00 10/05/2023 17:45


UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 10 maggio 2023

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Fratelli e sorelle!

È con grande gioia che saluto oggi Sua Santità Tawadros II, Papa di Alessandria e Patriarca della Sede di San Marco, e l’illustre delegazione che l’accompagna.

Sua Santità Tawadros ha accettato il mio invito a venire a Roma per celebrare con me il cinquantesimo anniversario dello storico incontro di Papa San Paolo VI e Papa Shenouda III, nel 1973. Si trattava del primo incontro tra un Vescovo di Roma e un Patriarca della Chiesa copta ortodossa, che culminò con la firma di una memorabile dichiarazione cristologica comune, esattamente il 10 maggio. In memoria di questo evento, Sua Santità Tawadros è venuto a trovarmi per la prima volta il 10 maggio di dieci anni fa, pochi mesi dopo la sua e la mia elezione, e ha proposto di celebrare ogni 10 maggio la “Giornata dell’amicizia copto-cattolica” che da quel tempo celebriamo ogni anno.

Ci chiamiamo al telefono, ci mandiamo i saluti, e rimaniamo buoni fratelli, non abbiamo litigato!

Caro amico e fratello Tawadros, La ringrazio di aver accettato il mio invito in questo duplice anniversario, e prego che la luce dello Spirito Santo illumini la Sua visita a Roma, gli importanti incontri che avrà qui, e in particolare le nostre conversazioni personali. La ringrazio di cuore per il Suo impegno nella crescente amicizia tra la Chiesa copta ortodossa e la Chiesa cattolica.

Santità, cari Vescovi e amici tutti, insieme a voi imploro Dio Onnipotente, per l’intercessione dei Santi e Martiri della Chiesa copta, affinché ci aiuti a crescere nella comunione, in un unico e santo legame di fede, di speranza e di amore cristiano. E parlando di martiri della Chiesa copta, che sono anche nostri, voglio ricordare i martiri sulla spiaggia libica, che sono stati fatti martiri pochi anni fa.

Chiedo a tutti i presenti di pregare Dio affinché benedica la visita a Roma di Papa Tawadros e protegga l’intera Chiesa ortodossa copta. Possa questa visita avvicinarci più celermente al giorno benedetto quando saremo una sola cosa in Cristo! Grazie.

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Saluti

[Saluto cordialmente i pellegrini polacchi, in particolare i medici che, grazie alla Diocesi di Tarnow, nelle prossime settimane si impegneranno a salvare la vita alle donne e madri nella Repubblica Centrafricana. San Francesco Saverio ci insegna che l’annuncio del Vangelo nelle periferie del mondo va sempre di pari passo con l’assistenza medica ed educativa. Questo sostegno, così come la nostra preghiera per la pace, è necessario anche per la martoriata Ucraina. Mentre partecipate alle preghiere mariane di maggio, recitando il Rosario, ricordatevi soprattutto delle donne e dei bambini afflitti dalla guerra. Vi benedico di cuore!]

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto i fedeli del Santuario Madonna delle Grazie in Monteodorisio e quelli del Santuario Santa Filomena in Mugnano del Cardinale. Saluto inoltre gli studenti e docenti della Scuola Nostra Signora di Lourdes di Roma e quelli dell’Istituto Miraglia di Lauria.
(il santo Padre Francesco ha accolto e benedetto la statua miracolosa di Santa Filomena, affermando:”Santa Filomena era la protettrice del santo curato D’Ars, e il santo curato D’Ars è il nostro protettore. Affidiamoci anche noi sacerdoti a a lei”. La benedizione del Papa è anche per tutti i suoi devoti.)

Infine, come di consueto, mi rivolgo ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli: a ciascuno auguro di custodire in Cristo la speranza che illumina il senso della quotidiana esistenza. Tutti esorto a pregare la Vergine Maria, nel mese a lei dedicato.

A Lei, consolatrice degli afflitti e Regina della pace, affido la martoriata Ucraina.

A tutti voi la mia benedizione e adesso col Patriarca Tawadros e tutti insieme pregheremo il Padre Nostro e poi il Patriarca Tawadros e io daremo la benedizione.




UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 17 maggio 2023

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Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 13. Testimoni: San Francesco Saverio

Cari Fratelli e sorelle, buongiorno!

