DIFENDERE LA VERA FEDE

Natale e quel Gesù Bambino di tutti e di nessuno sfruttato e strumentalizzato

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    Caterina63
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    00 05/12/2017 08:54




    Ricordando anche questo thread nel quale vediamo come oggi ci si vergogna di Gesù Cristo.... vediamo cosa sta accadendo al Suo Natale....


    Gesù Bambino e il Suo Natale di tutti e di nessuno

    Cantiamo allora, e capiamo bene, l’inno “Rorate caeli”, che è per eccellenza il canto gregoriano tra i più belli e significativi, del tempo d’Avvento. Il ritornello è tratto dal libro del profeta Isaia (45,8): «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia.»

    Registriamo da anni una decadenza del Natale di Gesù Bambino che suona perfino come paradosso perché, se da una parte possiamo dire che questa Festa ha raggiunto “tutti i confini della terra”, e laddove è senz’altro una Festa in cui molti animi si calmano e molte anime si commuovono, dall’altra parte è sempre più evidente che – il Natale di Gesù Bambino – è diventata la festa di tutti e di nessuno, si esaltano i sentimenti, ci si adopera per fare regali, ma ciò che manca con sempre maggior evidenza è accogliere (convertirsi a…) quel Dio Bambino così come i Vangeli ce lo hanno raccontato e la santa Tradizione ci ha trasmesso.

    Complice di un decadimento dell’esegesi e della pastorale natalizia è purtroppo anche la Chiesa stessa nei suoi Pastori – non quelli della Notte Santa – che del santo Natale di Gesù raccontano di tutto, fuorché della Sua prodigiosa Incarnazione nella Sacra Famiglia. Sono anni che assistiamo ad uno sfruttamento, e prostituzione dell’immagine natalizia asservita all’argomento del giorno trasformando, il Dio Bambino, in un oggetto ideologico compiacente alle mode del momento.

    Non lincheremo le varie notizie per non fare ad essi pubblicità, ma voi stessi facendo un giro nel web non avrete difficoltà a trovare le prove di cui parliamo.

    San Francesco di Assisi, quello vero, quando fu ispirato dallo Spirito Santo, quello vero, per dare vita alla realizzazione del Presepe, si disse che “pianse di gioia” tanta fu la commozione di aver potuto offrire ai suoi tempi la “Rappresentazione” di ciò che avvenne in quella Notte Santa; trasformare in qualcosa di visibile il contenuto dottrinale, fedele però alla sacralità dell’evento. Da allora l’arte, la letteratura e la musica furono messe a servizio dell’opera grandiosa e prodigiosa, dell’immenso Dono di Dio a noi “miseri peccatori”. Da allora, ogni Famiglia Cristiana si è sempre adoperata per mantenere vivo questo evento prodigioso dando vita, nel tempo natalizio, ad una serie di iniziative anche lodevoli come la carità e il sostegno, l’aiuto per i poveri e gli indigenti.

    Bisogna ricordare poi che, in campo liturgico ed ecclesiale, il Tempo del Natale (con il Tempo di Avvento) era già un evento ricordato e vissuto all’interno delle comunità, fin dai primi secoli. Nel Tempo di Avvento, le comunità cristiane, vivevano un tempo di austerità e di forte PENITENZA… per arrivare al Natale di Gesù Bambino ben confessati e in stato di grazia per ricevere degnamente l’Eucaristia. Non a caso, anche nella chiesa ambrosiana, questo era un tempo come quello quaresimale.

    Che cosa sta accadendo oggi? Non giriamoci troppo attorno: da circa cinquant’anni, il Natale di Gesù Bambino, è stato trasformato in un evento SOCIALE. E all’interno delle comunità sociali le luci degli alberi, le decorazioni, L’ESTERIORITA’ ha preso il sopravvento sull’interiorità e sulla conversione a Cristo.

    Chi ha una certa età dovrebbe ricordare come nelle parrocchie si è data vita al “Natale a tema”…. ossia: “stanchi di udire la solita dottrina” (2Tim.4,1-5) si è cominciato a dare al Natale una immagine diversa sempre più associata all’argomento del giorno, al problema del momento sfruttando, del Divino Bambino e della stessa Sacra Famiglia, una immagine a seconda delle proprie idee ed opinioni.

    Per farla breve e arrivare al cuore del problema, negli ultimi anni la situazione è precipitata. I negozianti rappresentano il Presepe a seconda del prodotto che devono vendere e, Gesù Bambino con Maria e Giuseppe, vengono sempre più rappresentati per raccontarci un’altra storia: quella della rivendicazione sociale, quella della rivendicazione ideologica, quella della rivendicazione dei diritti più assurdi e perversi.

    Lo stesso malefico influsso lo hanno avuto, di rimando, le famiglie anche cristiane, o che tal dicano d’essere, trasformando il Natale di Gesù in una corsa ai regali, alle cene e cenoni, al divertimento – che poi è diventato un vero stress – rilegando solo in ultimo la visita a Gesù per la Messa di Natale, magari senza essersi confessati, magari senza aver abbandonato lo stato di peccato in cui si vive, magari portando come dono – al Divino Bambino – non la propria conversione  e il peccato abbandonato, ma piuttosto il proprio peccato quale DIRITTO al quale non si può rinunciare.

    Così ci ritroviamo davanti Presepi che – messi perfino nelle navate delle chiese – un anno rappresentano Gesù Bambino dentro un gommone per dire che era un immigrato; altri che tolgono san Giuseppe per mettere con la Vergine Santa un’altra donna per rivendicare il diritto saffico; altri che tolgono perfino Maria per mettere un’altro uomo e dimostrare il diritto omosessualista; altri che hanno messo un cane al posto di Gesù Bambino…. qualcuno ha persino messo il papa regnante al posto di san Giuseppe… per non parlare dell’immagine dei Pastori adoranti trasformati in orde barbariche ideologiche atte a rivendicare i propri diritti, quei diritti inesistenti.

    Assai ben lontani dal poetico Giovanni Pascoli (1855-1912) tratta dai Canti di Castelvecchio,  Le ciaramelle: “Nel cielo azzurro tutte le stelle; paion restare come in attesa;

    ed ecco alzare le ciaramelle il loro dolce suono di chiesa;

    suono di chiesa, suono di chiostro, suono di casa, suono di culla,

    suono di mamma, suono del nostro dolce e passato pianger di nulla…”

    Il tutto con il silenzio e – spiace dirlo ma tant’è… – il compiacimento delle gerarchie cattoliche. Anzi, spesse volte alcune iniziative discutibili sono nate, hanno avuto origine, proprio dalle indicazioni “pastorali” della nuova cultura post-conciliare dedita tutta a trasformare l’uomo nel “dio di se stesso”.

    Fummo testimoni diretti, solo quattro anni orsono, di come in una diocesi il vescovo diede l’ORDINE affinché quel Natale specifico, non riguardasse gli eventi del Divino Bambino, ma impose che il tema avrebbe dovuto essere “GLI OCCHIALI DELLA FEDE“. Che cosa erano? In sostanza si pretese e si impose che, durante tutto l’Avvento, si insegnasse ai bambini del catechismo che la Fede ha “colori diversi”, perciò, in quattro incontri, bisognava aiutare i bambini a creare degli occhiali di cartone con vetri plastificati di colori diversi. Avete presente gli occhialetti usati per vedere le immagini tridimensionali, il 3D? Ebbene, attraverso questo si doveva arrivare ad insegnare che “ogni essere umano” vede il Natale con i propri colori che, tradotto, voleva significare che ognuno ha la fede che vede e, i colori diversi, stavano a significare quanto ciò fosse bello.

    Fate un giro nelle parrocchie e andate a constatare di persona quante di queste, oggi, dedicheranno l’Avvento a catechesi mirate alla sana Dottrina sul Natale. Quante di queste parrocchie si dedicheranno davvero ad accogliere Gesù Bambino e, non piuttosto, a realizzare qualche progetto pastorale imposto dalle gerarchie.

