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CCVIII - A frate Bartolomeo Dominici dell'ordine de' predicatori, in Asciano



Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.


Dilettissimo e carissimo mio figliuolo in Cristo Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Dio, vi benedico e conforto nel prezioso sangue di Gesù Cristo. Con desiderio ho desiderato di fare Pasqua con voi prima che io muoia. Questa è la Pasqua ch'io voglio che noi facciamo; cioè di vederci alla mensa dell'Agnello immanolato, il quale è cibo, mensa, e servitore. In su questa mensa sono e' frutti delle vere e reali virtù: ogni altra mensa èsenza frutto; ma questa è con perfetto frutto, perocché dà vita. Questa è una mensa forata, piena di vene che germinano sangue; e tra gli altri vi ha uno canale, che gitta sangue e acqua mescolato con fuoco; e all'occhio che si riposa in su questo canale, gli è manifestato il secreto del cuore. Questo sangue è uno vino che inebria l'anima; del quale quanto più beve, più ne vorrebbe bere; e non si sazia mai, perocché 'l sangue e la carne è unita con lo infinito Dio. O figliuolo dolcissimo in Cristo Gesù, corriamo con sollicitudine a questa mensa. Adempite il mio desiderio in voi, sicché io faccia la Pasqua, come detto è. E fate come colui che molto beve, che inebbria e perde sé medesimo e non si vede. E se 'l vino molto gli diletta, anco ne beve più; in tanto che, riscaldato lo stomaco dal vino, nol può tenere, e sì 'l vomica fuore. Veramente, figliuolo, che in su questa mensa noi troviamo questo vino; cioè 'l costato aperto del Figliuolo di Dio. Egli è quello sangue che scalda, e caccia fuore ogni freddezza, rischiara la voce di colui che beve, e letifica l'anima e il cuore. Perocché questo sangue è sparto col fuoco della divina carità; e scalda tanto l'uomo, che gitta sé fuore di sé: e quinci viene, che non può vedere sé per sé, ma sé per Dio, e Dio per Dio, e il prossimo per Dio. E quando egli ha bene bevuto; ed egli 'l gitta sopra 'l capo de' fratelli suoi: ed ha imparato da colui che continuamente in mensa versa non per sua utilità, ma per nostra. Noi dunque, chi, mangiamo alla mensa predetta, conformandoci col cibo, facciamo quello medesimo non per nostra utilità, ma per onore di Dio, e per la salute del prossimo. E per questo sete mandato. Confortatevi dunque, perocché questo fuoco vi darà la voce, e torrà la fiocaggine.


Se io potrò, vi verrò molto volentieri. Richiamatevene a Cristo, che mi faccia venire. Dite a missere Biringhiere, che si conforti in Cristo Gesù, e ragguardi la brevità del tempo, e il prezzo che è pagato per lui. Io li verrò a vedere, se io potrò. Dite a frate Simone, che io torrò la fune della Carità, e terrollo legato al petto suo, siccome lamadre il figliuolo. Sono consolata di questo prete, perocché pare che abbia buona volontà: menatelo a' frati di Monte Oliveto, e sbrigatelo d'acconciare il più tosto che voi potete. Siate, siate sollicito. Monna Giovanna vi conforta e benedice. Ricordivi di Giovanna Pazza, ed invasata nel fuoco dell'Agnello smiraldato. Lisa, e Monna Alessa, e Cecca cento migliaia di volte vi si raccomandano. Laudato sia Gesù, Gesù, Gesù.

CCIX (209) - A Gregorio XI

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Santissimo e reverendissimo padre in Cristo dolce Gesù la vostra indegna figliuola Caterina serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrive alla Vostra Santitate nel prezioso sangue suo, con desiderio di vedervi giunto alla pace, pacificato voi, e li figliuoli con voi. La quale paceDio vi richiede, e vuole che ne facciate ciò che potete. oimé, non pare che voglia che noi attendiamo tanto alla signoria e sostanzia temporale, che non si vegga quanta è la destruzione dell'anime e il vituperio di Dio, il qualeséguita per la guerra; ma pare che voglia che apriate l'occhio dell'intelletto sopra la bellezza dell'anima, e sopra il sangue del Figliuolo suo; del quale sangue lavò la faccia dell'anima nostra: e voi ne sete ministro. Invitavi dunque alla fame del cibo dell'anime. Perocché colui che ha fame dell'onore di Dio e della salute delle pecorelle, per ricoverarle e trarle dalle mani delle demonia, egli lassa andare la vita sua corporale, e non tanto la sostanzia. Benché, potreste dire, santo Padre: «Per coscienzia io sono tenuto di conservare e racquistare quello della santa Chiesa». oimé, io confesso bene che egli è la verità; ma parmi che quella cosa che è più cara, si debba meglio guardare. Il tesoro della Chiesa è il sangue di Cristo, dato in prezzo per l'anima: perocché il tesoro del sangue non è pagato per la sostanzia temporale, ma per salute dell'umana generazione. Sicché, poniamo che siate tenuto di conquistare e conservare il tesoro e la signoria delle città la quale la Chiesa ha perduto; molto maggiormente sete tenuto di racquistare tante pecorelle, che sono un tesoro nella Chiesa; e troppo ne impoverisca in sé, poiché il sangue di Cristo non può diminuire; ma perde uno adornamento di gloria, il quale riceve dalli virtuosi e obedienti e sudditi a lei. Meglio c'è dunque lassar andare l'oro delle cose temporali, che l'oro delle spirituali. Fate dunque quello che si può: e, fatto il potere, scusato sete dinanzi a Dio e agli uomini del mondo. Voi gli batterete più col bastone della benignità, dell'amore e della pace, che col bastone della guerra; e veravvi riavuto il vostro spiritualmente e temporalmente.

