00 20/11/2016 15:07

FOCUS di Benedetta Frigerio
George Woodall
 

Prosegue il dibattito su Amoris Laetitia e sui dubia dei cardinali. Parla il teologo Woodall: «Confusione preoccupante, che alimenta la divisione. Il Papa fa bene a voler raggiungere le persone in difficoltà, ma se c’è confusione il suo primo compito è quello di unire nella verità del Magistero della Chiesa».

“Nessuno può porsi al di sopra del Vangelo”. Così George Woodall, professore di teologia morale e di bioetica alla Regina Apostolorum di Roma, spiega alla Nuova BQ perché è importante porre un freno a quelle interpretazioni dell’esortazione apostolica “Amoris Laetitia” in contrasto con l’insegnamento millenario della Chiesa cattolica. Confermando la confusione generale in merito al testo, Woodall apprezza l’appello dei quattro cardinali che hanno sollevato dei dubbi in merito chiedendo al papa di ribadire pubblicamente la dottrina.

Sia i quattro cardinali sia altri teologi e sacerdoti da noi intervisti hanno parlato di una confusione dilagante fra i fedeli e i sacerdoti circa l’interpretazione dell’A.L. Conferma?

Questa confusione preoccupante è un dato assolutamente reale. Posso poi sostenere che sia nel mio ruolo di professore sia di pastore riscontro una crescente divisione alimentata da questa confusione. Perciò penso che l’intervento dei cardinali a precisare i loro dubbi sia un atto di carità lecito e anche giusto nei confronti del Santo Padre, il quale, è bene ricordare, ha il compito di custode della dottrina.

Perché intervenire pubblicamente se il papa stesso non ha ritenuto opportuno rispondere ai cardinali nemmeno in forma privata?

Questa domanda è da rivolgere a loro, ma penso che proprio la preoccupazione per una giusta pastorale necessiti un intervento. Si sente il bisogno di una parola chiara che spazzi via ogni ambiguità ribadendo una volta per tutte che l’unica ermeneutica è quella della tradizione.

Il papa ha la preoccupazione di non far sentire nessuno escluso, per questo, dice spesso lui stesso, non sopporta la rigidità sulla dottrina. Cosa ne pensa?

Confesso la gente nella parrocchia in cui abito, mi incontro con altri sacerdoti e con gli studenti e quello che vedo, lo ripeto, è un caos e una divisione crescenti. Ciò che il papa vuole fare con l’AL è chiaro: si capisce che vuole raggiungere le persone in difficoltà per integrarle e accoglierle nella Chiesa. E’ la sua intenzione ed è giusta. Questo però non è in contraddizione con la sequela alla dottrina. Sono stato parroco di un paese per dieci anni, conosco bene questa necessità di inclusione, motivo per cui ho accolto molte coppie di adulteri che si avvicinavano alla Chiesa. E li ho accompagnati, come suggerito dal Magistero, affinché si ravvedessero per accedere ai sacramenti. Non c’è discrepanza fra sequela alla dottrina e una giusta pastorale.

Perché è così grave una prassi in cui si accede alla Comunione in stato di peccato mortale?

Faccio un esempio: il Papa è giustamente duro con i corrotti e i pedofili e non ha neanche istituito un giubileo per loro. Però se una persona corrotta si converte è giusto perdonarla e concederle i sacramenti. Lo stesso vale per un pedofilo pentito che faccia il proposito di non peccare più. E’ da tale proposito infatti che si capisce se vuole davvero seguire Cristo e quindi se può riceverle il Suo corpo.

Uno dei quattro cardinali, Raymond Burke, è intervenuto sul National Catholic Register spiegando che ammettere ai sacramenti chi continua a vivere da adultero significa negare o l’indissolubilità del matrimonio o il fatto che la Comunione è realmente il Corpo di Cristo.

In ballo c’è proprio questa grave questione.

Per questo il cardinale parla di una possibile correzione pubblica dell’esortazione in mancanza di una risposta chiarificatrice. Cosa ne pensa?

Se ho capito bene ciò che Burke ha detto e che nel passato ci sono state già altre occasioni in cui i papi sono stati corretti dai cardinali. In questo caso posso confermare la veridicità storica di quanto affermato: si tratta di fatti accaduti in difesa della dottrina cristiana.

Molti, però, sostengono che quello dei cardinali sia un atto contro il papa.