    E’ come per la storia dei Crocefissi rimossi dai luoghi pubblici. Ma scusate: è stata la gerarchia cattolica a rimuovere per prima il Crocefisso dagli altari delle chiese, come si fa allora a pretendere che ora,  gli orgogliosi laicisti, si debbano battere per difendere i Crocefissi nei luoghi pubblici? Così è per il Natale di Gesù Bambino. Avendo rimosso LA DOTTRINA DEL NATALE è evidente che il vuoto creato ad arte, venga riempito con qualcos’altro.

    Il Natale di tutti e delle rivendicazioni più assurde, tranne che il Natale di Gesù Cristo!Questa è la triste ed avvilente realtà alla quale assistiamo. In una delle tante interviste fu chiesto a Benedetto XVI: perché questa sua insistenza a voler scrivere – non uno – tre libri sul Gesù di Nazareth? La risposta fu semplice e drammatica al tempo stesso. Benedetto XVI sottolineava la mancanza di cultura alla vera identità di Gesù di Nazareth, vedi qui, sottolineava l’abuso e lo sfruttamento della Sua immagine usata per tanti scopi fuorché per lo scopo più autentico, quello di capire che cosa è stata l’Incarnazione divina per gli uomini, e la conseguente identità del “Figlio dell’uomo, ma anche Figlio proprio di Dio e Dio stesso” che fu tema dei primi grandi concili per difenderne proprio l’identità, duramente attaccata da molte eresie. Eresie che tornano prepotentemente sotto nuova veste.

    «E Dio non farà forse giustizia ai suoi eletti, che gridano giorno e notte verso di lui? Li farà forse aspettare a lungo? Io vi dico che farà loro giustizia prontamente. Ma il Figlio dell’uomo, quando verrà, troverà la fede sulla terra?» (Lc.18,1-8)… perché è questo il dono più grande che Gesù Bambino è venuto a portarci nella Notte Santa: LA FEDE, quella vera, quella che i santi Pastori manifesteranno nel più bel silenzio che non è stato un tacere, al contrario, è stato un “gridare” nel cuore la propria gratitudine al Messia che tutti attendevano, un gridare attraverso LO STUPORE E LA MAGNIFICENZA dell’evento prodigioso al quale fu dato loro di assistere.

    Nel silenzio più sacro – questi santi Pastori – ci insegnano ancora oggi quale sia l’atteggiamento più corretto da assumere davanti a questo evento nel quale Cielo e Terra si sono uniti: il Cielo si è aperto e la Terra ha accolto il Redentore delle Anime. Cantiamo allora, e capiamo bene, l’inno “Rorate caeli”, che è per eccellenza il canto gregoriano tra i più belli e significativi, del tempo d’Avvento. Il ritornello è tratto dal libro del profeta Isaia (45,8): «Stillate, cieli, dall’alto e le nubi facciano piovere la giustizia.» Si tratta di una preghiera rivolta a Dio perché, per il popolo in esilio, vengano i tempi messianici della liberazione. La “Giustizia” che ci piove dal Cielo è Gesù Cristo, il Signore Iddio!

    Riscopriamo il Natale di Gesù Cristo! Difendiamo la vera identità del Verbo Incarnato contro ogni annacquamento ed eresia, contro ogni strumentalizzazione e falsificazione, ribelliamoci contro ogni iniziativa pastorale, sociale o culturale che fosse, che possa svilire e bestemmiare la Divina Famiglia: Gesù, Giuseppe e Maria Santissima. Bisogna avere il coraggio di dire che: ogni attacco ed ogni strumentalizzazione della Divina Famiglia e del Verbo stesso Incarnato, Gesù Cristo, è un attacco alla Famiglia umana, alla Famiglia Cristiana, e viceversa quando si attacca la Famiglia umana è perché si vuole attaccare l’identità di Gesù Cristo, e a cominciare l’opera di questa distruzione fu proprio il protestantesimo di Lutero. All’interno del liberalismo luterano, infatti, troviamo le radici e le fondamenta delle nuove ideologie del nostro tempo, comprese quelle che riguardano la forma di un Natale sempre più LAICO E LAICISTA, LIBERISTA, contro la sana dottrina del vero Natale di Gesù Cristo squisitamente cattolico, anche se qualcuno ha cantato che “Dio non è cattolico”.

    Per altri approfondimenti consigliamo i seguenti link:

    1883 Patriarca di Venezia profetizza l’apostasia e la fine della Famiglia

    Giorno per giorno verso Betlemme con Benedetto XVI prima parte

    Giorno per giorno verso Betlemme con Benedetto XVI seconda parte

    Giorno per giorno verso Betlemme con Benedetto XVI terza parte

    Giorno per giorno verso Betlemme con Benedetto XVI quarta parte

    Laudetur Jesus Christus






    Focus

    TRADIZIONI DIMENTICATE

    • L'albero di Natale è cattolico, non può annacquare la fede

      Addobbare l'albero di Natale, benché sia d'uso anche in piazza San Pietro dal 1982 (con san Giovanni Paolo II), è ancora visto come un uso protestante, o neopagano, contrapposto al presepe cattolico. Ma l'albero di Natale è una tradizione cattolica sin dall'VIII Secolo, introdotto da San Bonifacio, quando convertì i popoli germanici.

      CULTURA 16-12-2017

    Addobbare l’albero di Natale è un segno di profonda devozione cattolica. Gli alberi sacri o magici erano certamente diffusi nella religiosità dei popoli precristiani, così come in parte lo era anche l’usanza di ornare le abitazioni con fronde di conifere, ma non è vero che la Chiesa - qui come in altri casi - abbia “subaffittato” i culti pagani.

    Il simbolismo dell’albero è infatti biblico e autonomo rispetto alla tradizione precristiana. Nell’Eden, Dio pone «[...] l’albero della vita in mezzo al giardino» accanto all’«[...] albero della conoscenza del bene e del male» (Gn 2, 9; cfr. anche Ap 2, 7). Il medesimo concetto torna nell’Albero di Jesse, dal nome del padre del re David, e si palesa nella forma della genealogia di Gesù. Quindi, ciò che è iniziato nell’Eden si conclude con l’albero sacro per eccellenza, la Croce, che, sovrapponendosi alla genealogia dell’Albero di Jesse e all’albero dell’Eden, si rivela essere l’axis mundi e l’ermeneutica di tutta la storia sacra.

    Quando i missionari incontrarono i popoli celtici e nordici che adoravano gli alberi sacri richiamandosi agli alberi cosmici (il frassino Yggdrasill, per esempio, presso i norreni), ne utilizzarono il simbolismo per annunciare la Croce redentrice. E come i pagani decoravano e accendevano luci sugli alberi (Lichterbaum) all’inizio dell’inverno, dove il buio è più intenso, per propiziare la rinascita del mondo con il ritorno del Sole al termine della notte, così la Chiesa ha visto la Trinità nella forma triangolare dell’abete sottolineando con esso che nel momento più oscuro la luce non è di là da venire, ma è già qui e ora con la nascita di Cristo, il vero sempreverde.

    Il monaco benedettino Wynfrith (680 ca.-754), nato del regno del Wessex, fu un grande protagonista delle favolose missioni anglosassoni presso i popoli germanici in Frisia, Assia, Turingia, Baviera e Alemannia. Nel 722 fu nominato vescovo e legato pontificio da Papa san Gregorio II (669-731), ed è noto con il nome latinizzato di Bonifacio, santo e martire. Nel 723 (o nel 724), prese la decisione clamorosa di abbattere la quercia che svettava vicino al villaggio di Geismar, oggi sobborgo della città di Fritzlar in Assia, consacrata dai Catti, la popolazione germanica del luogo, al culto di Donar, il dio del tuono, quello che per gli scandinavi è Thor. Così facendo, sventò i sacrifici umani che i pagani stavano per consumare in quel luogo. Quando i pagani videro che il dio del tuono non reagiva all’ascia del santo, piegarono il ginocchio a Gesù. Dal tronco della quercia, già nota ai pagani come Donares Eih, Bonifacio ricavò il legname con cui fece costruire una cappella a Fritzlar, dedicandola a san Pietro. Dietro il moncone della quercia abbattuta spuntava un giovane abete, un sempreverde come la vita che non muore, e san Bonifacio volle fosse chiamato l’albero di Cristo bambino, istruendo il popolo a radunarsi attorno a esso, ma non nei boschi bensì nelle proprie dimore. Era tempo di Avvento, l’albero di Natale era nato.

