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 Vogliamo approfondire con voi la Caterina mistica, la donna che scrisse questo che è diventato un Testo, sintesi del suo pensiero – ma anche della sana ortodossia cattolica sulla scia della teologia di sant’Agostino e di san Tommaso d’Aquino – che è anche il testo base per la sua laurea a “Dottore della Chiesa”.

La cultura “elementare” di santa Caterina esclude un confronto diretto con le opere di sant’Agostino e di san Tommaso: tuttavia, a maggior ragione, il Dialogo risulta ancor più raggiungibile da chiunque proprio perché esprime in modo immediato la dottrina, entrando, in modo più indiretto ma più fruibile, nel cuore della teologia cattolica, alleggerendola da ogni “speculazione scolastica”. Insomma, la teologia di Caterina non è semplicemente un libro, ma è azione, lotta, lacrime, tormenti, gioie, è teologia pura e viva: oseremmo dire “incarnata”. Sotto la sua mano, o anche nelle parti dettate, infatti, possiamo dire che ogni “speculazione teologica” diventa azione; è un vissuto sperimentato dalla santa stessa; è il vivere stesso della Chiesa; è la sofferenza e la missione stessa del Sommo Pontefice, del clero, dei vescovi, dei laici. Si passa dal rimprovero tagliente a chi tradisce al pianto di compassione per chi non comprende; dalla condanna terrificante per i recidivi all’amplesso del perdono a chi si converte; dalla lotta quotidiana al mare pacifico della Divinità Incarnata.



MAI PIÙ “IO NON LO SAPEVO” 

E’ un libro che non va letto tanto per passare il tempo, quasi fosse un romanzo, ma per conoscere la Verità che muove tutta la Chiesa e l’uomo stesso. Una volta letto il Dialogo, non si hanno più scuse per rimanere freddi o insensibili alla fede. Si deve prendere una decisione: o con Dio o contro Dio. Non c’è altra scelta e nessuno, dopo aver letto, potrà più giustificarsi dicendo “io non lo sapevo”. Perché ora, caro lettore, lo sai; ne sei venuto a conoscenza: a te l’onere della scelta.

Il titolo di quest’opera non è propriamente l’originale. Al principio, di fatto, il libro non aveva un titolo preciso: veniva chiamato “libro”, “rivelazioni”, “trattato”, “divina dottrina”. Alla fine si ritenne più idoneo il titolo che ha mantenuto fino ad oggi, Dialogo della Divina Provvidenza, perché, di fatto, è un dialogo, anche se, per certi versi. appare più come monologo della Provvidenza divina (perché in questa veste si presentava l’Autore).

Parliamo non di allocuzioni interiori o di “voci private”, che sono altra cosa, ma di “rivelazioni e dialogo”. Caterina non è “sola” ma avverte chi Gli parla e qualche volta Lo vede. Da Lui viene istruita: ripete ciò che impara, lo scrive di suo pugno oppure lo detta ai suoi discepoli, che, a turno, trascrivono.

Molti passi di questo Dialogo sono stati poi usati e trasmessi per mezzo delle lettere, di cui abbiamo già parlato, ed è stata, di fatto, la missione stessa di santa Caterina. Il suo Dialogo non è semplicemente un libro, ma un vero stile di vita cattolico: è parte integrante di quel “pane che non perisce” e che, una volta acquisito, pretende a buon diritto di essere “condiviso” con gli altri, mettendo in pratica quello che è stato appreso. Grazie a questa dottrina, Caterina da Siena può diventare Dottore della Chiesa.



DAI TEOLOGI TRONFI AI CRISTIANI “CRAPULONI”: UN DIALOGO CHE NE HA PER TUTTI

Per facilitarvi nella lettura e nella comprensione, dobbiamo dire che il Dialogo è impostato su 12 “trattati”, quasi con un riferimento ai dodici mesi dell’anno, durante i quali possiamo nutrirci spiritualmente meditando un trattato al mese.

Essi sono:

- trattato sulla Carità, norma della vera perfezione, fino cap.12;

- trattato sul Mistero della salvezza nel disegno di Dio, fino al cap.24;

- trattato sul Divin Verbo, ponte e via di verità, fino al cap.30;

- trattato sul fiume che travolge e la lotta contro il male, fino al cap.53;

- trattato del cammino di perfezione quale legge e virtù, fino al cap.64;

- trattato dell’orazione e stati dell’anima, fino al cap.86;

- trattato sulla dottrina delle lacrime, fino al cap.97;

- trattato dei tre lumi per la purità di spirito, fino al cap.107;

- trattato sul Corpo Mistico della santa Chiesa, fino al cap.120;

- trattato sugli scandali del clero e le conseguenze, fino al cap.134;

- trattato della Divina Provvidenza, fino al cap.153;

- trattato della vera obbedienza, fino al cap. 165;

Il Dialogo si conclude con un profondo riepilogo della dottrina e con il meraviglioso Inno alla Santissima Trinità.


