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CXXIV  (124)- A misser Matteo, Rettore della casa della misericordia di Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi bagnato e annegato nel sangue di Cristo crocifisso, il quale sangue inebria l'anima sì e per siffatto modo, che al tutto perde sè medesimo. Di sè non vuole che rimanga alcuna particella, fuori del sangue cioè nè tempo, nè luogo, nè consolazione, nè tribolazione, nè ingiurie, nè scherni, nè infamie, nè villanie, nè veruna altra cosa, da qualunque altro lato ella viene; nè per sè nè per altrui, non le vuoleeleggere a suo modo, nè con veruno suo parere; ma al tutto si sottopone alla volontà di Dio, la quale trova nel sangue di Cristo. Perché il sangue manifesta la dolce sua volontà, che non cerca nè vuole altro che la nostra santificazione; e ciò che dà e permette, è dato a noi per questo fine: per amore è dato, acciocchè siamo santificati in lui. Così s'adempie la sua verità. La sua verità è questa: che ci creò per gloria e loda del nome suo, e perché noi partecipassimo della sua beatitudine e la sua inestimabile carità, la quale perfettamente si gusta e riceve nella visione di Dio. Or questo ha cognosciuto l'anima, e veduto con l'occhio dell'intelletto la volontà del Padre eternonel sangue del Figliuolo: e questa è la ragione che l'anima annegata nel sangue, alluminata della dolce volontà di Dio, la quale ha trovato nel sangue, non ha mai pena, e non va a suo modo, nè sè nè altri vuole mandare secondo i suoi pareri. E però non ha pena di chi non viva,... perché gli ha al tutto perduti. Ma a che attende di fare? Quello medesimo che trova nel sangue. Che trova nel sangue? l'onore dei Padre Eterno e la salute dell'anime. Perché questo Verbo non attese mai ad altro; posesi in su la mensa della croce a mangiare il cibo dell'anime, non schifando pene.

Adunque noi, membri, gittiamo a terra noi: nutrichianci del sangue dello svenato e consumato Agnello. Facendolo, abbiamo la vita, e gustiamo l'arra di vita eterna: abbiamo lume, e perdiamo la tenebra nel lume, perdiamo ogni scandolo e mormorazione; chè non giudichiamo nè con colore di male nè con colore di bene. Ma come noi siamo annegati e perduti nel sangue, così anneghiamo e perdiamo altrui, tenendo di fermo che lo Spirito Santo li guidi. Il contrario di coloro che hanno provato alcuna cosa, e non sono al tutto perduti; spesse volte stanno in grandi pene, facendosi giudici de' costumi e de' modi de' servi di Dio, vengono a scandalo e mormorazione; e fanno mormorare spesse volte, participando con altrui le pene e' pareri loro. I quali pareri si debbono smaltire nel sangue, o con la propria persona di cui gli pare, senza mettere mezzo di diverse creature. Se fusse alluminato e annegato nel sangue, il farebbe: ma perché non è anco in quella grande perfezione della volontà annegata, che si richiede nel servo di Dio, poniamochè sia al tutto perduta nel mondo, rimangli de' pareri spirituali. E però nol fa, trovasi ignorante, e per laignoranzia viene in molti difetti e inconvenienti.