    Usanza del Natale, oltre all’albero, è l’agrifoglio. Anch’esso era venerato dai popoli precristiani, ma che direbbero i neopagani di oggi e gli adepti della Wicca che ne fanno ghirlande “di stagione” se ricordassero che la Chiesa ne consigliò l’uso simbolico indicando nelle sue spine quelle che infersero ferite profonde al capo di Gesù, nelle sue bacche rosse le gocce del Preziosissimo Sangue che sgorgò a fiotti e nei suoi fiori bianchi candidi la purezza della Madonna?

    La vigilia di Natale, il 24 dicembre, è il giorno della memoria liturgica dei santi progenitori Adamo ed Eva. Nel Medioevo tedesco si organizzavano i “Giochi di Adamo ed Eva”, rappresentazioni sacre per ricordare la caduta e la redenzione. Gli abeti sui sagrati delle chiese, ricordando l’Albero della vita dell’Eden, venivano decorati con mele rosse a memoria del peccato originale (in seguito vennero adoperate anche delle ostie per simboleggiare la vittoria sul peccato). Le mele sono diventate palline quando, a fine Ottocento, a Meisenthal, nella Mosella francese, scarseggiando le mele, i vetrai ne confezionarono di artificiali; e il rosso è natalizio per questo (oltre che per san Nicola di Myra, l’unico vero Santa Claus, il quale vestiva il rosso dei vescovi), non perché regalare biancheria intima di quel colore “porta bene”.

    A volte crediamo di sapere quel che non sappiamo, e così imputiamo la diffusione dell’albero di Natale al protestantesimo, che ha finito per emarginare il presepe cattolico. Ma presepe e albero sono stati fianco a fianco per secoli prima della Riforma, e semmai i protestanti ne avessero fatto un uso ideologico anticattolico la colpa non è certo dell’albero. Vero, il simbolismo dell’albero decorato è un po’ meno evidente di quello del presepe magnificato da san Francesco, ma questo solo perché l’uomo di oggi si lascia scorrere la vita addosso senza fermarsi a chiedere, a indagare. Dimenticato se stesso, ha ovviamente scordato anche il senso delle proprie belle usanze. Ma la Chiesa è lì anche per quello. Così, dal 1982, un albero di Natale svetta (vicino al presepe) in Piazza San Pietro voluto da Papa san Giovanni Paolo II (1920-2005). Papa Benedetto XVI l’albero decorato lo ha definito «significativo simbolo del Natale di Cristo, perché con i suoi rami sempre verdi richiama il perdurare della vita» (discorso alla delegazione ucraina per la consegna dell’albero di Natale in Piazza San Pietro del 16 dicembre 2011) e Papa Francesco lo ha salutato dicendo: «Ogni anno il presepe e l’albero di Natale ci parlano col loro linguaggio simbolico. Essi rendono maggiormente visibile quanto si coglie nell’esperienza della nascita del figlio di Dio» (saluto alle delegazioni che hanno donato il presepe e l’albero di Natale per Piazza San Pietro del 7 dicembre 2017).

    L’albero di Natale è cattolico. Chi pretende di usarlo per anestetizzare la Nascita celebrata dal presepe con un “buone feste” qualsiasi si copre ridicolo. Diciamogli di smettere.


    [Modificato da Caterina63 16/12/2017 14:27]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    00 05/12/2017 08:57
    [SM=g1740733] Inno latino “Rorate, cæli, desuper”: “Piovete, cieli, dall’alto”. Inno ispirato al profeta Isaia (41, 13-20) che si canta nel Tempo di Avvento.

    www.youtube.com/watch?v=FhDNobzG50E






    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    • SPOT E PROVOCAZIONI

    Natale cristiano scimmiottato: è la pubblicità, bellezza

    Lo spot Ikea

    Arriva il Natale e le pubblicità si adeguano alterandolo per farne perdere la portata. Ikea mette in scena un presepe con un cane al posto del bambinello, ma nega che si riferisca a una Natività; Ferrero promuove il calendario dell'Avvento, ma ad essere atteso non è Gesù, bensì Babbo Natale. Strategie di marketing che mostrano come quello cristiano sia il solo Natale possibile, ma deve essere scimmiottato per il business.

    Ci hanno provato in tutti i modi: trasformandola nella festa della luce e dei colori, in quella dei buoni sentimenti, sostituendo le immagini sacre con idoli pagani e commerciali. Ma alla fine tornano sempre lì: all’iconografia che fa del Natale il Natale: quella cristiana. Solo che il messaggio che deve passare è quello esclusivamente commerciale e non certo quello dell’Incarnazione, ergo per pubblicizzare un qualunque prodotto si torna alla tradizione cristiana, ma questa deve essere alterata chimicamente dagli sbuffi del consumismo.

    Arriva il Natale e il mondo dell’advertising si deve organizzare per renderlo appetibile a tutti. Con le fredde immagini che alludono al Natale come a qualcosa di lontano dal sentimento popolare non deve essere andata bene. Perché il cuore dell’uomo, reconditamente, a Natale cerca un anelito di divino anche mentre compra una cintura.

    Per ovviare ci si arrangia con sapienti campagne di marketing dove il Natale cristiano è soltanto evocato, resta il suo simulacro: una scatola vuota da riempire di contenuti commerciali. Non c’è più l’eliminazione della simbologia cristiana, che non deve aver funzionato, ma la sua strumentale manomissione intellettuale.

    Due episodi avvenuti in Italia in queste ore lo dimostrano chiaramente.

    Ikea. C’è una campagna che per pubblicizzare alcuni prodotti della nota multinazionale svedese mostra lui e lei sotto un tavolo che accudiscono in mezzo un cane. L’immagine è chiaramente natalizia, l’allusione neppure tanto recondita, anzi semmai kitch, è alla Natività: lei, al posto della Madonna, lui al posto di San Giuseppe, il cane è il bambinello e il tavolo è la capanna di Betlemme. Sopra la scritta: il momento più atteso dell’anno. Tutto chiaro.

    Così una cliente apre il pc e scrive indignata: “Vorrei sapere se è stata diffusa da Ikea una oscena fotografia della Capanna di Betlemme con un cane al posto di Gesù Bambino. Sono una vecchia cliente e ho intenzione di restituire la carta family e di non comprare più nulla”. Il messaggio parte e Ikea promette: “Di solito rispondiamo entro un giorno”.

    Invece la puntualità svedese è quanto mai svizzera. La risposta arriva a stretto giro di posta, un’ora dopo. E c’è da restare esterrefatti per la giustificazione, non si sa se più ipocrita o goffa. Eccola: “Buongiorno M.P., l’immagine non ha nessun riferimento con la rappresentazione del Presepe, ma richiama una scena del nostro spot tv, dove è stata ricreata una tenda, utilizzando tavoli e complementi d’arredo, come se fosse un piccolo nido ludico, per passare momenti giocosi durante le feste”.

    La signora trasecola e si sente presa in giro dato che è evidente che quella immagine non può rimandare a nient’altro che una scena di Natività e accusa il colosso di ipocrisia e malizia. Come darle torto? In effetti la risposta risulta quasi sarcastica. A cominciare dall’espressione “piccolo nido ludico”, che non si sa bene che cosa evochi di preciso. Potenza del potere mediatico: dissimulare. Negare sempre, anche l’evidenza, peggio di un amante trovato nell’armadio. Natale? Macché, signora, si sarà sbagliata.

    Anche in casa Ferrero va in scena una distorsione simile.

    La celebre casa alimentare piemontese deve presentare il Calendario dell’Avvento 2017. Si tratta di un must per i bambini: ogni giorno apri una finestrella e trovi un cioccolatino. Libidine allo stato puro per i più piccoli. Prepararsi al Natale con lo “zuccherino” del cioccolato.

