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Dalle «Conferenze» di san Tommaso d'Aquino
(Conf. 6 sopra il «Credo in Deum»)

«Nessun esempio di virtù è assente dalla croce»

Fu necessario che il Figlio di Dio soffrisse per noi? Molto, e possiamo parlare di una duplice necessità: come rimedio contro il peccato e come esempio nell'agire.
Fu anzitutto un rimedio, perché è nella passione di Cristo che troviamo rimedio contro tutti i mali in cui possiamo incorrere per i nostri peccati. Ma non minore è l'utilità che ci viene dal suo esempio. La passione di Cristo infatti è sufficiente per orientare tutta la nostra vita. [...]

Se cerchi un esempio di carità, ricorda: «Nessuno ha un amore più grande di questo: dare la vita per i propri amici» (Gv 15, 13). Questo ha fatto Cristo sulla croce. E quindi, se egli ha dato la sua vita per noi, non ci deve essere pesante sostenere qualsiasi male per lui.

Se cerchi un esempio di pazienza, ne trovi uno quanto mai eccellente sulla croce. La pazienza infatti si giudica grande in due circostanze: o quando uno sopporta pazientemente grandi avversità, o quando si sostengono avversità che si potrebbero evitare, ma non si evitano. Ora Cristo ci ha dato sulla croce l'esempio dell'una e dell'altra cosa. Infatti «quando soffriva non minacciava» (1 Pt 2, 23) e come un agnello fu condotto alla morte e non apri la sua bocca (cfr. At 8, 32). Grande è dunque la pazienza di Cristo sulla croce: «Corriamo con perseveranza nella corsa, tenendo fisso lo sguardo su Gesù, autore e perfezionatore della fede. Egli, in cambio della gioia che gli era posta innanzi, si sottopose alla croce, disprezzando l'ignominia» (Eb 12, 2).

Se cerchi un esempio di umiltà, guarda il crocifisso: Dio, infatti, volle essere giudicato sotto Ponzio Pilato e morire.



Dalla «Introduzione alla vita devota» di san Francesco di Sales

«La devozione è possibile in ogni vocazione e professione»

Nella creazione Dio comandò alle piante di produrre i loro frutti, ognuna «secondo la propria specie» (Gn 1, 11). Lo stesso comando rivolge ai cristiani, che sono le piante vive della sua Chiesa, perché producano frutti di devozione, ognuno secondo il suo stato e la sua condizione.

La devozione deve essere praticata in modo diverso dal gentiluomo, dall'artigiano, dal domestico dal principe, dalla vedova, dalla donna non sposata e da quella coniugata. Ciò non basta; bisogna anche accordare la pratica della devozione alle forze, agli impegni e ai doveri di ogni persona.

Dimmi, Filotea, sarebbe conveniente se il vescovo volesse vivere in una solitudine simile a quella dei certosini? E se le donne sposate non volessero possedere nulla come i cappuccini? Se l'artigiano passasse tutto il giorno in chiesa come il religioso e il religioso si esponesse a qualsiasi incontro per servire il prossimo come è dovere del vescovo? Questa devozione non sarebbe ridicola, disordinata e inammissibile? Questo errore si verifica tuttavia molto spesso. No, Filotea, la devozione non distrugge nulla quando è sincera, ma anzi perfeziona tutto e, quando contrasta con gli impegni di qualcuno, è senza dubbio falsa.



Dal Trattato «Sulle vergini» di sant'Ambrogio, vescovo
(Lib. 1, cap. 2. 5. 7-9; PL 16, 189-191)

«Non ancora capace di soffrire e già matura per la vittoria»

E' il giorno natalizio per il cielo di una vergine: seguiamone l'integrità. E' il giorno natalizio di una martire: offriamo come lei il nostro sacrificio. E' il giorno natalizio di sant'Agnese!
Si dice che subì il martirio a dodici anni. Quanto è detestabile questa barbarie, che non ha saputo risparmiare neppure un'età così tenera! Ma certo assai più grande fu la forza della fede, che ha trovato testimonianza in una vita ancora all'inizio. […]

Tutti piangono, lei no. I più si meravigliano che, prodiga di una vita non ancora gustata, la doni come se l'avesse interamente goduta. Stupirono tutti che già fosse testimone della divinità colei che per l'età non poteva ancora essere arbitra di sé. Infine fece sì che si credesse alla sua testimonianza in favore di Dio, lei, cui ancora non si sarebbe creduto se avesse testimoniato in favore di uomini. Invero ciò che va oltre la natura è dall'Autore della natura.