Restringendosi l'anima mia fra sé e Dio, con grande fame della salute nostra e della riformazione della santa Chiesa e del bene di tutto quanto il mondo; non pare che Dio manifesti altro rimedio, né io veggo altro in lui, che quello della pace. Pace, pace dunque, per l'amore di Cristo Crocifisso! E non ragguardate all'ignoranzia, cechità e superbia de' figliuoli vostri. Con la pace trarretela guerra e il rancore del cuore e la divisione; e unireteli.Con la virtù dunque caccerete il demonio.

Aprite, aprite bene l'occhio dell'intelletto con fame e desiderio della salute dell'anime, a riguardare due mali: cioè 'l male della grandezza, signoria, e sustanzia temporale, la quale vi par essere tenuto di racquistare; e il maledi veder perdere la Grazia nell'anime, e l'obedienzia la quale debbono avere la Santità Vostra. E così vederete che molto maggiormente sete tenuto di racquistare l'anime. Poi, dunque, che l'occhio dell'intelletto ha veduto, e discerne quale è il meno male; voi dunque, santissimo Padre, che sete in mezzo di questi due così grandi mali, dovete eleggere il minore; e eleggendo il minore per fuggire il maggiore, perderete l'uno male e l'altro; e ambedui torneranno in bene: cioè che averete in pace racquistati li figliuoli, e averete il debito vostro. Mia colpa! chéio non dico questo però per insegnarvi, ma son costretta dalla prime dolceVerità, dal desiderio che io, babbo mio dolce, di vedervi pacificato, e in quiete l'anima e il corpo. Perocché, con queste guerre e malaventura, non veggo che possiate avere una ora di bene. Distruggesi quello delli poverelli ne' soldati, i quali sono mangiatoridella carne e degli uomini. E veggo che impedisce il santo vostro desiderio, il quale avete della reformazione della Sposa vostra. Reformarla, dico, di buoni pastori e rettori. E voi sapete che con la guerra malagevolmente il potere fare: ché, parendovi aver bisogno di principi e di signori, la necessità vi parrà che vi stringa di fare i pastori a modo loro, e non a modo vostro. Benché ella è pessima ragione, che, per alcun bisogno che si vegga, si metta però pastori, o altri che si sia, nella Chiesa, che non siavirtuoso, e persona che cerchi sé per sé, ma cerchi sé per Dio, cercando la gloria e la loda del nome suo. E non debbe essere enfiato per superbia, né porco per immondizia, né foglia che si volve al vento delle proprie ricchezze e vanità del mondo. oimé, non così, per l'amore di Gesù Cristo, e per la salute dell'anima vostra! Tollete dunque via la cagione della guerra, quanto è possibile a voi, acciocché non veniate in questo inconveniente di fargli secondo la volontà degli uomini, e non secondo la volontà di Dio e desiderio vostro. Voi avete bisogno dell'adiutorio di Cristo Crocifisso; in lui ponete dunque l'affetto e il desiderio, e non in uomo e in adiutorio umano; ma in Cristo dolce Gesù, la cui vice voi tenete; che pare che voglia che la Chiesa torni al primo dolce stato suo. Oh quanto sarà beata l'anima vostra e mia che io vegga voi esser cominciatore di tanto bene, che alle vostre mani quello che Dio permette per forza, si faccia per amore! Questo sarà il modo a farlo con pace, e con pastori veri e virtuosi e umili servi di Dio; ché ne troverete, se piacerà alla Santità Vostra di cercarli. Ché sono due cose, perché la Chiesa perde e ha perduto li beni temporali, cioè per la guerra, e per lo mancamento delle virtù. Ché colà, dove non è virtù, sempre è guerra col suo Creatore. Sicché la guerra n'è cagione.

Ora dico che, a volere racquistare quello che è perduto, non ci è altro rimedio se non col contrario di quello con che è perduto, cioè racquistare con pace e con virtù, come detto è. A questo modo adimpirete l'altro desiderio santo vostro e de' servi di Dio, e di me misera miserabile; cioè di racquistare le tapinelle anime dell'infedeliche non participino il sangue dello svenato e consumato Agnello.

Or vedete, santissimo Padre, quanto è il bene che se n'impedisce, e quanto è il male che séguita e che se ne fa. Spero nella bontà di Dio e nella Santità Vostra, che giusta al vostro potere v'ingegnerete di ponere il rimedio detto, della santa pace. Questo è la volontà di Dio. E dicovi da parte del dolce Gesù, che di questo e dell'altre cose che avete a fare, voi pigliate consiglio da' veri servidi Dio; perocché vi consiglieranno in verità. E di loro vi dilettate; ché ne avete bisogno. E però sarà bene, e di grande necessità, che voi li teniate allato da voi, mettendoli per colonne nel corpo mistico della santa Chiesa.