    Ma che cosa succede? Succede che al posto di Gesù Bambino, cioè colui per il quale l’Avvento è il compimento, viene sostituito un più politicamente corretto e commercialmente adeguato Babbo Natale. Il messaggio che passa è che l’Avvento non è altro che quel periodo in cui si aspetta l’arrivo dei doni, portati ovviamente da Babbo Natale. Essendo a corto di idee originali i creativi che hanno lanciato il prodotto della Ferrero si sono affidati alla tradizione e alla liturgia della Chiesa, ma alterando visibilmente l’oggetto finale del desiderio.

    Si tratta di distorsioni che utilizzano una simbologia per comunicare altro, un vecchio espediente per catturare l’attenzione del consumatore e orientarlo altrove. Non ci si aspettava che le campagne di marketing in vista del Natale fossero qualche cosa di diverso, però almeno che si utilizzasse ciò che è di più caro per il cristiano per stravolgerlo, questo è indice di un progressivo sfaldamento etico anche della comunicazione pubblicitaria.

    In fondo, c’è anche un Natale laico, che convive da decenni con quello cristiano. Già il fatto che esista è per i cristiani motivo di amarezza, ma almeno fino a quando le finalità correvano lungo binari paralleli, si poteva anche farsene una ragione. Così è uno scimmiottamento della realtà per il Dio denaro.

    Stesso scimmiottamento e distorsione della realtà che si incontra anche per un’altra immagine che in questi giorni sta facendo il giro delle agenzie. Una nota casa di gioielli ha lanciato uno spot per i mariti alla caccia del regalo per la consorte: "Un ferro da stiro, un pigiama, un grembiule, un bracciale Pandora: secondo te cosa la farebbe felice?”. Ovviamente la risposta è l’ultimo articolo. Un modo gentile per far sapere ai maschietti che ciò che le loro compagne amano è ciò che le rende belle e attraenti, quindi un gioiello. Insomma: a prima vista potrebbe essere uno spot femminista dato che il ferro da stiro e il grembiule sono immagini stereotipate del vecchio cliché della donna Cenerentola schiava del suo maschio Alfa.

    Invece neppure questa lettura sembra andare bene: no, è stato visto come uno spot sessista, che umilia la donna. La casa di gioielli si è dovuta scusare e ha ritirato lo spot. L’ossessione sessista ha colpito ancora, ovviamente senza neppure riflettere sulle contraddizioni e le alterazioni della realtà che essa ha prodotto. Si torna sempre lì, allo scimmiottamento della realtà con la scusa del Natale. Quello della scimmia di Dio, che iconograficamente, tanto per fornire anche qui un’immagine, è sempre rappresentata con le corna.








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    Nel presepe della neochiesa ci sono tutti, tranne Gesù Bambino

    PUBBLICATO  Il presepe nacque a Greccio nel 1223 perché san Francesco d’Assisi non riusciva a placare il desiderio di ridestare la meraviglia per Dio che si fa uomo, per ricordare che «oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo, Signore»“.

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    _066 Natale vero 2
    Quando la demagogia prende il sopravvento…

    Riportiamo integralmente la sofferta riflessione, con la tremenda domanda, posta da La Nuova Bussola Quotidianavedi qui, per unirci in una Preghiera comune non solo di riparazione, ma anche di discernimento.

    C’è chi oramai non si scandalizza più, male!Dobbiamo invece avere ancora la libertà e la forza per scandalizzarci, diversamente non saremo più in grado neppure di stupirci per cose veramente belle! Per fare discernimento dobbiamo tornare sempre a stupirci per ciò che esalta la nostra Fede, la nostra identità Cattolica, da ciò che scandalizza e deve farci soffrire per tutto ciò che ne deturpa l’immagine e l’identità.

    E non parliamo delle offese arrecate alle nostre persone, quelle si sopportano, ma non quelle che tendono ad offuscare la vera immagine di Dio, e che lo offendono. Diceva giustamente il compianto cardinale Biffi:

    Siamo letteralmente invasi dai travisamenti e dalle menzogne: i cattolici in larga parte non se ne avvedono, quando addirittura non rifiutano di avvedersene. Se io vengo percosso sulla guancia destra, la perfezione evangelica mi propone di offrire la sinistra. Ma se si attenta alla Verità, la stessa perfezione evangelica mi fa obbligo di adoperarmi a ristabilirla: perché, dove si estingue il rispetto della Verità, comincia a precludersi per l’uomo ogni via di salvezza“.

    Che cosa è successo? Che le 14 opere di Misericordia (inseparabili) non solo sono diventate sette, ma sono diventate il fulcro del Presepe in piazza san Pietro al postodel Natale di Nostro Signore Gesù Cristo. Da quando la “nuova chiesa” ha inventato il “Natale a tema”, si usa il Presepio per denunciare ogni presunto diritto, togliendo però la scena  AL VERBO DIVINO, il Natale di TUTTI e di nessuno, neppure di Gesù, vedi qui.

    Nei nostri editoriali abbiamo affrontato diverse volte lo spinoso argomento dove, in questo pontificato, lentamente, è letteralmente e materialmente scomparso il senso del sacro: ne abbiamo parlato qui; ne abbiamo parlato anche qui; ma soprattutto quicon il triste elenco della distruzione della nostra sacra Tradizione cattolica, a partire dall’abbandono dell’Adorazione Eucaristica, al travestimento dei luoghi di culto a Dio, in osterie…. Ora così non poteva che mancare la desacralizzazione del Presepe da parte ufficiale, della “nuova chiesa”. Di fatto siamo ad una forma modernista di abolizione del Presepe di Gesù Cristo, nostro Signore, il Dio fattosi Bambino.

    Invitiamo e sollecitiamo i nostri Lettori a difendere la sacra tradizione del Presepe allestendoli di veri e autentici nelle nostre case, in famiglia, nelle parrocchie. Del resto è già abbastanza evidente, con l’obbrobrio delle nuove chiese, e il riadattamento degli interni, a seconda della fede che oggi si professa, quanto l’esteriorità rispecchia l’interiorità del cuore….. Segue ora il testo di Lorenzo Bertocchi che facciamo integralmente nostro.

    Piazza San Pietro: e Gesù dov’è?

    Il tradizionale presepe in piazza san Pietro quest’anno si definisce “presepe della misericordia”, più precisamente è dedicato alle tradizionali sette opere di misericordia corporale. Realizzato dall’Abbazia Territoriale di Montevergine, dell’arcidiocesi di Benevento, è stato creato e donato a Francesco dalla bottega partenopea di Cantone e Costabile, due noti artisti di presepi napoletani che già avevano realizzato un altro presepe per piazza san Pietro. La rappresentazione, in stile settecentesco, con statue di altezza media di 2 metri, è posizionata sotto l’albero che arriva dalla Polonia e ha sollevato diversi commenti.

    Il presepe, ha dichiarato l’autore Antonio Cantone, «non è un presepe lezioso, è particolare e fa riflettere. Non lascia indifferenti, ci sono delle provocazioni».

    _066 Natale vero 3
    Quando l’ideologia prende il sopravvento…

    Fra le sette opere di misericordia corporale quella che più salta agli occhi, anche perché messa in primo piano, è certamente il “vestire gli ignudi”, dove un bellimbusto in posa plastica e con barba incolta viene rappresentato più o meno come mamma l’ha fatto. Di qua e di là dall’oceano sui social si commenta e, molto spesso, viene definita vagamente omoerotica la statua dell’ignudo da vestire: «Sembra più un ragazzo per il poster della palestra», si legge in un malizioso tweet dalla California, «che il povero Lazzaro alla porta del ricco o un miserabile samaritano malconcio». Altri si chiedono come mai la stella più che cometa, sia cadente, e altri si inquietano un po’ di fronte al “seppellire i morti”.

    _066 Natale vero 4
    Quando l’apostasia prende il sopravvento…

    Comunque per quanto lo sforzo artistico di rappresentare le opere di misericordia corporale sia interessante, ciò che colpisce di questo presepe è che il bambino Gesù, vero protagonista in tutti i sensi, resti un po’ in disparte. Sembra che il bambinello fatichi a guadagnarsi il fuoco prospettico di questa rappresentazione.