Adunque corriamo, carissimo e dolcissimo figliuolo; gittianci tutti nel glorioso e prezioso sangue di Cristo: e non rimanga punto fuori di noi. E con debita reverenzia e pazienzia portate ogni fadiga, ingiurie e mormorazioni e ogni altra cosa; i servi di Dio con amore e reverenzia consigliando; e non mormorando nè affermando veruno nostro parere di loro. E per questo modo saremo materia e strumento di tôrre le mormorazioni, e non di darle. Or così facciamo; e non si faccia; altro che nel sangue. Non vedo che altro si possa fare; e però dissi, ch'io desideravo di vedervi inebriato del sangue di Cristo crocifisso, perché pare che sia di bisogno e di necessità. Così voglio che noi facciamo: e specialmente vi prego e costringo che ne preghiate la prima verità per me (che n'ho bisogno) che mi vi anneghi e mi vi affoghi per siffatto modo, ch'io riceva lume perfetto a cognoscere e vedere le pecorelle mie, le perdute e le acquistate; sicchèio me le ponga in su la spalla, e ritorni all'ovile con esse.Grande ignoranzia della pecorella è a non cognoscere il pastore suo alla voce. Tanto tempo avete udita la voce del pastore che quasi ne dovreste essere maestri; e pare che facciate il contrario, andando dietro alle voci vostre,balando, e non sapendo voi quello che vi diciate. Andate dietro al giudicio e consigli umani: pare che tutti abbiate perduto il lume della Fede, come se il pastore che v'ha data la voce, e vuole dare la vita per la salute vostra,vi chiamasse con altra voce, cioè con quella dell'uomo e non con la divina, e dolce volontà di Dio: dalla quale non si può scordare l'anima per veruno detto di creature nè per ignoranzia delle pecorelle, che non la compia in sè ed in altrui. Così fece il dolcissimo Gesù, che non lasciò per lo scandalo e mormorazione dei Giudei, nè per ingratitudine nostra, che non compisse l'onore del Padre e la salute nostra: così debbe fare cui Dio ha posto, che sèguiti questo agnello; non vollere il capo addietro per veruna cosa che sia. E se le inferme pecorelle, che debbono essere sane, mormorano come inferme; non debbe però il pastore lassare coloro che stanno a fine di morte, vedendo di potere loro dare la vita, coloro che sono tutti ciechi, per loro che hanno male negli occhi. Non dovete fare così; ma imparate dai discepoli santi; che chi andava e chi rimaneva, secondo che vedevano più l'onore di Dio. Dobbiamo credere che a chi rimaneva ed a chi andava, si suscitavano infinite mormorazioni; e chi andava, non lassava però d'adoperare l'onore di Dio; e chi rimaneva, non si scordava però della pazienzia e del lume della Fede, e non perdeva la memoria del ritenere e del ricordare della voce del suo pastore. Anco, si fortificano con allegrezza; perché quanto è maggiore lo scandalo, tanto è più perfetta l'operazione che si fa. Adunque siate pecorelle vere; e non temete dell'ombre vostre. Nè crediate ch'io lassi le novantanove, per l'una. Io vi dico cotanto, che delle novantanove per ognuna delle novantanove io n'ho novantanove; le quali ora non si vedono se non dalla divina Bontà, che 'l sa, Carità increata, il quale per occulto frutto fa portare la fadiga dell'andare, la gravezza dell'infirmità, il peso degli scandali e mormorazioni. Di tutto sia gloria e loda al nome di Dio. Sicchè l'andare e lo stare non s'è fatto, se non secondo la sua volontà, e non secondo quella degli uomini.

La gravezza del corpo, che io ho avuta, e ho, e principalmente la volontà di Dio, m'ha tenuta ch'io non sono tornata. Il più tosto che si potrà e lo Spirito Santo cel permette, torneremo. Godete dello stare e dell'andare; e tutte le vostre cogitazioni si riposino quì su, tenendo cheogni cosa fa e farà la Divina Provvidenzia. Se non ch'io sono colei che guasto ciò che Egli fa e adopera per la moltitudine delle iniquità mie; e così fo danno a voi e a tutto quanto il mondo. Pregovi quanto io so e posso, che preghiate Dio che mi dia lume perfetto, sicchè io vada morta per la via della verità. Altro non dico. Confortatevi in Cristo dolce Gesù. E a tutti ci raccomandate, singolarmente al Baccelliere, e a Frate Antonio... Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXV - A madonna Nera priora delle mantellate di Santo Domenico, quando essa Caterina era alla rocca d'Agnolino

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima madre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi fare come fa il buono pastore, il quale pone la vita per le pecorellesue. Così dovete fare voi, carissima madre; cioè, attendere all'onore di Dio e alla salute delle pecorelle che egli v'ha messe nelle mani: e non con negligenzia, perocchè ne sareste ripresa da Dio; ma con buona sollecitudine, perdendo ogni amore proprio e parere delle creature.