Proseguendo il nostro itinerario delle Catechesi con alcuni modelli esemplari di zelo apostolico… ricordiamo che stiamo parlando della evangelizzazione, dello zelo apostolico, del portare avanti il nome di Gesù, e ci sono nella storia tante donne e uomini che hanno fatto questo in modo esemplare. Oggi, per esempio, scegliamo, San Francesco Saverio: è considerato, alcuni dicono, il più grande missionario dei tempi moderni. Ma non si può dire chi è il più grande, chi è il più piccolo, perché ci sono tanti missionari nascosti che anche oggi fanno tanto più di San Francesco Saverio. E Saverio è il Patrono delle missioni, come Santa Teresa del Bambin Gesù. Ma un missionario è grande quando va. E ci sono tanti, tanti, sacerdoti, laici, suore, che vanno nelle missioni, anche dall’Italia e tanti di voi. Io vedo, per esempio, quando mi presentano la storia di un sacerdote come candidato all’episcopato: ha passato dieci nella missione in tale luogo… questo è grande: uscire dalla patria per predicare il Vangelo. È lo zelo apostolico. E questo noi dobbiamo coltivare tanto. E guardando la figura di questi uomini, di queste donne, impariamo.

E San Francesco Saverio nasce in una famiglia nobile ma impoverita della Navarra, nel nord della Spagna, nel 1506. Va a studiare a Parigi – è un giovane mondano, intelligente, bravo. Lì incontra Ignazio di Loyola. Gli fa fare gli esercizi spirituali e cambia vita. E lui lascia tutta la sua carriera mondana per diventare missionario. Lui si fa gesuita, fa i voti. Poi diventa sacerdote, e va a evangelizzare, inviato in Oriente. In quel tempo i viaggi dei missionari in Oriente erano un invio verso mondi sconosciuti. E lui va, perché era pieno di zelo apostolico.

Parte così il primo di una numerosa schiera di missionari appassionati dei tempi moderni, pronti a sopportare fatiche e pericoli immensi, a raggiungere terre e incontrare popoli di culture e lingue del tutto sconosciute, spinti solo dal fortissimo desiderio di far conoscere Gesù Cristo e il suo Vangelo.

In poco più di undici anni compirà un’opera straordinaria. È stato missionario undici anni più o meno. I viaggi in nave a quel tempo erano durissimi, erano pericolosi. Molti morivano in viaggio per naufragi o malattie. Oggi purtroppo muoiono perché noi li lasciamo morire nel Mediterraneo… Saverio passa sulle navi oltre tre anni e mezzo, un terzo dell’intera durata della sua missione. Sulle navi lui passa oltre tre anni e mezzo, per andare in India, poi dall’India in Giappone.

Arrivato a Goa, in India, la capitale dell’Oriente portoghese, la capitale culturale e anche commerciale, Saverio vi pone la sua base, ma non si ferma lì. Va ad evangelizzare i poveri pescatori della costa meridionale dell’India, insegnando catechismo e preghiere ai bambini, battezzando e curando i malati. Poi, durante una preghiera notturna presso la tomba dell’apostolo San Bartolomeo, sente di dover andare oltre l’India. Lascia in buone mani il lavoro già avviato e salpa con coraggio per le Molucche, le isole più lontane dell’arcipelago indonesiano. Per questa gente non c’erano orizzonti, loro andavano oltre… Un coraggio avevano questi santi missionari! Anche quelli di oggi, anche se non vanno in nave per tre mesi, vanno in aereo per 24 ore ma poi lì è lo stesso. Si deve mettere lì, e fare tanti chilometri, addentrarsi nelle foreste. E Saverio, nelle Molucche, mette in versi il catechismo nella lingua locale e insegna a cantare il catechismo, perché con il canto lo si apprende meglio. Quali siano i suoi sentimenti lo capiamo dalle sue lettere. Scrive così: «I pericoli e le sofferenze, accolti volontariamente e unicamente per amore e servizio di Dio nostro Signore, sono tesori ricchi di grandi consolazioni spirituali. Qui in pochi anni si potrebbero perdere gli occhi per le troppe lacrime di gioia!» (20 gennaio 1548). Piangeva di gioia vedendo l’opera del Signore.

