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Una passeggiata dei giovani al paradiso


Questo sogno Don Bosco lo ebbe nelle notti del 3, 4, 5 aprile 1861.
� un sogno originale sotto tanti aspetti ed � testimoniato dai due primi e pi� autorevoli cronisti dell�Oratorio di Don Bosco: Don Domenico Ruf fino e Don Giovanni Bonetti, che lo definirono �uno di quei sogni che il Signore si compiace a quando a quando di man dare ai suoi servi fedeli �.
Don Bosco sogna di fare con i suoi giovani una eccezionale passeggiata, che ha per meta il paradiso, nientemeno! Si mettono in cammino pieni di gioia, ed eccoli ai piedi di una collina incantevole. Spira un�aria primaverile, nell�atmosfera regna una calma, un tepore, una soavit� di profumi, una luminosit� che mettono l�argento vivo addosso a quelle centinaia di giovani, i quali passano di sorpresa in sorpresa, di gioia in gioia, trovando, a mano a mano che salgono, ogni sorta di frutta le pi� squisite, dalle ciliegie all�uva matura.
L�impressione di tutti � di essere giunti in paradiso ma, arrivati alla sommit� della deliziosa collina, vedono un vasto altipiano, oltre il quale si eleva un�altissima montagna che tocca le nubi. Su per quella si vedeva una grande moltitudine che saliva con stento. Quando poi giungevano alla meta, erano ricevuti con gran festa e giubilo. Tutti capirono che quello era il paradiso e si lanciarono di corsa a percorrere l�altipiano che li separava dalla montagna.
Ma ecco che a un tratto si trovarono davanti a un lago di sangue, largo, dice Don Bosco, come dall�Oratorio a Piazza Castello (un buon chilometro). I giovani che erano giunti per primi si fer marono inorriditi. Tutti diventarono silenziosi e malinconici. Sulla riva si leggeva scritto a grandi caratteri: PER SANGUINEM (attraverso il sangue). Ai giovani che domandavano curiosi che cosa significasse quello spettacolo, un personaggio misterioso (pensiamo sia la solita Guida), rispose:
� Qui c�� il Sangue di Ges� Cristo e di tutti quelli che andarono in paradiso versando il loro sangue: qui sono i Martiri. N� i giovani n� Don Bosco si sentirono di passare attraverso quel lago di sangue. Perci� lo costeggiarono andando in cerca di un altro passaggio. Ed eccoli entrare in un terreno sparso di querce, allori, palme e altre piante. Camminavano felici all�ombra di quelle piante, quando si presenta loro un altro spettacolo: un secondo grande lago pieno d�acqua. Sulla riva si leggeva a grandi caratteri: PER AQUAM (attraverso l�acqua). Anche qui i ragazzi si domandavano che cosa significasse quel secondo lago, tanto pi� che vedevano alcuni camminare su quell�acqua appena sfiorandola con i piedi.
� In quel lago � rispose la Guida � c�� l�acqua del santo Battesimo, nella quale devono essere bagnati tutti quelli che vogliono andare in paradiso. Vedete quei giovani che camminano veloci su quell�acqua? Sono gli innocenti.
Alcuni si misero a correre su quell�acqua, ma la maggior parte guardava Don Bosco come per dirgli:
� Andiamo anche noi?
Ma Don Bosco rispose:
� Per conto mio non mi credo cos� santo da passare su quel l�acqua senza caderci dentro.
Allora tutti esclamarono:
� Se non osa lei, tanto meno noi!
Continuarono quindi a girare in cerca di un passaggio alla montagna del paradiso; ed eccoli di fronte a un terzo lago, vasto come il primo, pieno di fuoco e di fiamme. Sulla sponda stava scritto:
PER IGNEM (attraverso il fuoco). La guida misteriosa disse:
� Qui c�� il fuoco dell�amor di Dio, per cui devono passare quelli che non sono passati per il sangue del martirio o per l�acqua del Battesimo.