Sapete, carissima madre, che colui che ama sè sensualmente, se egli è Prelato, mai non corregge, perocchè sempre teme; e se egli corregge, corregge secondo il parere delle creature, e spesse volte non secondo verità; o tale volta secondo il suo parere proprio, perché non ti piaceranno molte volte i costumi loro. Non si dee fare così; perocchè molte sono le vie, i modi che Dio tiene co' servi suoi: basta a noi che noi gli vediamo che vogliono seguitare Cristo crocifisso. Onde sarebbe più tosto ingiustizia, che giustizia; perocchè non si debbono correggere secondo i nostri pareri, ma secondo i difetti che noi troviamo; e dolcemente levare l'affetto nostro all'onore di Dio; e aprire l'occhio dello intelletto sopra isudditi, e a ogni uno dare secondo che ha bisogno. Onde altro modo si dee tenere con le meno perfette, e altro con le più perfette, e sapere conscendere a bisogni loro, sempre tenendo fermo il correggere i difetti, quando voi gli vedete: e non lassate, per veruna cosa che sia, che non si correggano. Spero nella infinita e inestimabile carità di Dio che voi il farete. Aprite l'occhio dello intelletto, e ragguardate l'affetto dell'Agnello immacolato confitto e chiavellato in croce; e troverete che questo vero maestro ha posto la vita per le pecorelle sue; e con quanto amore e dilezione ha conversato, portando e sopportando noi miserabili, sempre attendendo all'onore del Padre e alla salute nostra perfettamente. Così spero, per la sua bontà, che farete voi, dolcissima madre; e non lasserete per la ingratitudine di noi miserabili figliuole e ditutto il nostro collegio, nè per mormorazioni o detto nelle creature, nè per malizia del dimonio, che si pone in su le lingue loro a dire quello che non debbono, per impedire l'onore di Dio e la salute dell'anime. Adoperate dunque ció che si può, e trapassate tutte queste cose senza veruno timore. Lo intelletto e l'affetto vostro non si parta mai dalla verità, perocchè altro non desiderate di volere, se non che Dio sia onorato, e le figliuole vostresiano specchio di virtù. Allora Dio adempirà il desiderio vostro, e sarete consolata di loro e di voi medesima: perocchè quando altri adopera una virtù, sempre v'ha gaudio e consolazione. Or così fate dunqne, per l'amore di Gesù Cristo crocifisso. Altro non dico. permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVI - A monna Alessia e a monna Cecca

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissime figliuole in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù per sì fatto modo che non volliate mai il capo a dietro a mirare l'arato. Il quale mirare s'intende in due modi: l'uno si è quando la persona è uscita dal fracidume del mondo, e poi volle il capo col diletto della propria volontà, ponendo l'occhio dell'intelletto sopra di loro. Costui non va innanzi; anco, torna indietro verso il vomito, mangiando quello che prima aveva vomitato. E però disse Cristo che neuno si debba vollere indietro a mirare l'arato; cioè non vollersi a mirare le prime delizie, nè ragguardare alcuna operazione fatta per sè medesimo; ma ricognoscerla dalla divina bontà. Sicchè dunque debbe andare innanzi con la perseveranzia delle virtù, e debbe non vollersi indietro, ma dentro nel cognoscimento di sè medesimo, dove trova la larghezza della bontà di Dio. Il quale cognoscimento spoglia l'anima del proprio amore, e vestela d'odio santo e d'un amore divino, cercando solo Cristo crocifisso, e non le creature, nè le cose create, nè sè medesimo sensitivamente, ma solo Cristo crocifisso, amando e desiderando li obbrobri suoi. Se questo cotale è esercitato e ha dibarbicata la radice dell'amore proprio, va innanzi, e non volle il capo indietro. Ma se al tutto non fusse dibarbicata spiritualmente, temporalmente caderebbe nel secondo vollere del capo.

E sai, quando si volle questa seconda volta? Non alle delizie del mondo; ma quando l'anima avesse cominciato a metter mano ad arare la grande perfezione. La quale perfezione principalmente sta, in tutto, in annegare e in uccidere la volontà sua; e più nelle cose spirituali chenelle temporali; perocchè le temporali le ha già gittate da sè; ma abbiasi cura delle spirituali. In questa perfezione ama l'anima in verità il Creatore suo, e le creature per lui, più e meno, secondo la misura con che essi amano. Dico dunque, che se la radice non è al tutto divelta dell'amore proprio di sè, che vollerà la seconda volta il capo indietro e offenderà la sua perfezione. Perocchè o egli l'offende, amando la creatura senza modo e senza misura si debbe dare solamente a Dio; ma la creatura, amarla con modo, e con la misura del suo Creatore. O egli si volle ad allentare l'amore verso la creatura, la quale esso amò di singolare amore: il quale allentare, non essendovi la cagione della colpa verso la cosa amata, non può essere che non allenti quello di Dio; ma movendosi per mormorazioni o scandali, o per dilungamento della presenzia di cui egli ama, o per mancamento di propria consolazione, non è senza difetto. Questi cotali vollono il capo indietro, allentando la carità verso del prossimo suo.