Un giorno, in India, incontra un giapponese, che gli parla del suo lontano Paese, dove mai nessun missionario europeo si era ancora spinto. E Francesco Saverio aveva l’inquietudine dell’apostolo, di andare oltre, e decide di partire al più presto, e ci arriva dopo un viaggio avventuroso sulla giunca di un cinese. I tre anni in Giappone sono durissimi, per il clima, le opposizioni e l’ignoranza della lingua, ma anche qui i semi piantati daranno grandi frutti.

Il grande sognatore, Saverio, in Giappone capisce che il Paese decisivo per la missione nell’Asia era un altro: la Cina. con la sua cultura, la sua storia, la sua grandezza, esercitava di fatto un predominio su quella parte del mondo. Anche oggi la Cina è proprio un polo culturale, con una storia grande, una storia bellissima. Perciò egli torna a Goa e poco dopo s’imbarca di nuovo sperando di poter entrare in Cina. Ma il suo disegno fallisce: egli muore alle porte della Cina, su un’isola, la piccola isola di Sancian, davanti alle coste cinesi aspettando invano di poter sbarcare sulla terraferma vicino a Canton. Il 3 dicembre 1552, muore in totale abbandono, solo un cinese è accanto a lui a vegliarlo. Così termina il viaggio terreno di Francesco Saverio. Era invecchiato, quanti anni aveva? Ottanta già? No…Aveva soltanto quarantasei anni, aveva speso la vita nella missione, con lo zelo. Parte dalla Spagna colta e arriva al Paese più colto del mondo in quel momento, la Cina, e muore davanti alla grande Cina, accompagnato da un cinese. Tutto un simbolo!

La sua attività intensissima è stata sempre unita alla preghiera, all’unione con Dio, mistica e contemplativa. Non lasciò la preghiera mai, perché sapeva che lì c’era la forza. Dovunque si trovava, aveva grande cura per i malati, i poveri e i bambini. Non era un missionario “aristocratico”: andava sempre con i più bisognosi, i bambini che erano i più bisognosi di istruzione, di catechesi, i poveri, i malati: andava proprio alle frontiere dell’assistenza dove è cresciuto in grandezza. L’amore di Cristo è stato la forza che lo ha spinto sino ai confini più lontani, con fatiche e pericoli continui, superando insuccessi, delusioni e scoraggiamenti, anzi, dandogli consolazione e gioia nel seguirlo e servirlo fino alla fine.

San Francesco Saverio che ha fatto questa cosa tanto grande, in tanta povertà, e con tanto coraggio, ci dia un po’ di questo zelo, di questo zelo per vivere il Vangelo e annunciare il Vangelo. Ai tanti giovani oggi che hanno un po’ di inquietudine e non sanno che cosa fare con quella inquietudine, dico: guardate Francesco Saverio, guardate l’orizzonte del mondo, guardate i popoli in tanta necessità, guardate tanta gente che soffre, tanta gente che ha bisogno di Gesù. E andate, abbiate coraggio. Anche oggi ci sono giovani coraggiosi. Penso a tanti missionari per esempio nella Papua Nuova Guinea, penso ad amici miei, giovani, che stanno nella diocesi di Vanimo, e tutti quelli che sono andati ad evangelizzare sulla scia di Francesco Saverio. Che il Signore dia a tutti noi la gioia di evangelizzare, la gioia di portare avanti questo messaggio tanto bello che fa felici noi, e tutti.

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Saluti

Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto l’Azione Cattolica di Lecce con l’Arcivescovo Mons. Michele Seccia: lo Spirito del Risorto vi aiuti a discernere i segni dei tempi, così da testimoniare il Vangelo con fedeltà e gioia in ogni ambiente. Siate costruttori di fraternità!

Infine, come di consueto, mi rivolgo ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. La Solennità dell’Ascensione del Signore, che domani celebreremo, ci invita a guardare al momento in cui Gesù, prima di salire al cielo, affida agli Apostoli il mandato di portare il suo Messaggio di salvezza fino agli estremi confini della terra. Cari giovani – specialmente voi alunni di tante scuole oggi qui presenti – accogliendo il mandato missionario di Cristo, impegnatevi a mettere il vostro entusiasmo a servizio del Vangelo. Voi, cari malati e anziani, vivete uniti al Signore, nella certezza di offrire un contributo prezioso alla crescita del Regno di Dio nel mondo. E voi, cari sposi novelli, fate in modo che le vostre famiglie siano luoghi in cui si impara ad amare Dio e ad essere suoi testimoni nella gioia.

