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1883 Patriarca di Venezia profetizza l’apostasia e la fine della Famiglia





La Lettera che segue è stata da noi scansionata da un opuscolo originale del 1883 (vedi foto nostra), a firma dell’allora Patriarca di Venezia il cardinale Domenico Agostini (1825-1891).

La proposta di caldeggiare paternamente le Famiglie Cristiane per una Consacrazione alla Sacra Famiglia, viene espressa dal Movimento Cattolico nel gennaio 1881 e sollecitata dallo stesso cardinale a seguito della grave situazione morale del tempo, tutta già dedita ad un’attacco frontale contro la Famiglia. Tale premura si rinforzò grazie anche all’enciclica di Leone XIII in difesa della Famiglia, Arcanum Divinae, dopo le dure denunce contro coloro che minavano le sue fondamenta.

Prima della pubblicazione della Lettera pastorale del Patriarca, attraverso il Movimento Cattolico, viene diffusa una “Importante Proposta” indirizzata a tutta la comunità cristiana che riproponiamo qui integralmente, col medesimo linguaggio e testo originale:

I – Che in ogni parochia d’Italia venga istituita la pia Associazione delle famiglie cattoliche consacrata alla Sacra Famiglia di Gesù, Maria e Giuseppe, e sia diffuso Il Divoto di S. Giuseppe — periodico mensuale che stampasi in Modena per annue L. 3. — Il direttore dell’ Associazione è il M. R. Paroco Pietro Bonilli — Trevi-Umbria.

Una grande Imagine, che s’intitola — Patto di unione eterna tra la famiglia cattolica e la Sacra Famiglia, — è il simbolo della Pia Opera nelle domestiche abitazioni. — La preghiera della sera, fatta in comune davanti quest’Imagine è terminata coll’ invocazione stabilita: “Gesù, Maria e Giuseppe illuminateci, soccorreteci, salvateci”, — ne è la pratica essenziale.

II – Che tutte le Associazioni cattoliche d’Italia eleggano a loro principale Patrono lo Sposo purissimo di Maria Vergine Immacolata, S. Giuseppe, e si associno al sopra indicato periodico.

III – Che tutte le scuole private cattoliche esistenti e quelle che verranno istituite, sieno poste sotto la protezione di S. Giuseppe, e che in ogni scuola oltre al Crocefisso, vi sia il quadro della Sacra Famiglia.

Visto, FRANCESCO Can.o MION V. G. (pubblicato il 15 gennaio 1881)

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Ora, cari Amici vi proponiamo il testo inedito, integrale, in formato pdf che potrete scaricare qui: 1883 Patriarca Venezia e Famiglia  – a seguire vi lasciamo  meditare sull’ultima parte del testo, quello che riteniamo essere stata una vera profezia purtroppo avverata e che stiamo vivendo in questo nostro tempo travagliato. Il Patriarca Agostini inizia la Lettera con una catechesi magisteriale, imponente, sulla formazione della Famiglia come Dio l’ha creata e voluta, come questa sacra istituzione abbia dato vita alla società ed alle comunità, come la Famiglia sia stata il vero progresso dell’umano consorzio, infine il decadimento e questa profezia all’attacco cruento contro la Famiglia, la sua devastazione e distruzione a causa delle false dottrine e di un diabolico progetto, a causa della nostra triste apostasia dalla vera dottrina.

A tale proposito ricordiamo tutti di tenere a mente quanto ebbe a dire santa Giacinta Marto, di Fatima, poco prima di morire e riportato da Suor Lucia: “Verranno certe mode che offenderanno molto Gesù. Le persone che servono Dio non devono seguire la moda. La Chiesa non ha mode. Gesù è sempre lo stesso. I peccati del mondo sono molto grandi. I peccati che portano più anime all’inferno sono i peccati della carne.”

e ancora:

“Se gli uomini sapessero ciò che è l’Eternità, farebbero di tutto per cambiar vita. Gli uomini si perdono, perché non pensano alla morte di Gesù e non fanno penitenza. Molti matrimoni non sono buoni, non piacciono a Gesù, non sono di Dio…” (rivelazione fine ottobre 1918, di cosa vide nel futuro del mondo poco prima di morire)

