00 15/11/2023 20:42

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 15 novembre 2023

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Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 26. L’annuncio è gioia

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

dopo aver incontrato diversi testimoni dell’annuncio del Vangelo, mi propongo di sintetizzare questo ciclo di catechesi sullo zelo apostolico in quattro punti, ispirati all’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, che in questo mese compie dieci anni. Il primo punto che vediamo oggi, il primo dei quattro, non può che riguardare l’atteggiamento da cui dipende la sostanza del gesto evangelizzatore: la gioia. Il messaggio cristiano, come abbiamo ascoltato dalle parole che l’angelo rivolge ai pastori, è l’annuncio di «una grande gioia» (Lc 2,10). E la ragione? Una buona notizia, una sorpresa, un bell’avvenimento? Molto di più, una Persona: Gesù! Gesù è la gioia. È Lui il Dio fatto uomo che è venuto da noi! La questione, cari fratelli e sorelle, non è dunque se annunciarlo, ma come annunciarlo, e questo “come” è la gioia. O annunciamo Gesù con gioia, o non lo annunciamo, perché un’altra via di annunciarlo non è capace di portare la vera realtà di Gesù.

Ecco perché un cristiano scontento, un cristiano triste, un cristiano insoddisfatto o, peggio ancora, risentito e rancoroso non è credibile. Questo parlerà di Gesù ma nessuno gli crederà! Una volta mi diceva una persona, parlando di questi cristiani: “Ma sono cristiani con faccia di baccalà!”, cioè, non esprimono niente, sono così, e la gioia è essenziale. È essenziale vigilare sui nostri sentimenti. L’evangelizzazione opera la gratuità, perché viene dalla pienezza, non dalla pressione. E quando si fa un’evangelizzazione – si vuole fare ma questo non va – in base a ideologie, questo non è evangelizzare, questo non è il Vangelo. Il Vangelo non è una ideologia: il Vangelo è un annuncio, un annuncio di gioia. Le ideologie sono fredde, tutte. Il Vangelo ha il calore della gioia. Le ideologie non sanno sorridere, il Vangelo è un sorriso, ti fa sorridere perché ti tocca l’anima con la Buona Notizia.

La nascita di Gesù, nella storia come nella vita, è il principio della gioia: pensate a quello che è successo ai discepoli di Emmaus che dalla gioia non potevano credere, e gli altri, poi, i discepoli tutti insieme, quando Gesù va al Cenacolo, non potevano credere dalla gioia (cfr Lc 24,13-35). La gioia di avere Gesù risorto. L’incontro con Gesù sempre ti porta la gioia e se questo non succede a te, non è un vero incontro con Gesù.

E questo che fa Gesù con i discepoli ci dice che i primi a dover essere evangelizzati sono i discepoli, i primi a dover essere evangelizzati siamo noi, cristiani: siamo noi. E questo è tanto importante. Immersi nel clima veloce e confuso di oggi, pure noi, infatti, potremmo trovarci a vivere la fede con un sottile senso di rinuncia, persuasi che per il Vangelo non ci sia più ascolto e che non valga più la pena impegnarsi per annunciarlo. Potremmo addirittura esser tentati dall’idea di lasciare che “gli altri” vadano per la loro strada. Invece proprio questo è il momento di ritornare al Vangelo per scoprire che Cristo «è sempre giovane e fonte costante di novità» (Evangelii gaudium, 11).