Credo che F. J. da P. portatore di questa lettera, sia uno vero e dolce servo di Dio: il quale vi raccomando; e pregovi che piaccia alla Santità Vostra che lui e gli altrisempre vi vogliate vedere appresso. Altro non dico. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonate alla mia presunzione. Umilemente v'addimando la vostra benedizione. Gesù dolce, Gesù amore.


CCX - A misser Matteo Rettore della casa della misericordia in Siena

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Dilettissimo e carissimo fratello e figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo scrivo a voi nel prezioso sangue del figliuolo di Dio; con desiderio di vedervi annegato e affocato nell'abbondanza d'esso sangue suo. La memoria del quale sangue rende calore e lume all'anime fredde e tenebrose, dona larghezza, e tolle stremità; tolle superbia, e infonde umiltà; tolle crudelità e dona pietà. O inestimabile dilezione di carità, non mi maraviglio se nel sangue tuo io trovo la virtù della pietà; imperocché io vedo che per divina pietà tu hai svenato te medesimo, non per debito; e facesti vendetta della crudele e pessima crudeltà, che l'uomo ebbe a sé medesimo, quando per lo peccato si fece degno di morte. Adunque desidero di vedervi annegato in questo fiume, acciocché ne traiate pietosa compassione e misericordia; la quale continuamente vi bisogna adoperare, secondo lo stato nostro. E poniamoché io desidero di vedervi usare questa virtù in verso i poveri di Cristo delle sustanzie temporali; non son contenta qui, ma invitovi, secondo che Dio invita l'anima mia, a distendere gli amorosi e ardentissimi desiderii, con occhi pietosi e lagrimosi, mostrando nel cospetto della divina pietà compassione a tutto il mondo. Ed egli t'insegna molto bene il modo siccome ebbro d'amore; e per desiderio che ha di fare tosto l'operazione sua, dice: «Pigliate il corpo della santa Chiesa co' membri legati e tagliati e poneteli con pietosa compassione sopra il corpo mio». Sopra il quale corpo furono fabricate tutte le nostre iniquità, perocché egli fu quelloche prese con pena la città dell'anima nostra e il Padre, fu quello che accettò il sacrificio.

Mangiamo, Mangiamo adunque le anime sopra a questa mensa del corpo del dolce Figliuolo di Dio: sicché, passando i penosi e ansietati desiderii, con fadigosi aspettari, sopravenendo gli adempiuti dolci e innamorati desiderii (dove l'anima si pacifica, quando si vede adempiuto quello che molto tempo ha desiderato), possiamo, con dolce voce e soave, gridare al Padre quello che dice la santa Chiesa; cioè: per Gesù Cristo nostro Signore tu ci hai fatto misericordia, levando i lupi o piantando gli agnelli. Adunque o padre, fratello e figliuolo in Cristo Gesù, levianci dal sonno della negligenzia, acciocché in poco tempo noi esciamo delle mani de' lupi, e perveniamo a questa giocondità; non per voi, ma solo per l'onore di Dio. Questa è quella virtù pietosa che io voglio che noi abbiamo. E però dissi ch'io desideravo di vedervi affocato nel sangue del Figliuolo di Dio; perocché ella è quella memoria che notrica la virtù della pietà e misericordia nell'anima nostra. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXI - A frate Raimondo da Capua a Vignone

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Reverendo padre in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a voi nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere voi e gli altri figliuoli vestit del vestimento nuziale, il quale è quellovestimento che ricopre tutte le nostre nudità. Egli è un'arme, che non lassa incarnare a morte i colpi dell'avversario dimonio; ma piuttosto l'ha a fortificare, che a debilire, ogni colpo di tentazione o molestia di dimonio o di creatura o della carne propria, che volesse ribellare allo spirito. Dico che questi colpi, non tanto che sieno nocivi, ma saranno pietre preziose e margarite poste sopra questo vestimento dell'ardentissima carità.

Or da che sarebbe l'anima che non portasse delle molte fadighe e tentazioni, da qualunque parte e qualunque modo Iddio le concede? Non sarebbe in lei virtù provata; perocché la virtù si prova per lo suo contrario. Con che si prova la parità, e s'acquista? Col contrario, cioè con la molestia della immondizia. Perocché che fusse immondo, non gli bisognerebbe ricevere molestia dalle cogitazioni della immondizia; ma perché si vede che la volontà è privata de' perversi consentimenti, ed è purificata d'ogni macchia per santo e vero desiderio che ha di piacere al suo Creatore, però il dimonio, il mondo e la carne gli dànno molestia. Sicché, ogni cosa contraria si caccia per lo suo contrario. Vedete che per la superbia s'acquista l'umilità. Quando l'uomo si vede molestare da esso vizio di superbia, subito s'umilia, cognoscendo sé difettuoso, superbo: che se non avesse avuta quella molestia, non si sarebbe sì ben cognosciuto. Poiché s'è umiliato e veduto; concepe uno odio per siffatto modo, che gode ed esulta d'ogni pena ed ingiuria che sostenesse. Questo fa come cavaliero virile, il quale non schifa i colpi. Anzi si reputa indegno di tanta grazia, quanta gli pare essere, a sostenere pena, tentazioni e molestie per Cristo crocifisso. Tutto è per l'odio ch'egli ha di sé medesimo, e per amore che ha conceputo alla virtù.