A quali terribili minacce non ricorse il magistrato, per spaventarla, a quali dolci lusinghe per convincerla, e di quanti aspiranti alla sua mano non le parlò per farla recedere dal suo proposito! Ma essa: «E' un'offesa allo Sposo attendere un amante. Mi avrà chi mi ha scelta per primo. Carnefice, perché indugi? Perisca questo corpo: esso può essere amato e desiderato, ma io non lo voglio». Stette ferma, pregò, chinò la testa.

Avresti potuto vedere il carnefice trepidare, come se il condannato fosse lui, tremare la destra del boia, impallidire il volto di chi temeva il pericolo altrui, mentre la fanciulla non temeva il proprio. Avete dunque in una sola vittima un doppio martirio, di castità e di fede. Rimase vergine e conseguì la palma del martirio.



Dalla «Lettera ai Corinzi» di san Clemente I, papa
(Capp. 31-33; Funk 1, 99-103)

«Affrettiamoci a compiere ogni opera buona»

Meditiamo attentamente il mistero della benedizione che Dio dà agli uomini e vediamo quali sono le vie che conducono ad essa. Ripercorriamo gli avvenimenti fin dall'inizio. Per quale motivo il nostro patriarca Abramo fu benedetto? Non forse perché operò la giustizia e la verità mediante la fede? Isacco, pieno di fiducia, si lasciò condurre di buon grado al sacrificio, conoscendo il futuro. Giacobbe in umiltà, a motivo del fratello, abbandonò la sua terra e si recò da Làbano cui prestò servizio, e gli furono dati i dodici scettri di Israele.

Ora se qualcuno, con animo sincero, passa in rassegna a uno a uno i doni che Dio ha concesso, ne riconoscerà la magnificenza. Da Giacobbe infatti ebbero origine tutti i sacerdoti e i leviti che servono all'altare di Dio, da lui viene il Signore Gesù secondo la carne, da lui i re, i principi e i condottieri della tribù di Giuda. […] Tutti costoro dunque si sono acquistati gloria e grandezza non da se stessi o per le loro opere o per la giustizia con cui hanno agito, ma piuttosto per la volontà di Dio. Anche noi perciò, chiamati nel Cristo Gesù, in grazia della sua volontà, siamo giustificati non per nostro merito, né per la nostra sapienza o intelligenza o pietà o altra opera che possiamo aver compiuto sia pure con santità di intenzione, ma per mezzo della fede, con la quale Dio onnipotente ha giustificato tutti fin da principio. […]

Che cosa faremo allora, o fratelli? Cesseremo dalle buone opere e abbandoneremo la carità? Il Signore mai permetta che ci succeda tale sventura, ma affrettiamoci a compiere ogni opera buona. Anzi siano proprio le opere sante fonte della nostra gioia.



Dal trattato «Contro le eresie» di sant'Ireneo, vescovo

«La manifestazione del Figlio è la conoscenza del Padre»

Nessuno può conoscere il Padre senza il Verbo di Dio, cioè senza la rivelazione del Figlio, né alcuno può conoscere il Figlio senza la benevolenza del Padre. [...]

Il Figlio, poi, mettendosi al servizio del Padre, porta a compimento ogni cosa dal principio alla fine, e senza di lui nessuno può conoscere Dio. Conoscere il Figlio è conoscere il Padre. La conoscenza del Figlio viene a noi dal rivelarsi del Padre attraverso il Figlio. Per questo il Signore diceva: «Nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio lo voglia rivelare» (Mt 11,27). «Lo voglia rivelare»: infatti non fu detto soltanto per il futuro, come se il Verbo abbia cominciato a rivelare il Padre quando nacque da Maria, ma vale in generale per tutti i tempi. Infatti fin da principio il Figlio, vicino alla creatura da lui plasmata, rivela a tutti il Padre, a chi vuole, quando vuole e come vuole il Padre.