Così, come i due di Emmaus, si torna nella vita quotidiana con lo slancio di chi ha trovato un tesoro: erano gioiosi, questi due, perché avevano trovato Gesù, e ha cambiato loro la vita. E si scopre che l’umanità abbonda di fratelli e sorelle che aspettano una parola di speranza. Il Vangelo è atteso anche oggi: l’uomo di oggi è come l’uomo di ogni tempo: ne ha bisogno, anche la civiltà dell’incredulità programmata e della secolarità istituzionalizzata; anzi, soprattutto la società che lascia deserti gli spazi del senso religioso, ha bisogno di Gesù. Questo è il momento favorevole all’annuncio di Gesù. Perciò vorrei dire nuovamente a tutti: «La gioia del Vangelo riempie il cuore e la vita intera di coloro che si incontrano con Gesù. Coloro che si lasciano salvare da Lui sono liberati dal peccato, dalla tristezza, dal vuoto interiore, dall’isolamento. Con Gesù Cristo sempre nasce e rinasce la gioia (ibid.,1). Non dimentichiamo questo. E se qualcuno di noi non percepisce questa gioia, si domandi se ha trovato Gesù. Una gioia interiore. Il Vangelo va sulla strada della gioia, sempre, è il grande annuncio. Invito ogni cristiano, in qualsiasi luogo e situazione si trovi, a rinnovare oggi stesso il suo incontro con Gesù Cristo. Ognuno di noi oggi si prenda un pochettino di tempo e pensi: “Gesù, Tu sei dentro di me: io voglio incontrarTi tutti i giorni. Tu sei una Persona, non sei un’idea; Tu sei un compagno di cammino, non sei un programma. Tu sei Amore che risolve tanti problemi. Tu sei l’inizio dell’evangelizzazione. Tu, Gesù, sei la fonte della gioia”. Amen.

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Saluti


Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli di Portici e a quelli di Lauria. Saluto l’Associazione Volontari Italiani del Sangue e sottolineo il valore etico della donazione del sangue: un gesto che aiuta a salvare tante vite umane!

Accolgo con affetto gli Scout Agesci di Foligno – fanno rumore, questi –, insieme con i ministranti e il gruppo della pastorale vocazionale, accompagnati dalle famiglie. Cari ragazzi, vi esorto ad essere coraggiosi protagonisti negli ambienti in cui vivete; siate soprattutto gioiosi testimoni del Vangelo, costruttori di ponti e mai di muri, mai!

Saluto infine gli anziani, i malati, gli sposi novelli – sono tanti – e i giovani, tra i quali saluto in particolare il folto gruppo dell’Istituto “Miraglia” di Lauria. Le ultime settimane dell’anno liturgico ci invitano al senso della speranza cristiana. In questa prospettiva vi invito a cogliere sempre il significato e il valore delle esperienze quotidiane e anche delle prove, pensando che «tutto concorre al bene di coloro che amano Dio» (Rm 8,28).

Preghiamo, fratelli e sorelle, per la pace, in modo speciale per la martoriata Ucraina che soffre tanto, e poi in Terra Santa, in Palestina e Israele, e non dimentichiamo il Sudan che soffre tanto, e pensiamo dovunque c’è guerra, ci sono tante guerre! Preghiamo per la pace: ogni giorno, qualcuno si prenda qualche tempo per pregare per la pace. Vogliamo la pace. A tutti la mia Benedizione!


 

 

UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 22 novembre 2023

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Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 27. L’annuncio è per tutti

Cari fratelli e sorelle!

Dopo aver visto, la scorsa volta, che l’annuncio cristiano è gioia, soffermiamoci oggi su un secondo aspetto: è per tutti, l’annuncio cristiano è gioia per tutti. Quando incontriamo veramente il Signore Gesù, lo stupore di questo incontro pervade la nostra vita e chiede di essere portato al di là di noi. Questo Egli desidera, che il suo Vangelo sia per tutti. In esso, infatti, c’è una “potenza umanizzatrice”, un compimento di vita che è destinata ad ogni uomo e ogni donna, perché per tutti Cristo è nato, è morto, è risorto. Per tutti: nessuno escluso.

In Evangelii gaudium si legge: «Tutti hanno il diritto di ricevere il Vangelo. I cristiani hanno il dovere di annunciarlo senza escludere nessuno, non come chi impone un nuovo obbligo, bensì come chi condivide una gioia, segnala un orizzonte bello, offre un banchetto desiderabile. La Chiesa non cresce per proselitismo ma “per attrazione”» (n. 14). Fratelli, sorelle, sentiamoci al servizio della destinazione universale del Vangelo, è per tutti; e distinguiamoci per la capacità di uscire da noi stessi - un annuncio per essere vero annuncio deve uscire dall’egoismo proprio - e avere anche la capacità di superare ogni confine. I cristiani si ritrovano sul sagrato più che in sacrestia, e vanno «per le piazze e per le vie della città» (Lc 14,21). Devono essere aperti ed espansivi, i cristiani devono essere “estroversi”, e questo loro carattere viene da Gesù, che ha fatto della sua presenza nel mondo un cammino continuo, finalizzato a raggiungere tutti, persino imparando da certi suoi incontri.