Adunque vedete che non è da fuggire né dolersi nel tempo della tenebra, perocché della tenebra nasce la luce. O Dio, dolce amore, che dolce dottrina dài, che per lo contrario della virtù s'acquista la virtù! Della impazienzia s'acquista la pazienzia: ché l'anima che sente il vizio della impazienzia diventa paziente della ingiuria ricevuta, ed è impaziente verso il vizio della impazienzia; epiù si duole ch'ella si duole, che di veruna altra cosa. E così nei contrari gli viene acquistata la perfezione. E nonse ne avvede: trovasi diventato perfetto nelle molte tempeste e tentazioni. E in altro modo non si giugne mai a porto di perfezione.

Sicché, pensate in questo: che l'anima non può ricevere né desiderare virtù, che ella non abbia i desiderii, molestie e tentazioni, a sostenere con vera e santa pazienzia per amore di Cristo crocifisso. Doviamo dunque godere ed esultare nel tempo delle battaglie, molestie e tenebre, poiché di loro esce tanta virtù e diletto. Doimé, figliuolo dato da quella dolce madre Maria, non voglio che veniate a tedio né a confusione per veruna molestia che sentiste nella mente vostra; ma voglio che voi conserviate la buona e santa e vera fedele volontà, la quale io so che Dio per sua misericordia v'ha dato. So che vorreste innanzi morire, che offenderlo mortalmente. Sicché io voglio che dalle tenebre esca il cognoscimento di voi medesimo senza confusione della buona volontà esca uno cognoscimento della infinita bontà e inestimabile carità di Dio; ed in questo cognoscimento stia ed ingrassi l'anima nostra. Pensate che per amore egli vi conserva la buona volontà, e non la lassa correre per consentimento e diletto dietro alle cogitazioni del dimonio. E così per amore ha permesso a voi e a me e agli altri suoi servi le molte molestie e illusioni dal dimonio, dalle creature, e dalla carne propria, solo perché noi ci leviamo dalla negligenzia, e veniamo a perfetta sollicitudine, a vera umilità, e ardentissima carità. La quale umilità viene per cognoscimento di sé, e la carità per lo cognoscimento della bontà di Dio. Ivi s'inebbria e si consuma l'anima per amore.

Godete, padre, ed esultate; e confortatevi, senza veruno timore servile, e non temete per verana cosa che vedeste venire o che fusse venuta. Ma confortatevi; ché la perfezione è presso da voi. E rispondete al dimonio, dicendo: «che quella virtù non ha adoperato in voi per me, perocché non era in me; adopera per grazia della infinita pietà e miscricordia di Dio». Sicché per Cristo crocifisso ogni cosa potrete. Fate con fede viva tutte le vostre operazioni; e non mirate perché vedeste apparire veruna cosa contraria, che paresse che fusse contra la vostra operazione. Confortatevi, confortatevi, perché la prima e dolce Verità ha permesso d'adempire il vostro e mio desiderio in voi. Svenatevi per affocato desiderio con lo svenato e consumato Agnello: riposatevi in croce con Cristo crocifisso: dilettatevi in Cristo crocifisso: dilettatevi in pena; satollatevi d'obbrobri per Cristo crocifisso: innestisi il cuore e l'affetto in su l'arbore della santissima croce con Cristo crocifisso; e nelle piaghe sue fate la vostra abitazione. E perdonate a me, cagione e strumento d'ogni vostra pena e imperfezione: ché, se io fussi strumento di virtù, sentireste voi e gli altri odore divirtù. E non dico queste parole, perché io voglio che n'abbiate pena, perché la vostra pena sarebbe mia; ma perché voi abbiate compassione, voi e gli altri figliuoli, alle miserie mie. Spero e tengo di fermo, per la grazia dello Spirito Santo, che porrà fine e termine in tutte quelle cose che sono fuor della volontà di Dio.

Pensate che io misera miserabile sto nel corpo, e trovomi per desiderio continuo di fuore del corpo. oimé, dolce e buono Gesù! Io muoio e non posso morire, e scoppio, e non posso scoppiare, del desiderio che io ho della rinnovazione della santa Chiesa per onore di Dio e salute d'ogni creatura; e di vedere voi e gli altri vestiti dipurità, arsi e consumati nell'ardentissima carità sua. Dite a Cristo in terra, che non mi faccia più aspettare.

E quand'io vedrò questo, canterò con quello dolce vecchio di Simeone: Nunc dimittis servum tuum, Domine, secundum verbum tuum in pace. Non dico più; ché se io seguissi la volontà, testè comincerei. Fate che io vivegga e senta tutti legati e conficcati con Cristo dolce Gesù, sì e per siffatto modo, che né dimonia né creatura vi possa mai partire né separare da così dolce e soave legame. Amatevi, amatevi, amatevi insieme. Permanete nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce, Gesù amore.