Ma ricordiamo anche cosa disse Suor Lucia al cardinale Caffarra: «Lo scontro finale tra Dio e Satana è su famiglia e vita» in un’intervista concessa a La Voce di Padre Pio (marzo 2008). Il cardinale ebbe da Giovanni Paolo II l’incarico di ideare e fondare il Pontificio Istituto per Studi su Matrimonio e Famiglia, di cui oggi è professore emerito. «All’inizio di questo lavoro – spiega Caffarra – ho scritto a suor Lucia di Fatima, attraverso il vescovo perché direttamente non si poteva fare. Inspiegabilmente, benché non mi attendessi una risposta, perché chiedevo solo preghiere, mi arrivò dopo pochi giorni una lunghissima lettera autografa – ora negli archivi dell’Istituto». In quella lettera di Suor Lucia è scritto che lo scontro finale tra il Signore e il regno di Satana sarà sulla famiglia e sul matrimonio. «Non abbia paura, aggiungeva, perché chiunque lavora per la santità del matrimonio e della famiglia sarà sempre combattuto e avversato in tutti modi, perché questo è il punto decisivo».

La suora di Fatima sosteneva che la Madonna ha già «schiacciato» la testa a Satana. «Si avvertiva – prosegue il cardinale Caffarra – anche parlando con Giovanni Paolo II, che questo era il nodo, perché si toccava la colonna portante della creazione, la verità del rapporto fra l’uomo e la donna e fra le generazioni. Se si tocca la colonna portante crolla tutto l’edificio, e questo adesso noi lo vediamo, perché siamo a questo punto, e sappiamo».

L’unico rimedio a questi mali è ritornare al vero Vangelo sulla Famiglia, alla sana dottrina cattolica, alla morale dettata da Gesù Cristo e trasmessa a noi dalla Sacra Famiglia, si leggaanche qui.

Ecco, infatti, le parole profetiche e drammatiche del cardinale Agostini del 1883, Patriarca di Venezia:

(..) Se non che chi poteva mai aspettarsi che progredendo coi secoli la civiltà, questa base degli Stati, questo principio vitale della società, che è la famiglia, corresse nuovi e gravi pericoli?

Eppure fu pur troppo così! La colluvie degli errori serpeggianti di mezzo alla società, e la corruzione del cuore fremente per isfrenate passioni, sedotto e tentato con ogni mezzo più turpe, scalzarono le basi di questa istituzione primitiva e santissima, e, illanguidita la fede, guasta la educazione, attuato più tardi fino all’ultime sue conseguenze il principio di ribellione proclamato dalla sedicente Riforma, la famiglia ricadde in molta parte nella degradazione del paganesimo.

Non è mia intenzione seguire passo a passo il processo onde si giunse a quei lacrimevoli effetti che ci stanno sensibilmente sotto gli occhi: i danni sociali che lamentiamo col peggio che si aspetta dalle nuove generazioni, che crescono senza idea di Dio e del dovere, senza fede e senza pietà; la scostumatezza stomachevole impunemente ostentata per le vie, sui teatri, negli osceni romanzi; le leggi obbrobriose sul matrimonio e sul divorzio, vigenti pur troppo in vari Stati di Europa e ostinatamente proposte anche là dove finora la indissolubilità della famiglia fu sotto la salvaguardia delle leggi civili; le statistiche dei divorzi fatti in alcuni Stati di Europa, che spaventano gli stessi eterodossi; sono per la massima parte conseguenze della degradazione universale della famiglia, da cui dobbiamo aspettarci pur troppo che peggiori ognor più e che ruini fino a pieno sfasciamento la società civile, termine quanto sciagurato altrettanto inevitabile, allorquando sieno corrotti e disgregati gli elementi, cioè le famiglie, donde nasce e vigoreggia la grande famiglia della società universale.

Se tutta questa dolorosa sequela di mali non è avvenuta ancora fino alle ultime conseguenze fra noi, lo dobbiamo alla fede profondamente radicata nei cuori, alle tradizioni cattoliche secolari, della maggior parte delle famiglie, alla ferma adesione a quei principi cattolici, che sottrassero la nostra patria alla invasione pestilenziale dell’ eresia protestante; ma sentiamo pur troppo di dover deplorare ancor noi tante sciagure morali, e l’indifferentismo dominante, e la smania continua di piacere e di novità, e la licenza sfrenata onde si vuole far licito ogni libitosono funesti preludj che annunciano come presto o tardi saremo ancor noi condotti ad un paganesimo nuovo.

