DIFENDERE LA VERA FEDE

In caduta libera l'unità tra Mosca e Costantinopoli, anche con Roma

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    Caterina63
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    00 31/10/2018 17:50


    Hilarion: il Papa non può fare da “arbitro” tra gli Ortodossi



    Il Metropolita russo chiude le porte ad ogni eventuale intervento del Pontefice per superare le lacerazioni nella comunione tra Mosca e Costantinopoli. E avverte: la rottura dei rapporti avrà conseguenze anche per il dialogo teologico con la Chiesa cattolica

     

    Il metropolita ortodosso russo Hilarion di Volokolamsk

     
     
     

    Il devastante conflitto in corso tra il Patriarcato ecumenico di Costantinopoli e il Patriarcato di Mosca è destinato per sua natura a non rimanere questione “interna” alla Ortodossia. Esso coinvolge fatalmente i rapporti che le diverse parti in causa hanno intessuto con la Chiesa cattolica e con Papa Francesco. Lo ha detto senza giri di parole il metropolita ortodosso russo Hilarion di Volokolamsk, che non perde occasione di incontrare il Papa durante le sue trasferte romane. Dopo essere stato ricevuto da Bergoglio lo scorso 19 ottobre, Hilarion ha voluto raccontare al mondo che nel suo colloquio con il Pontefice «una parte importante della discussione è stata riservata alla situazione in Ucraina», dove il Patriarcato di Costantinopoli ha avviato le procedure per il riconoscimento dell'autocefalia (piena autonomia) di una Chiesa ortodossa ucraina, non più sottoposta alla giurisdizione di Mosca. In conseguenza di tale decisione, il Patriarcato di Mosca ha di fatto interrotto i rapporti di comunione con il Patriarcato ecumenico. Ma rispetto a tale scontro lacerante – ha avvertito Hilarion - Papa Francesco non può vestire i panni dell’arbitro. Per di più, la divisione che lacera le cristianità ortodosse di matrice bizantina potrebbe presto ripercuotersi anche sul dialogo teologico in corso da decenni tra le Chiese ortodosse e la Chiesa cattolica. 

     

    Le dichiarazioni, di grande portata, sono state pronunciata da Hilarion nel corso di una sua recente intevista trasmessa sul canale tv Russija 24. La Chiesa ortodossa russa – ha sottolineato Hilarion - «non si attende alcuna partecipazione del Vaticano» nei tentativi di superare il contrasto sorto tra Costantinopoli e Mosca. «Noi - ha spiegato il metropolita russo - non riteniamo che il Papa possa essere l’arbitro un questo conflitto», in quanto «non sarebbe giusto coinvolgerlo in questo problema, o attendere da lui qualche intervento, o che lui possa esprimere solidarietà con l’una o con l’altra parte». «La Chiesa ortodossa», ha inoltre aggiunto il responsabile della Chiesa russa per i rapporti con l’estero, «vive secondo le proprie regole e i propri canoni, E noi regoleremo il problema in maniera indipendente, senza la partecipazione di Papa Francesco». 

    Futuro a rischio per il dialogo teologico 

    Le parole di Hilarion esprimono con toni cortesi l’auspicio di parte russa che la Chiesa cattolica e la Santa Sede si tengano a debita distanza dalle dispute intra-ortodosse su dottrina e giurisdizione. Nel contempo, lo stesso Hilarion, nell’intervista trasmessa su Russija 24, ha messo in chiaro che la rottura della comunione tra la Chiesa russa e il Patriarcato di Costantinopoli condizionerà anche i rapporti tra Patriarcato di Mosca e Chiesa cattolica: «Oltre alle relazioni bilaterali tra la Chiesa russa e la Chiesa di Roma - ha spiegato Hilarion - c’è ancora il dialogo teologico tra ortodossi e cattolici», ma d’ora in poi «la Chiesa ortodossa russa non partecipa più a tale dialogo, così come a tutti i dialoghi che sono presieduti o co-presiefuti dal patriarca di Costantinopoli». Il metropolita russo ha comunque espresso parole di apprezzamento per l’approccio finora assunto dalla Santa Sede riguardo al dossier ucraino: «Noi - ha notato Hilarion riferendosi al Vaticano - non abbiamo mai registrato alcun sostegno agli atti delle autorità ucraine volti a introdurre discriminazioni ai danni della popolazione russofona. Prendiamo atto che una posizione generalmente equilibrata viene espressa dallo stesso Papa Francesco, dal Vaticano, dalla Chiesa cattolica a diversi livelli».  