CCXII - A Neri di Landoccio

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissimo figliuolo in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di veder crescere in te il santo e buono desiderio, con dolce e vera perseveranzia infine alla morte. Pènsati, figliuolo mio, che ogni di si conviene che noi c'ingegnamo di crescere in virtù; perocché non andando innanzi, sarebbe un tornare addietro. Spero, per la divina bontà, che s'adempirà in te ildesiderio mio, in questo, e anco in altro.

Non dico al presente altro, per la brevità del tempo, e per occupazione d'alcune altre cose, a che mi conviene attendere. Confòrtati con Cristo crocifisso, con una buona pazienzia; e conforta e benedici molto molto per mia parte Mone: e fa che prieghi Dio per questi tuoi fratelli, e' quali ti mandano molto confortando e singolarmente per questo negligente di Stefano. Barduccio e Francesco stanno bene, e molto ti confortano. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Gesù dolce. Gesù amore.


CCXIII - A suora Daniella da Orvieto, vestita dell'abito di Santo Domenico, la quale, non potendo seguire la sua grande penitenzia, era venuta in grande afflizione

Al nome di Gesù Cristo crocifisso e di Maria dolce.

Carissima suoro e figliuola in Cristo dolce Gesù. Io Catarina, serva e schiava de' servi di Gesù Cristo, scrivo a te nel prezioso sangue suo; con desiderio di vedere in te la virtù santa della discrezione, la quale virtù ci è necessaria ad avere, se vogliamo la salute nostra. Perché ci è tanto di necessità? Perché ella esce del cognoscimento di noi e di Dio: in questa casa tiene le sue radici. Ella èdrittamente uno figliuolo parturito dalla carità, che è propriamente discrezione, e uno lume e uno cognoscimento che l'anima ha di Dio e di sé, come detto è. La principale cosa che ella faccia, è questa: che, avendo veduto con lume discreto a cui ella è debitrice e quello che debbe rendere, subito il rende con perfetta discrezione. Onde a Dio rende gloria, e lode al nome suo; e tutte l'operazioni che fa l'affetto dell'anima, fa con questo lume, cioè che tutte sono fatte per questo fine. Sicché a Dio rende il debito dell'onore: non fa come lo indiscreto rubbatore, che l'onore vuole dare a sé; e per cercare il proprio onore e piacere, non cura di fare vituperio a Dio e danno al prossimo. E perché la radice dell'affetto dell'anima è corrotta dalla indiscrezione, sono corrotte tutte le sue operazioni in sé e in altrui. In altrui, dico;perché indiscretamente pone i pesi, e comanda ad altri o secolari o spirituali, o di qualunque stato si sia. Se egliammonisce o consiglia, indiscretamente il fa; e con quello medesimo peso che egli pesa, vuole pesare ogni altra persona. Il contrario fa l'anima discreta, che discretamente vede il bisogno suo e l'altrui. Onde, poich'ella ha renduto il debito nell'onore a Dio, ella rende il suo a sé, cioè odio del vizio e della propria sensualità. Chi n'è cagione? è l'amore della virtù; amandola in sé. Questo medesimo lume, col quale ella si rende il debito, rende al prossimo suo. E però dissi: in sé e in altrui. Onde rende al prossimo la benivolenzia siccome egli è obbligato, amando in lui la virtù, e odiando il vizio. E amalo come creatura creata dal sommo ed eterno Padre. E meno e più perfettamente rende a lui la dilezione della carità, secondo che l'ha in sé. Sicché questo è il principale effetto, che adopera la virtù della discrezione nell'anima; perché con lume ha veduto che debito debba rendere, e a cui.

Questi sono tre rami principali di questo glorioso figliuolo della discrezione, il quale esce dall'arbore della carità. Di questi rami escono infiniti e variati frutti, tuttisoavi e di grandissima dolcezza che notricano l'anima nella vita della Grazia, quando con la mano del libero arbitrio, e con la bocca del santo e affocato desiderio li prende. In ogni stato che la persona è, gusta di questi frutti, se ella ha il lume della discrezione: in diversi modi, secondo il diverso stato. Colui che è nello stato del mondo, e ha questo lume, coglie il frutto dell'obedienzia de' comandamenti di Dio, e il dispiacere del mondo, spogliandosene mentalmente, poniamoché attualmente ne sia vestito. Se egli ha figliuoli, piglia il frutto del timore di Dio, e col timore santo suo li notrica. Se egli è signore, piglia il frutto della giustizia, perché discretamente vuole rendere a ciascuno il debito suo; onde col rigore dela giustizia punisce lo ingiusto, e il giusto premia, gustando il frutto della ragione; ché per lusinghe né per timore servile non si parte da questa via. Se egli è suddito, coglie il frutto dell'obedienzia e reverenzia verso il signore suo; schifando la cagione e la via, per la quale il potesse offendere. Se col lume non l'avesse vedute non l'avrebbe schifate. Se sono religiosi o prelati, tràggonne il frutto dolce e piacevole d'essere osservatori dell'ordine loro: portando e sopportando i difetti l'uno dell'altro, abbracciando le vergogne e 'l dispiacere, ponendosi sopra le spalle il giogo dell'obedienzia. Il prelato prende la fame dell'onore di Dio e della salute dell'anime, gittandogli l'amo della dottrina e della vita esemplaria . In quanti diversi modi, e in diverse creature si colgono questi frutti! Troppo sarebbe lungo a narrarlo; con lingua non si potrebbero esprimere.

