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La vocazione clerico-rivoluzionaria

In quel periodo molti chierici della Chiesa mordevano il freno, ansiosi di entrare in azione per promuovere un radicale rinnovamento politico e religioso mondiale.
C’era un impulso segreto che accomunava i Montini, Helder Camara, Camillo Torres, Lombardi e tanti altri.
Esso non risultava da una precisa idea politica, anzi, il comunismo che per i primi era un generoso tentativo di riforma sociale da battezzare, per Lombardi era la «verga di Dio» che poteva suscitare la reazione interna per aprire la Chiesa alle riforme richieste dal mondo moderno.
Si pensi che Helder Camara, nominato il «vescovo rosso» negli anni sessanta, nei quaranta era stato integralista del movimento di Plinio Salgado, una sorta di fascismo brasiliano.
Ed era talmente fervoroso, perfino dal pulpito, che il suo arcivescovo, il cardinale Leme, anche se accettava che alcuni suoi sacerdoti, come Helder Camara, vestissero la camicia verde sotto la tonaca, l’aveva diffidato in questi termini: «O abbassi il fascio o lasci la diocesi!» (A. Guedes de Holanda, ex direttore del giornale diocesano «A Cruz, Autodestruição da Igreja no Brasil, Rio, 1975, pagina 146).
Si sono prima segnalate le avventate iniziative segrete di conciliazione nel campo della politica internazionale del segretario Montini.
Esse si erano manifestate ugualmente nella politica italiana dove ora operava padre Lombardi.
Vediamole in qualche pagina del suo diario ripreso nel libro di Giancarlo Zizola, «Il Microfono di Dio» (sigla MD, Mondadori, 1990).

Prima di tutto c’è da dire che nel Vaticano coabitava sia lo spirito di condanna sia quello di apertura al comunismo.
Il primo portava il Papa a parlare di quel pericolo «intrinsecamente perverso, con cui nessuna trattativa è possibile», il secondo preparava il «compromesso storico» con ogni socialismo, democratico o reale, ma lo faceva segretamente.
Ora, chi lavorava con la visione di Pio XII non poteva ignorare e tacere che quell’altra politica era dentro lo stesso palazzo papale nella figura di Montini.
Lo stesso libro di Zizola ce lo racconta.
«La Crociata bolognese ha rialzato le quotazioni di Lombardi agli occhi di Pio XII e, intransigentismo a parte, ha riem¬pito di soddisfazione lo stesso Lercaro, che ne dice tutto il bene possibile alla riunione dell’8 febbraio dei cardinali e ¬vescovi d’Italia a Roma» (MD, pagina 322).
Ma «l’intemperanza» di Lombardi predicatore suscitò anche le obiezioni di un summit gerarchico interessato a favorire la riunificazione delle forze cattoliche in un solo partito: quello democristiano.
Da un’altra parte c’era la tendenza a compensare le spinte politiche con quelle spirituali (La Pira).
Lombardi s’ispira al carismatismo di Chiara Lubich (Focolari) quasi come ad un secondo afflato di vita.
Ma comunque il suo campo di lotta è ormai ben individuato.
Si vedrà poi che era il «conciliarismo» di Chiara la ricetta per la nuova pastorale modernista, tanto buonista verso il mondo moderno, quanto indifferentista verso l’omologazione religiosa.
«A ridosso di queste nuove delusioni, Lombardi ha un gesto creativo, quello che deciderà del corso successivo della sua vita».
E il 13 febbraio 1953: «Improvvisamente» scrive «mi è balzata l’idea di una vera istituzione per il Mondo Migliore».
Il progetto è già abbastanza definito fin dalla nascita.
Lombardi immagina una istituzione «alle immediate dipendenze del Papa», con vari gradi di unione; ad un primo livello, i «dodici apostoli», un gruppo di preti, religiosi e laici scelti come ani¬matori centrali del movimento.
Poi - dice il primissimo abbozzo - «si scenderebbe fino a quegli elementi che restano fermi in diocesi, solo con l’impegno di zelare colà il mondo migliore (preti, laici, forse anche suore e magari donne e magari sofferenti). Se l’idea è di Gesù maturerà. Forse lo attuerà il prossimo Papa, il Papa del Mondo Nuovo» (D, 13 febbraio 1953)».
Lercaro!