Non è un atto contro il papa, ma un appello lecito al lui, affinché faccia pubblicamente chiarezza su punti fondamentali, di verità e di morale, per la vita della Chiesa e la salvezza delle anime. Concordo anche sul fatto che sia un atto di giustizia, visto che come cristiani siamo tenuti ad essere fedeli a Cristo e al suo Vangelo al di sopra di tutto. Questo vale per ciascun fedele, per il papa, per noi chierici, per i laici: nessuno può porsi al di sopra della tradizione e del Vangelo. E se c’è confusione in merito il primo compito del Santo Padre è quello di unire tutti nella verità del Magistero della Chiesa. Perciò spero che il papa risponda all’appello. 



-KASPER HA GIA' RISPOSTO di S. Fontana


Leggendo i dubbi dei quattro cardinali sulla Amoris laetitia mi sono chiesto che cosa ne penserebbe il cardinale Walter Kasper. Ovviamente è impossibile saperlo. Però qualche ipotesi sulla scorta della sua linea teologica che ha fatto da apertura della lunga fase sinodale conclusasi con l’Esortazione apostolica stessa, ci autorizza a fare qualche libera esercitazione di fantateologia.

In un suo libro del 1967 dal titolo “Per un rinnovamento del metodo teologico”, il trentaquattrenne teologo Walter Kasper sosteneva che dopo il Concilio la teologia doveva cambiare metodo. Mentre fino ad allora si partiva dai dogmi e dal magistero e si scendeva ai bisogni umani, il processo doveva essere cambiato: il dogma doveva essere visto come intermedio tra la Parola e la situazione esistenziale e doveva collegarle tra loro. Ecco le sue parole: «Il dogma ora non può più apparire che come una grandezza relativa e storica, che ha solo un significato funzionale. Il dogma è relativo, in quanto è in rapporto con la Parola originaria di Dio, che serve ad indicare, e con le problematiche di un determinato tempo, e in quanto aiuta a intendere con esattezza il Vangelo nelle varie situazioni».

Il nuovo metodo accentuava il primato della Scrittura sulla Tradizione, trascurava che il dogma, prima di essere definito autoritativamente dal magistero, è già contenuto in quanto la Chiesa aveva sempre creduto, e intendeva la tradizione solo come la “interpretazione” della Scrittura. Kasper faceva dipendere questo nuovo metodo dalle novità del Concilio, però il Concilio aveva mantenuto l’equiparazione delle due fonti della Scrittura e della Tradizione.

Appare esplicito che nella nuova proposta metodologica di Kasper, il dogma è soggetto a cambiamento. Essendo a metà strada tra la Parola e la situazione di vita, il dogma cambia mentre cambia l’ermeneutica biblica e cambia mentre cambia la situazione di vita. Il dogma cambia nell’intreccio interrelato di questi due cambiamenti. Sia l’interpretazione della Scrittura, sia quella della situazione di vita, sono pressoché infinite ed inesauribili, sicché la nostra conoscenza del dogma sarà sempre imperfetta e perfettibile, avvolta da una certa dose di ignoranza e tuttavia in grado di progredire. Questo intendono molti teologi quando dicono che il dogma è storico.

Eccoci allora ai cinque dubbi dei cardinali. Nella prospettiva kasperiana, quanto il magistero afferma non può più essere inteso come una chiarificazione definitiva, una precisazione o una definizione dirimente. Quanto il magistero afferma è frutto di interpretazione e deve a sua volta essere interpretato. E’ frutto di una interpretazione della Parola e della situazione storica nello stesso tempo.

Nella prospettiva di Kasper è perfettamente logico che le varie diocesi diano una propria interpretazione di Amoris laetitia, anche se si tratta di interpretazioni molto lontane tra loro e non sono solo pastorali ma anche dottrinali. Se una diocesi decide di permettere l’accesso all’eucarestia ai divorziati risposati e un’altra no – come per esempio succede per le diocesi di Buenos Aires e di Filadelfia - , è difficile sostenere che la differenza tra le due sia solo pastorale e non anche dottrinale.

Scelte di questo genere motivano tutti e cinque i dubbi dei quattro cardinali, che sono dubbi dottrinali e non pastorali. Date le sue premesse, il teologo Kasper riconosce un pluralismo dottrinale, destinato a proseguire anche oltre le diverse linee-guida delle varie diocesi, scendendo anche alla base ecclesiale. Se il criterio è quello dell’interpretazione non si capisce perché ad un certo punto debba essere sostituito da quello dell’applicazione. 