Ma vediamo carissima figliuola (parliamo ora in particolare; e parlando in particolare sarà parlato in generale), che regola dà questa virtù della discrezione nell'anima. Pare a me, che dia questa regola nell'anima e nel corpo, in persone che spiritualmente vogliono vivere, e attualmente e mentalmente: benché ella ogni persona regoli e ordini nel grado e nello stato suo: ma parliamo ora a noi. La prima regola che ella dia nell'anima, è quella che detta aviamo, di rendere l'onore a Dio, al prossimo la benivolenzia, e a sé odio del vizio e della propria sensualità. Ella ordina questa carità nel prossimo: che per lui non vuole ponere l'anima sua; cioè per farli utilità o piacere non vuole offendere Dio; ma discretamente fugge la colpa, e dispone il corpo suo ad ogni pena e tormento, e alla morte, per campare un'anima, e quante ne potesse campare, dalle mani del dimonio. E disponsi a ponere la sustanzia temporale per sovvenire e campare il corpo del prossimo suo. Questo fa la carità con questo lume della discrezione; ché discretamente l'ha regolato nella carità del prossimo. Il contrario fa lo indiscreto, che non si cura d'offendere Dio, né di ponere l'anima sua per fare servizio e piacere al prossimo indiscretamente, quando con fargli compagnia in luoghi scelerati, quando con falsa testimonianza: e così in altri modi, come tutto dí vengono i casi. Questa è la regola della indiscrezione, la quale esce dalla superbia e dalla perversità dell'amore proprio di sé, e dalla cecità di non avere cognosciuto sé né Dio.

E poiché l'ha regolata in questa carità del prossimo; e ella la regola in quella cosa che la conserva e cresce in essa carità, cioè nell'umile e fedele e continua orazione; ponendogli il manto dell'affetto delle virtù, acciocché non sia offesa dalla tepidezza, negligenzia, e amore proprio di sé, spirituale né corporale: però gli dà questo affetto delle virtù, acciocché l'affetto suo non si ponga in veruna altra cosa dalla quale potesse ricevere alcuno inganno.

Anco ordine e regola corporalmente la creatura in questo modo: che l'anima la quale si dispone a volere Dio, fa il suo principio per lo modo che detto abbiamo: ma, perché ella ha il vasello del corpo, si conviene che questo lume ponga la regola a lui, siccome egli l'ha posta nell'anima, come strumento ch'egli debbe essere ad aumentare la virtù. La regola è questa che egli il sottrae dalle delizie e delicatezze del mondo, e della conversazione de' mondani; e dàgli la conversazione dei servi di Dio; levalo da' luoghi dissoluti, e tiello ne' luoghi che loinducono a devozione. A tutte le membra del corpo dà ordine, acciocché siano modeste e temperate: l'occhio non ragguardi dove egli non debbe, ma dinanzi a sé ponga la Terra, e 'l Cielo: la lingua fugga il parlare ozioso e vano, e sia ordinata ad annunziare la parola di Dio in salute del prossimo, e confessare i peccati suoi: l'orecchia fugga le parole dilettevoli, lusinghevoli, dissolute, edi detrazione, che gli fussero dette; e attenda a udire la parola di Dio, e il bisogno del prossimo, cioè volontariamente udire la sua necessità. Così la mano nel toccare o nello adoperare, i piei nell'andare; a tutti dà regola. E acciocché per la perversa legge della impugnazione che dà la carne contra lo spirito, non si levi a disordinare questi strumenti, pone la regola al corpo, macerandolo con la vigilia, col digiuno, e con gli altri esercizii, i qualihanno tutti a raffrenare il corpo nostro.

Ma attendi, che tutto questo fa non indiscretamente, ma con lume dolce di discrezione. E in che 'l mostra? In questo: che ella non pone per principale affetto suo, veruno atto di penitenzia. E acciocché non cadesse in cotale difetto di ponere per principale affetto la penitenzia, provvide il lume della discrezione, di mantellare l'anima con affetto delle virtù. Debbela bene usare come strumento, a' tempi e a' luoghi ordinati, secondo che bisogna. Se il corpo per troppa fortezza ricalcitrasse allo spirito, tolle la verga della disciplina, e' l digiuno, e 'l cilicio di molte gemme, con grande vigilia; e pongli allora de' pesi assai, acciocché egli stia più trito. Ma se il corpoè debile, venuto ad infermità, non vuole la regola della discrezione, che faccia così. Anco, debbe non solamente lassare il digiuno, ma mangi della carne: e se non gli basta una volta il dì, pigline quattro. Se non può stare in terra, stia in sul letto; se non può inginocchioni, stia a sedere e a giacere, se n'ha bisogno. Questo vuole la discrezione. E però pone che si faccia come strumento, e non per principale affetto.