�Ci affrettammo a passare oltre � dice Don Bosco �, ma ben presto ci vedemmo sbarrata la via da un altro lago: era pieno di bestie feroci che stavano con le fauci spalancate pronte a divorare chiunque passasse. La solita Guida disse:
� Queste bestie sono i demoni, i pericoli e le trame del mondo. Costoro che passano impunemente sono le anime giuste, sono coloro di cui Ges� ha profetato: Io vi ho dato il potere di calpestare serpenti e scorpioni e di annientare ogni resistenza del nemico. Niente vi potr� fare del male� (Lc 10,19).
� Andiamo anche noi! � gridarono alcuni.
� Io non ne ho il coraggio � disse Don Bosco �; � da presuntuosi pretendere di passare illesi sulle teste di quei mostri feroci.
� Oh � gridarono i giovani in coro � se non si sente lei, tanto meno noi!

Si allontanarono quindi dal lago delle bestie, cominciando a perdere la speranza di trovare un passaggio comodo alla montagna del paradiso, quando s�incontrarono in molta gente che camminava allegramente verso il paradiso, pur essendo ridotti in condizioni pietose: chi mancava di un occhio, chi di un piede, chi di una mano, chi della lingua. I giovani guardavano meravigliati, quando la Guida disse:
� Sono gli amici di Dio, sono coloro che per salvarsi si mortificarono nei vari sensi del corpo e riuscirono a passare illesi tra i pericoli del mondo. Se volete anche voi arrivare al paradiso, potete unirvi a loro e camminare allegramente per la via della mortifi cazione.
A questo punto la voce della Guida fu sopraffatta dalle grida di �Bravo!�, �Bene!� che venivano dalla cima della montagna per incoraggiare quelli che salivano faticosamente per l�erta.
Finalmente Don Bosco con i suoi giovani arriv� su di una piazza gremita di gente, che terminava in un sentiero piccolo piccolo, tra due alte rupi. Chi si metteva per quel sentiero, uscito dalla parte opposta, doveva passare per un ponte strettissimo e senza ringhiera, sotto il quale si inabissava uno spaventoso precipizio.
� Ecco il sentiero che mena al paradiso � esclamarono i giovani. E si incamminarono per quello. Giunti per� al ponte, si fermarono spaventati e non osavano inoltrarsi. A Don Bosco che faceva loro coraggio, rispondevano:
� Venga lei a fare la prova. Noi non osiamo perch� se sbagliamo un passo, cadiamo nell�abisso.
�Ma finalmente � continua Don Bosco � uno si avanz� per primo e cos�, uno dopo l�altro, siamo passati al di l� e ci trovammo ai piedi della montagna. Ci provammo a salire, ma non trovavamo nessun sentiero; mille difficolt� e impedimenti si opponevano: in un luogo c�erano accatastati macigni sparsi disordinatamente, in un altro c�era una rupe da sormontare, qui un precipizio, l� un cespuglio spinoso che ci impediva il passo. Dappertutto ripida la salita. Tuttavia non ci sgomentammo e incominciammo ad arrampicarci con ardore. Dopo breve ora di faticosa ascesa, aiutandoci di mani e di piedi, a un certo punto trovammo un sentiero pi� praticabile e potemmo salire pi� comodamente.
Quand�ecco arrivammo in un luogo dove vedemmo molta gente, la quale pativa in un modo cos� orribile, cos� strano, che tutti restammo compresi di orrore e di compassione. Io non posso dirvi quello che vidi, perch� vi farei troppa pena; e voi non potreste resistere alla mia descrizione.

Intanto vedevamo un gran numero di altra gente che saliva anch�essa, sparsa su per i fianchi del monte; e quando arrivava alla cima, veniva accolta da quelli che l�aspettavano, fra grandi feste e prolungati applausi. Udivamo nello stesso tempo una musica celeste e un canto di voci le pi� dolci, che ci incoraggiavano a salire su per quell�erta.