     

    Nel contempo, il numero due della gerarchia russo-ortodossa ha anche sgombrato il terreno dalle ricorrenti voci su un possibile viaggio in Russia del Vescovo di Roma, sconsigliando con argomenti più che eloquenti ogni progetto di trasferta papale a Mosca: «Sono soprattutto i giornalisti, e non i fedeli, che mostrano interesse per questa faccenda» ha notato Hilarion, aggiungendo che «nell’ambiente della Chiesa ortodossa russa, almeno tra alcuni fedeli, compresi i fedeli attivi, prevale un’attitudine assai negativa nei confronti della Chiesa cattolica. Se una tale visita papale avesse luogo, essa potrebbe essere accompagnata da certe provocazioni, da un certo malcontento, e noi non ne abbiamo affatto bisogno». Hilarion ha anche ricordato che «di recente, la stessa Chiesa cattolica in Russia ha dichiarato che considera prematura la visita del Papa». 

    Bartolomeo: la Chiesa di Costantinopoli “origine” di tutte le Chiese locali 

    La distanza tra Patriarcato di Mosca e Patriarcato ecumenico di Costantinopoli sembra allargarsi, nonostante tutti gli appelli a ricercare la via della comunioni espressi anche dai rappresentanti di altre Chiese ortodosse. Durante la divina liturgia celebrata il 26 ottobre a Salonicco, nel santuario di di San Dimitrios Xirokrinis, il patriarca ecumenico Bartolomeo ha rivendicato con forza alla «Chiesa madre» di Costantinopoli il diritto di riconoscere l’autocefalia delle Chiese ortodosse. «La forza della grande Chiesa - ha detto nell’omelia il patriarca - non è di questo mondo e non è attestata dai numeri. Il nostro Patriarcato ecumenico è forte perché ha un amore che si offre in sacrificio e agisce attraverso l’umiltà e la croce». Nelle organizzazioni mondane, ha aggiunto Bartolomeo, conta solo la forza del denaro e del potere, mentre «la Chiesa di Costantinopoli rappresenta l’incarnazione dell’amore gratuito di Cristo, che non crocifigge ma si fa crocifiggere per i suoi amici, vale a dire per tutti gli uomini», compresi i nemici «e tutti coloro che non sono in grado di tollerare questa grande realtà», ossia il fatto «che il Patriarcato ecumenico è la prima Chiesa e l’origine di tutte le chiese locali», la «Chiesa madre» che «ha fondato in modo sacrificale e ha riconosciuto tutte le Chiese ortodosse autocefale nel mondo contemporaneo».  

    La responsabilità della «Chiesa madre», ha aggiunto il patriarca ecumenico, non ha data di scadenza. Solo la Chiesa di Costantinopoli «detiene questa alta responsabilità per i canoni divini e santi», e «ogni volta che si tenta di interferire con questo principio ecclesiologico fondamentale, si commette una gravissima colpa nell’abuso dell’autorità, vale a dire che alcuni sostengono di essere i primi senza esserlo e di prendere iniziative senza averne il diritto, dimenticando che il Patriarcato ecumenico esercita il suo dovere nell'amore, che è altruista e si offre in sacrificio». 

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    Fraternamente CaterinaLD

    "Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
    (fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
    Maestro dell’Ordine)
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    Caterina63
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    00 26/02/2019 23:49

    La questione ucraina potrebbe entrare anche nelle conversazioni di Papa Francesco e i leader ortodossi nei suoi viaggi in Macedonia, Bulgaria e Romania. Tre viaggi, molto ravvicinati, in nazioni a maggioranza ortodosse, che sono state colpite a vario titolo dalla crisi che si è creata tra Mosca e Costantinopoli.


    La crisi è nata con la decisione del Patriarcato Ecumenico di Costantinopoli di concedere l’autocefalia (cioè, l’indipendenza) alla Chiesa Ortodossa Ucraina, che si è costituita il 15 dicembre con un sinodo dell’unificazione, mettendo insieme due realtà locali (il Patriarcato di Kiev e la Chiesa Ortodossa Autocefala) considerate scismatiche.