E sai perché egli non vuole? Acciocché l'anima serva a Dio con cosa che non gli possa essere tolta e che non sia finita, ma con cosa infinita, cioè col santo desiderio;il quale è infinito, per l'unione che ha fatta nello infinitodesiderio di Dio; e nelle virtù, le quali né dimonio né creatura né infermità ci possono tollere, se noi non vogliamo. Anco, nella infermità provi la virtù della pazienzia; nelle battaglie e molestie delle dimonia pruovi la fortezza e la lunga perseveranzia; e nella avversità che ricevesse dalle creature, pruovi la umilità, la pazienzia, lacarità. E così tutte le altre virtù permette Dio che ci sieno provate con molti contrarii, ma non tolte mai, se noi non vogliamo. In questo dobbiamo fare il nostro fondamento, e non nella penitenzia. Due fondamenti non può l'anima fare: o l'uno o l'altro si conviene che vada a terra. E quello che non è principale, usi per strumento. Se io fo il mio principio nella penitenzia corporale, io edifico la città dell'anima sopra l'arena, che ogni piccolo vento la caccia a terra, e ncuno edifizio vi possa ponere su. Ma se io edifico sopra le virtù, è fondato sopra la viva pietra Cristo dolce Gesù; e non è veruno edifizio tanto grande che non stia su bene, né vento sì contrario che mai il dia a terra.

Per questi e molti altri inconvenienti che ne vengono, non ha voluto che s'usi la penitenzia altro che per strumento. Molti penitenti ho già veduti, i quali non sono stati pazienti né obedienti, perché hanno studiato a uccidere il corpo, ma non la volontà. Questo ha fatto la regola della indiscrezione. Sai che n'adiviene? tutta la consolazione e l'affetto loro è posto in fare la penitenzia a loro modo, e non a modo d'altrui. In essa notricano la loro volontà: mentre che essi la compiono, hanno consolazione e allegrezza, e pare a loro essere pieni di Dio, come se ogni cosa avessero compito; e non se ne avveggono, che caggiono nella propria reputazione, i e in giudizio. Che se ognuno non va per questa via, gli pare che siano in stato di dannazione, in stato imperfetto. Indiscretamente vogliono misurare tutti i corpi d'una misura medesima, cioè con quella che essi misurano loro stessi. E chi li vuole ritrare da questo o per rompere la loro volontà, o per necessità che essi avessero; tengono la volontà più dura che 'l diamante; vivi per sì fatto modo, che al tempo della prova o d'una tentazione o d'una ingiuria, si truovano in questa volontà perversa più debili che la paglia.

La indiscrezione gli mostrava che la penitenzia raffrenasse l'ira, la impazienzia e gli altri movimenti di vizii, che vengono nel cuore: ed egli non è così. Móstrati questo glorioso lume, che con l'odio e dispiacimento di te, con aggravare la colpa con rimproverio, con la considerazione chi è Dio ché è offeso da te, e chi se' tu che l'offendi, con la memoria della morte; e con l'affetto delle virtù ucciderai il vizio nell'anima, e trarraine le barbe. La penitenzia taglia; ma tu ti trovi sempre la barba, la quale è atta a fare germinare, ma questo divelle. é ben sempre atta questa terra, dove stanno piantati i vizii, a riceverne, se la propria volontà con libero arbitrio ve ne mette: altrementi no, poiché la radice n'è divelta.

E per caso addiviene che per forza, a quello corpo ch'infermato, gli convenga escire de' suoi modi: egli viene subito a uno tedio e confusione di mente, privato d'ogni allegrezza; e pargli essere dannato e confuso, e non truova la dolcezza nell'orazione, come gli pareva avere nel tempo della sua penitenzia. E dove n'è andata? nella propria volontà, dove ella era fondata. La quale volontà non può compire; non potendola compire, n'ha pena e tristizia. E perché se' venuta a tanta confusione e quasi disperazione? E dove è la speranza che tu avevi nel regno di Dio? éssene andata nell'affetto della penitenzia, per lo cui mezzo sperava d'avere vita eterna; non avendola più, parnegli essere privato.

Questi sono i frutti della indiscrezione. Se egli avesse il lume della discrezione, vedrebbe che solamente essere privato delle virtù gli tolle Dio; e col mezzo della virtù,mediante il sangue di Cristo, ha vita eterna. Adunque ci leviamo da ogni imperfezione, e poniamo l'affetto nostro nella vera virtù, come detto è; le quali sono di tantodiletto e giocondità, che la lingua nol potrebbe narrare. Neuno è che possa dare pena all'anima fondata in virtù, né che le tolla la speranza del cielo; perché ella ha mortain sé la propria volontà nelle cose spirituali, come nelle temporali; e perché l'affetto suo non è posto in penitenzia né in proprie consolazioni o rivelazioni, ma nel sostenere per Cristo crocifisso e per amore della virtù. Ond'ella è paziente, fedele; spera in Dio, e non in sé né in sua operazione. Ella è umile, e obediente a credere ad altrui, più che a sé, perché non presume di sé medesima. Ella si dilarga nelle braccia della misericordia, e con essacaccia la confusione della mente.

