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CAPITOLO 2



Un singolare favore che l'Altissimo fece a Maria santissima appena si trovò nel tempio.



428. Quando Maria, accomiatati i genitori, restò sola nel tempio, la maestra le assegnò la cella che le toccava tra le altre vergini, ciascuna delle quali aveva una piccola stanza. Pensando che quello era suolo e locale del tempio, subito la Principessa del cielo lo baciò adorando il Signore e ringraziandolo di quel nuovo beneficio. Ringraziò la stessa terra d'averla accolta e sorretta, riconoscendosi indegna di un tale bene, perfino di calpestarla e stare su di essa. Si rivolse poi ai suoi angeli dicendo: «Principi celesti, messaggeri dell'Altissimo, miei amici e compagni fedeli, vi supplico con tutto l'affetto della mia anima: custoditemi in questo santo tempio del mio Dio, come vigilanti sentinelle, avvisandomi di tutto ciò che devo fare, istruendomi ed orientandomi come maestri e guide. Così io riuscirò a compiere in modo perfetto la volontà dell'Altissimo, darò soddisfazione ai santi sacerdoti, ubbidirò alla mia maestra e anche alle mie compagne». Rivolgendosi poi in particolare ai dodici angeli, i dodici dell'Apocalisse di cui ho già parlato precedentemente, disse: «Ed a voi, miei messaggeri, chiedo, se l'Altissimo vi darà il suo permesso, di andare a consolare i miei santi genitori nella loro afflizione e solitudine».



429. I dodici angeli ubbidirono alla loro Regina ed ella, rimasta con gli altri in divini colloqui, sentì subito una virtù superiore che fortemente e soavemente la muoveva, innalzandola ad un'ardente estasi; in quello stesso momento l'Altissimo ordinò ai suoi serafini di illuminare quest'anima santissima e prepararla al nuovo favore che stava per farle. All'istante le fu data una luce ed una qualità divina che perfezionò e proporzionò le sue facoltà all'oggetto che Dio voleva manifestarle. Così disposta, accompagnata da tutti i suoi santi angeli e da molti altri ancora, avvolta da una piccola nuvola splendente, la bambina fu sollevata corpo ed anima fino all'empireo, dove fu accolta dalla santissima Trinità con benevolenza e compiacimento. Giunta alla presenza dell'altissimo e onnipotente Signore si prostrò, come era solita fare nelle altre visioni, adorandolo con profonda umiltà e riverenza. Tornarono allora ad illuminarla una seconda volta con un'altra luce, mediante la quale vide la Divinità intuitivamente e chiaramente; fu questa, all'età di tre anni, la seconda volta che l'Altissimo le si manifestò in modo intuitivo.



430. Non vi è sentimento né linguaggio che possa manifestare gli effetti di questa visione e partecipazione della natura divina. La persona dell'eterno Padre parlò allora alla futura Madre del suo Figlio dicendole: «Colomba, diletta mia, voglio che tu veda i tesori del mio essere immutabile e delle mie infinite perfezioni, nonché gli occulti doni destinati alle anime da me elette eredi della mia gloria, che saranno riscattate col sangue dell'Agnello che deve dar la vita per loro. Conosci, figlia mia, quanto sono magnanimo verso le creature che mi conoscono e mi amano, quanto sono veritiero nelle parole, fedele nelle promesse, potente ed ammirabile nelle opere. Osserva, mia sposa, questa verità infallibile: chi mi seguirà non vivrà nelle tenebre. Tu, dunque, come mia eletta, sii testimone visibile dei tesori preparati per esaltare gli umili, rimunerare i poveri, far grandi i piccoli, premiare quanto faranno o patiranno i mortali per il mio nome».