In questo senso, il Vangelo riporta il sorprendente incontro di Gesù con una donna straniera, una cananea che lo supplica di guarire la figlia malata (cfr Mt 15,21-28). Gesù rifiuta, dicendo di essere stato mandato solo «alle pecore perdute della casa di Israele» e che «non è bene prendere il pane dei figli e gettarlo ai cagnolini» (vv. 24.26). Ma la donna, con l’insistenza tipica dei semplici, replica che anche «i cagnolini mangiano le briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni» (v. 27). Gesù rimane colpito e le dice: «Donna, grande è la tua fede! Avvenga per te come desideri» (v. 28). Questo incontro con questa donna ha qualcosa di unico. Non solo qualcuno fa cambiare idea a Gesù, e si tratta di una donna, straniera e pagana; ma il Signore stesso trova conferma al fatto che la sua predicazione non debba limitarsi al popolo a cui appartiene, ma aprirsi a tutti.

La Bibbia ci mostra che quando Dio chiama una persona e stringe un patto con alcuni il criterio è sempre questo: elegge qualcuno per raggiungere altri, questo è il criterio di Dio, della chiamata di Dio. Tutti gli amici del Signore hanno sperimentato la bellezza ma anche la responsabilità e il peso di essere “scelti” da Lui. E tutti Hanno provato lo scoraggiamento di fronte alle proprie debolezze o la perdita delle loro sicurezze. Ma la tentazione forse più grande è quella di considerare la chiamata ricevuta come un privilegio, per favore no, la chiamata non è un privilegio, mai. Noi non possiamo dire che siamo privilegiati in confronto agli altri, no. La chiamata è per un servizio. E Dio sceglie uno per amare tutti, per arrivare a tutti.

Anche per prevenire la tentazione di identificare il cristianesimo con una cultura, con un’etnia, con un sistema. Così, però, perde la sua natura veramente cattolica, ossia per tutti, universale: non è un gruppetto di eletti di prima classe. Non dimentichiamo: Dio sceglie qualcuno per amare tutti. Questo orizzonte di universalità. Il Vangelo non è solo per me, è per tutti, non lo dimentichiamo. Grazie.

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Saluti

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi. Cari fratelli e sorelle, domenica prossima celebreremo la solennità di Gesù Cristo, Re dell’Universo. La nostra vita, i nostri cuori siano aperti alla sua signoria perché Lui è la meta, verso cui camminiamo. Vi benedico di cuore.]

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli di San’Elpidio a Mare e di Sant’Andrea in Andria, all’Associazione culturale Musadoc, ai Genieri e Trasmettitori d’Italia, all’Associazione vittime della violenza.

Accolgo con affetto i partecipanti all’Assemblea Nazionale delle Scuole Cattoliche, auspicando un effettivo riconoscimento della loro importante opera formativa.

Saluto infine gli anziani, i malati, gli sposi novelli e i giovani, tra cui numerose scolaresche. Domenica prossima, ultima del Tempo Ordinario, celebreremo la solennità di Cristo, Re. Vi esorto a porre Gesù al centro della vostra vita, e da Lui riceverete luce e coraggio in ogni scelta quotidiana.

E non dimentichiamo di perseverare nella preghiera per quanti soffrono a causa delle guerre in tante parti del mondo, specialmente per le care popolazioni dell’Ucraina, la martoriata Ucraina, e di Israele e della Palestina. Questa mattina ho ricevuto due delegazioni, una di israeliani che hanno parenti come ostaggi in Gaza e un’altra di palestinesi che hanno dei parenti che soffrono a Gaza. Loro soffrono tanto e ho sentito come soffrono ambedue: le guerre fanno questo, ma qui siamo andati oltre le guerre, questo non è guerreggiare, questo è terrorismo. Per favore, andiamo avanti per la pace, pregate per la pace, pregate tanto per la pace. Che il Signore metta mano lì, che il Signore ci aiuti a risolvere i problemi e non andare avanti con le passioni che alla fine uccidono tutti. Preghiamo per il popolo palestinese, preghiamo per il popolo israeliano, perché venga la pace.