    Il presepe nacque a Greccio nel 1223 perché san Francesco d’Assisi non riusciva a placare il desiderio di ridestare la meraviglia per Dio che si fa uomo, per ricordare che «oggi è nato per voi un Salvatore, Cristo, Signore».

    Nella rappresentazione allestita in piazza san Pietro nel 2017 si concettualizza la misericordia e passa un po’ in secondo piano il fatto dell’Amore che si fa carne e così manifesta in modo impressionante l’amore di Dio per gli uomini. Vedere ogni persona come destinataria dell’amore di Dio, porta ad amarla se si ama Dio.

    «Noi amiamo perché Egli ci ha amati per primo» (1Gv 4, 19), perciò nel presepe non c’è bisogno di tante provocazioni. E’ sufficiente quella del Bambinello.


    Chiudiamo con una bella riflessione del domenicano Padre Riccardo Barile attraverso la quale Auguriamo a tutti Voi i nostri più fervidi Auguri di Buon Natale, il Natale di Nostro Signore Gesù Cristocliccare qui.




     

    [Modificato da Caterina63 14/12/2017 13:57]
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    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
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    00 14/12/2017 13:52


    IL FATTO    Il presepio, segno per eccellenza del Natale


    ECCLESIA 13-12-2017 di Padre Riccardo Barile OP

    Presepio

    Che ci si pensi o non ci si pensi, che lo si attenda o no, il 25 dicembre arriva per tutti. Per i credenti arriva anche un tempo di 4 settimane - l’ultima non sempre è completa - di preparazione al Natale, denominato Avvento (per gli ambrosiani è più lungo e comporta ben 6 domeniche).
    Oltre a ciò che accade per così dire “in automatico” e in forza del calendario, c’è poi una preparazione personale o di gruppo che invece è di libera scelta e che comporta diverse iniziative, tra quali l’approntare alcuni segni del Natale. Vediamone qualcuno.

    L’Etimasia è l’icona del trono vuoto del Pantocrator, cioè di Gesù Cristo Signore e Giudice del mondo e della storia. Evoca senz’altro l’Incarnazione perché Gesù Cristo è vero uomo, ma evoca anche il fatto che il Signore, nato nell’umiltà a Natale, tornerà glorioso alla fine dei tempi. Per cui adesso - icone del “Vero Volto” permettendo - siamo privi dell’immagine fisica di Gesù Cristo e siamo in un tempo di attesa. L’Etimasia, come icona da esporre e da onorare, congiunge strettamente la prima e la seconda venuta di Cristo, è un simbolo del Natale molto liturgico, ma anche molto dotto e per iniziati. Comunque per chi può o per chi vuole...

    L’Albero di Natale è un segno più complesso, in quanto i riferimenti cristiani e in particolare scritturistici non sono evidenti; poi evoca arcaiche radici pagane, anche se oggi meno avvertite; infine spesso e senza problemi è adottato dalla cultura consumistica del Natale proprio perché direttamente non parla di Gesù Cristo (il che dovrebbe invece porre qualche domanda ai credenti). In Italia fu la Regina Margherita, moglie di Umberto I, che a Torino e poi a Roma nel 1884 decorò e illuminò per la prima volta un albero, imitato e diffuso come “Pino Margherita” e successivamente divenuto l’Albero di Natale. Di per sé i fondamenti biblici ci sarebbero, ad esempio l’albero della vita o il tronco di Iesse (Gen 2,9; Is 11,1), però per il cristiano medio il collegamento con questi riferimenti è per lo più estraneo.

    La Corona dell’Avvento è un segno di origine nordica, che in una corona di verde comporta quattro ceri da accendersi con il susseguirsi delle domeniche. È realizzabile in casa, ma anche in chiesa ed è aperta alla semplice ma profonda spiegazione che stiamo camminando verso la luce che è Cristo.

    Ma è il Presepio che nella cultura latina resta il segno più diffuso e popolare del Natale.
    Com’è noto, il racconto di Lc 2,7 recita che Maria «diede alla luce il suo figlio primogenito, lo avvolse in fasce e lo pose in una mangiatoia, perché per loro non c’era posto nell’alloggio». Da qui in avanti il racconto si arricchì di particolari e la devozione dei fedeli crebbe.

    Il primo particolare aggiunto si deve agli scritti di san Giustino († 165), che per la prima volta parla di una “grotta”, in ciò concorde con gli apocrifi: «A Betlemme nacque il bambino. Poiché Giuseppe non sapeva dove alloggiare in quel villaggio, riparò in una grotta nelle vicinanze. E mentre erano là, Maria diede alla luce il Cristo e lo depose in una mangiatoia» (Dialogo con Trifone 78,5).

    Origene († 254), in polemica contro Celso che metteva in discussione le profezie su Betlemme, ci informa che la grotta era ormai nota ed era chiaramente indicata: «si sappia che conformemente al racconto evangelico della sua nascita, a Betlemme si mostra la grotta dove egli è nato e nella grotta la mangiatoia dove egli fu avvolto in fasce» (Contro Celso 1,51).

    Va da sé che il luogo fu nobilitato con la costruzione di una soprastante basilica al tempo degli interventi costantiniani (sant’Elena, madre di Costantino). La basilica, come prevedibile, fu arredata in modo ricco, arricchimento, del quale san Girolamo († 420) si lamentava aspramente: Cristo «non nasce tra l’oro e le ricchezze, ma nello sterco, cioè in una stalla (laddove c’è una stalla, c’è sempre dello sterco), dove erano i nostri peccati più sporchi (...). Oh se mi fosse ancora possibile vedere quel presepe nel quale giacque il Signore!». Poi però si corresse un poco e dallo sterco passò al fango: «noi oggi, quasi volendo onorare Cristo, abbiamo tolto il fango e abbiamo messo dell’argento: ma per me è più prezioso quello che è stato tolto (...). Chi è nato in questo presepio, condanna l’oro e l’argento». Poi si corresse ulteriormente e arrivò a una formula accettabile: «Io non condanno quanti così hanno agito per onorare il Signore, né condanno quanti hanno posto nel tempio vasi d’oro, ma ammiro il Signore, che, essendo il creatore del mondo, è nato nel fango e non nell’oro e nell’argento» (Omelia del Natale del Signore 4 in PLS 2,189).

    La grotta divenne presto meta di pellegrinaggi per vedere i luoghi del Signore e in qualche modo il Signore stesso. Di nuovo lo testimonia san Girolamo parlando di Paola, una matrona da lui conosciuta a Roma e che lo aveva raggiunto in Palestina. Questa, giunta a Betlemme, «entrò nella grotta del Salvatore, dopo aver visitato il sacro rifugio della Vergine e la stalla dove il bue riconobbe il suo padrone e l’asino la greppia del suo Signore (Is 1,3). Voleva attuare anche lei quanto sta scritto nello stesso profeta: Beato chi semina vicino alle acque dove sono passati il bue e l’asino (Is 32,20). L’ho udita con le mie orecchie: Paola giurava di vedere, con gli occhi della fede, il Bambino avvolto nelle fasce mentre vagiva nella greppia, i Magi che lo adoravano come Dio, la stella che risplendeva al di sopra, la Vergine madre, il suo sollecito custode, i pastori che vi accorrevano di notte per constatare con i propri occhi la comparsa del Verbo (...). Con gioia mista a lacrime, diceva. “Ave, Betlemme, casa del pane, dove è nato quel Pane che discende dal cielo!”» (Lettera 108,10). In ciò che Paola vedeva con gli occhi della fede, non sembra già di vedere quello che sarà il presepio?

    Oltre ai personaggi nominati dal Vangelo, come già abbozzato in san Girolamo, anche il bue e l’asino trovarono il fondamento biblico definitivo riferendo a Gesù Cristo due citazioni dell’Antico Testamento in cui Dio ha a che fare con due animali: «Il bue conosce il suo proprietario e l’asino la greppia del suo padrone, ma Israele non conosce, il mio popolo non comprende» (Is 1,3); «In mezzo a due animali tu ti manifesterai; quando gli anni saranno vicini, tu sarai conosciuto; quando sarà venuto il tempo, tu apparirai» (Ab 3,2 secondo la LXX).