431. Altri grandi misteri conobbe la santissima Bambina in questa visione di Dio, poiché l'oggetto è infinito. E sebbene avesse già avuto un'altra chiara manifestazione, resta ancora infinitamente da comunicare, suscitando sempre maggiore meraviglia e più ardente amore in chi riceve tale favore. Maria santissima rispose al Signore dicendo: «Altissimo, supremo, eterno Dio! Voi siete incomprensibile nella vostra grandezza, ricco nelle misericordie, abbondante nei tesori, ineffabile nei misteri, fedele nelle promesse, veritiero nelle parole e perfetto in tutte le vostre opere, perché siete Signore infinito ed eterno nell'essere e nella perfezione. La mia piccolezza che potrà mai fare, o altissimo Signore, alla vista della vostra grandezza? Mi riconosco indegna di guardare la vostra altezza, ma allo stesso tempo mi riconosco bisognosa di essere da voi guardata. Alla vostra presenza, o Signore, ogni creatura resta annientata: che farà allora questa vostra serva che è polvere? Adempite in me ogni vostro volere e beneplacito e, se ai vostri occhi sono tanto stimabili i patimenti, il disprezzo, l'umiltà, la pazienza e la mansuetudine dei mortali, non permettete, o mio Diletto, che io sia privata di un così ricco tesoro e di tali pegni del vostro amore; quanto al premio che ne consegue, datelo ai vostri servi ed amici che assai meglio di me lo meriteranno, poiché io non ho fatto né patito niente per servirvi e darvi soddisfazione».



432. L'Altissimo gradì molto la domanda della Bambina e le fece conoscere il suo consenso concedendole nel corso della sua vita travagli e patimenti per amor suo. Maria non intese, per il momento, né il tempo né il modo in cui tutto questo sarebbe accaduto; tuttavia, per il beneficio e favore d'essere stata eletta a soffrire per il nome e per la gloria del Signore, gli rese grazie e, tutta accesa dal desiderio di conseguire ciò, chiese il permesso di fare in sua presenza i voti di castità, povertà, obbedienza e perpetua clausura nel tempio, dove l'aveva chiamata. A tale richiesta il Signore rispose: «Mia sposa, i miei pensieri sovrastano quelli di tutte le creature; tu, mia eletta, ignori al presente ciò che nel corso della vita ti potrà accadere e come non sarà possibile dare in tutto compimento ai tuoi desideri nel modo che tu ora pensi. Quanto al voto di castità permetto e voglio che tu lo faccia e quanto alle ricchezze terrene che vi rinunci fin da ora; ma quanto agli altri voti voglio soltanto che tu agisca, in ciò che sarà possibile, come se li avessi fatti. Il tuo desiderio si adempirà, nel tempo futuro della legge di grazia, in molte altre giovani che ti seguiranno e, per servirmi, faranno gli stessi voti, vivendo in comunità, cosicché tu sarai madre di molte figlie».



433. Subito, la santissima Bambina fece il voto di castità alla presenza del Signore; per il resto, senza obbligarsi, rinunciò ad ogni cosa terrena e creata, proponendo inoltre di ubbidire per Dio a tutte le creature. In seguito adempì questi propositi con maggior puntualità, fervore e fedeltà di chiunque altro abbia promesso o prometterà in futuro, con voto, le stesse cose. Cessò allora la visione intuitiva e chiara di Dio, ma la bambina non fu restituita alla terra, perché subito, in un altro stato più basso, ebbe un'altra visione immaginaria dello stesso Signore, stando ancora nell'empireo; nello stesso modo seguirono altre visioni immaginarie alla presenza della Divinità.



