00 22/05/2017 11:28
[SM=g1740717] PER NON DIMENTICARE.....

Cari Amici, il 10 maggio 1981, tre giorni prima dell’attentato, Giovanni Paolo II pronunciò un Regina Coeli davvero infuocato dallo Spirito Santo, in difesa della vita umana e contro l’aborto. ;-) In questo video vi offriamo e proponiamo l’audio originale - da brividi!!! - che sollecitiamo tutti ad ascoltare con molta attenzione, dal momento che parla anche della retta coscienza, del dovere della Chiesa non solo di difendere la vita umana in ogni sua fase, ma che questa difesa è fondamentale per la retta formazione di ogni coscienza, così infatti spiega san Giovanni Paolo II “La Chiesa sempre ha ritenuto il servizio alla coscienza come il suo servizio essenziale…”

www.youtube.com/watch?v=8men3uTMvpc

REGINA COELI

IV Domenica di Pasqua, 10 maggio 1981

1. “Io sono venuto perché abbiano la vita e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

Con queste parole termina il Vangelo di oggi, quarta domenica di pasqua. È Cristo Buon Pastore che pronuncia queste parole. È Cristo, che chiama se stesso “porta delle pecore” (Gv 10, 7).
Desidero riferire queste parole sull’abbondanza della vita prima di tutto al dono della grazia, che ci ha portato Cristo nella sua Croce e nella Risurrezione. Desidero riferirle anzitutto allo Spirito Santo, “che è Signore e dà la vita”, e confessiamo la fede in Lui con le parole che, da sedici secoli, il primo Concilio Costantinopolitano pone sulle labbra della Chiesa.

Lo Spirito Santo è l’autore della nostra santificazione: Egli trasforma l’uomo nel suo intimo, lo divinizza, lo rende partecipe della natura divina (cf. 2 Pt 1, 4), come il fuoco rende incandescente il metallo, come l’acqua sorgiva disseta: “fons vivus, ignis, caritas”. La grazia è comunicata dallo Spirito Santo per il tramite dei sacramenti, che accompagnano l’uomo durante tutto l’arco della sua esistenza. E, mediante la grazia, Egli diventa il dolce ospite dell’anima: “dulcis hospes animae”: inabita nel nostro cuore; è l’animatore delle energie segrete, delle scelte coraggiose, della fedeltà incrollabile. Egli ci fa vivere nell’abbondanza della vita: della stessa vita divina.

E proprio per questa sollecitudine circa l’abbondanza della vita Cristo rivela se stesso come Buon Pastore delle anime umane: Pastore che prevede l’avvenire definitivo dell’uomo in Dio; Pastore che conosce le sue pecore (cf. Gv 10, 14) fino al fondo stesso della verità interiore dell’uomo, il quale può parlare di se stesso con le parole di sant’Agostino: “Inquieto è il mio cuore, finché non riposi in Te” (cf. S. Agostino, Confessiones I, 1).

2. Cari fratelli e sorelle!

Ecco, voi rappresentanti delle parrocchie e delle comunità di tutta Roma siete oggi riuniti in piazza san Pietro per testimoniare che, nel corso di questi mesi e delle ultime settimane, avete pensato alla vita umana, prima di tutto alla vita nascosta sotto il cuore della donna madre, alla vita dei nascituri. Questa vita l’avete fatta oggetto delle vostre meditazioni, del vostro impegno di credenti, di uomini e di cittadini, ma soprattutto ne avete fatto il tema delle vostre preghiere. Avete meditato sulla responsabilità particolare verso la vita concepita, che, secondo il retto sentire dell’uomo, deve essere circondata da una particolare sollecitudine e protezione, da parte sia dei genitori stessi, sia anche della società, in particolare degli uomini che, in diversi modi, sono responsabili di questa vita.