Quelle del libro sono pagine di fuoco che vanno a toccare tutti i tessuti sociali e che si riflettono su tutte le gerarchie e classi sociali dei tempi di Caterina, ma anche di tutti i tempi, oseremmo dire specialmente i nostri tempi. Giovani audaci e giovani libertini, prelati ambiziosi, condottieri feroci, mercanti disonesti, usurai “luridi” – termine molto usato dalla santa – e magistrati corrotti, donne di malaffare e mogli infedeli (ma si parla anche dei mariti disonesti), governanti senza scrupoli, popolani rissosi ed ecclesiastici mediocri (per Caterina la mediocrità è uno fra i peggiori degli stati di vita), dame vanitose e cristiani “crapuloni” (altro termine usato dalla santa e inteso quale offuscamento dell’intelletto), teologi tronfi a vanesi, letterati fangosi, religiosi lussuriosi nell’intelletto e nella carne, nobili che disonorano la famiglia…. tutti, senza eccezione, vengono raggiunti dal fuoco tagliente della spada della fede che Caterina usa quale coltello dell’amore che non perdona il vizio, non perdona il peccato, non lo giustifica, ma lo mette a nudo, lo vuole estirpato, per poter poi far piovere l’immenso fiume della Carità sul peccatore pentito e convertito.

Infine, giusto per completare il quadro di presentazione del Dialogo, occorre dire che non è un trattato scientifico o un testo che segue un procedimento logico serrato. A Caterina interessa la teologia. Il contenuto del testo è, pertanto, teologicamente inappuntabile: tratta della perfezione cristiana nei suoi tre stati della vita purgativa, illuminativa e unitiva, che altro non sono che lo stato imperfetto, perfetto e perfettissimo verso i quali l’uomo deve inoltrarsi, camminare, progredire e arrivare.



QUELLA CARITÀ CHE NON È ASSISTENZIALISMO O GIUSTIFICAZIONE DEL PECCATORE

Non ci è possibile trattare qui tutto il Dialogo, ma possiamo far leva su alcuni punti di attuale importanza.

Partiamo dalla Carità, oggi strumentalizzata fino al punto da venir usata per giustificare ogni forma di peccato purché il peccatore sia caritatevole. Ma c’è anche una riduzione della carità: quando viene vista esclusivamente come opera materiale così da giustificare ogni forma di sincretismo sociale purché basato sulle opere assistenziali.

Se è vero che la carità è fondamentale per l’uomo e per la fede, è anche vero che in essa è contenuta la dottrina che va al di la delle opere materiali assistenziali. Questa dottrina prevede principalmente il soccorso verso l’anima, la quale necessità di aiuto per essere istruita sulla sua redenzione, nutrita con il pane che non perisce ed elevata nel suo grado di trascendenza affinché possa conoscere e raggiungere la sua piena felicità che è Dio.

Nel cap.4 così insegna la Provvidenza a Caterina: “Nessuna virtù può avere in sé vita, se non dalla carità: l’umiltà è poi balia e nutrice della carità. Nella conoscenza di te stessa ti umilierai, vedendo che tu non esisti per virtù tua, ma il tuo essere viene da Me, che Io vi ho amati prima che veniste all’esistenza, e che volendovi di nuovo creare alla grazia, per l’amore ineffabile che vi ho portato, vi ho lavato e creato un’altra volta (cfr il Battesimo) nel Sangue dell’Unigenito Mio Figliuolo, sparso con tanto fuoco d’amore”.

La mistica Caterina “vede ben lontano” e, in questo conoscimento del “non-essere”, vuole che la prima autentica forma della Carità si manifesti in questo: che solo a Dio compete l’essere in tutta la sua ampiezza, mentre in noi questo essere è limitato e semmai ricevuto da Dio per un atto di puro amore. Di conseguenza ogni creatura per se stessa non ha niente da dare al prossimo giacché nulla gli appartiene, neppure la vita, e se dunque vuole dare al prossimo qualcosa deve compiere necessariamente un atto di carità verso se stessa accogliendo Dio, da cui tutto viene dato.