Eravamo giunti anche noi quasi alla cima della montagna, quando mi volsi indietro per vedere se avevo con me tutti i giovani; ma con vivo dolore mi trovai quasi solo. Di tanti miei piccoli compagni non me ne restavano che tre o quattro. Guardai all�ingi� e li vidi sparsi per la montagna, chi a cercare lumache tra i sassi, chi a raccogliere fiori senza odore, chi a raccogliere frutti selvatici, chi a correre dietro alle farfalle, e chi tranquillamente seduto a riposare all�ombra di una pianta. Io mi misi a gridare con quanta voce avevo in gola, mi sbracciavo a far loro segni, li chiamavo per nome a uno a uno. Qualcuno venne, sicch� erano poi circa otto i giovani intorno a me. Tutti gli altri continuavano a occuparsi in quelle loro bazzecole. Ma io non volevo assolutamente andare in paradiso accompagnato da cos� pochi giovani, e perci� determinai di andare io stesso a prendere quei renitenti.
E cos� feci. Quanti ne incontravo scendendo, tanti ne spingevo in su. A questo davo un avviso, a quello un rimprovero amorevole; a un terzo una solenne sgridata:
� Andate su, per carit� � mi affannavo a dire � non fermatevi per queste cose da nulla.
E venendo in gi� li avevo gi� avvertiti quasi tutti e mi trovavo sulle balze del monte che avevamo salito con tanto stento. Quivi avevo fermato alcuni che, stanchi per la fatica del salire e impau riti dall�altezza da raggiungere, ritornavano al basso. Quindi volli riprendere la salita verso la vetta, ma inciampai in una pietra e mi svegliai�.
Don Bosco termin� dicendo: � Se il sogno non fosse stato un sogno ma una realt� e avessimo dovuto morire allora, fra tanti giovani che siamo qui, se ci incamminassimo verso il paradiso, pochissimi vi giungerebbero: fra 700-800 e pi� non sarebbero che tre o quattro. Ma a momenti, non vi turbate: dico che non sarebbero che tre o quattro quelli che di volo andrebbero al paradiso, senza passare qualche tempo tra le fiamme del purgatorio. Qualcuno forse vi resterebbe un momento solo, altri un giorno, altri dei giorni e delle settimane. Procurate quindi di acquistare delle indulgenze, quante pi� potete. Se poi acquisterete un'indulgenza plenaria, andrete di volo in paradiso �.


Una ruota misteriosa e profetica

La notte del l0 maggio 1861 Don Bosco ebbe un sogno straordinario, sia per la lunghezza (dur� circa 6 ore), sia per la variet� delle scene ammirate, delle quali molte riguardavano i singoli suoi ragazzi, mentre altre interessavano la sua nascente Congregazione, da lui contemplata nel suo avvenire con precisione profetica.
Nel raccontarlo Don Bosco impieg� tre �buone notti �, nelle quali il discorsino di pochi minuti che soleva rivolgere ai suoi figliuoli dopo le preghiere della sera, per la circostanza, super� la mezz�ora.
Anche in questo sogno � presente una Guida, decisa per� a non rivelare il suo nome. Essa reca una macchina fornita di una grossa ruota con manovella, che manovra una grande lente di un metro e mezzo circa, nella quale Don Bosco vede la coscienza dei suoi giovani e l�avvenire della sua Congregazione.
Delle prime due parti ci limitiamo a dare un riassunto e a rilevare che in esse appare evidente il dono dell�introspezione delle coscienze. Infatti, al comando della Guida, Don Bosco d� vari giri alla manovella e, dopo ogni giro, guardando nella lente misteriosa, vede i suoi ragazzi in pose e aspetti diversi: ora i buoni divisi dai cattivi, ora su questi segnato il vizio da cui sono macchiati; vede pure coloro che si fermeranno con lui, intenti al lavoro che sarebbe loro toccato; vede anche quelli che, dopo un momentaneo entusiasmo, lo avrebbero abbandonato. Al suo sguardo appare chiaramente presente lo stato di coscienza e la vocazione dei singoli.
Quanto aveva visto in questa prima parte del sogno lo comunic� ai suoi ragazzi, che nei giorni seguenti lo assediarono per sapere come li aveva visti nel sogno. E l�effetto morale sulla condotta dei ragazzi fu tale, a detta del biografo, quale appena si sarebbe potuto sperare da una missione delle pi� fruttuose.