Si noti, per precisione, che la centralità dell’interpretazione nel nuovo metodo kasperiano non significa solo che c’è qualcosa da interpretare che viene poi interpretato. Significa anche che l’atto stesso dell’interpretare è fonte di verità, in quanto la verità sarebbe compromessa sempre con la storia. 

Se ai quattro cardinali dovesse rispondere il cardinale Kasper, secondo me, direbbe che se il Papa avesse voluto precisare qualcosa nell’Amoris laetitia lo avrebbe fatto già nell’Amoris laetitia. Direbbe che il testo dell’Esortazione apostolica è un testo “aperto”, in dissonanza con il vecchio metodo teologico che lui – Kasper – aveva già decretato morto negli anni Sessanta e che invece loro – i quattro cardinali – considerano ancora valido. Direbbe che la richiesta che dei dubbi vengano sciolti dal magistero è una richiesta vecchia e superata, essendo che il compito del magistero è diventato piuttosto quello di suscitare dubbi, per dare nuovi impulsi all’interpretazione. Direbbe che la dottrina è a servizio delle persone nella loro situazione di vita, situazione di vita che non possiamo conoscere mai fino in fondo, come non conosciamo mai fino in fondo i principi dottrinali, che appunto devono sempre essere interpretati. 






Confessioni a Medjugorje
Non si può dare la comunione a chi vive in situazioni oggettive di peccato. È quanto chiarisce il vescovo di Mostar, monsignor Ratko Peric, in un documento pubblicato in applicazione della Amoris Laetitia, che ripercorre l'insegnamento della Chiesa in materia. L'indicazione si applica a tutti i pellegrini che si recano a Medjugorje - che fa parte della diocesi di Mostar - e riguarda anche i sacerdoti che li accompagnano.
di Guido Villa

«I cattolici sposati validamente che abbiano successivamente divorziato e si siano nuovamente sposati, non possono ricevere la santa Comunione fino a quando non avranno risolto la propria situazione in contraddizione con la Legge di Dio». È quanto si legge nella circolare pubblicata nei giorni scorsi dal vescovo di Mostar-Duvno, Ratko Peric, in applicazione dell'esortazione apostolica Amoris Laetitia.

La diocesi di Mostar-Duvno, in Bosnia-Erzegovina, è conosciuta in tutto il mondo per il fatto che secondo la testimonianza di sei veggenti, all’interno dei suoi confini, più precisamente a Medjugorje, dal 24 giugno 1981 appare la Vergine Maria con il titolo di Regina della Pace.

A motivo del grandissimo afflusso di pellegrini da tutto il mondo, la recente circolare inviata dal vescovo mons. Ratko Peric ai sacerdoti della sua diocesi e di quella di Trebinje-Mrkan, che egli governa in qualità di Amministratore Apostolico, sull’accesso ai sacramenti dei cattolici divorziati e risposati, non è di interesse esclusivamente locale, bensì riguarda tutti i sacerdoti che, come recita la Dichiarazione di Zara del 1991 dell’allora Conferenza Episcopale jugoslava sui fatti di Medjugorje, accompagnano spiritualmente i fedeli che vi si recano, «così che a Medjugorje e con Medjugorje si possa promuovere una sana devozione verso la Beata Vergine Maria, in armonia con l'insegnamento della Chiesa».

In questa sua circolare, mons. Peric cita diversi documenti papali pubblicati negli ultimi trentacinque anni, nei quali, egli afferma, «si insegna in modo chiaro e univoco che i cattolici sposati validamente che abbiano successivamente divorziato e si siano nuovamente sposati, non possono ricevere la santa Comunione fino a quando non avranno risolto la propria situazione in contraddizione con la Legge di Dio». Tuttavia il vescovo aggiunge che i sacerdoti non devono spezzare il legame che unisce tali persone alla fede e alla Chiesa, e che, «soprattutto se essi sono colpiti da grave malattia o sul letto di morte», li devono visitare e offrire loro «le preghiere e i santi sacramenti che queste persone, in tali circostanze e se sono pentiti, possono, devono e hanno il diritto di ricevere».

Il vescovo di Mostar menziona anzitutto la Familiaris Consortio di san Giovanni Paolo II, laddove viene stabilito che le coppie in situazioni irregolari, che per vari motivi non possono separarsi, possano accedere ai sacramenti solamente qualora s’impegnino a vivere nella continenza perfetta.