«Scopo è promuovere il rinnovamento generale della Chiesa» è l’idea sovrana «in modo da corrispondere nel miglior modo possibile alle necessità del mondo moderno e salvare il maggior numero possibile di anime».
La sua principale caratteristica sarà il legame col Papa, ma la sua idea di fondazione incontra l’opposizione del Generale,
Janssens, il «Papa nero», preoccupato della possibile reazione dei vescovi, sospettosi di una riforma ecclesiale secondo Lombardi.
Padre Lombardi, però, tramite l’amico Rotondi, l’altro gesuita che ha accesso in alto, cerca l’autorizzazione papale per il suo progetto del Movimento per un Mondo Migliore.
Ora, il Papa non potrà non chiedere il parere di Janssens, scavalcato da Lombardi, ma attratto dal progetto supera lo scoglio attraverso una lettera favore¬vole della Segreteria di Stato.
E’ la lettera del 23 maggio firmata da Montini.
Lo scontro rimane duro e il padre cerca conforto nel suo versante carismatico dove don Calabria gli comunica: «E’ Gesù che parla in lei, sulla riforma della Chiesa, e specialmente del Vaticano. Vada avanti. Non tema di usare veemenza sul Vaticano e sui mercanteggiamenti, ambizioni, cortigianerie e tradimenti».
Lombardi si sente investito allora della missione della riforma della Chiesa e del mondo «che provvidenzialmente cammina verso ‘l’unità dei popoli, ossia la fratellanza fra tutti gli uomini’; è persuaso che: ‘Gesù vuole la riforma della Chiesa, il comunismo è la sua verga. Avanzerà finché non ci scuotiamo’» (cf. MD, pagina 328).

Ma l’iniziativa rischia il fallimento a Roma e Lombardi usa il tono della denuncia: «Il Papa si è lanciato ma il cerchio intorno a lui ha voluto far morire tutto. Il Papa è tradito», occorre liberarlo!
Perciò propone al Papa un piano di riforme religiose e, in vista del 1954, dichiarato «anno mariano», un movimento spirituale che vada oltre le processioni e fiaccolate; una vasta azione organica per difendere la fede e recuperare i «lontani» sotto la guida di un prelato influente.
Qui trova la freddezza di uno dei due prosegretari di Stato, Tardini, ma la disponibilità dell’altro, Montini, che dirigerà la riunione del 31 agosto 1953, fondatrice del Movimento che progetta una radicale riforma per il risanamento spirituale di Roma e poi di tutta la Cristianità, con un’operazione «pastorale-apostolica» totale.
Lombardi lascia intendere chiaramente che il suo piano vuole strappare ai comunisti le posizioni da essi occupate in Italia, cosa che è risultata impossibile ai democristiani.
Montini però lo tiene d’occhio; il suo piano punta all’articolazione di nuove conferenze episcopali.
In settembre Lombardi va in Brasile per una serie di contatti, principalmente con molti futuri vescovi latino-americani.
Si prepara qualcosa di nuovo.

L’anno prima si era costituita la Conferenza Nazionale dei Vescovi del Brasile, che aveva per primo Segretario don Helder Câmara.
La sua idea era di formare nuovi quadri episcopali per una riforma globale della Chiesa.
Erano in ballo 109 nuove diocesi e 24 archidiocesi.
Perciò don Helder era in stretto contatto con il nunzio apostolico in Brasile, Armando Lombardi, noto per la sua amicizia con Montini.
In quel momento la posta in gioco era il controllo della Chiesa in Brasile, con il risultato della sinistra e impetuosa politicizzazione del clero e dell’episcopato che è divenuta nota in tutto il mondo.
Lombardi scriverà poi che, nel 1960, parlando con quel nunzio della riforma della Curia, il diplomatico gli disse di non farsi illusioni: «Ci vorranno miracoli per tale riforma, senza carriera e affermando il principio che si può anche tornare indietro». L’unica via - gli suggerì - sarebbe di sviluppare un movimento dei vescovi in un Concilio, perché «non basterebbe neanche persuadere il Papa, da solo».
Anche Helder Câmara lo ha esortato a battersi in ogni modo per la «liberazione del Papa», «prigioniero della Curia co¬me quando era ad Avignone» (D, maggio 1960).
L’accento del gesuita Lombardi allora, sull’urgenza dell’impegno ecclesiastico sul fron¬te della giustizia sociale fu il tema di gran lunga preferito in Brasile, ma visto con sospetto poi in Argentina.
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)