    Fino alla decisione di Costantinopoli, il metropolita di Kiev era nominato dal Patriarcato di Mosca, secondo una concessione del Patriarcato di Costantinopoli che risaliva al XVII secolo. Decisione, tra l’altro, annullata da Costantinopoli nel garantire l’autocefalia, e contestata da Mosca, che considera Kiev suo territorio canonico. Tanto che il metropolita Hilarion, a capo delle relazioni esterne del Patriarcato di Mosca, ha sottolineato in una recente intervista che la Chiesa Ortodossa Russa ha avuto le sue origini a Kiev, “non a Mosca, né a San Pietroburgo”.


    Il Patriarcato di Mosca ha denunciato anche le pressioni del governo ucraino, che vede nella Chiesa indipendente ucraina anche un modo di liberarsi dall’influenza russa. E le pressioni si sono concretizzate anche nell’approvazione di una legge in Parlamento che chiede alla Chiesa Ortodossa Russa di cambiare la denominazione legale, perché non si cada nell’equivoco.


    In questa situazione, l’arcivescovo maggiore Sviatoslav Shevchuk, capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha concesso il 10 gennaio una intervista manifesto. Accusato più volte dal Patriarcato di Mosca di operare per l’uniatismo, vale a dire di creare scompiglio nelle Chiese ortodosse per spingere una unione con Roma, l’arcivescovo maggiore Shevchuk ha respinto più volte le accuse, rispondendo piuttosto con dati storici.


    Nell’intervista del 10 gennaio, l’arcivescovo maggiore ha anche condannato l’interferenza politica nelle decisioni di Chiesa, e ha fatto una differenza tra “unità e unione”, sottolineando che l’unione era quella accaduta con la creazione della Chiesa Ortodossa Ucraina, mentre l’unità è quella che si cerca di raggiungere tra tutti i cristiani, secondo il movimento ecumenico. E ha sottolineato che, come primo passo, la Chiesa Greco Cattolica Ucraina sta cercando un modo di restaurare l’unità nella Chiesa di Kiev ora divisa, guardando però all’unità della Chiesa di Cristo, mentre “il Patriarcato di Mosca ha completamente lasciato questo movimento”.


    Le parole dell’arcivescovo maggiore si riferiscono alla decisione del Patriarcato di Mosca di lasciare il tavolo di dialogo teologico cattolico – ortodosso, almeno finché non sarà risolta la questione ucraina. Mosca ha anche rotto la comunione con Costantinopoli, e ora, nelle preghiere delle liturgia della Chiesa Ortodossa Russa, come primo tra i Patriarchi viene menzionato il Patriarca di Alessandria, ma non il Patriarca Bartolomeo. E questo, ci ha tenuto a spiegare Hilarion, non è la prima volta che succede.


    Il dibattito, però, potrebbe estendersi. Un passaggio del tomos (documento) per l’autocefalia ucraina sottolinea infatti che “nel caso di grandi questioni di natura ecclesiastica, dottrinale e canonica, il Metropolita di Kiev e di tutta l’Ucraina deve, a nome del Santo Sino della Sua Chiesa, rivolgersi al nostro santissimo Trono patriarcale ed ecumenico, cercando il suo parere autorevole e il suo appoggio finale”.


    Il passaggio va così a riaffermare il primato del Patriarcato di Costantinopoli. E questo potrebbe cambiare equilibri proprio nei territori dove Papa Francesco sarà in viaggio.


    In Macedonia, le comunità ortodosse sono state prima sotto la giurisdizione della Chiesa Bulgara, poi sotto quella Patriarcato Ecumenico e infine nella Chiesa Ortodossa Serba. Ma ora la Chiesa Ortodossa di Macedonia ha proclamato la sua autocefalia, staccandosi dalla Serbia nel 1967. Un passo che non è mai stato riconosciuto da nessuna altra Chiesa ortodossa, e in questi anni la Chiesa ortodossa di Macedonia aveva cercato di riallacciare la comunione con la Chiesa bulgara, dicendosi disposta a riconoscerla come Chiesa madre. Il Patriarcato di Costantinopoli, però, quando era già cominciata la disputa dell’Ucraina aveva annunciato che avrebbe risposto anche ad una lettera di Zoran Zaev, primo ministro di Macedonia, che sosteneva la richiesta di autocefalia della Chiesa Macedone.