Solo rimedio a tutto questo noi lo vediamo nei santi principi, onde la famiglia fu rialzata e ristorata da Gesù Cristo; nel Sacramento che dà la grazia necessaria agli sposi per mantenersi reciprocamente quell’ affetto che diventa un dovere e che addolcisce e rende grato l’adempimento di un ministero sacro davanti ai figli, la sofferenza di fatiche, la rassegnazione néi sacrifizi inevitabili, forse più che in altre, nella vita matrimoniale, e che fa raggiungere efficacemente il proprio scopo di educare onesti cittadini, utili allo Stato ed a sé stessi, figli ossequenti alla Chiesa ed a Dio. L’attuazione poi esemplare di questo rimedio la troviamo nel tipo della famiglia, secondo il vero concetto cristiano, che è la Famiglia dell’ Uomo-Dio sulla terra. Se la virtù e la imitazione di quel Tipo valsero a ristorare la famiglia quando essa era affatto degradata alla venuta di Gesù Cristo, forse non giungeranno a ristorarla ora che la vediamo novamente ridotta sulla via di un obbrobrioso abbandono, minacciata della distruzione tanto più deplorevole quanto maggiori sono i lumi specialmente della fede che a quella si oppongono ?

È perciò che Noi rivolgiamo la nostra paterna parola, o dilettissimi, in questo giorno sacro al Patrocinio di Colui, che fu Capo della Sacra Famiglia, quasi Padre di Gesù Cristo e Principe nella Sua casa, affinchè persuasi della necessità di provvedere a tanti bisogni e a tanti pericoli della società, mettendo il rimedio alla radice di essi, assecondiate le sapienti ed amorose sollecitudini del Pastore Supremo, il quale nella sua Enciclica «Arcanum» sul Matrimonio (di Leone XIII 10.2.1880) additò una delle piaghe più cancrenose del nostro tempo. E sarà per certo, che intesa bene ed attuata la sua dottrina, si adempirà da coloro che Iddio chiama allo stato coniugale un dovere davanti a Lui di figli fedeli ed obbedienti, davanti alla patria di cittadini utili e solleciti del suo bene, davanti alle generazioni crescenti di padri provvidi e saggi, che assicurano l’ultima salvaguardia della moralità, della religione, della civiltà vera, cioè il santuario domestico.

(..) Noi desideriamo che … si consacrino le famiglie cristiane, procurando di adempiere fedelmente quelle lievi obbligazioni, che sono proposte, specialmente la preghiera della sera fatta in comune sull’ esempio e sotto la direzione del padre, ed a premio delle quali possono ripromettersi le famiglie larghi favori dal Cielo. Giudichino a loro posta come cose inutili ed inefficaci queste pratiche coloro che non hanno il senso cristiano; ma i sinceri credenti devono riconoscere che oltre a quello che possiamo riprometterci per la potenza e per l’amore dei santissimi Personaggi invocati a protettori, il solo ricordo di quei Tipi di ogni virtù, di quegli Esemplari di ogni relazione domestica, che sono i membri della Sacra Famiglia, l’effetto salutare della preghiera comune fra quelli che si amano, perchè legati non solo coi dolci vincoli di natura, ma sì ancora con quelli della grazia, saranno sul cuore e sui costumi della madre, del padre e dei figli un mezzo potentissimo di miglioramento morale e di educazione.

(..) Dilettissimi, dobbiamo adoperarci quanto è possibile per iscongiurare dalla società nuove sciagure; quindi è necessario richiamare la originaria dignità e ricondurre l’ordine nella famiglia. Ah! se i genitori consci del ministero altissimo da Dio e dalla Chiesa a loro affidato educhino i figli alla pietà ed a quel santo timore che forma i giusti; se, amandosi a vicenda d’un amore fedele e casto, come esige il sacro vincolo coniugale che rappresenta l’unione di Cristo con la Chiesa, si facciano esempio ai figli di cristiane e civili virtù; se i figli trovino nell’ obbedienza a coloro dai quali ebbero la vita, un sostegno alla loro debolezza, una guida alla loro inesperienza, noi vedremo ben presto rifiorire la società cristiana di ottimi cittadini cari a Dio, utili a sè stessi, benemeriti della Chiesa e della Patria; ossequenti per convinzione alle Leggi ed ai Principi, perchè prima obbedienti a Dio, ed a quelli che tengono sulla terra, sopra qualsiasi altra autorità, il luogo di Dio.