    L’identificazione già presente in san Gerolamo tra Betlemme e “casa del pane”indusse a legare il presepio all’Eucaristia, a volte con allegorie medievali molto spinte, che invece san Gregorio Magno († 604) aveva condensato in una discreta sintesi omiletica dicendo che il Salvatore «venne adagiato nella mangiatoia per pascere tutti i fedeli - questi santi animali - con il frumento della sua carne e saziarli con il pasto della scienza divina» (Omelia 8,1).

    È il momento di tirare le file del discorso con qualche riflessione.

    La prima riflessione è che si potrebbero addurre tante altre testimonianze, ma quelle riportate bastano per ricordare che allestendo il presepio non stiamo lavorando di fantasia come sulle origini storiche di Babbo Natale. Siamo all’interno di un fatto cristiano salvifico ben documentato e non di fronte a «favole artificiosamente inventate» (2Pt 1,16).

    La seconda riflessione è che l’attenzione alla grotta, il pellegrinaggio ivi, il desiderio di “vedere” i personaggi ecc. sono documentati già nella antichità cristiana e non sono la solita pratica devozionale da mettere in discussione “dopo il Concilio”. Anzi questi atteggiamenti sono una testimonianza di fede e - ritorneremo sull’argomento - sono proprio quelli che si vogliono oscurare quando “qualcuno” decide che oggi “il presepio non s’ha da fare”.

    La terza riflessione è che un presepio non nasce in fretta e la sua preparazione è tecnicamente laboriosa. Ma, al di là della tecnica, la preparazione coinvolge molte energie emotive che vanno ben orientate. Come dai testi precedentemente citati e in particolare dalla considerazione di san Gregorio Magno, il tempo speso a preparare il presepio deve essere un rinnovato cammino verso le due mense della Parola e della Eucaristia, altrimenti resta un tecnicismo o un sentimentalismo. E assicurare questo orientamento è urgente oggi in un mondo che magari fa ancora il presepio ma che tende sempre più a scristianizzarsi.

    In ogni caso la tradizione cristiana ci offre un modello, del quale parleremo in un intervento a venire.

    (1. continua)






     

    [Modificato da Caterina63 14/12/2017 13:55]
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    00 19/12/2017 22:21


     Se nel presepe Gesù Bambino sembra un intruso


    scritto da 

    Alla fine ci sono andato. A vedere il presepe di piazza San Pietro. Ieri è stato il mio amico pizzaiolo di Borgo Pio a spingermi: «Ci vada, ci vada, poi mi dirà».

    Gli ho chiesto: non le è piaciuto?

    «Per niente».

    E perché?

    «Mi ha messo a disagio. Con quell’uomo nudo in primo piano, il palestrato. Ma che? È un poveretto quello? Andiamo! Sembra appena uscito da un centro benessere. E poi Maria e Giuseppe sono persi là in mezzo, quasi nascosti dagli altri personaggi. Ci vada, ci vada, poi ne parliamo».

    E così ci sono andato. E in effetti devo dire che l’uomo nudo si impone su tutto. Sta proprio lì davanti, in primissimo piano, roseo, ben tornito, depilato, con tutti i muscoli disegnati. Ha ragione l’amico pizzaiolo: non sembra per niente un povero, bisognoso di essere rivestito. Sembra piuttosto un modello che si compiace delle sue fattezze.

    Poi mi ha colpito il morto. Se ne sta un po’ defilato, sopra un tavolo. È coperto da un sudario bianco e di lui si vede soltanto un braccio, naturalmente cadaverico, che pende inerte. Accanto a lui c’è un omaccione: non si sa bene che cosa stia facendo, ma sembra piuttosto minaccioso, con una mano alzata sopra il cadavere e lo sguardo un po’ torvo.

    Il presepe quest’anno è stato donato dall’abbazia territoriale di Montevergine e si tratta, come apprendo dalla Radio Vaticana, di «un’opera d’arte  realizzata in stile settecentesco secondo la più antica tradizione napoletana». Frutto del lavoro di «un laboratorio artigianale partenopeo», il presepe occupa « un’ampia superficie di circa ottanta metri quadri, con un’altezza massima di circa sette metri». Il tutto è ispirato «alle opere della misericordia, rappresentate da venti figure, con un’altezza variabile intorno ai due metri e composte in terracotta policroma, occhi in cristallo e abiti in tessuto».

    Il sottoscritto non ha alcuna competenza artistica. Le statue, in quanto singole statue, sono certamente pregevoli. Ma l’impressione, da ignorante, è di trovarsi di fronte non tanto a un presepe, ovvero alla rappresentazione della nascita di Gesù, bensì a un gruppo di personaggi molto indaffarati, tanto da risultare indifferenti al miracolo della Natività.

    Le opere di misericordia sono rappresentate da personaggi impegnati a  metterle in pratica: un uomo visita un carcerato (del quale si vede solo la testa, con un effetto raccapricciante perché sembra mozzata); una donna con una brocca in mano dà da bere a un assetato; un giovane assiste un infermo; un signore guarda l’ignudo e gli porge un telo (che però gli pende dalla mano e non è stato ancora impiegato per coprire almeno un pochino il bisognoso), e poi c’è chi alloggia i pellegrini e c’è l’omaccione che, presumibilmente, sta per seppellire il cadavere adagiato sul tavolaccio.

    In mezzo a tutto questo attivismo e a questo incrociarsi di sguardi e di membra umane, Giuseppe e Maria sembrano quasi due intrusi, capitati lì per caso. Non so, magari, quando arriverà Gesù Bambino, la sacra famiglia riuscirà a conquistarsi un po’ di spazio, ma per adesso il presepe sembra piuttosto una cooperativa sociale piuttosto disordinata.

    Ripeto, non ho competenze artistiche e certamente ciò che sto dicendo farà inorridire gli esperti, ma non posso nascondere lo sconcerto. Perfino i re magi sembrano colpiti più dall’attività che si svolge davanti a loro che non dalla nascita di nostro Signore. E poi manca del tutto la capanna o grotta o riparo che dir si voglia, ridotto a un accenno di cupola, come se Gesù Bambino avesse deciso di venire al mondo in una chiesa terremotata, della quale è rimasta in piedi solo una piccola porzione traballante.

    Ho letto da qualche parte che Facebook ha rifiutato la foto del presepe di piazza San Pietro in quanto «sessualmente allusiva e provocante». A causa di quello che il mio amico piazzaiolo chiama «il palestrato», naturalmente. Non so come funzionino queste cose e non mi ci voglio addentrare. Mi limito a osservare quale potrà essere la reazione di un bambino portato a vedere il presepe.

    «Scusa papà, scusa mamma, ma dov’è la Madonna? E Gesù Bambino? E san Giuseppe».

    «Guarda bene, figlio mio».

    «Ma dove?».

    «Là, dietro l’uomo… ehm… poco vestito. Li vedi?».

    «No papà, non vedo niente».

    «Ok, spostiamoci. Ecco, ora vedi?».

    «No, vedo la testa di un signore con la pelle scura, che spunta da una finestrella. Gliel’hanno tagliata?».

    «No, figlio mio, non gliel’hanno tagliata. Quello è un carcerato e la sua testa spunta dalla prigione. Lo stanno aiutando».

    «Sì, ma Gesù Bambino dov’è?».

    «Ok, spostiamoci. Ora lo vedi?».

    «No, vedo solo un signore steso sul tavolo. Sopra gli hanno messo un lenzuolo bianco. Ma perché?».

    «Perché… ehm… è morto».

    «Morto? Ma come? Chi lo ha ammazzato? Che gli hanno fatto?».

    «Niente, niente, figlio mio. È morto è basta, e ora lo devono seppellire».

    «E Gesù Bambino?»

    «Ok, spostiamoci. Anzi, ti prendo in braccio. Ora lo vedi?».

    «No, vedo solo un re magio con un gran turbante in testa. Non mi piace».

    «Ma no, dai, figlio mio, non dire così».

    «Papà, mamma, ho paura! Andiamo via!».

    «Ma perché? Non sei contento? Non ti piace il presepe?».