A tutti la mia Benedizione!

 
 

UDIENZA GENERALE

Aula Paolo VI
Mercoledì, 29 novembre 2023

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Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 28. L’annuncio è per l’oggi

Cari fratelli e sorelle,

le scorse volte abbiamo visto che l’annuncio cristiano è gioia ed è per tutti; vediamo oggi un terzo aspetto: esso è per l’oggi.

Si sente quasi sempre parlare male dell’oggi. Certo, tra guerre, cambiamenti climatici, ingiustizie planetarie e migrazioni, crisi della famiglia e della speranza, non mancano motivi di preoccupazione. In generale, l’oggi sembra abitato da una cultura che mette l’individuo al di sopra di tutto e la tecnica al centro di tutto, con la sua capacità di risolvere molti problemi e i suoi giganteschi progressi in tanti campi. Ma al tempo stesso questa cultura del progresso tecnico-individuale porta ad affermare una libertà che non vuole darsi dei limiti e si mostra indifferente verso chi rimane indietro. E così consegna le grandi aspirazioni umane alle logiche spesso voraci dell’economia, con una visione della vita che scarta chi non produce e fatica a guardare al di là dell’immanente. Potremmo persino dire che ci troviamo nella prima civiltà della storia che globalmente prova a organizzare una società umana senza la presenza di Dio, concentrandosi in enormi città che restano orizzontali anche se hanno grattacieli vertiginosi.

Viene in mente il racconto della città di Babele e della sua torre (cfr Gen 11,1-9). In esso si narra un progetto sociale che prevede di sacrificare ogni individualità all’efficienza della collettività. L’umanità parla una lingua sola – potremmo dire che ha un “pensiero unico” –, è come avvolta in una specie di incantesimo generale che assorbe l’unicità di ciascuno in una bolla di uniformità. Allora Dio confonde le lingue, cioè ristabilisce le differenze, ricrea le condizioni perché possano svilupparsi delle unicità, rianima il molteplice dove l’ideologia vorrebbe imporre l’unico. Il Signore distoglie l’umanità anche dal suo delirio di onnipotenza: «facciamoci un nome», dicono esaltati gli abitanti di Babele (v. 4), che vogliono arrivare fino al cielo, mettersi al posto di Dio. Ma sono ambizioni pericolose, alienanti, distruttive, e il Signore, confondendo queste aspettative, protegge gli uomini, prevenendo un disastro annunciato. Sembra davvero attuale questo racconto: anche oggi la coesione, anziché sulla fraternità e sulla pace, si fonda spesso sull’ambizione, sui nazionalismi, sull’omologazione, su strutture tecnico-economiche che inculcano la persuasione che Dio sia insignificante e inutile: non tanto perché si ricerca un di più di sapere, ma soprattutto per un di più di potere. È una tentazione che pervade le grandi sfide della cultura odierna.

In Evangelii gaudium ho provato a descriverne alcune (cfr nn. 52-75), ma soprattutto ho invitato a «una evangelizzazione che illumini i nuovi modi di relazionarsi con Dio, con gli altri, con l’ambiente, e che susciti i valori fondamentali. È necessario arrivare là dove si formano i nuovi racconti e paradigmi, raggiungere con la Parola di Gesù i nuclei più profondi dell’anima delle città» (n. 74). In altre parole, si può annunciare Gesù solo abitando la cultura del proprio tempo; e sempre avendo nel cuore le parole dell’Apostolo Paolo sull’oggi: «Ecco ora il momento favorevole, ecco ora il giorno della salvezza!» (2 Cor 6,2). Non serve dunque contrapporre all’oggi visioni alternative provenienti dal passato. Nemmeno basta ribadire semplicemente delle convinzioni religiose acquisite che, per quanto vere, diventano astratte col passare del tempo. Una verità non diventa più credibile perché si alza la voce nel dirla, ma perché viene testimoniata con la vita.

