santo beveraggio il quale chiede il Figliuolo di Dio su la Croce. E non doviamo essere negligenti a dargli, ma solleciti; poi chè vedete bene che per questa sete muore. E non doviamo fare come fecero i Giudei che gli dierono aceto e fiele. Allora riceve aceto e fiele da noi, quando noi stiamo in uno amore proprio sensitivo, una negligenzia radicata in uno parere e piacere del mondo, con poca vigilia e orazione, con poca fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime. Veramente questo è uno aceto e uno fiele mescolato con grande amaritudine: della quale amaritudine è suo il dispiacere; perchè gli dispiace; e a noi torna l'amaritudine e' l danno. Che adunque ci è bisogno di fargli a non dargli questo bere? non ci è bisogno altro che l'amore: e l'amore non si può avere se non dall'amore. E col lume si leva l'amore a tirare a sè l'amore: cioè che levando l'occhio dell'intelletto nostro con affetto e desiderio, ponsi nell'obietto di Cristo crocifisso, il quale obietto ci ha manifestata la volontà e l'amore del Padre eterno, col quale ci creò, solo per questo fine, perchè avessimo vita eterna.

Il Sangue del Verbo dell'unigenito Figliuol di Dio ci manifesta questo amore, il fine per lo quale fummo creati. Allora l'affetto nostro avendo aperto l'occhio dell'intelletto nell'affetto di Cristo crocifisso trae a sè l'amore; e trovasi amare quello che Dio ama, e odiare quello ch'Egli odia. E perchè il peccato è fuora di Dio, l'ha in tanto odio e dispiacere, che non tanto che si diletti d'esso peccato, ma egli darebbe mille vite corporali, se tante ne avesse, per campare l'anime del peccato mortale.Datemegli bere, carissimo padre: che vedete con quanto amore ve ne chiede. Crescetemi uno desiderio santo e buono verso questo grazioso cibo. E non mirate mai per veruna dignità, nè per bassezza, nè per grandezza; nè per esser legittimi, nè illegittimi: chè il Figliuolo di Dio, le cui vestigie ci conviene seguitare, non schifò nè schifa maì persona per veruno stato nè altra generazione, nè giusti nè peccatori; ma agguagliatamente ogni creatura che ha in sè ragione, riceve con amore, purchè sì voglia levare dal fradiciume del peccato mortale, dalla vanità del secolo, e tornare alla Grazia. Questa è quella dottrina che è data da lui. E poniamochè la sia data a tutti, molto maggiormente è data a voi e agli altri governatori e ministri dell'Ordine.

Chè quando delle buone piante vi vengono alle mani e vengono con fame e desiderio dell'Ordine, e per amore della virtù escono del secolo e corrono al giogo dell'obbedienzia; non è da fuggirle, nè da schivarle per veruna cosa. E siano nati come si voglia; chè non spregia Dio l'anima dì colui che è conceputo in peccato mortale, più che di quello che è conceputo nell'atto del sacramento del Matrimonìo. Egli è accettatore de' santi e buoni desiderii, il Dio nostro. E però io vi prego e voglio che questa pianta novella, la quale il priore vì mandò, chiedendo che fosse ricevuta all'ordine, voi il riceviate caritativamente: chè egli ha una santa e buona volontà; e la condizione naturale è anco buona: e ha posto per amore l'affetto alla religione, e singolarmente lo Spirito Santo il chiama all'Ordine vostro. Non dovete, e io so che non volete, far resistenzia allo Spirito Santo. Meravigliomi molto che la risposta venne del no; e honne avuta grande ammirazione. Forse che fu difetto di chi fece l'ambasciata, che non seppe forse meglio fare: non che egli adoperasse altro che bene; ma non seppe più.

Ora vi prego per l'amore di Cristo crocifisso che voi al tutto vi disponiate a riceverlo; che sarà onore di Dio e dell'Ordine. E non mel lassate, perocchè gli è un buono giovine; e se non fusse buono, io non vel manderei. E questo vi domando per grazia; e per debito il dovete fare secondo l'ordine della carità. A chi viene a voi a chiedervi bene, non ne siate scarso: datenegli. A questo mi avvedrò se sarete in su la croce, cioè a dare bere all'assetato che vi chiede bere: che per altra via non veggo che potiamo essere piacevoli a Dio. E però dissi ch'io desideravo di vedervi affamato gustatore e mangiatore del cibo dell'anime per l'onore di Dio. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio.

Gesù dolce, Gesù amore.



 

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)