    In pratica, c’è il rischio che in Macedonia avvenga lo stesso che in Ucraina, e questo preoccupa la Serbia. Serbia che, come Mosca, ha comunque avuto degli avvicinamenti con la Chiesa cattolica: il patriarca serbo Irenej ha ricevuto il Cardinale Pietro Parolin, segretario di Stato vaticano, lo scorso giugno, e ci sono segnali di apertura. Che però si affiancano alla forte protesta di Irenej contro Bartolomeo per la decisione presa sull’Ucraina, accusando nel suo messaggio di Natale gli “sciovinisti arrabbiati” ucraini di aver “approfondito e allargato gli scismi esistenti”, danneggiando “l’unità dell’intera ortodossia”.


    Non è stato il solo, nella Chiesa ortodossa, a protestare contro la decisione di Bartolomeo. Il Patriarca Giovanni X di Antiochia ha scritto una lettera in cui chiedeva al Patriarcato di Costantinopoli di sospendere tutte le azioni in Ucraina e di convocare un incontro di tutti i primati per cercare una soluzione pan-ortodossa. L’arcivescovo Crisostomo II, primate della Chiesa di Cipro, ha negato di aver sostenuto la nuova Chiesa Ortodossa Ucraina, e sostenuto che il vero problema non è quello dell’autocefalia, quanto quello del mantenimento dell’unità. Il metropolita Sawa, primate di Polonia, ha contestato l’autorità di Costantinopoli di “restaurare i separatisti ucraini” in una intervista del 6 gennaio.


    C’è, insomma, fermento nel mondo ortodosso. Intanto, anche la Romania, dove Papa Francesco sarà dal 30 maggio al 2 giugno, è stata coinvolta nel dibattito: l’arcivescovo Daniel, uno dei due esarchi del Patriarcato Ecumenico per valutare la questione ucraina, ha dato una intervista alla BBC in ucrainopredicendo che le Chiese ortodosse di Grecia e Romania saranno le prime a riconoscere la Chiesa Ortodossa Ucraina. Ha anche detto che gli esarchi si sono incontrati con 18 gerarchi del Patriarcato di Mosca in Ucraina, e che molti di loro sono pronti ad unirsi alla Chiesa Ortodossa Ucraina.


    Sono tutti temi che entreranno con prepotenza nel prossimo viaggio del Papa. In Bulgaria, è già fissato l’incontro con il Patriarca ortodosso Neofit, per il 5 maggio, all’inizio della visita del Papa nel Paese. Lo aveva annunciato il 23 dicembre il metropolita Anthony, che si occupa della Chiesa ortodossa bulgara in Europa centrale e occidentale. In Romania ci sarà anche l’incontro con il Patriarca Daniel.


    La linea di Papa Francesco è quella di non entrare nelle questioni interne alla Chiesa ortodossa. Ma sono queste questioni che ora bussano prepotentemente alla sua porta.



    Fraternamente CaterinaLD

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    00 28/02/2019 00:03



    Un Papa emerito molto lucido, informato sulla situazione dell’Ucraina, interessato agli sviluppi ecumenici: Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk, arcivescovo maggiore della Chiesa Greco Cattolica Ucraina, ha trovato così Benedetto XVI, in un incontro che ha avuto con lui il 26 febbraio, nel monastero Mater Ecclesiae, dove il Papa emerito risiede.

    Benedetto XVI– ha detto ad ACI Stampa Sua Beatitudine – si è mostrato molto informato della situazione in Ucraina, della quale mi ha chiesto molte informazioni. Mi ha assicurato le sue preghiere quotidiane. Mi ha detto: ‘Prego ogni giorno per la pace in Ucraina’.”