Lo zelo apostolico non è mai semplice ripetizione di uno stile acquisito, ma testimonianza che il Vangelo è vivo oggi qui per noi. Coscienti di questo, guardiamo dunque alla nostra epoca e alla nostra cultura come a un dono. Esse sono nostre ed evangelizzarle non significa giudicarle da lontano, nemmeno stare su un balcone a gridare il nome di Gesù, ma scendere per strada, andare nei luoghi dove si vive, frequentare gli spazi dove si soffre, si lavora, si studia e si riflette, abitare i crocevia in cui gli esseri umani condividono ciò che ha senso per la loro vita. Significa essere, come Chiesa, «fermento di dialogo, di incontro, di unità. Del resto, le nostre stesse formulazioni di fede sono frutto di un dialogo e di un incontro tra culture, comunità e istanze differenti. Non dobbiamo aver paura del dialogo: anzi è proprio il confronto e la critica che ci aiuta a preservare la teologia dal trasformarsi in ideologia» (Discorso al V Convegno nazionale della Chiesa italiana, Firenze, 10 novembre 2015).

Occorre stare nei crocevia dell’oggi. Uscire da essi significherebbe impoverire il Vangelo e ridurre la Chiesa a una setta. Frequentarli, invece, aiuta noi cristiani a comprendere in modo rinnovato le ragioni della nostra speranza, per estrarre e condividere dal tesoro della fede «cose nuove e cose antiche» (Mt 13,52). Insomma, più che voler riconvertire il mondo d’oggi, ci serve convertire la pastorale perché incarni meglio il Vangelo nell’oggi (cfr Evangelii gaudium25). Facciamo nostro il desiderio di Gesù: aiutare i compagni di viaggio a non smarrire il desiderio di Dio, per aprire il cuore a Lui e trovare il solo che, oggi e sempre, dona pace e gioia all’uomo.

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Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana, in particolare ai fedeli di Andria; alla Guardia di Finanza proveniente da L’Aquila; ai militari della Brigata Meccanizzata “Aosta”; ai membri dell’Associazione Italiana Barman e Sostenitori, qui convenuti in occasione di un evento internazionale da loro promosso.

Sono lieto di accogliere i partecipanti al Festival dei talenti circensi italiani, che ringrazio e incoraggio, auspicando che venga sempre più riconosciuto il valore sociale e culturale della loro attività.

Il mio pensiero va infine ai giovani, agli anziani, ai malati e agli sposi novelli. Stiamo vivendo gli ultimi giorni dell’Anno liturgico, che ci invitano a considerare con sguardo di fede il tempo che passa. Abbiate sempre fiducia nella divina Provvidenza, che guida e accompagna i nostri passi.

Da qui, il Papa:

E per favore, continuiamo a pregare per la grave situazione in Israele e in Palestina; Pace, per favore, Pace. Auspico che prosegua la tregua in corso a Gaza, affinché siano rilasciati tutti gli ostaggi e sia ancora consentito l’accesso ai necessari aiuti umanitari. Ho sentito la parrocchia lì: manca l’acqua, manca il pane e la gente soffre. È la gente semplice, la gente del popolo che soffre. Non soffrono coloro che fanno la guerra. Chiediamo la pace. E non dimentichiamo, parlando di pace, il caro popolo ucraino, che soffre tanto, ancora in guerra. Fratelli e sorelle, la guerra sempre è una sconfitta. Tutti perdono. Tutti, no: c’è un gruppo che guadagna tanto: i fabbricatori di armi; questi guadagnano bene sopra la morte degli altri.

E vorrei ringraziare, in questo momento di gioia, questi ragazzi e ragazze del circo. Il circo esprime una dimensione dell’anima umana: quello della gioia gratuita, quella gioia semplice, fatta con la mistica del gioco. Ringrazio tanto queste ragazze, questi ragazzi che ci fanno ridere, ma anche ci danno un esempio di allenamento molto forte, perché per arrivare a quello che arrivano loro, occorre un allenamento forte, molto forte. Ringraziamoli con un bell’applauso.

E a tutti la mia Benedizione!


[Modificato da Caterina63 29/11/2023 11:45]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)