    «No, non mi piace questo presepe, mi fa paura. Andiamo a casa».

    Ecco.

    Ora vado a trovare l’amico piazzaiolo. Mi sa che avremo da chiacchierare.


    Aldo Maria Valli

     

    Leggo ora da Corrispondenza Romana:
    https://www.corrispondenzaromana.it/lanti-presepe-piazza-san-pietro/

    Secondo Antonio Cantone, l’autore dell’opera inedita, «questo è un presepe speciale, in quanto è stato meditato e studiato secondo i dettami e la dottrina di Papa Francesco (…) E’ un presepe particolare, che fa riflettere, non è un presepe lezioso che lascia indifferenti, ci sono delle provocazioni, ci sono delle scene particolari (…) Un’opera ricca di spiritualità e significato religioso».

    E si capisce bene dove sta il problema: non esiste infatti la “dottrina” di un singolo Papa! Non esiste un Presepe “speciale” un anno sì, ed un altro no o meno speciale o per screditare quello tradizionale. Eccolo il punto dolente, che il Presepe tradizionale stufa ai modernisti e progressisti, si vogliono sempre le novità e si inventa che un Papa possa avere una dottrina tutta sua sulla quale imbastire un nuovo Presepe, più speciale.
    Quali sarebbero, per l’autore, i Presepi “leziosi che lasciano indifferenti?” San Paolo ci aveva avvisati: “Verrà giorno, infatti, in cui non si sopporterà più la sana dottrina, ma, per il prurito di udire qualcosa, gli uomini si circonderanno di maestri secondo le proprie voglie” (2Timoteo, 4, 3)
    L’unica provocazione che deve lanciare il Presepe è la nascita del Dio che si fa Bambino, uomo, altrimenti non è più il presepio, ma la realizzazione delle proprie dottrine, della personale spiritualità, di un personale senso religioso.
    Dopo la “chiesa di papa Francesco”, siamo arrivati anche al “presepio di papa Francesco?”
    E quando la Chiesa e il Presepe ritornerà ad essere solo ed esclusivamente di Gesù Cristo? Il compleanno di papa Francesco era il 17 dicembre, il 25, cerchiamo di lasciarlo a Gesù Cristo. In questo caso non è certo colpa dl Papa, lo scempio di tal presepio, ma dei fans di Bergoglio che continuano a giustificare tutto, pur di compiacere lui, e giammai Nostro Signore.



    L’anti-presepe di piazza san Pietro

    (di Alfredo De Matteo) Quest’anno il presepe esposto a piazza San Pietro è stato realizzato dalla bottega d’arte Cantone & Costabile e donato a Papa Francesco dall’Abbazia Territoriale di Monte Vergine. Il presepe, in stile napoletano settecentesco, consta di 20 statue di circa 2 metri di altezza posizionate all’interno di una scenografia di circa 80 metri quadri ed è ispirato alle 7 opere di misericordia corporale che, nelle intenzioni degli ideatori, avrebbero dovuto rivivere nei gesti e nelle espressioni delle statue.

    Secondo Antonio Cantone, l’autore dell’opera inedita, «questo è un presepe speciale, in quanto è stato meditato e studiato secondo i dettami e la dottrina di Papa Francesco (…) E’ un presepe particolare, che fa riflettere, non è un presepe lezioso che lascia indifferenti, ci sono delle provocazioni, ci sono delle scene particolari (…) Un’opera ricca di spiritualità e significato religioso».

    Premesso che non è ben chiaro in che modo un presepe possa risultare lezioso, ossia eccessivamente aggraziato o sdolcinato, quando la rappresentazione della natività di nostro Signore è una delle tradizioni che più elevano l’animo dell’uomo e ne nobilitano i sentimenti, il complesso artistico allestito in piazza San Pietro desta più di una perplessità, soprattutto per la raffigurazione di situazioni e personaggi ambigui e financo spettrali che sembrano contraddire la lieta novella dell’annuncio cristiano: un uomo semi nudo e dai muscoli ben scolpiti sdraiato in terra; la testa di un condannato che spunta dall’interno di una minuscola cella; un cadavere con un braccio penzolante che giace su una specie di lettiga posta vicino ad una piccola grotta somigliante ad un forno in pietra; l’Arcangelo Gabriele con una ghirlanda di fiori arcobaleno; la cupola di San Pietro semi distrutta; la stella cometa che punta verso il basso come se stesse precipitando. Inoltre, i personaggi che compongono la Sacra Famiglia si trovano in una disposizione prospettica tutt’altro che ottimale.

    In effetti, il presepe meditato e studiato secondo i dettami e la dottrina di Papa Francesco non lascia indifferenti: esso, all’opposto, oltre a suscitare sentimenti di inquietudine che risultano essere contrari allo spirito natalizio, sembra rappresentare con notevole verosimiglianza la profonda crisi valoriale e dottrinale di cui è preda la Chiesa al suo interno, tanto che, più che un’opera ricca di spiritualità e sentimento religioso, appare piuttosto come la loro negazione.

    Insomma, un anti-presepe per un anti-chiesa ridotta ad un cumulo di macerie morali e spirituali. Non a caso, nel presepe sono rappresentate solo le opere di misericordia corporale mentre sono del tutto assenti quelle spirituali, gerarchicamente superiori alle prime, quasi a significare l’appiattimento della Chiesa al mondo e la rinuncia a qualsiasi pretesa di superiorità morale.

    Non era certo con questo afflato spirituale che il poverello d’Assisi volle omaggiare la Sacra Famiglia di Nazareth dando vita per la prima volta nella storia al presepe, nel Natale del 1223 a Greccio; ossia a quella rappresentazione visiva di quanto si legge nel Vangelo di San Luca al capitolo secondo: la nascita di Gesù che «viene adagiato in una mangiatoia perché non vi era posto per loro nell’albergo». Ma gli angeli trasformano la notte in una festa meravigliosa, invitando i pastori a rendere omaggio a quel bambino che cambiò per sempre le sorti dell’umanità.




    [Modificato da Caterina63 20/12/2017 15:15]
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    00 20/12/2017 22:31

    Una preside vieta il presepe. Il sindaco la disintegra in una lettera: ecco cosa scrive

    Una preside vieta il presepe. Il sindaco la disintegra in una lettera: ecco cosa scrive


    Sembra uno “schiaffo” che proprio in Campania, terra dei presepi artistici, possa essere nata l’ennesima tristissima querelle sul presepe sì, presepe no. Capita invece nel comune di Vallo della Lucania,  10mila anime, che quest’anno hanno dovuto affrontare le decisioni di un dirigente scolastico che non ci ha pensato due volte a fare terra bruciata di tradizioni cristiane e sensibilità.

    Presepe, la lettera del sindaco di Vallo

    Era già successo a Palermo, dove le mamme ed i papà degli alunni della “Ragusa Moleti” avevano presidiato per giorni l’istituto scolastico per poi vedersi riconoscere la ragione addirittura dello spostamento della statua della Madonna persino dal ministro Fedeli. A Vallo, invece, è accaduto questo. I bambini dell’istituto comprensivo «Aldo Moro» dovranno adeguarsi alle direttive della dirigente scolastica, Nicoletta Iavarone. Che ha consigliato ai professori, della scuola elementare e delle due succursali dell’infanzia, di non predisporre presepi artistici ed evitare di organizzare recite natalizie.

    «Tutto per scongiurare disagi nei bambini di religione non cattolica che frequentano l’istituto. La decisione sembrava non avere particolari ripercussioni. Almeno fino a quando alcuni genitori non si sono posti qualche domanda: ma perché mio figlio non sta imparando le canzoni del Natale?». Lo leggiamo sul Corriere del Mezzogiorno.

     
    Le famiglie indignate prendono ora carta e penna e scrivono alla massima autorità cittadina: il sindaco Antonio Aloia. Il quale si è immediatamente preso a cuore la faccenda. Bellissima lettera con cui il sindaco bacchetta la preside. “Lei avrebbe deciso, in maniera più o meno velata, senza in verità alcuna nota formale, di impedire la realizzazione del presepe artistico e di non far tenere le tradizionali recite di Natale. Cancellare il presepe, con tutte le iniziative e i riti connessi al Santo Natale, significherebbe cancellare la nostra Identità”.