Tra i consigli che la Guida diede a Don Bosco ci fu questo:
�Quando si dicono due parole dal pulpito, una sia sul far bene le confessioni�.
Viene quindi la parte profetica del sogno, la pi� interessante; ma per Don Bosco non fu una novit� assoluta, perch� gi� nel 1856 aveva avuto un sogno breve ma significativo. Aveva sognato di trovarsi in una piazza dove c�era un ordigno somigliante a una specie di ruota della fortuna. La solita Guida gli aveva detto che rappresentava il suo Oratorio e gli aveva comandato di girare il manubrio. Al primo giro ne era uscito un rumore appena percettibile.
� Che cosa significa ci�? � chiese il Santo.
� Ogni giro � rispose la Guida � assomma dieci anni del tuo Oratorio. Gira ancora quattro volte.
A ogni giro il rumore cresceva. Don Bosco ebbe l�impressione che il secondo si udisse in Torino e in tutto il Piemonte, il terzo in Italia, il quarto in Europa, il quinto nel mondo intero.
Era stata una cosa rapida, un semplice accenno all�avvenire della nascente Congregazione. In questo secondo sogno invece non pi� un rumore confuso, ma chiarezza di circostanze e di persone. La lente prodigiosa, che la Guida gli aveva presentato, con un giro della ruota che le stava accanto, gli rendeva magicamente presente l�avvenire della sua Opera.
Una prima volta la Guida gli ordina:
� Fa� fare dieci giri alla ruota; ricordati di contarli esattamente e poi guarda.
Don Bosco gira dieci volte il manubrio, poi accosta con una certa trepidazione l�occhio alla lente. Meraviglia! Vede ancora quasi tutti i suoi ragazzi, ma cresciuti in et�: hanno gi� i baffi; qualcuno si � fatto crescere la barba.
� Ma come mai? � chiede stupito �. Ma se quello ieri era un bambino, come ha fatto a crescere cos� all�improvviso?
� Quanti giri hai dato? � domanda la Guida.
� Dieci.
� Ebbene, conta dieci anni. Siamo nel 1871: hanno dieci anni di pi�.
E non solo i ragazzi erano cresciuti; Don Bosco vide pure le sue case moltiplicate e abitate da giovani sconosciuti, sotto la guida di quei suoi figliuoli fatti adulti.
� Da� altri dieci giri � disse la Guida � e balzeremo all�81.
Don Bosco fece fare i dieci giri prescritti, poi guard�. I suoi ragazzi erano ridotti a met�: alcuni con i capelli brizzolati, altri leggermente curvi. Il dispiacere che prov� fu largamente compensato dalla consolazione che gli procur� la visione di paesi nuovi e regioni sconosciute e di tanti altri ragazzi guidati da maestri ignoti, ma alle dipendenze dei suoi attuali aiutanti dell�Oratorio giunti all�et� matura.
Con ansia crescente diede altri dieci giri. I suoi giovani attuali, ridotti di un quarto, gli si presentavano avanti negli anni, con capelli e barba imbiancati. Si era nel 1891. Le case e i suoi figliuoli apparivano aumentati di numero. Tra i ragazzi ce n�erano di quelli di pelle e di colore diversi dai nostri.
Ancora dieci giri ed ecco il 1901 con nuovi motivi di dolore e di gioia. I primi ragazzi dell�Oratorio erano ridotti a pochi, invecchiati e magri, prossimi ormai al premio. In molte case il personale era tutto nuovo e i ragazzi erano aumentati smisuratamente. Don Bosco contemplava muto e incantato, quand�ecco la Guida gli fece premura:
� Da� altri dieci giri e vedrai cose che ti consolano e ti angustiano.