Nelle tenebre e battaglie trae fuora il lume della Fede, esercitandosi virilmente con vera e profonda umilità: e nella allegrezza intra in sé medesima, acciò che 'l cuore non venga a vana letizia. Ella è forte e perseverante, perché ha morta in sé la propria volontà, che la faceva debile e incostante. Ogni tempo gli è tempo; ogni luogo gli è luogo. Se ella è nel tempo della penitenzia, a lei è tempo d'allegrezza e consolazione, usandola come strumento; e se per necessità o per obedienzia il conviene lassare, ellagode: perché 'l principale fondamento dell'affetto delle virtù non può essere, né è, tolto da lei; e perché si vede annegare la propria volontà, alla quale ha veduto col lume che sempre gli è ne cessario di ricalcitrare con grande diligenzia e sollicitudine.

In ogni luogo trova l'orazione, perché sempre porta seco il luogo dove Dio abita per grazia, e dove noi dobbiamo orare, cioè la casa dell'anima nostra, dove òra continuo il santo desiderio. Il quale desiderio si leva collume dell'intelletto a specularsi in sé, e nel fuoco inestimabile della divina carità, il quale trova nel sangue sparto; per larghezza d'amore il quale sangue trova nel vasello dell'anima. A questo attende, e debbe attendere, di cognoscere acciocché nel sangue s'inebbri, e nel sangue arda e consumi la propria volontà; e non solamente a compire il numero di molti paternostri. Così faremo l'orazione nostra continua e fedele; perché nel fuoco della sua carità cognosciamo ch'egli è potente a darci quello che noi addimandiamo; è somma Sapienzia, che sa dare e discernere quello che è necessario a noi; ed è elementissimo e pietoso Padre, che ci vuole dare più che noi non desideriamo, e più che noi non sappiamo addimandare per lo nostro bisogno. Ella è umile; perché ha cognosciuto in sé il difetto suo, e sé non essere. Questa èquella orazione per cui mezzo veniamo a virtù, e conserviamo in noi l'affetto d'essa virtù.

Chi è principio di tanto bene? la discrezione, figliuola della carità, come detto è. E di quello bene che ha in sé, sì il porge al prossimo suo. Onde il fondamento che ha fatto, e l'amore e la dottrina che ha ricevuta in sé, vuoleporgere, e porge, alla creatura: e mostrarlo per esemplo di vita e per dottrina, cioè consigliando quando vede la necessità, o quando il consiglio gli fusse chiesto. Ella conforta, e non confonde, l'anima del prossimo, inducendola a disperazione quando fusse caduta per alcuno difetto; ma caritativamente si fa inferma con lei insieme, dandogli il rimedio che si può, e dilargandola in speranza nel sangue di Cristo crocifisso.

Questo, e infiniti altri frutti, dona al prossimo la virtùdella discrezione. Adunque, poich'ella è tanto utile e necessaria, carissima e dilettissima figliuola e suora mia inCristo dolce Gesù; io invito te e me a fare quello che per lo tempo passato io confesso non avere fatto con quella perfezione ch'io debbo. A te non è intervenuto come a me, cioè d'essere stata e essere molto difettuosa, né d'essere andata con larghezza di vita, e non con estrema, per lo mio difetto; ma tu, come persona che hai voluta atterrare la gioventudine del corpo tuo, acciocché non sia ribello all'anima, hai presa la vita estrema per siffatto modo, che pare che esca fuore dell'ordine della discrezione; in tanto che mi pare che la indiscrezione ti voglia fare sentire de' frutti suoi, e di fare vivere in questo la propria volontà tua. E lassando tu quello che se' usata di fare, pare che 'l Dimonio ti voglia fare vedere che tu sia dannata. A me spiace molto; e credo che sia grande offesa di Dio. E però voglio, e pregoti, che 'l principio e fondamento nostro con vera discrezione sia fatto nell'affetto delle virtù, siccome detto è. Uccidi la tua volontà, e fa' quello che t'è fatto fare: attienti all'altrui vedere più che al tuo. séntiti il corpo debile e infermo: prendi ogni dì il cibo che t'è necessario e ristorare lanatura. E se la infermità e debilezza si leva, piglia una vita ordinata con modo, e non senza modo. Non volere che 'l piccolo bene della penitenzia impedisca il maggiore: non te ne vestire per tuo principale affetto; ché tu tene troveresti ingannata: ma voglio che per la strada battuta della virtù noi corriamo realmente, e per questa medesima guidiamo altrui, spezzando e fracassando le nostre volontà. Se averemo in noi la virtù della discrezione,il faremo: altrimenti no.

E però dissi ch'io desideravo di vedere in te la virtù santa della discrezione. Altro non dico. Permani nella santa e dolce dilezione di Dio. Perdonami se troppo presuntuosamente io avessi parlato: l'amore della tua salute, per onore di Dio, me n'è cagione. Gesù dolce, Gesù amore.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)