434. In questa seconda visione vennero alcuni dei serafini più vicini al Signore, che per suo comando la adornarono e rivestirono nella seguente maniera. Dapprima tutti i suoi sentimenti furono come illuminati con una luce che li riempiva di grazia e di bellezza; quindi le fecero immediatamente indossare una veste, una tonaca splendente e preziosissima, la cinsero d'una cintura di pietre di vario tipo e di diversi colori trasparenti, brillanti e risplendenti che la rendeva bella al di sopra d'ogni umano pensiero; era segno del candore della sua purezza unito alle virtù molteplici ed eroiche della sua anima. Le misero anche un monile, una collana di inestimabile bellezza e valore: aveva tre grandi perle - simbolo delle tre maggiori e più eccellenti virtù, fede, speranza e carità - che pendevano sul petto, a indicare il loro proprio luogo, la sede di così ricche virtù. Le diedero poi sette anelli di rara bellezza e le sue mani furono inanellate dallo Spirito Santo in segno dei sette doni con cui l'adornava in modo eminentissimo. Per completare un tale abbigliamento, la santissima Trinità mise sopra il suo capo una corona imperiale di materiale prezioso con gemme inestimabili e la costituì sua sposa e imperatrice del cielo. A conferma di tutto ciò la sua veste, candida come la neve e risplendentissima, era raffinatamente ricamata di alcune cifre d'oro finissimo e brillante che dicevano: Maria, figlia dell'eterno Padre, sposa dello Spirito Santo e madre della vera luce. Quest'ultima espressione non fu intesa dall'eccelsa Signora, ma solo dagli angeli che, tutti assorti nelle lodi dell'Autore, assistevano ad un'opera così nuova e singolare. Stando già per compiersi tutto ciò, l'Altissimo infuse negli stessi spiriti angelici nuova attenzione, ed ecco che dal trono della santissima Trinità usci una voce, che parlando a Maria santissima disse: «Tu sarai nostra sposa, nostra diletta, scelta fra tutte le creature per l'eternità; gli angeli ti serviranno, tutte le nazioni e le generazioni ti chiameranno beata».



435. Quando la Bambina fu adornata con i divini ornamenti, subito si celebrò lo sposalizio più solenne e mirabile che mai avrebbero potuto immaginare gli stessi cherubini e serafini, poiché l'Altissimo l'accettò per sposa unica e singolare e la costituì nella dignità più alta possibile a una semplice creatura, per depositare in lei la sua stessa divinità nella persona del Verbo, e con lui tutti i tesori della grazia che a tale grandezza convenivano. L'umilissima tra gli umili, tutta assorta nell'abisso d'amore e di stupore che tali favori e benefici le avevano suscitato, alla presenza del Signore disse: «Altissimo re, Dio incomprensibile, chi siete voi e chi sono io, perché la degnazione vostra si volga a questa polvere, indegna delle vostre misericordie? In voi, o mio Signore, come in un chiaro specchio, conoscendo il vostro essere immutabile, vedo e conosco senz'inganno la bassezza e la viltà del mio. Contemplo la vostra immensità e il mio niente e in questa visione resto annientata, meravigliandomi che la vostra infinita Maestà si pieghi ad un vermiciattolo così vile, degno solo di rifiuto e di disprezzo fra tutte le creature. O Signore, mio bene, quanto sarete magnificato ed esaltato in quest'opera! Quale ammirazione susciterete a causa mia negli spiriti angelici, che conoscono la vostra infinita bontà, grandezza e misericordia, nel sollevare la polvere, per collocare colei che è povera tra i principi! Io, mio re e mio Signore, vi accetto come mio sposo e mi offro come vostra schiava. Il mio intelletto non avrà altro oggetto, né la mia memoria altra immagine, né la mia volontà altro fine e desiderio fuorché voi, sommo, vero, unico bene e amore mio. I miei occhi non si alzeranno per vedere creatura umana, né le mie facoltà e i miei sensi attenderanno a nient'altro all'infuori di voi e di ciò a cui la vostra Maestà mi vorrà indirizzare; solo voi, mio diletto, sarete per la vostra sposa ed ella sarà per voi solo, Bene insostituibile ed eterno».