Questo ottenuto, la società sarà salva, e noi, non solo avremo bene meritato di essa e della religione e della patria, ma riceveremo da Dio, corrispondente alla nobiltà ed alla energia dell’ opera nostra, il guiderdone. Degnisi il pietosissimo Iddio fecondare colla sua grazia la debole nostra, ma sincera e paterna parola; e voi intanto, quanti siete, dilettissimi Figli, abbiatevi a pegno del nostro affetto la Pastorale Benedizione, che vi impartiamo nel nome del Padre, del Figliuolo e dello Spirito Santo.

Venezia dalla Residenza patriarcale

il dì 15 Aprile 1883, festa del Patrocinio di s. Giuseppe.

DOMENICO CARD. AGOSTINI PATRIARCA

– ALESSANDRO TORRI – Vice-cancelliere Patriarcale

– scarica qui il pdf originale del testo integrale: 1883 Patriarca Venezia e Famiglia 

P.S. Ricordiamo che tutto il materiale che pubblichiamo può essere riportato altrove, tuttavia chiediamo fraternamente che lo si faccia citando questa fonte… grazie.

   


DIVAGAZIONI
 

Nel carteggio con una suora carmelitana pubblicato di recente, il compianto cardinale Giacomo Biffi riserva anche commenti spietati sulla "torineseria" storica, civile, ecclesiastico-progressista. Ma c'è un'altra Torino capace di ribaltare il giudizio e che sfuggì a Biffi....

di padre Riccardo Barile O.P.
Il cardinale Giacomo Biffi

Il recente libro del cardinale Giacomo Biffi Lettere a una carmelitana scalza - 1960-2013 (a cura di E. Ghini, Itaca, Castel Bolognese 2017) è un libro fresco di umorismo e di saggezza.

Ma è un libro che può ingannare perché la verità del personaggio è più complessa: Biffi sapeva anche rimanere ostinatamente serio e rifiutare l’umorismo che non partiva da lui; probabilmente per lui l’umorismo era un’interfaccia per evitare di mettere in mostra le reazioni emozionali e interiori, un po’ come la musica di Rossini; infine l’umorismo presente nel libro è solo un generoso assaggio ma non riporta delle battute che invece meriterebbero di essere immortalate, come l’avversione ai “piani pastorali” che, spiegava, erano quanto nella Chiesa Cattolica era rimasto dei piani quinquennali dell’ex Unione Sovietica!

Insegnamenti spirituali e teologici a parte, alcune valutazioni su persone o gruppi sono autentiche carezze contropelo: si veda la valutazione su padre Davide Maria Turoldo (6 luglio 1975, p. 113) o quella più benevola su don Luigi (Bettazzi), buono e candido da non accorgersi delle devastazioni che si vanno compiendo, per cui «chi si sente di assumersi il triste compito di disincantarlo?» (1 ottobre 1974, p. 111). E non si tratta solo di confidenze private, perché Biffi di fronte a molti sacerdoti - ero presente e lo ricordo bene - disse con studiata noncuranza che lo “spirito ambrosiano” era finito con il card. Colombo: già, e il (torinese) card. Martini...?

Nei toni lievi è disimpegnati del divertimento estivo - dunque chi legge non prenda troppo sul serio - vorrei portare l’attenzione sul giudizio spietato di Biffi su Torino, o meglio sul suo scontro con la “torineseria” storica, civile, ecclesiastico/progressista.