3. Ciò facendo, voi avete dimostrato la vostra solidarietà all’invito dei vostri Vescovi, i quali, durante la Quaresima, hanno attirato l’attenzione di tutta la società sulla grande minaccia che incombe su questo valore fondamentale che è la vita umana e in particolare la vita dei nascituri. È compito della Chiesa riaffermare che l’aborto procurato è morte, è l’uccisione di una creatura innocente. Di conseguenza, la Chiesa considera ogni legislazione favorevole all’aborto procurato come una gravissima offesa dei diritti primari dell’uomo e del comandamento divino del “Non uccidere”.

4. Tutti questi vostri sforzi, tutto il lavoro della Chiesa, in Italia come in ogni altra parte del mondo, che mira ad assicurare la santa inviolabilità della vita concepita, io oggi desidero presentare a Cristo, il quale ha detto: “Sono venuto perché abbiano la vita”. Affinché questi esseri umani più piccoli, più deboli, più indifesi abbiano la vita, affinché questa vita non venga loro tolta prima che nascano, noi appunto a questo serviamo e serviremo in unione col Buon Pastore perché questa è una causa santa.

5. Servendo questa causa, serviamo l’uomo e serviamo la società, serviamo la patria. Il servizio all’uomo si manifesta non solo nel fatto che difendiamo la vita di un nascituro. Esso si manifesta contemporaneamente nel fatto che difendiamo le coscienze umane. Difendiamo la rettitudine della coscienza umana, perché chiami bene il bene e male il male, perché essa viva nella verità. Perché l’uomo viva nella verità, perché la società viva nella verità.

Quando Cristo dice: “Sono venuto perché abbiano la vita...” pensa anche, anzi soprattutto, a quella vita interiore dell’uomo che si manifesta nella voce della retta coscienza.

La Chiesa sempre ha ritenuto il servizio alla coscienza come il suo servizio essenziale: il servizio reso alla coscienza di tutti i suoi figli e figlie – ma anche alla coscienza di ogni uomo. Poiché l’uomo vive la vita degna dell’uomo quando segue la voce della retta coscienza e quando non permette di assordire in se stesso e di rendere insensibile questa coscienza.

Così servono gli uomini – proprio i più poveri e più bisognosi – tutti quegli uomini e quelle donne che, nel mondo, si dedicano alla difesa della vita, della vita dei corpi e delle anime: missionari e missionarie, suore, medici, infermieri, educatori, tecnici. Basti per tutti ricordare ancora, come a noi ben nota, madre Teresa di Calcutta, la cui voce in difesa della vita dei nascituri si alza non solo dall’India, ma anche dai diversi punti della terra. In Giappone, recentemente, ha detto: “Ogni bambino ucciso con l’aborto, è un indice di grande povertà, perché ogni vita umana è importante e ha un carattere speciale per Dio”.

Facendo tutto per salvare l’uomo dalla miseria materiale, madre Teresa – questo mirabile testimone della dignità dell’umanità – fa di tutto per difendere anche la sua coscienza dalla insensibilità e dalla morte spirituale.

Dopo il Regina Coeli

6. Cari fratelli e sorelle!


Eleviamo i nostri cuori nella preghiera alla Madre del Redentore, invitandola alla gioia pasquale, come ora facciamo in questo periodo. E contemporaneamente

Preghiamo la Madre più santa di tutte le madri –
per ogni madre su questa terra
e per ogni bambino nascituro nel suo seno.
Preghiamo per le madri la cui coscienza
è maggiormente minacciata
quando consente
che venga tolta la vita al suo bambino...
Cristo ha detto:
“La donna, quando partorisce è afflitta,
perché è giunta la sua ora;
ma quando ha dato alla luce il bambino,
non si ricorda più dell’afflizione
per la gioia che è venuto al mondo un uomo” (Gv 16, 21).
Preghiamo per una tale gioia della vita
anche se riscattata dalla sofferenza
e dalla lotta interiore.
Preghiamo per la gioia delle coscienze.
“perché abbiano la vita
e l’abbiano in abbondanza” (Gv 10, 10).