436. L'Altissimo si compiacque grandemente per come la sovrana Principessa aveva accolto lo sposalizio celebrato con la sua anima santissima. Pose nelle mani di lei, come sua vera sposa e signora di tutto il creato, tutti i tesori della sua potenza e grazia, comandandole di chiedere qualunque cosa desiderasse, poiché niente le sarebbe stato negato. Così fece l'umilissima colomba e chiese al Signore, con ardentissima carità, di inviare il suo Unigenito al mondo per la salvezza dei mortali, di chiamare tutti alla vera conoscenza della sua Divinità, di far crescere i suoi genitori Gioacchino ed Anna nell'amore e nei doni della sua divina destra, di consolare e confortare nelle loro sofferenze i poveri e gli afflitti; infine, per se stessa domandò l'adempimento e il beneplacito della divina volontà. Furono queste le domande più particolari che in quest'occasione la nuova sposa Maria fece alla beatissima Trinità. In seguito, tutti gli spiriti angelici a lode dell'Altissimo intonarono nuovi inni d'ammirazione e quelli incaricati da sua Maestà, con musica celestiale, riportarono la santissima bambina dall'empireo al tempio, dove l'avevano presa.



437. Appena giunse al tempio, per mettere subito in pratica ciò che aveva promesso in presenza del Signore, la Bambina andò dalla sua maestra e le consegnò tutto quanto sua madre sant'Anna le aveva lasciato, perfino certi libri ed il vestiario, pregandola di volerne fare dono ai poveri, o di disporne altrimenti come le sembrava meglio; per il resto chiese che le comandasse ed ordinasse tutto ciò che doveva fare. Piena di discernimento, la maestra che, come ho già detto, era Anna la profetessa, per divino impulso accetto quanto Maria le presentava, lasciandola povera di tutto fuorché del vestito, ma nello stesso tempo si propose di aver cura di lei in modo particolare, come di colei che più d'ogni altra era povera e abbandonata, visto che tutte le altre fanciulle avevano del denaro e disponevano liberamente anche di altre cose, oltre quelle loro assegnate.



438. Inoltre la maestra diede alla dolcissima Bambina una regola di vita, che intelligentemente aveva stabilito in precedenza con il sommo sacerdote. Così, mediante tale nudità e sottomissione, la Regina e signora delle creature ottenne di restare sola, spogliata di tutto e perfino di se stessa, senza riservarsi altro affetto o possesso, fuorché il solo ardentissimo amore del Signore e il proprio abbassamento e disprezzo. Veramente io confesso la mia somma ignoranza, viltà, incapacità e indegnità di spiegare misteri così alti ed occulti. Che cosa potrà mai dire una donna inutile e vile laddove sarebbero insufficienti gli stessi sapienti e perfino la scienza e l'amore dei cherubini e dei serafini? So bene che col solo parlarne offenderei la grandezza di misteri così venerabili, se non mi scusasse l'obbedienza; ma, pur accompagnata da essa, temo e credo d'ignorare e tacere il più, di conoscere e palesare il meno, riguardo a ciascuno dei misteri di questa città di Dio, Maria santissima.



Insegnamento della santissima vergine Maria



439. Figlia mia, tra i favori grandi e ineffabili che ho ricevuto dalla destra dell'Onnipotente nel corso della mia vita, uno è stato appunto quello che hai ora finito di scrivere. Quando vidi chiaramente la divinità e l'essere incomprensibile dell'Altissimo, conobbi arcani misteri e in quell'ornamento e sposalizio ricevetti incomparabili benefici, avvertendo nello spirito sentimenti dolcissimi e divini. Il desiderio che poi ebbi di fare i quattro voti di povertà, obbedienza, castità e clausura, riuscì molto gradito al Signore, cosicché egli stabilì che nella Chiesa le religiose facessero gli stessi voti, come avviene oggi. Di là ebbe origine ciò che fate voi religiose, secondo il detto di Davide nel salmo 44: Con lei le vergini compagne a te sono condotte, poiché l'Altissimo ordinò che i miei desideri fossero il fondamento delle istituzioni religiose nella legge evangelica. Io poi adempii interamente e perfettamente tutto quanto avevo promesso al cospetto del Signore; secondo quanto fu possibile al mio stato non guardai mai in viso nessun uomo, neppure il mio sposo Giuseppe, anzi neppure gli stessi angeli quando mi apparivano in forma umana, anche se li vedevo e li conoscevo tutti in Dio. Non mi attaccai a nessuna cosa creata o razionale, né ad alcuna attività o inclinazione umana, né ebbi volontà mia propria, né mai si udì dalle mie labbra: «Voglio, non voglio... farò, non farò», poiché in tutto mi dirigeva l'Altissimo, direttamente o per mezzo dell'ubbidienza alle creature, cui mi assoggettavo di mia spontanea volontà.