Le dice infatti la Divina Provvidenza: “Subito dopo che tu e gli altri miei servi avrete conosciuto nel modo suddetto la Mia Verità, vi converrà sopportare fino alla morte molte tribolazioni, ingiurie e rimproveri, in parole e fatti, per gloria e lode del Mio Nome; e così tu pure porterai e patirai pene…”

Il messaggio in se è “politicamente scorretto”, ma questa è la logica di Dio che per amor nostro manda il Suo unico Figlio – spiega santa Caterina – non per fare una villeggiatura sulla terra, ma per compiere una missione. Chi è discepolo di Cristo, chi è battezzato, entra in questa logica di Dio vivendo le conseguenze di questo discepolato: “per questo sono venuto” dirà Gesù poco prima di essere processato, condannato a morte, e crocefisso, e per questo – aggiunge Caterina – manderà “noi”, perché in ogni tempo si possa realizzare il progetto della salvezza per ogni uomo. Questa è la prima forma vera della Carità: accogliere il progetto di Dio e realizzarlo, e non contestarlo, discuterlo o modificarlo.

La Provvidenza stessa spiega a Caterina chi sono coloro che vivono nell’autentica carità e coloro che invece non la praticano: “Se hanno accettato per spirito di penitenza quanto hanno avuto dal Signore, e non hanno fatto resistenza alla clemenza dello Spirito Santo, ricevono vita di grazia ed escono dalla colpa. Se invece nella loro ignoranza, sono ingrati e sconoscenti verso di Me e verso le fatiche dei miei servi, allora quello stesso che era loro dato per misericordia, torna loro in rovina ed in materia di giudizio” e quello che succede a chi non vive la carità autentica, dice il Signore, accade “non per difetto della misericordia (..) ma solo per la sua miseria e durezza, avendo egli posto colla mano del libero arbitrio sul suo cuore la pietra del diamante, che non si può rompere in altra maniera che col Sangue…”

Santa Caterina definisce questa Carità la dote, una dote che colui che pecca finisce per barattare col demonio, il quale la “insozza e la imputridisce”, la scambia, e, invece di riempire la carità di delizie, la corrompe con i vizi, con la disonestà verso il Donatore, con la superbia, con l’amor proprio portando lentamente il peccatore a perseguitare i servi di Cristo, trasmettitori dell’autentica Carità.

Santa Caterina da Siena, che era sempre in trincea per esercitare l’autentica elemosina e il vero soccorso ai poveri, agli ammalati e ai carcerati, mette in guardia dall’andare verso il povero, l’ammalato, l’indigente o il carcerato senza l’autentico “Nutrimento”. In sostanza, per un cristiano, è inscindibile la Carità dal suo contenuto che è Cristo stesso: “Ecco, io sto alla porta e busso: se qualcuno ascolta la mia voce e mi apre la porta, io entrerò da lui e cenerò con lui, ed egli con me” (Ap 3,20). Il Signore è il primo Mendicante da accogliere e, una volta aperta la nostra porta a Lui, Lui stesso è la dote da portare ai poveri, Lui è la ricchezza da portare agli affamati e ai carcerati, Lui è la merce, naturalmente accompagnata anche da elementi materiali di cui l’uomo ha bisogno. E’ bene ripeterlo ancora una volta: per il cristiano, la priorità rimane Cristo stesso dal quale deriva ogni dono, ogni aiuto, ogni sostegno materiale.

DALLE “LACRIME DI COCCODRILLO” ALLE LACRIME DI GIOIA

Curioso è, poi, il piccolo ma intenso trattato sulle “lacrime”. Quante volte sentiamo dire “lacrime di coccodrillo” per sottolineare un falso pianto. Ebbene, nel cap. 88, la santa traccia le “cinque specie di pianto” che definisce “morte”, perché versate nello stato di peccato. Così, le lacrime degli iniqui sono lacrime di dannazione; le seconde lacrime sono quelle dei “timorosi” che però si rialzano dal peccato e piangono per timore della pena; poi ci sono le lacrime di gioia, di coloro che, convertiti, cominciano a gustare le grazie di Dio; ci sono poi le lacrime di coloro che giunti ad un buono stato di perfezione nella carità al prossimo, piangono per loro, e questo pianto, scrive la santa, è perfetto…

Un capitolo che vi suggeriamo di meditare profondamente.

 continua.....




Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)