Non è dunque questa la via; ma la perseveranza. E però dissi, ch'io desideravo di vedervi costanti e perseveranti nelle virtù, considerando me, che voi eravate andate tra' lupi delle molte mormorazioni; e perché pare che non sia veruno che sia sì forte che non indebilisca. Perocchè io ho veduto vollere in dietro quegli, del quale io pensava ch'egli avesse fatti sì fatti ripari contra ognivento, che neuno il potesse nuocere infino alla morte; non credevo che punto vollesse la faccia, e non tanto la faccia, ma la miratura dell'occhio. Veramente questo è segno che la radice non è divelta, perocchè, se ella fusse divelta, faremmo quello che debbono fare i veri servi di Dio, i quali nè per spine nè per triboli, nè per mormorazione, nè per consigli delle creature nè per minacce nè per timore de' parenti si vollono mai indietro; ma in verità seguiteremmo Cristo crocifisso in carcere, ed in morte; e seguiteremmo le vestigie sue, non senza il giogo della vera e santa obedienzia dell'Ordine.

Di questo non dico, perocchè se egli volesse, io non vorrei; ma di fuore da questo, me ne doglio non per me, ma per l'offesa che è fatta alla perfezione dell'anima; perché verso di me fanno bene. Perocchè mi dà egli e gli altri materia di cognoscere la mia ignoranzia e ingratitudine, di non avere cognosciuto, nè cognosca il tempo mio e le grazie ricevute dal mio Creatore. Sicchè a me fanno aumentare la virtù. Ma non ho voluto tacere, perocchè la madre è obbligata di dire a'figliuoli quello lor bisogna. Parturito è stato egli, e gli altri con molte lagrime e sudori; e parturirò infino alla morte, secondo che Dio mi darà la grazia in questo tempo dolce della sollicitudine data a me e a questa povera famigliola della prima dolce Verità. E pare che di nuovo voglia che si fornisca la navicella dell'anima mia, ricevendo solo la satisfazione del mio Creatore, con l'esercizio di cercare ecognoscere la dolce Verità, con continue mugghia e orazioni nel cospetto di Dio per la salute di tutto quanto il mondo. Dio ci dia grazia, a voi e a me, e ad ogni persona, di farlo con grande sollicitudine.

Raccomandateci a Teopento, che preghi Dio per noi, ora che egli ha il tempo della cella: perocchè siamo peregrini e viandanti in questa vita, e posti a gustare il latte ele spine di Cristo crocifisso. E ditegli che legga questa lettera: e chi ha orecchie, sì oda; e chi ha occhi, sì veda; echi ha piedi sì vada, non vollendo il capo indietro; anco, vada innanzi, seguitando Cristo crocifisso, e con le mani adoperi sante vere e buone operazioni, fondate in Cristo crocifisso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVII - A frate Bartolomeo Dominici, e a frate Tomaso d'Antonio dell'ordine de'predicatori quando erano a Pisa

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

A voi dilettissimi e carissimi padri per riverenzia di quello dolcissimo Sacramento, e carissimi fratelli in quello abondantissimo e dolcissimo sangue, il vostro carissimo padre e fratelli vi mandano cento migliaia di saluti, confortando e benedicendo in quella ardentissima carità che tenne legato e chiavellato Cristo in su la croce.

O fuoco abisso di carità, tu se' fuoco, che sempre ardi e non consumi: tu se' pieno di letizia e di gaudio e di soavità. Il cuore che è vulnerato di questa saetta, ogni amaritudine gli pare dolce, e ogni grande peso diventa leggiero. Oh dilezione dolce, che pasci e ingrassi l'anima nostra! E perché dicemmo che ardeva e non consumava; ora dico che egli arde e consuma, e distrugge e dissolve ogni difetto, ignoranzia, e ogni negligenzia che fusse nell'anima. Imperocchè la carità non è oziosa; anco, adopera grandi cose.

Io Catarina, serva inutile, spasimo di desiderio, rivolgendomi per le interiora dell'anima mia per dolore e pianto, vedendo e gustando la nostra ignoranzia e negligenzia, e non donare amore a Dio, poichè tante grazie dona a noi con tanto amore. Adunque, carissimi fratelli, non siate ingrati nè sconoscenti; perocchè agevolmente si potrebbe seccare la fonte della pietà in voi. O negligenti, negligenti, destatevi da questo perverso sonno: andiamo e riceviamo il re nostro che viene a noi umile e mansueto.