    L’incontro ha avuto luogo alle 12.30, ed è durato circa 35 minuti. La conversazione ha toccato molti temi. In particolare, è stato ricordato il Cardinale Lubomyr Husar, predecessore Sua Beatitudine Shevchuk alla guida della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Il 26 febbraio, infatti, il Cardinale Husar avrebbe compiuto 86 anni. È deceduto il 31 maggio 2017, a 84 anni, e Papa Francesco lo ricordò come “guida spirituale e maestro di sapienza” nel giorno delle esequie.

    “Parlando del Cardinale Husar – ha sottolineato il capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina – Benedetto XVI lo ha ricordato con affetto, e ha detto: 'Era un uomo di grande intelligenza'”.

    La Chiesa Greco Cattolico Ucraina è la più grande delle 23 Chiese sui iuris, vale a dire legate a Roma, ma con una loro giurisdizione. Guidata da un arcivescovo maggiore, questi viene eletto dal Sinodo e la sua elezione viene confermata dal Papa. Si tratta di un incarico a vita. Il Cardinale Husar decise però di rinunciare all’incarico di arcivescovo maggiore a causa dell’età avanzata, e Benedetto XVI accettò la sua rinuncia il 10 febbraio 2011. E questa scelta un po’ legava i due, dato che Benedetto XVI decise di rinunciare al ministero petrino l’11 febbraio 2013.

    Fu poi Benedetto XVI a confermare l’elezione di Sua Beatitudine Sviatoslav Shevchuk come capo della Chiesa Greco Cattolica Ucraina il 25 marzo 2011. E fu sempre Benedetto XVI a nominarlo vescovo il 14 gennaio 2009, destinandolo come ausiliare all’eparchia di Santa Maria del Patrocinio di Buenos Aires, dove conobbe Papa Francesco.

    Il decennale dell’ordinazione episcopale dell’arcivescovo maggiore è stata anche occasione di conversazione. Sua Beatitudine ha ringraziato Benedetto XVI per averlo seguito nei suoi primi passi come vescovo e di averlo poi sostenuto all’inizio del suo ministero di capo della Chiesa Greco Cattolico Ucraina.

    Benedetto XVI ha anche chiesto della situazione ecumenica in Ucraina, tra l’altro oggetto di attenzione internazionale da quando è diventata realtà la Chiesa Autocefala Ortodossa di Ucraina, cosa che ha causato varie frizioni anche tra Mosca e Costantinopoli e che ha visto la Santa Sede spettatrice neutrale, ma interessata.

    Era molto lucido e informato di tutto”, ha commentato Sua Beatitudine Shevchuk. Con l’occasione, è stato donata al Papa una copia del libro “Dimmi la verità”, conversazione di Sua Beatitudine Shevchuk con don Paolo Asolan, preside del Pontificio Istituto Pastorale Redemptor Hominis della Pontificia Università Lateranense. Il libro ed è un colloquio che spazia dalla vita e la vocazione dell’arcivescovo maggiore fino alle particolarità della Chiesa Greco Cattolica Ucraina. Chiesa della diaspora, perseguitata durante i tempi sovietici, eppure rimasta viva e vitale. Fino ad oggi




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    00 04/01/2022 22:58

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    Scisma ortodosso: Mosca accelera

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    «Chi di scisma ferisce, di scisma perisce»: sembra questo il sentimento prevalente che presiede alla decisione del sinodo russo di istituire due proprie diocesi per l’intera Africa (29 dicembre). Nella tradizione ortodossa non è un problema creare diocesi all’interno della territorio canonico della propria Chiesa, ma è considerato un gesto grave quando tutto ciò avviene nel territorio di un’altra Chiesa.

    Su aree geografiche non di tradizione ortodossa Costantinopoli invoca la propria responsabilità, ma il vincolo è assai maggiore se in esse, come nel caso del patriarcato di Alessandria da cui dipendono le attuali presenze ortodosse in Africa, è già attiva e riconosciuta l’autorità patriarcale.

    La decisione moscovita è legata al riconoscimento da parte di Teodoro II di Alessandria della Chiesa autocefala di Ucraina (metropolita Epifanio). La decisione di concedere l’autocefalia (6 gennaio 2019) è in capo al patriarca di Costantinopoli, Bartolomeo, fortemente avversata da Mosca che considera l’Ucraina suo territorio canonico e la locale Chiesa filo-russa (metropolita Onufrio) come unica Chiesa canonicamente riconosciuta.