La nostra fede è questa: In tutto e per tutto non c'è che un solo Dio Padre, un solo Verbo, un solo Spirito e una sola salvezza per tutti quelli che credono nel Dio uno e trino.



Dai «Discorsi» di san Gregorio Nazianzeno, vescovo

«Il battesimo di Gesù»

Cristo nel Battesimo si fa luce, entriamo anche noi nel suo splendore; Cristo riceve il battesimo, inabissiamoci con lui per poter con lui salire alla gloria. Giovanni dà il battesimo, Gesù si accosta a lui, forse per santificare colui dal quale viene battezzato nell'acqua, ma anche di certo per seppellire totalmente nelle acque il vecchio uomo. Gesù sale dalle acque e porta con sé in alto tutto intero il cosmo.

Dio di nessuna cosa tanto si rallegra, come della conversione e della salvezza dell'uomo. Per l'uomo, infatti, sono state pronunziate tutte le parole divine e per lui sono stati compiuti i misteri della rivelazione. Tutto è stato fatto perché voi diveniate come altrettanti soli cioè forza vitale per gli altri uomini. Siate luci perfette dinanzi a quella luce immensa. Sarete inondati del suo splendore soprannaturale. Giungerà a voi, limpidissima e diretta, la luce della Trinità, della quale finora non avete ricevuto che un solo raggio, proveniente dal Dio unico, attraverso Cristo Gesù nostro Signore.



Dai «Trattati su Giovanni» di sant'Agostino, vescovo

“I due precetti dell'amore”

È venuto il Signore… a ricapitolare la parola sulla terra (cfr. Rm 9, 28), come di lui fu predetto, e ha mostrato che la Legge e i Profeti si fondano sui due precetti dell'amore. Ricordiamo insieme, fratelli, quali sono questi due precetti. Essi devono esservi ben noti e non solo venirvi in mente quando ve li richiamiamo: non si devono mai cancellare dai vostri cuori.

Sempre in ogni istante abbiate presente che bisogna amare Dio e il prossimo: Dio con tutto il cuore, con tutta l'anima, con tutta la mente; e il prossimo come se stessi (cfr. Mt 22, 37. 39). Questo dovete sempre pensare, meditare e ricordare, praticare e attuare. L'amore di Dio è il primo come comandamento, ma l'amore del prossimo è primo come attuazione pratica. […]

Siccome però Dio tu non lo vedi ancora, amando il prossimo ti acquisti il merito di vederlo; amando il prossimo purifichi l'occhio per poter vedere Dio, come chiaramente afferma Giovanni: Se non ami il fratello che vedi, come potrai amare Dio che non vedi? (cfr. 1Gv 4,20).

Comincia quindi ad amare il prossimo. Spezza il tuo pane con chi ha fame… Facendo questo che cosa otterrai? Amando il prossimo e prendendoti cura di lui, tu cammini. E dove ti conduce il cammino se non al Signore…? Al Signore non siamo ancora arrivati, ma il prossimo l'abbiamo sempre con noi. Aiuta, dunque il prossimo con il quale cammini, per poter giungere a colui con il quale desideri rimanere.




Battesimo del Signore

Dai «Discorsi» di san Massimo, vescovo di Torino

«I Sacramenti del Battesimo del Signore»

Il Signore Gesù venne al battesimo e volle che il suo corpo santo fosse lavato dall'acqua.
Ma qualcuno potrebbe chiedere perché egli che è santo volle essere battezzato. Ascolta perché: Cristo non volle esser battezzato per esser santificato dalle acque, ma per santificarle lui stesso sì che, mentre ne veniva purificato, fosse lui a purificare quelle acque che toccava. La consacrazione di Cristo è consacrazione maggiore dell'elemento acqua. Mentre viene lavato il Salvatore, già allora viene purificata tutta l'acqua per servire al nostro battesimo e viene resa pura la fonte perché la grazia del lavacro sia distribuita in seguito ai popoli futuri. Cristo dunque si offre al battesimo precedendoci, perché i popoli cristiani gli tengano dietro con fiducia.