O superbi voi! Ecco il maestro dell'umilità che viene e siede sopra l'asina. Però disse il nostro Salvatore che una delle cagioni, infra le altre, per la quale egli venissesopra essa, si fu per dimostrare a noi la nostra umanità, in quello che egli era venuto per lo peccato a dimostrare che ci conviene tenere con quest'asina della nostra umanità quello modo che tenne egli, cioè cavalcarla e signoreggiarla. E drittamente e senza veruna differenzia, non ci ha tra noi e la bestia cavelle; perocchè la ragione per lo peccato diventa animale. O Verità antica, che ci hai insegnato il modo! Io voglio che tu sagli sopra quest'asina, e possegga te medesimo umile e mansueto. Ma con che piei vi saliamo, dolcissimo Amore? con l'odio della negligenzia, e con amore della virtù.

Or non diciamo più, perocchè troppe cose averemmo a dire. Non posso più. Ma facciamo così, figliuoli e fratelli miei. Il canale è aperto e versa, onde noi avendo bisogno di fornire la navicella dell'anima nostra, andiamo a fornirla ine a quello dolcissimo canale, cioè il cuore e l'anima e 'l corpo di Gesù Cristo. Ine troveremo versare con tanto affetto, che agevolmente potremo empire l'anime nostre. E però vi dico: non indugiate a mettere l'occhio nella finetra. Chè vi dico che quella somma Bontà ci ha apparecchiati i modi e li tempi da fare i grandi fatti per lui. E però vi dissi che voi fuste sollecitidi crescere il santo desiderio. E non state contenti alle piccole cose, perocchè egli le vuole grandi.

E per tanto io vi dico che 'l papa mandò di qua uno suo vicario; ciò fue il padre spirituale di quela Contessa che morì a Roma; e è colui che renunziò al vescovo per amore della virtù, e venne a me da parte del Padre santo, dicendo che io dovessi fare speciale orazione per lui e per la santa Chiesa; e per segno mi recò la santa inulgenzia. Gaudete dunque et exultate, perocchè il Padre santo ha cominciato ad esercitare l'occhio verso l'onore di Dio e della santa Chiesa. Costà verrà un giovane che vi darà questa lettera. Dategli di ciò che egli vi dice, fede; imperocchè egli ha unosanto desiderio d'andare al Sepolcro; e però egli ne va ora al santo Padre, per lui e per alquante persone religiose e secolari. Io ho scritta una lettera al Padre santo; e mandandolo pregando che per amore di quello dolcissimo sangue egli ci dia licenzia acciocchè noi diamo li corpi nostri adogni tormento. Pregate quella somma eterna Verità, che, s'egli è il meglio, che ci faccia questa misericordia a noied a voi, sicchè tutti di bella brigata diamo la vita per lui.Son certa che, se sarà il meglio, egli ce la farà dare.

Altro non dico. Alessa vi si raccomanda cento migliaia di volte, con desiderio di ritrovarvi e di vedervi con quella ardentissima carità; e maravigliasi molto come voi non ci avete mai scritto. Dio ci conduca in quello luogo dove noi ci vedremo a faccia a faccia con lo Dio nostro. Alessa negligente si vorrebbe volentieri invollere in questa lettera per potere venire a voi. Monna Giovanna vi manda molte volte benedicendo, e pregavi che abbiate memoria di lei dinanzi da Dio.

Gesù, Gesù, Gesù. Io Catarina, serva inutile di Gesù Cristo, cento migliaia di volte vi conforto e benedico. Catarina Marta vi si raccomanda che preghiate Dio per lei. Raccomandateci a frate Tomaso e al vostro priore e a tutti gli altri Gesù dolce, Gesù amore.