    “I simboli del Natale non offendono nessuno”

    “Ben venga – prosegue Aiola – una scuola interculturale, ma colpire gli emblemi del Natale come il presepe non garantisce il rispetto di alcunché, non produce una scuola e una società accoglienti e inclusive. I simboli della nostra Fede e della nostra Tradizione come quello del Presepe, mi consenta, non discriminano nessuno. È inconcepibile eliminare dalla scuola i riferimenti di una delle più importanti festività cristiane: così non si rispetta il credo religioso della maggioranza delle persone che comunque hanno il loro riferimento nella fede cristiana”.

    E alla fine, il sindaco si congeda con una richiesta: “I valori del cristianesimo hanno fecondato la cultura, la letteratura, la musica e l’arte del nostro mondo, ancora oggi tali valori costituiscono un prezioso patrimonio da conservare e trasmettere alla future generazioni. Coltivo la speranza che, dopo un’attenta riflessione, lei possa rivedere la sua decisione e consentire ai nostri bambini di vivere il Natale nella sua autenticità”.




    [Modificato da Caterina63 20/12/2017 22:34]
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    00 23/12/2017 22:56

    <header class="entry-header">

    L’unico vero regalo di Natale è l’unico vero Dio

    </header>

    La tradizione dei regali scambiati il 25 dicembre parte da molto lontano, in era pre-cristiana, nell’VIII Secolo a.C. agli albori della civiltà Romana. I paleocristiani ricevevano i regali da San Nicola. E da qui è nato Babbo Natale. Fu Lutero a pensare ai doni portati da Gesù Bambino. Ma l’unico vero dono di Natale è l’unico vero Dio.

    di Marco Respinti (23-12-2017)

    “I regali te li porta Babbo Natale o Gesù Bambino?”. L’imbecillità del nostro mondo molesta i nostri figli tutti gli anni in Avvento. Bene inteso, “Avvento” lo diciamo noi giacché l’imbecillità ignora il calendario liturgico, accorgendosi che è maturo il tempo solo quando i negozi sono aperti la domenica e le strade più intasate. Ma, sia come sia, la guerra civile del Natale torna puntuale ogni dicembre.

                                                                                  San Nicola di Bari

    Partiamo dal principio, i regali. In dicembre se ne scambiavano già gli antichi Romani che, tra il 17 e il 24, celebravano i Saturnalia, le feste del dio Saturno precedenti il giorno del Sol Invictus, il 25. Come racconta Marco Terenzio Varrone (116-27 a.C.), a istituire lo scambio dei doni fu il re dei Sabini Tito Tazio (morto attorno al 745 a.C.), quello che per cinque anni regnò sui Romani assieme al loro primo sovrano, Romolo, in seguito al famoso ratto delle donne che di fatto fuse i due popoli. Lo fece per augurare il bene con l’omaggio (religioso) di un ramoscello colto nel bosco sacro a Strenia (o Strenua), dea della prosperità e del buon auspico, da cui il sostantivo “strenna”. I cristiani hanno fatto però molto di più. Guidati dalla Stella, gli umili (i pastori) e i potenti (i magi) si sono inchinati al vero Dio fattosi uomo nella grotta di Betlemme donando i propri tesori: armenti i pastori, e oro, incenso, mirra i magi. Il gesto del vassallaggio al re dei re è, nel profondo, il dono di sé al Dio vero incarnato. Dando sé a Dio, l’uomo corrisponde a Dio il quale all’uomo dà il proprio Figlio sino alla morte in Croce. Gli uomini che si scambiano doni a Natale si ridonano a Dio riconoscendo Gesù nel prossimo. La guerra civile dei grandi magazzini non c’entra, ma vediamone lo stesso i combattenti.

    Anzitutto Babbo Natale, che va liberato dalla schiavitù del “buone feste”. È infatti un grande santo, un grande vescovo. La sua tradizionale livrea rossa è il manto dei successori degli Apostoli. Nacque nel 270 in Licia, che oggi è parte della Turchia, con il nome di Nicola. Fu vescovo di Myra (oggi Demre) dove morì nel 343, il 6 dicembre, data fissata dalla Chiesa per la sua memoria liturgica (allora, vigente il calendario giuliano, era il 19). Quando i suoi facoltosi genitori morirono di peste, Nicola distribuì le ricchezze ai poveri diventando l’“uomo dei doni a dicembre”. Si narra che abbia pure risuscitato tre bambini, uccisi da un oste per essere divorati. Per questo nel Medioevo è diventato l’uomo che in Avvento porta i regali ai più piccoli, proprio il 6 dicembre.

    Babbo Natale è la caricatura di San Nicola.

    Diffusasi parecchio nell’Europa Settentrionale, questa pia tradizione dicembrina ha trasformato il nome di san Nicola nel fiammingo “Sint Nikolaas”, familiarmente abbreviato in “Sinter Klaas” e quindi divenuto, in forma anglicizzata, Santa Claus. Cosa ne abbia poi fatto la Coca Cola o chi per essa è tutt’altro affare. Tant’è che il “Babbo Natale vescovo” con tanto di mitria e pastorale gira ancora nelle strade di mezza Europa a incontrare i bambini, persino nel Benelux post-cristiano e nella Londra secolarizzata. Per inciso, le persecuzioni islamiche hanno sfrattato san Nicola dall’Anatolia e le sue reliquie sono giunte nel 1087 a Bari, nella cui cattedrale sono venerabili proprio come lo sono quelle dei magi nella cattedrale di Colonia, in Germania.

    Veniamo al secondo combattente di questa guerra civile. Non tutti sanno che l’usanza del Gesù Bambino portatore dei regali a Natale è protestante. Nacque da Martin Lutero (1483-1546) che bollò d’idolatria il culto cattolico e medioevale dei santi, spostando la data dei doni ai bambini in dicembre dal 6 al 25 e sostituendo san Nicola. Al suo posto, il fondatore del protestantesimo inventò la figura del Christkind,il “Cristo Bambino” (o “Bambino cristico”), detto anche Christkindl (in tedesco kindl è un diminutivo un po’ vezzeggiativo di kind, qualcosa tipo “bambinello”). Originariamente parrebbe una sorta di spirito angelico né maschio né femmina (kind è di genere neutro) che rende più o meno l’idea della personificazione del Natale, ma presto è stato sovrapposto proprio al Pargolo divino della mangiatoia. Tant’è che, pur diffuso soprattutto nelle aree di lingua tedesca e nella Mitteleuropa, il Christkind protestante ha trovato sponde favorevoli anche nei Paesi latini dove senza esitazione viene tradotto con “Gesù Bambino” e dove, a partire dall’Ottocento, si è imposto anche tra i cattolici. Bene inteso, Gesù Bambino è assai più antico del protestantesimo, attestato abbondantemente nella devozione e nell’iconografia. Ma il suo arruolamento come spirito del Natale elargitore di regali ai piccoli meritevoli è opera recente, luterana e in sé anticattolica.

    E questo, infine, ci riporta al principio, i regali. Non vi è alcuna ragione religiosa per cui i nostri bambini debbano preferire quelli di Gesù Bambino a quelli di “Babbo Natale”. Quel che va preferito sempre è dire religiosamente la verità ai bambini, dando anche a noi stessi una occasione in più per ascoltarla: e cioè che il vero regalo di Natale è il vero Dio che ogni 25 dicembre rinasce vero uomo per gli uomini; che ogni 25 dicembre noi siamo il più prezioso regalo di compleanno che possiamo fare e che facciamo al vero Dio fattosi vero uomo; e che i doni che troviamo accanto al presepe e sotto l’albero sono il gesto con cui noi uomini veniamo abbracciati nel giorno del Suo compleanno da altri uomini che vedono in noi l’immagine e la somiglianza con il vero Dio fattosi vero uomo. Poi l’unico vero Dio che ogni Natale diventa vero uomo riconoscerà i suoi.

    (fonte: lanuovabq.it)





    [Modificato da Caterina63 23/12/2017 22:58]
    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)