Bisogna premettere che nel 1974 a Milano Biffi fu nominato vicario episcopale per la cultura, dopo aver obiettato al card. Colombo: «Io non so cos’è la cultura» ed essersi sentito rispondere: «Non ti preoccupare: neppure gli altri lo sanno» (p. 8). Così si trovò «molto desolato» perché «la cultura non mi hai mai interessato» (1 ottobre 1974, p. 111) e decise che «in fondo si trattava di perder tempo con eleganza» (15 aprile 1977, p. 141). Estese l’ironia anticulturale anche ai colleghi dell’ufficio catechistico diocesano, ai quali era inutile domandare spiegazioni dal momento che «son convinti di proporre “lo stile educativo di Dio”» (24 gennaio 1973, p. 95). Nel 1975 l’Università Cattolica organizzò a Loreto una settimana sulla cultura cristiana. La prospettiva di parteciparvi fu per Biffi una «angoscia» (12 settembre 1975, p. 125), però ci andò e scrisse di aver udito cose splendide, cose discutibili e «cose decisamente sciocche».

Ma - ecco lo scontro con la torineseria - «Le cose più sciocche, più arrese ai miti del tempo, più mondane, le ho sentite dai rappresentanti ufficiali della Chiesa torinese. Mi sono confermato nell’idea che da Torino provengono da sempre i principali guai d’Italia: il Risorgimento, la monarchia sabauda, il comunismo, le automobili, le congregazioni religiose ecc.» (7 novembre 1975, p. 126). È il giudizio più viscerale, più duro e più globale di tutto il libro.

Da dove nasceva tale giudizio? Dalla seccatura di presenziare alla settimana? Dallo spirito milanese in competizione con Torino? Da riflessioni teologiche? Può darsi, ma Biffi senza saperlo era in buona compagnia. Nel 1975 - si noti: lo stesso anno! - un prete “impegnato” di Torino fu invitato a parlare a Genova da un certo don T. senza che il card. Siri ne fosse al corrente. Saputo dell’iniziativa, il cardinale incaricò il vicario generale di bloccarla - non so con quale esito - con un biglietto che iniziava così: «È torinese, il che contiene una indicazione forte», cioè di perplessità negativa (cf Nicla Buonasorte, Siri Tradizione e Novecento, Il Mulino, Bologna 2006, pp. 411-412).

Sono nato a Torino e la mia torineseria non è nella linea di quella allora percepita da Biffi, per cui, appena letto quanto sopra, ho provato un senso di complicità tipo: finalmente qualcuno ha il coraggio di dire queste cose! Poi però ho pensato: no, la Torino ecclesiastica non merita un giudizio così sommario e ingiusto. Per cui bisogna rispondere a Biffi con un po’ di documentazione e un po’ di ironia. E lui riderà dal cielo.

Occorre sapere che a Torino c’è una torineseria, la quale, tra le altre, comporta due forti caratteristiche: a) la convinzione di anticipare il futuro (tutti o quasi, dalla curia al comune, hanno questa convinzione e talvolta fu vero come per il cioccolato, le automobili, la moda, l’industria cinematografica ecc.); b) una «risentita vocazione pedagogica» verso la Penisola «che poco l’ama e che essa poco capisce» (V. Messori, Un italiano serio. Il beato Francesco Faà di Bruno. Paoline, Cinisello Balsamo 1990, p. 10). Insomma: Torino “signora maestra aggiornata”. Se decliniamo tutto questo in una stagione torinese di progressismo ecclesiastico, possiamo immaginare contenuti e modi di quanto Biffi udì nel 1975 (sulla torineseria clicca qui).

Alcune valutazioni di Biffi su Torino sono laiche e storiche. Sul risorgimento il commendator Migliavacca, l’alter ego letterario di Biffi, ormai invecchiato «ha abbastanza buon senso da capire che se l’unità d’Italia, così come concretamente si è fatta, è stata un bel guaio, disfarla sarebbe adesso un guaio molto più grave» (Il quinto evangelo, ESD, Bologna 2008, p. 11); dunque le frasi del 1975 erano “bollenti spiriti” e “giovanile ardore”. Sulle automobili, Biffi ne aveva una «veneranda e inefficiente come un cardinale» (9 agosto 1974, p. 109), che lo lasciò a piedi (7 agosto 1978): forse era una FIAT e allora tutto si spiega. Sul comunismo è vero che Antonio Gramsci († 1937) fu attivo a Torino e ivi si incontrava con Palmiro Togliatti († 1964).

Altre valutazioni sono ecclesiastiche. Sulle congregazioni religiose è meglio tacere, altrimenti bisognerebbe ammettere che per Biffi i salesiani furono un guaio per la Chiesa e per l’Italia e questo - siamo seri! - non lo si può nemmeno pensare.