w2.vatican.va/content/john-paul-ii/it/angelus/1981/documents/hf_jp-ii_reg_19810...

gloria.tv/video/Em7aE4ks7N8H3yGTBYAzVTWRM







I vescovi del Guatemala dal Papa: potenti lobby contro la Chiesa

Papa Francesco ha ricevuto questa mattina i vescovi del Guatemala in visita "ad Limina”. Al centro del colloquio le sfide della Chiesa guatemalteca nella società attuale. Ascoltiamo in proposito il presidente di questa Conferenza episcopale, mons. Gonzalo De Villa y Vásquez, vescovo di Sololá-Chimaltenango. L’intervista è di Alina Tufani:
it.radiovaticana.va/news/2017/05/22/i_vescovi_del_guatemala_dal_papa_in_visita_ad_limina...

R. – Siamo una Chiesa che ha un passato recente di martiri. Trenta-trentacinque anni fa c’è stata una grande persecuzione avvenuta nel contesto di un conflitto armato interno e il 23 settembre di quest’anno sarà beatificato il primo martire del Guatemala di quell’epoca. Prima avevamo vissuto le persecuzioni dei regimi liberali che, all’inizio del XX secolo, avevano cacciato il clero e i religiosi. In questo periodo la religiosità popolare era stata mantenuta viva dai laici e dalle comunità indigene. A metà del XX secolo, la Chiesa guatemalteca ha iniziato a ricevere missionari che nell’arco di poco più di una generazione hanno dato molto: grazie a loro è aumentata la presenza del clero, in particolare in quelle regioni del Paese dove i sacerdoti erano assenti in pianta stabile da oltre 50 anni. Verso la fine degli anni 70 è iniziato questo nuovo periodo di persecuzione con tanti martiri. Negli ultimi anni la Chiesa in Guatemala ha invece avuto diverse benedizioni: è cresciuto il numero delle vocazioni, abbiamo più seminaristi e ordinazioni sacerdotali di quanti ne abbiamo mai avuti nella nostra storia. Per altro verso, è anche vero che abbiamo visto molti fratelli allontanarsi dalla Chiesa cattolica soprattutto per entrare in gruppi pentecostali e questo è uno dei problemi della Chiesa guatemalteca oggi.

D. - La Chiesa guatemalteca è sempre stata molto impegnata nella difesa dei diritti umani nel Paese, le cui violazioni durante il conflitto sono spesso rimaste impunite …

R. - Il tema dei diritti umani è stato importante per la Chiesa in anni in cui parlare di diritti umani era molto complicato nel Paese e in questo senso la sua voce è stata quella che si è sentita di più. Ovviamente parliamo dei diritti umani fondamentali, a cominciare da quello alla vita, ma anche della libertà di espressione, del diritto di non essere perseguitati per le proprie opinioni politiche, e dei diritti sociali, come quelli all’educazione e alla salute. La risposta dello Stato ai bisogni della popolazione nel campo della salute, dell’educazione e del lavoro continua però ad essere debole e insufficiente e questo genera tanti problemi. È anche vero che negli ultimi anni la Chiesa si sta confrontando con i fautori di diritti apertamente in contrasto con la dottrina cattolica. Mi riferisco all’ideologia di genere, all’aborto, al matrimoni omosessuali. Non sono stati legalizzati in Guatemala, ma la pressione in questo senso è alta. La lotta della Chiesa per i diritti umani, evidentemente, si svolge su un piano diverso da quello di queste organizzazioni.

D. - Qual è l’azione pastorale della Chiesa guatemalteca per contrastare queste lobby?

R. - La verità è che facciamo quello che possiamo, ma siamo come Davide contro Golia. Queste organizzazioni hanno un grande potere economico, una grande capacità di penetrazione nei media e godono dell’appoggio delle agenzie delle Nazioni Unite per un imporre a un Paese piccolo con un governo debole un’agenda politica orientata all’approvazione di tali leggi. Tutto questo impone un enorme sforzo alla Chiesa, ma continuiamo a lottare per la vita. È chiaro che quando parliamo della difesa della vita, non ci riferiamo solo all’aborto - come pensano molti cattolici - ma anche alla dignità della vita delle persone che quando nascono hanno diritto di non soffrire di denutrizione infantile e di vivere in modo decente.


