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Il «nuovo Giona» di fronte alla sfinge di un flagello terminale

La predicazione di padre Lombardi aveva Giona per modello e la fiducia e audacia di Davide come atteggiamento (MD, pagina 435).

Si può pensare che questa idea era già nelle sue Esercitazioni adatte alla prassi pastorale per la «formazione di apostoli», la via suggerita da Montini, allora arcivescovo di Milano, con cui mantiene i migliori rapporti.
«Il metodo consiste nella combinazione tra la ‘riforma individuale’ cui mirano i tradizionali ‘esercizi’ ignaziani e il modello collettivo dei convegni di studio: ‘Si tratta di tentare’ aggiunge ‘la riforma vera della coscienza ma in tanti insieme, dinanzi a problemi che ci riguardano tutti’ » (MD, pagina 338).

«Solo nei primi dodici mesi di lavoro compiono le Esercitazioni duemila preti, ottanta vescovi, un migliaio di dirigenti d’Azione cattolica, uomini politici, sindaci democristiani, operai... Lombardi supera il sistema tradizionale... sollecita il dialogo orizzontale... Nel 2° anno, l’afflusso è ancora maggiore, partecipando interi episcopati regionali come quello del Triveneto, capeggiato dal patriarca di Venezia Roncalli. Lo schema fondamentale è proposto e sintetizzato da Lombardi: ‘S’illustra il piano pontificio di santa rivolta contro il mondo moderno nei suoi aspetti organizzati male’» (MD, pagina 339).

Ma tale crociata pontificia contro il mondo moderno era annullata, se non invertita, con la scomparsa di Papa Pio XII nell’ottobre 1958.

L’ascesa degli ammiratori della Ninive moderna

«Roncalli Papa se lo aspettano in pochi. Tra loro non c’è padre Lombardi. La sera del 28 ottobre 1958, quando sente alla TV l’habemus Pontificem di Ottaviani dalla loggia di San Pietro, col nome di Angelo Giuseppe, il gesuita si mette d’istinto le mani sulla testa, come per una sciagura: ‘O Signore Iddio’ mormora impallidendo»...

«Mi aspettavo il Papa del rinnovamento della Chiesa» dirà «e invece chi era? Mi pareva assurdo. […] Lombardi ha predicato davanti a Roncalli, nunzio a Parigi. Ha tenuto per Roncalli, e i vescovi delle Tre Venezie, le Esercitazioni per un Mondo Migliore. E’ stato suo ospite a Venezia. Una volta lo ha pure confessato» (MD, pagina 410).

Ma qualcosa ha sempre impedito i buoni rapporti tra questi due personaggi rappresentativi di quel momento della vita nella Chiesa.

Un episodio può in parte rivelare le ragioni profonde della reciproca avversione.

Padre Lombardi ha predicato a Parigi nel 1949. «Ma è di quell’anno anche l’episodio brusco di quel religioso benedettino, andato dal Nunzio a intercedere per una benedizione sulla Crociata della Bontà: ‘Non pronunciate mai questa parola davanti a me!’ gli fece Roncalli, rabbuiandosi. ‘Vengo da Costantinopoli e so che il solo ricordo delle crociate basta a dividere i cristiani’» (MD, pagina 411).

Chi ha paura dello spirito di crociata?

Lo spirito del movimento d’espansione della Fede e della Civiltà cristiana nel mondo, sotto il segno della Croce, ha sempre plasmato l’operato della Chiesa.

Basta ricordare che la Bolla della Crociata fu un documento pontificio tradizionale per suscitare e gratificare con privilegi e indulti l’opera fatta con quello spirito.

Benedetto XV nel 1915 e Pio XI nel 1928 ne confermarono l’uso adattandola alle circostanze presenti.
La Crociata Eucaristica fiorì nel tempo di Pio XII.

Si tratta ora di sapere se era il nome crociata o il suo spirito che faceva rabbuiare l’animo di Giovanni XXIII.
Che i vescovi delle Tre Venezie non avessero simpatia per le iniziative pontificie condotte da Lombardi se ne dovette accorgere Pio XII.

«Messo al corrente da Dell’Acqua del dispiacere del Papa, Roncalli - appena arrivato a Venezia - suggerì ai vescovi della regione di invitare Lombardi a predicare gli Esercizi spirituali del 1955» (MD, pagina 411).
La riluttanza dei vescovi a sperimentare il nuovo metodo comunitario era comprensibile per la loro carica di responsabilità individuale.

«Invece, nel corso di fine maggio a Torreglia Alta (Padova), quei venerandi vescovi si sentirono infliggere per cinque giorni un condensato delle tesi del Mondo Migliore dalla mattina alla sera, col risultato di diventare ancora più sconcertati e di lasciare deluso il predicatore. Anche da parte mia» dirà «fu uno dei corsi più deboli, precisamente per la forma così stonata con il contenuto comunitario...» (MD, pagina 411).