440. Devi sapere, o carissima, che lo stato religioso è sacro e ordinato dall'Altissimo perché in esso si conservi la dottrina della perfezione cristiana e l'imitazione della vita santissima di mio Figlio. Per questo motivo egli è molto sdegnato contro quelle anime religiose che dormono dimentiche di un così grande beneficio e vivono trascurate e rilassate più di molti altri; così le aspetta un giudizio e un castigo ben più severo. Anche il demonio, serpente antico ed astuto, mette più diligenza e sagacità nel tentare i religiosi e le religiose di quanta ne usi con gli altri; quando riesce a far cadere una persona religiosa, cresce la sollecitudine di tutto l'inferno per impedire che si rialzi mediante i rimedi che a tale scopo tiene pronti la religione: l'ubbidienza, i santi esercizi, l'uso frequente dei sacramenti. Ora, affinché tutto ciò si perda e non giovi al religioso caduto, il nemico mette in opera tanti stratagemmi che il solo conoscerli farebbe inorridire. Molto però se ne può rilevare riflettendo sugli sforzi che i religiosi fanno per difendere le loro rilassatezze, scusandole se possibile con qualche pretesto o mettendosi a disobbedire e abbandonandosi a sempre maggiori disordini e peccati.



441. Sta' dunque attenta, figlia mia, e temi assai un così grande pericolo. Procura sempre con le forze della grazia divina di sollevarti al di sopra di te stessa, senza permettere ad alcun affetto o moto disordinato di introdursi nella tua volontà. Voglio che tu faccia ogni sforzo per morire alle tue passioni e spiritualizzarti, affinché, estinto in te tutto ciò che è terreno, passi ad un genere di vita più angelico che umano. Per corrispondere al nome di sposa di Cristo, devi uscire dai confini di ciò che è umano per sollevarti allo stato divino; quantunque tu sia terra, devi essere terra benedetta, senza spine di passioni e il cui frutto copioso sia tutto per il Signore, che ne è il padrone. Se dunque hai per sposo il potente e supremo Signore, il Re dei re e Signore dei signori, non volgere gli occhi e tantomeno il cuore ai vili schiavi, le creature umane; per la dignità di cui sei stata insignita come sposa dell'Altissimo, gli angeli stessi ti amano e ti rispettano. Se tra i mortali si considera temeraria audacia quella d'un uomo vile che metta gli occhi sulla sposa del principe, qual delitto sarà porli sulla sposa del Re celeste e onnipotente? Né sarà certo minore la colpa di lei, se ciò permette e consente. Rifletti sul terribile castigo riservato a tale colpa; non te lo faccio vedere perché per la tua debolezza verresti meno. Basti il mio insegnamento a farti eseguire quanto ti ordino e a far sì che come discepola tu mi imiti fin dove arrivano le tue forze. Sii sollecita di inculcare questa dottrina alle tue monache e procura che la mettano in pratica.



442. Dopo che l'eccelsa Signora ebbe parlato, io dissi:

«Signora mia, regina pietosa, gioisce la mia anima all'udire le vostre dolcissime parole, piene di spirito e di vita. Quanto bramerei scriverle nell'intimo del mio cuore mediante la grazia del vostro Figlio; vi supplico di ottenermela! Se mi permettete, parlerò in vostra presenza come discepola ignorante con la sua Signora e maestra. Bramo, o Madre, mio rifugio, che per adempiere ai quattro voti della mia professione, come mi comanda vostra Maestà e come è mio dovere eseguire, sebbene lo desideri troppo tiepidamente, vi degniate di darmi un insegnamento più ampio, che mi serva da guida nell'adempimento dei voti promessi, secondo il desiderio che avete infuso nel mio cuore».

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)