CXXVIII - A Gabriele di Divino Piccolomini

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vederti costante e perseverante nella Virtù sì e per sì fatto modo, che non volla mai il capo addietro; però che in altro modo non potresti esser piacevole a Dio nè riceveresti il frutto delsangue dell'umile e immacolato Agnello. Perocchè solo la perseveranzia è quella che è coronata. Adunque ci è di necessità la perseveranzia. E se tu mi dicessi, carissimo figliuolo: «In che modo posso avere questa costanzia e perseveranzia, conciosiacosa che io abbia molti contrari e molti nemici attorno, cioè il mondo e le creature con molte persecuzioni, ingiurie, e mormorazioni, e la propria mia sensualità, che spesse volte mi repugna, e ribella contra la ragione?». Rispondoti, che in nessuno modo si può sconfiggere li nemici se non coll'arme e senza timore; e che volontariamente entri nella battaglia, e dispongasi alla morte, e che ami la gloria che sèguita dopo la battaglia. In questo modo noi, che siamo posti nel campo a combattere contro li nostri nemici, cioè contra il mondo, la carne e 'l dimonio, senza l'arme non potremmo combattere, nè ricevere li colpi che non ci offendessero. Che arme dunque è quella che ci conviene avere? Di coltello. Convienti anco avere la corazza della vera carità, la quale ripara e' colpi, che ci dà il mondo indiversi modi, e a molte tentazioni del dimonio, e a' colpi della nostra fragilità, che impugna contra lo spirito, come detto è. E conviensi che la corazza abbia la sopravvesta vermiglia, cioè il sangue di Cristo crocifisso, unito, intriso e impastato col fuoco della divina carità.

E questo sangue conviene che sia scoperto, cioè che tu il confessi dinanzi a ogni creatura, e non lo ascondi, confessandolo per buone e sante operazioni, e con la parola, quand'egli bisognasse: che tu non facci come molti matti che si vergognano dinanzi al mondo di ricordare Cristo crocifisso, e di confessarsi, loro essere servi di Cristo. Questi cotali non si vogliono mettere la sopravesta. Oh confusione del mondo! che si vergognano di ricordare Cristo e il sangue suo, del quale sono ricomperati con tanto fuoco d'amore. E non si vergognano delle loro iniquitadi; che con tanta miseria si privano del frutto del sangue; e hanno tolta la bellezza dell'anima loro, eperduta la dignità; e sono fatti animali bruti, e fatti servie schiavi del peccato, e non se ne avveggono. Però che essi hanno perduto il lume della ragione, e vanno, come ciechi e frenetici, attaccandosi alle cose del mondo, che non si possono tenere a nostro modo, perché corrono come il vento. Perocchè o elle vengono meno a noi, o noi a loro, cioè quando noi siamo richiesti dal Sommo Giudice, separandosi l'anima dal corpo. E se essi non si correggono o nella vita o nel punto della morte (benchè neuno debba essere tanto ignorante che pigli indugio, però ch'egli non sa in che modo nè in che stato si muore, ne quando); dico che non correggendosi, sono privati del bene della terra e di quello del cielo, e giungono alla eterna dannazione. Non voglio dunque, figliuolo, poichè stanno in tanto pericolo, che tu sia di questi cotali, ma armato per lo modo detto, costante, e perseverante sia nella battaglia infino alla morte, e senza alcuno timore.

E convienti anco avere il coltello in mano, con che tu ti difenda: e sia di due tagli, cioè d'odio e d'amore; amore della virtù e odio del vizio. E con questo percuoterai il mondo, odiando gli stati, delizie, pompe e vanità sue, e la infinita superbia. E percuoterai e' persecutori con lavera pazienzia che tu acquisterai dell'amore della virtù. Percuoterai il dimonio; però che la carità è sola quella, che il percuote; e fugge da quell'anima come la mosca dalla pignatta che bolle. E percuoterai la sensualità e fragilità tua coll'odio, il quale odio traesti dal santo cognoscimento di te, e con lo amore del tuo creatore, il quale amore acquistasti per lo cognoscimento di Dio in te, e per questo amore entrasi nella battaglia.

E debbiti ponere dinanzi all'occhio dell'intelletto tuo Cristo crocifisso, gloriandoti negli obbrobri e nelle fadighe sue. In lui vedrai la gloria che ti è apparecchiata e achiunque il servirà; nella qual gloria troverai e riceveraiil frutto d'ogni fadiga portata per gloria e loda del suo nome. Or questo è il modo, carissimo figliuolo, da venire a perfetta virtù, e vincere la fragilità, ed a perseverareinfino alla morte. Senza la perseveranzia l'arbore nostro non producerebbe il frutto. E però ti dissi che io desideravo di vederti costante e perseverante, acciò che mai non vollessi il capo addietro.

Altro non ti dico. Hotti fatto menzione dell'arme, acciò che tu sia proveduto quando si leverà il gonfalone della santissima croce; onde io voglio che tu sappi che arme ti conviene avere. E però fa' sì che tu la procacci ora fra i Cristiani; e comincialati ad usare, ch'ella non siarugginosa quando anderai sopra gl'infedeli. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)