«Fu al termine di quegli esercizi così disagiati che il patriarca andò a confessarsi da Lombardi: si proponeva così ‘di dargli ulteriore prova della mia cordialità e della mia attenzione’. Ne profittò anche per ‘fargli mitemente alcuni rilievi sul suo modo di parlare ai vescovi’... Però non era solo questa la causa di certa perplessità. Nel diario di quei giorni il patriarca precisava che, a dividerli erano ‘alcune riserve circa apprezzamenti d’ordine storico e di visione unilaterale dello stato del mondo odierno’ nonché un certo ‘suo modo di concepire e di esprimere forse troppo alla buona il suo pensiero in tono pessimista, aggressivo e alla franc-tireur’ » (MD, pagina 412).

«L’incidente maggiore avvenne a Venezia nell’ottobre seguente. Per confermargli ancora la sua stima, Roncalli volle affidare a Lombardi un corso straordinario di conferenze in San Marco. Lo presentò al clero come ‘un potente e straordinario richiamo, come di un profeta antico, al fervore delle epoche più felici della storia della Chiesa: a un rinnovamento - precisava il manifesto d’invito - non di superate strutture, ma dello spirito che le pervase e deve pervaderle ancora, e le rese, come le renderà, assolutamente benefiche e salutari’.
A Lombardi il patriarca riservò le stanze del mezzanino del Patriarchio, un tempo abitate dal cardinale Sarto: ‘E’ una reliquia’ disse il predicatore entrando, alla vista del semplice letto di legno che era stato d’un Papa. ‘Sì, sì’ rispose Roncalli. ‘Ma le reliquie fanno bene ai vivi’. Quella sera la preghiera di Lombardi fu per San Pio X: ‘Ottienici un Papa del Mondo Migliore, dopo Pio XII’» (D, 15 ottobre 1955).

«Il tema della ‘nuova controriforma’ per la riconquista della società al cattolicesimo dominava le conferenze del gesuita. E a tu per tu col patriarca, egli insisteva che ora occorreva un riformatore, che la Chiesa aveva assolutamente bisogno di una riforma e quindi di un Papa riformatore: però non gli venne neppure in mente che quel Papa potesse essere proprio lui.
‘Ci vuole un altro San Carlo’ gli disse Lombardi, una sera, mentre il Patriarca gli mostrava i cinque volumi, da lui curati con la collaborazione di don Pietro Forni, degli Atti della Visita Apostolica di San Carlo Borromeo a Bergamo (1575). ‘Veda in questo punto, ad esempio’ gli disse Roncalli. ‘San Carlo trova un vescovo assente da tre mesi dalla diocesi e nessuno che sappia dove sia andato. Cose del genere sono inconcepibili, oggi’. Lombardi insiste: ‘Non è che i tempi siano migliorati di molto. Anche oggi non si vede un cardinale riformatore da cui sperare. Sia pure per ragioni diverse, i difetti ci sono ancora’. ‘Ah, noi ci sforziamo di fare ciò che possiamo’ sospira il cardinale» (R, «Giovanni XXIII e il Concilio», citato, pagina 2).

«Non era che l’avvisaglia di quanto successe poco dopo, durante la cena col patriarca e con il vescovo di Padova, monsignore Bortignon, segretario dell’episcopato veneto, commensali l’ausiliare di Venezia Augusto Gianfranceschi e il segretario del patriarca, Loris Capovilla. Lombardi continuò più liberamente che nelle conferenze pubbliche a manifestare la sua visione apocalittica delle vicende italiane. Tra l’altro, disse che non trovava in tutta Italia un solo vescovo ‘di stile tridentino’; che si rotolava verso il peggio; che nessuno riusciva a capire l’importanza del Mondo Migliore, la sua necessità, la sua quasi obbligatorietà, dal momento che il Papa lo aveva fatto proprio. Il cardinale, che gli era accanto, tentò di contraddirlo: ‘Caro padre, ho studiato a fondo la situazione italiana, pre e post-tridentina. Posso dirle che oggi le cose vanno molto meglio!’».

«Lombardi allora scattò in piedi, congestionato, vibrò un pugno sulla tavola così forte da far tremare piatti e bicchieri e, mentre qualche vetro schizzava in frantumi sul pavimento, gridò: ‘Le anime vanno all’inferno e il patriarca mi dice che le cose vanno bene!’ Si strappò il tovagliolo dal colletto, lo gettò tra i piatti e usci bruscamente dalla saletta lasciando i commensali sbigottiti» (MD, pagine 413, 414).
Il predicatore aveva minacciato: «Non parlo più!».


Dopo lo sconcerto del primo momento, Roncalli si levò e uscì a sua volta per andare a calmare Lombardi affinché confermasse l’impegno serale della conferenza a San Marco.
L’iniziativa bastò allora a placare le acque.

Questo episodio, in cui è affiorato con violenza come Lombardi era combattuto dal contrasto tra le parole di suor Lucia sulla perdita di tante anime e l’attivismo ottimista di tanti prelati, deve aver sconvolto la mente del padre quando udì, la sera del 28 ottobre 1958, il nome di Roncalli con l’habemus Papam.

Lombardi aveva deplorato l’assenza di vescovi tridentini?
Adesso si trovava con un capo a cui perfino il nome di crociata faceva inorridire.
Aveva ragione di preoccuparsi.
Le porte si sarebbero chiuse in seguito al suo Mondo Migliore, considerato un «integrismo» fondato sul profetismo di sventura.




[Modificato da Caterina63 30/04/2016 14:23]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)