Dieci rapidi giri e Don Bosco si trov� al 1911. Al suo sguardo apparvero �case nuove, giovani nuovi, direttori e maestri con abiti e costumi nuovi�. Cerc� in quella moltitudine se vi fosse qualcuno dei primi tempi e ne riconobbe uno solo, canuto e cadente, il quale, circondato da una bella corona di ragazzi, raccontava i princ�pi dell�Oratorio e loro ripeteva le cose imparate da Don Bosco e ne mostrava il ritratto appeso alle pareti del parlatorio. (Qui Don Bosco accenna certamente a Don Francesia, che fino alla tarda et� di 90 anni parl� continuamente di lui, ne scrisse in tutti i suoi libri, lo cant� in versi numerosissimi e infiorava di reminiscenze dell�amato Padre ogni sua predica e le sue piacevolissime conversazioni. Chi scrive ha avuto la gioia di ascoltarlo per alcuni anni).
Il lungo sogno volgeva ormai al termine e la Guida disse a Don Bosco di volerlo confortare con un�ultima visione.
� Volentieri � rispose Don Bosco.
� Dunque sta� attento, gira la ruota in senso contrario, tanti giri quanti ne hai dati in precedenza.
La ruota gir� per 50 giri, cinquant�anni pi� avanti. Don Bosco guard�. Ai suoi occhi increduli apparve una moltitudine numerosa di giovani, tutti nuovi e sconosciuti, dall�infinita variet� di costumi, paesi, fattezze e linguaggi, ma per quanto si sforzasse, non riusc� a vederne che una minima parte con i loro assistenti e maestri.
� Ma io non ne conosco affatto nessuno � disse rivolto alla Guida.
� Eppure sono tuoi figli. Ascoltali. Parlano dite e dei tuoi antichi figli e superiori, che da tempo non sono pi� in vita, e ricordano gli insegnamenti ricevuti da te e da loro.
Don Bosco contemplava, in preda a vivo stupore, il panorama del 1961: le sue case oltre il migliaio, i suoi figli a decine di migliaia, i suoi ragazzi a centinaia di migliaia. Un panorama vario e meraviglioso, perch� ogni popolo della terra vi aveva recato le sue caratteristiche.
Una prova della natura profetica del sogno si ebbe anche nel l�avveramento delle profezie fatte sui singoli.
Cos� il chierico Molina, in questo sogno, fu visto da Don Bosco gettar via il cappello, saltare il fosso e poi fuggire. Il chierico ne chiese la spiegazione.
� Tu � rispose Don Bosco � farai non cinque, ma sei anni di teologia e poi deporrai l�abito ecclesiastico.
A Molina la risposta parve strana e ben lontana dalla verit�; ma la profezia si avver� alla lettera: dopo sei anni di teologia il chierico approfitt� di una visita in famiglia e non torn� pi�.
Il chierico Vaschetti fu visto nel sogno uscire dal campo e saltare il fosso. Quando Don Bosco glielo comunic�, rispose quasi in dispettito:
� Lei ha davvero sognato!
Infatti allora era ben lontano dal voler lasciare Don Bosco; ma qualche tempo dopo salt� realmente il fosso. Fu per� un ottimo parroco in diocesi.
Il chierico Giuseppe Fagnano, da pochi mesi venuto dal Seminario di Asti, non conoscendo Don Bosco, pens� che si trattasse di fantasticherie; ma spinto dai compagni, domand� a Don Bosco che cosa avesse visto di lui in quella lente.
� Ti ho visto che lavoravi in mezzo a uomini nudi, ma cos� lontano che appena potevo riconoscerti.
Fu profeta: Mons. Fagnano fu il pi� grande missionario della Terra del Fuoco.
Terminato il racconto, Don Bosco parl� cos�: � Adesso che vi ho raccontato queste cose, penserete: �Chi sa! Don Bosco � un uomo straordinario, un santo sicuramente!�. Miei cari giovani, per impedire stolti giudizi intorno a me, stimo bene di dirvi che il Signore ha molti mezzi per manifestare la sua volont�. Alcune volte si serve degli strumenti pi� inetti e indegni, come si serv� del l�asina di Balaam facendola parlare; e di Balaam, falso profeta, per predire molte cose riguardanti il Messia. Perci� lo stesso pu� accadere a me�.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)