Segue la citazione del canone 915 del Codice di Diritto Canonico, nel quale si afferma che non possono accedere alla Comunione le persone che «ostinatamente perseverano in peccato grave manifesto», nonché del canone 712 del Codice di Diritto Canonico per le comunità cattoliche di rito orientale, dove si recita che «devono essere allontanati dal ricevere la Divina Eucaristia coloro che sono pubblicamente indegni”. Viene inoltre citato il n° 1650 del Catechismo della Chiesa Cattolica, nel quale si ribadisce che la Chiesa, per fedeltà alla parola di Gesù Cristo «non può riconoscere come valida una nuova unione, se era valido il primo matrimonio». Se i divorziati si sono risposati civilmente, «essi si trovano in una situazione che oggettivamente contrasta con la Legge di Dio» e quindi «non possono accedere alla Comunione eucaristica, per tutto il tempo che perdura tale situazione». La riconciliazione mediante il sacramento della Penitenza «non può essere accordata se non a coloro che si sono pentiti di aver violato il segno dell'Alleanza e della fedeltà a Cristo, e si sono impegnati a vivere in una completa continenza».

Viene poi citata la lettera del 1994 della Congregazione per la Dottrina della Fede in occasione dell’Anno internazionale delle famiglie, dove si afferma che i pastori e i confessori hanno il grave obbligo di ammonire i fedeli che vivono una situazione famigliare irregolare ed avvertirli che essi vivono «in aperta contraddizione con la dottrina della Chiesa».

Mons. Peric infine menziona l’interpretazione ufficiale del canone 915 da parte del Pontificio Consiglio dei testi legislativi del 2000, il Compendio del Catechismo della Chiesa Cattolica, l‘Esortazione Apostolica post-sinodale Sacramentum Caritatis di Benedetto XVI del 2007, documenti che ribadiscono la dottrina della Chiesa in materia, nonché la dichiarazione del cardinal Müller del 2016 secondo il quale «le norme della Familiaris Consortio al n° 84 e della Sacramentum Caritatis al n° 29 sono tuttora valide, e applicabili in ogni caso».

Il vescovo di Mostar rammenta inoltre che chi «assume il servizio di insegnare e di annunciare a nome della Chiesa ha giurato di svolgere il proprio compito in osservanza dei documenti della Chiesa vincolanti dal punto di vista giuridico». Restano quindi in vigore, prosegue mons. Peric, le disposizioni secondo le quali la comunione eucaristica non può essere concessa senza assoluzione sacramentale, e tale assoluzione «non può essere data a una persona che viva in una comunione matrimoniale irregolare o non sia sposata in chiesa». Ai sacerdoti delle sue diocesi egli ricorda le parole di san Paolo nella prima lettera a Timoteo di non farsi complice dei peccati altrui, e afferma: «Non dire a un altro che una cosa non è peccato, quando, obiettivamente, lo è. Non lodare il disordine e il male altrui, e soprattutto non farlo nel sacramento della confessione, affinché tu stesso non diventi partecipe e mentore della condanna di qualcuno». 

Quanto alla Amoris Laetitia, mons. Peric spiega semplicemente che si tratta di «una lettera rivolta ai fedeli con la quale il Papa risveglia l’attività religiosa, aiuta e stimola a superare le difficoltà, incoraggia i cattolici, volgendo la loro attenzione ad alcuni pericoli e sulle cattive conseguenze di essi». 

Il vescovo di Mostar, rimanendo fedele alla dottrina tradizionale della Chiesa, si allinea perfettamente alle modalità di “accompagnamento” – tanto per usare una parola oggi molto di moda – mostrate dalla Regina della Pace. Come testimoniano molti fedeli in situazioni familiari irregolari che si sono convertiti a Medjugorje (vedi ad esempio qui), presso la Madonna non c’è spazio per la falsa misericordia che finge di non vedere il peccato insito nelle situazioni matrimoniali irregolari e nelle convivenze. La Vergine Maria accoglie tutti tra le sue braccia, e nello stesso tempo, con amore, esorta il peccatore a convertirsi, a tornare a Gesù abbandonando la vita di peccato. Le guarigioni spirituali, anche in ambito familiare, che avvengono a Medjugorje testimoniano che la strada della conversione e dell’abbondono del peccato indicata dalla Madonna a conferma della dottrina della Chiesa, e ora nuovamente messa nero su bianco da mons. Peric, è l’unica strada che può guarire le ferite di tante anime sofferenti.









[Modificato da Caterina63 27/11/2016 20:37]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)