Quanto alle cose sciocche, mondane, arrese ai miti del tempo e proclamate dai rappresentanti ufficiali della Chiesa torinese, siccome Biffi non specifica, non possiamo valutare: possiamo solo ritenere che per lui erano tali. A Torino si era verso la fine dell’episcopato del card. Michele Pellegrino (1965-1977), uomo di studio, di preghiera e di serietà, ma con scelte di governo in parte obbligate come l’intervento sul sociale in nome della Chiesa esperta in umanità, e in parte opzionali come la liberazione di tendenze progressiste, nella convinzione di avvicinarsi alla Chiesa del Nuovo Testamento, dei Padri, del Vaticano II e di colloquiare con il mondo moderno. 

Il risultato - normale perché è impossibile reagire mantenendosi in equilibrio - fu una eccessiva secolarizzazione, a cominciare dall’abito ecclesiastico. Giravano poi frasi ricondotte a Sua Eminenza, come l’opportunità di ordinare uomini sposati perché l’Eucaristia è più importante del celibato e «una volta definì l’Humanae Vitae “un incidente di percorso del Vaticano”. Un suo ex collaboratore mi implorò a lungo di non divulgare quella frase» (F. Bolgiani, Intervista di E. Boffano, Tutto chiesa e società, La Repubblica, Torino 2 settembre 1989, p. XII). Relativamente a ciò che circola oggi, sono frasi da educanda in pia ricreazione, ma allora...

C’era e c’è però un’altra Torino, capace di ribaltare il giudizio e che sfuggì a Biffi: la Torino che nel secolo XVIII inventò la Novena di Natale; la Torino dei tanti santi “moderni”, socialmente attivi ma fermi nella dottrina, rispettosi del governo ma critici su di un certo risorgimento, santi evocati da Giovanni Paolo II in una visita a Torino: «la Chiesa in tutto il mondo si domanda (...): perché questa effusione dello Spirito Santo, perché tanti santi moderni, della nostra epoca, del secolo scorso, perché tanti santi appunto qui in Torino?» (Allocuzione del 4 settembre 1988). E oltre ai santi vanno ricordate eminenti figure sacerdotali: lo storico Tuninetti ne ha raccolte ben 60 in Preti torinesi tra i 1700 e il 2000: figure significative.

Questa Torino era più a destra di Biffi ed esigeva dal chierico che, prima di indossarli, baciasse la talare e il collare (inimmaginabile un Biffi che inizia così la giornata!) (L. Boccardo, Regolamento di vita clericale e sacerdotale); questa Torino non avrebbe mai sopportato l’ammissione scherzosa: «io, che sono sempre stato tendenzialmente poligamo» (20 dicembre 1974, p. 115), pretendendo invece che per la strada non si guardassero le donne; infine non avrebbe mai sopportato la compiaciuta pigrizia biffiana dal momento che, secondo la testimonianza di don Bosco, il modo di riposarsi del Cafasso era di cambiare lavoro ecc.

Oggi però Biffi non scriverebbe più quello che scrisse: sembra infatti che Torino, diventata “come tutti gli altri” non indichi più il futuro e non dia più lezioni alla Penisola. Anche a Torino, come altrove e a dispetto delle passate punte di aggiornamento, ci sono messe in latino e giovani preti che si rimettono in talare con i desolati sospiri dei responsabili. I Vescovi siciliani hanno rubato a Torino il primato di dire che si possono ammettere gli irregolari all’Eucaristia. La sindaco Appendino programmando alcuni giorni di dieta vegana nelle mense scolastiche arriva buona terza o quarta, senza più la possibilità di anticipare il futuro e dare lezioni alla Penisola. Per tacere poi che sulla metropolitana Torino avrebbe molto da imparare da Roma, da Milano e... da Brescia. Insomma, se a san Gregorio Magno bastavano le precipitazioni eccessive d’estate per vedervi lo scompaginamento delle stagioni e un segno della fine dei tempi (Omelie II, XXXV,1 ), molto di più oggi, con Torino che non indica più il futuro e che non è più la “signora maestra” d’Italia, l’ordine delle cose è talmente scompaginato che siamo proprio alla fine del mondo.








[Modificato da Caterina63 04/08/2017 08:18]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)