D. - Uno dei fronti sui quali è impegnata la Chiesa è anche la difesa dei popoli indigeni - che sono la grande maggioranza della popolazione guatemalteca - la difesa dei loro territori e della loro cultura dalle multinazionali straniere. Com’è la situazione oggi?

R. – Di fatto il Guatemala è un Paese prevalentemente indigeno. Io sono vescovo di una diocesi in cui il 93% della popolazione è indigeno e la stragrande maggioranza del clero e dei seminaristi è indigena, quindi vivo questa situazione quotidianamente. In effetti, la questione delle industrie estrattive ha generato polarizzazioni, resistenze e conflittualità e la Chiesa è intervenuta su questo tema. Ma bisogna guardare anche all’altra faccia della medaglia: negli ambienti popolari si è diffusa una sorta di avversione contro qualsiasi investimento straniero e neanche questo aiuta. Ad esempio, sul tema delle centrali idroelettriche la Chiesa non è contraria. Noi vescovi abbiamo detto che è energia pulita, più economica, anche se è vero che occorre considerare e rispettare i diritti delle popolazioni locali.
Non possiamo però neanche opporci a tutto quello che porta sviluppo, come nel caso dell’energia idroelettrica. Eppure ci sono voci contrarie e spesso dietro a chi invoca i legittimi diritti delle popolazioni locali, ci sono altri gruppi di pressione con interessi più loschi, come ad esempio i narcotrafficanti. La questione è complessa. Non è solo una questione di diritti degli indigeni, perché credo che la cosa più importante sia difendere i diritti di tutta la popolazione di svilupparsi, educare i figli e migliorare il loro tenore di vita.

D. - C’è poi la questione dell’emigrazione…

R. - Sì, l’emigrazione è una realtà importante: ci sono oltre 3 milioni di guatemaltechi negli USA, di cui, mi sembra, il 75% sono senza documenti. Ma grazie alle rimesse degli emigrati, nel nostro Paese entrano milioni di dollari: solo l’anno scorso sono entrati 7mila milioni, pari a più di sette volte i proventi delle esportazioni di caffè. Si tratta di denaro che va a tutto il Paese e non si concentra come per le esportazioni. Quindi “esportiamo” persone e questo ha anche conseguenze drammatiche sulle famiglie, perché se è vero che avere un familiare negli Stati Uniti migliora il tenore di vita, capita che uomini sposati emigrino e mettano su un’altra famiglia. Alcuni magari continuano ad inviare soldi alla famiglia di origine in Guatemala, altri nulla. A questo punto la famiglia è distrutta. Abbiamo bambini e adolescenti che crescono senza la presenza del padre, che soffrono ed è più facile che prendano una cattiva strada. Il tema dell’emigrazione ci preoccupa molto e non dobbiamo trascurarlo: in questo devo riconoscere il grande ruolo svolto da mons. Ramazzini, che conosce molto bene il tema della mobilità umana. Ma sì, è un dramma.

D. - Molte persone pensano che un possibile ritorno massiccio di centroamericani nei propri Paesi di origine potrebbe causare un’emergenza umanitaria. È d’accordo?

R. - Sì, ma anche se è cresciuto il numero dei deportati dagli Stati Uniti per adesso non ho l’impressione che ci sia stata una crescita significativa in questi 3-4 mesi di presidenza Trump, anche se è vero che è diminuito il numero di ingressi in quel Paese. Certo, se arrivassero un milione di deportati in un solo colpo la crisi umanitaria sarebbe assoluta.


[SM=g1740771]


[Modificato da Caterina63 23/05/2017 20:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)