Penetro nel mistero: in questa prospettiva la colonna di fuoco precedette i figli di Israele attraverso il Mar Rosso perché essi affrontassero intrepidi il cammino: avanzò per prima attraverso le acque per preparare il passaggio dietro di sé a quelli che seguivano. Questo fatto, come dice l'Apostolo, fu il segno del battesimo. In certo modo fu un vero battesimo in cui la nube copriva gli uomini, le acque li portavano.

Ma tutto questo lo compì il medesimo Cristo Signore il quale, come allora precedette attraverso il mare i figli di Israele nella colonna di fuoco, così ora nella colonna del suo corpo, per usare la stessa immagine, precede nel battesimo i popoli cristiani. La colonna, dico, che allora fece luce agli occhi di quelli che seguivano, ora offre luce ai cuori di quelli che credono; allora fu aperta una via sicura tra le onde, ora sono resi sicuri i passi nel lavacro della fede.



Dal «Commento su san Giovanni» di san Cirillo d'Alessandria, vescovo

«L'effusione dello Spirito Santo su tutti gli uomini»

Quando colui che aveva dato vita all'universo decise con un'opera veramente mirabile, di ricapitolare in Cristo tutte le cose e volle ricondurre la natura dell'uomo alla sua condizione primitiva di dignità, rivelò che gli avrebbe concesso in seguito, tra gli altri doni, anche lo Spirito Santo; non era infatti possibile che l'uomo tornasse altrimenti ad un possesso duraturo dei beni ricevuti.

Stabilisce dunque Dio il tempo della discesa in noi dello Spirito ed è il tempo della venuta del Cristo, che egli ci annunzia dicendo: «In quei giorni», cioè nel tempo del Salvatore nostro, «Io effonderò il mio Spirito su ogni creatura» (cfr. Gl 3, 1). [...]

L'Unigenito Figlio non accoglie dunque per se stesso lo Spirito; infatti lo Spirito è lo Spirito del Figlio, ed è in lui, e viene dato per lui, come abbiamo già detto: ma poiché, fattosi uomo, il Figlio ebbe in sé tutta la natura umana, ha ricevuto lo Spirito per rinnovare l'uomo completamente e riportarlo alla sua prima grandezza.

Usando dunque la saggezza della ragione e appoggiandoci alle parole della Sacra Scrittura, comprendiamo che Cristo ebbe lo Spirito non per se stesso, ma per noi; ogni bene, infatti, viene a noi per mezzo di Lui.



6 gennaio, Festa dell'Epifania del Signore

Dai «Discorsi» di san Leone Magno, papa

“Il Signore ha manifestato in tutto il mondo la sua salvezza”

La Provvidenza misericordiosa, avendo deciso di soccorrere negli ultimi tempi il mondo che andava in rovina, stabilì che la salvezza di tutti i popoli si compisse nel Cristo.
Un tempo era stata promessa ad Abramo una innumerevole discendenza che sarebbe stata generata non secondo la carne, ma nella fecondità della fede: essa era stata paragonata alla moltitudine delle stelle perché il padre di tutte le genti si attendesse non una stirpe terrena, ma celeste. […]

Tutti i popoli, rappresentati dai tre magi, adorino il Creatore dell'universo, e Dio sia conosciuto non nella Giudea soltanto, ma in tutta la terra. […] L'aveva annunziato Isaia: «Il popolo dei Gentili, che sedeva nelle tenebre, vide una grande luce e su quanti abitavano nella terra tenebrosa una luce rifulse» (cfr. Is 9, 1). Di essi ancora Isaia dice al Signore: «Popoli che non ti conoscono ti invocheranno, e popoli che ti ignorano accorreranno a te» (cfr. Is 55, 5).

Tutto questo, lo sappiamo, si è realizzato quando i tre magi, chiamati dai loro lontani paesi, furono condotti da una stella a conoscere e adorare il Re del cielo e della terra. Questa stella ci esorta particolarmente a imitare il servizio che essa prestò, nel senso che dobbiamo seguire, con tutte le nostre forze, la grazia che invita tutti al Cristo. In questo impegno, miei cari, dovete tutti aiutarvi l'un l'altro. Risplendete così come figli della luce nel regno di Dio, dove conducono la retta fede e le buone opere.


[Modificato da Caterina63 12/06/2016 21:44]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)