    Il consenso alla decisione da parte di Teodoro II di Alessandria (che si è aggiunto a quello della Grecia e di Cipro) alla decisione di Bartolomeo ha scatenato l’ira del patriarcato di Mosca. L’attuale decisione ne è la conseguenza.

    L’esarcato in Africa

    Il percorso di Mosca è chiaro. A dicembre del 2019, Mosca sottrae all’obbedienza a Teodoro II di Alessandria sei parrocchie distribuite in Africa e nate dalla “missione” della Chiesa russa. Il 24 settembre 2021 il sinodo russo dà mandato al vescovo Leonida di Vladikavkaz, di studiare e rispondere ai numerosi appelli del clero della Chiesa ortodossa di Alessandria, di uscire dall’obbedienza a Teodoro II per approdare a quella di Cirillo di Mosca.

    Il 29 dicembre 2021 il sinodo decide di accettare la richiesta di 102 preti e istituisce un esarcato per l’Africa con due diocesi: la prima nella parte Nord del continente africano, con sede al Cairo. La seconda per la parte Sud del continente con sede in Sudafrica. La decisione è stata preparata da contatti diretti fra due preti russi (A. Novikov e G. Maximov) e i preti locali africani che mostravano interesse a cambiare la propria obbedienza.

    La sede centrale dell’esarcato non sarà in Africa, ma a Mosca, presso la cattedrale dedicata a tutti i santi e sarà presieduta dall’arcivescovo  Leonida di Vladikavkaz col titolo di esarca d’Africa. Dalla sede moscovita partiranno i missionari e gli aiuti alle chiese parrocchiali africane.

    La risposta del patriarca di Alessandria porta la data del 30 dicembre: «L’antico patriarcato di Alessandria esprime il suo più profondo dolore per la decisione sinodale del patriarcato russo di istituire un esarcato nei territori canonici della giurisdizione dell’antica Chiesa di Alessandria, decisione presa nei giorni della memoria liturgica della natività di Gesù e della divina Epifania, tempo dedicato ad onorare Cristo Re della pace. Il patriarcato continuerà a svolgere i suoi doveri pastorali nei confronti del gregge che gli è stato affidato».

    Si annuncia una prossima sessione del sinodo. Teodoro II nei mesi precedenti aveva visitato molte delle comunità africane ricavandone l’impressione di una sostanziale tenuta e fedeltà. Un segnale in merito è lo spostamento in Africa del Sud della sede della diocesi filo-russa, mentre in precedenza si parlava della Tanzania. Teodoro ha anche scritto una lettera a tutte le Chiese ortodosse per illustrare la situazione, le inevitabili tensioni interne, e la drammatica ferita nei canoni che regolano il rapporto fra le Chiese.

    È probabile che qualche mugugno possa sorgere nelle Chiese filo-russe. Un prete della Chiesa ucraina del metropolita Onufrio, F. Pushkov, ha definito l’operazione come «equivalente alla bestemmia allo Spirito».

    «Una tappa storica» l’ha invece riconosciuta l’arcivescovo Leonida esarca di Africa: «La Chiesa ortodossa russa guadagna uno statuto più completo e assume la responsabilità di questo evento storico. Non tollereremo più l’ingiustizia e il disprezzo dei canoni, da chiunque siano violati». Compito della Chiesa in Africa sarà in particolare quella di difendere le minoranze cristiane e di  proteggere e far rispettare il diritto dei credenti. Non si conoscono le ragioni che hanno convinto una parte del clero africano a rivolgersi a Mosca.

    Una ipotesi formulata da Peter Anderson è la promessa di un ruolo maggiore e l’apertura alla carriera episcopale. In merito l’arcivescovo Leonida non esclude la possibilità di allargare le strutture dell’esarcato e di nominare vescovi africani, d’intesa col sinodo moscovita.

    Dividere la Chiesa greca e cipriota

    Il risentimento russo si scatenerà anche contro la piccola comunità della Turchia? Pare di sì. Costantinopoli è in allarme perché, per la prima volta, in Turchia ci sarebbero due autorità patriarcali, quella del Fanar e quella di Mosca.

    In una intervista all’agenzia Ria Novosti il metropolita Hilarion,  presidente del dipartimento della relazioni estere del Patriarcato, lo ha fatto capire. Parlando della decisione relativa al clero del patriarcato di Alessandria afferma: «Non potevamo rifiutare la richiesta del clero, che si rendeva conto della posizione erronea del suo patriarca (Teodoro II), di essere accolto nel seno della nostra Chiesa. Allo stesso modo non possiamo negare ai credenti ortodossi in Turchia la cura pastorale dal momento in cui il patriarca di Costantinopoli si è schierato dalla parte dello scisma».

    Ricorda con compiacimento i vescovi che a Cipro e in Grecia hanno espressamente criticato la scelta di Bartolomeo di concedere l’autocefalia all’Ucraina. Verranno sollecitati e aiutati per una ribellione più aperta. Si sa che preti russi hanno contattato la corrente scismatica greca dei “veterocalendaristi” (coloro che hanno rifiutato l’aggiornamento del calendario liturgico  promosso all’inizio del ‘900). Essi hanno però preferito rivolgersi al vescovo Filarete, auto-nominatosi patriarca di Kiev. In ogni caso Mosca alimenta le difficoltà nella Chiesa greca.

    Anticipando di fatto la prevista condanna del concilio dei vescovi russi verso Bartolomeo di Costantinopoli, previsto a novembre 2021 e spostato alla primavera prossima, Hilarion racconta così quello che sta avvenendo: « Purtroppo si è creato una situazione che sta diventando sempre più difficile da risolvere. Questa condizione è molto simile agli eventi della metà dell’XI secolo. L’allora patriarca di Costantinopoli e il papa litigarono. Ne è scaturita la separazione scismatica. Non credo che i legati del papa, che depositarono la bolla di scomunica sul trono della cattedrale di Santa Sofia, immaginassero che la divisione sarebbe durata secoli. E il patriarca di Costantinopoli, avviando azioni di ritorsione, difficilmente poteva prevederlo.

    Ma le Chiese sono andate per la loro strada. Nel corso dei secoli la divisione crebbe e solo nove secoli dopo iniziarono i primi timidi tentativi di riavvicinamento. Il primo passo per sanare l’attuale situazione nell’Ortodossia mondiale dovrebbe essere un ritorno alla posizione delle Chiese ortodosse fino al 2018, quando le decisioni (come l’autocefalia) furono legate alla modalità  conciliare, non lasciate a decisioni personali. Ma è difficile immaginare che il patriarca di Costantinopoli voglia tornare sulla sua decisione. Egli si considera autorizzato a prendere decisioni da solo, senza consultare le altre Chiese, contro la loro volontà e a loro danno. E i vescovi del patriarcato di Costantinopoli continuano a ripeterci “l’autocefalia è un fatto compiuto”. Bene, se è così, allora anche la divisione nell’Ortodossia è un fatto compiuto».

    Delegittimare  Costantinopoli

    Perché Mosca è ricorsa  a una decisione così grave e clamorosa in nome di una “deriva scismatica” non ancora definita, perseguendo la spaccatura nelle Chiese sorelle?

    Ecco alcune delle ipotesi proposte: come deterrente verso altre Chiese disposte a riconoscere l’autocefalia ucraina; come spinta obbligante verso un nuovo incontro pan-ortodosso, visto il fallimento della proposta coltivata nella riunione di Amman (febbraio 2020); come moneta di scambio per una ritrattazione di Teodoro II. Sorprende che Mosca ricorra a un sistema di governo ispirato a Propagande fide del Vaticano (vi sono state numerose visite di gerarchi russi per conoscere il funzionamento dei dicasteri vaticani) adottando un “modello papista” dopo aver accusato di papismo Bartolomeo.

    Sorprende che la violazione dei canoni sul territorio canonico imputata a Costantinopoli sia ora percorsa e giustificata da Mosca. Sorprende, in particolare, l’accelerazione dello scisma mentre molte Chiese ortodosse sono ancora incerte, non convinte dalla decisione di Bartolomeo ma non disposte a interrompere la comunione eucaristica praticata da Mosca. Due vittime sono però già visibile: l’indebolimento dell’annuncio evangelico e il congelamento del dialogo ecumenico.


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