E tutti noi preghiamo il Signore per l’amata Ucraina: si soffre tanto, lì, si soffre tanto. Preghiamo per i feriti, per i bambini, per quelli che sono morti, perché torni la pace.

A tutti voi la mia benedizione.


UDIENZA GENERALE

Piazza San Pietro
Mercoledì, 24 maggio 2023

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Catechesi. La passione per l’evangelizzazione: lo zelo apostolico del credente. 14. Testimoni: Sant’Andrea Kim Tae-gon

Cari fratelli e sorelle, buongiorno!

In questa serie di catechesi ci mettiamo alla scuola di alcuni Santi e Sante che, come testimoni esemplari, ci insegnano lo zelo apostolico. Ricordiamo che stiamo parlando dello zelo apostolico, quello che noi dobbiamo avere per annunciare il Vangelo.

Un grande esempio di Santo della passione per l’evangelizzazione oggi andiamo a trovarlo in una terra molto lontana, ovvero nella Chiesa coreana. Guardiamo al martire e primo sacerdote coreano Sant’Andrea Kim Tae-gon. Ma l’evangelizzazione della Corea è stata fatta dai laici. Sono stati i laici battezzati che hanno trasmesso la fede, non c’erano preti, perché non ne avevano: vennero più tardi, pertanto la prima evangelizzazione l’hanno fatta i laici. Noi saremmo capaci di una cosa del genere? Pensiamoci: è una cosa interessante. E questo è uno dei primi sacerdoti, Sant’Andrea. La sua vita è stata e rimane una testimonianza eloquente di zelo per l’annuncio del Vangelo.

Circa 200 anni fa, la terra coreana fu teatro di una persecuzione severissima: i cristiani erano perseguitati e annientati. Credere in Gesù Cristo, nella Corea di quell’epoca, voleva dire essere pronti a dare testimonianza fino alla morte. In particolare, l’esempio di Sant’Andrea Kim lo possiamo ricavare da due aspetti concreti della sua vita.

Il primo è il modo che lui doveva usare per incontrarsi con i fedeli. Stante il contesto fortemente intimidatorio, il Santo era costretto ad accostare i cristiani in una forma non manifesta, e sempre in presenza di altre persone, come se si parlassero da tempo. Allora, per individuare l’identità cristiana del suo interlocutore, Sant’Andrea metteva in atto questi espedienti: anzitutto, c’era un segno di riconoscimento concordato in precedenza: tu ti incontrerai con questo cristiano e lui avrà questo segnale nell’abito o nella mano; dopo di che, lui poneva di nascosto la domanda – ma sottovoce: “Tu sei discepolo di Gesù?”. Poiché altre persone assistevano alla conversazione, il Santo doveva parlare a voce bassa, pronunciando solo poche parole, quelle più essenziali. Quindi, per Andrea Kim, l’espressione che riassumeva tutta l’identità del cristiano era “discepolo di Cristo”: “Tu sei discepolo di Cristo?”, ma a bassa voce perché era pericoloso. Era vietato essere cristiano.

In effetti, essere discepolo del Signore significa seguirlo, seguire la sua strada. E il cristiano è per sua natura uno che predica e dà testimonianza di Gesù. Ogni comunità cristiana riceve dallo Spirito Santo questa identità, e così la Chiesa intera, dal giorno di Pentecoste (cfr Conc. Vat. II, Decr. Ad gentes, 2). E da questo Spirito che noi riceviamo nasce la passione, la passione per l’evangelizzazione, questo zelo apostolico grande: è un dono dello Spirito. E anche se il contesto circostante non è favorevole, come quello coreano di Andrea Kim, la passione non cambia, anzi, acquista ancora maggior valore. Sant’Andrea Kim e gli altri fedeli coreani hanno dimostrato che la testimonianza del Vangelo data in tempo di persecuzione può portare molti frutti per la fede.

Vediamo ora un secondo esempio concreto. Quando era ancora seminarista, Sant’Andrea doveva trovare un modo per accogliere segretamente i missionari provenienti dall’estero. Questo non era un compito facile, poiché il regime dell’epoca vietava rigorosamente a tutti gli stranieri di entrare nel territorio. Per questo era stato – prima di questo – tanto difficile trovare un sacerdote che venisse a missionare: la missione l’hanno fatta i laici. Una volta – pensate a questo che ha fatto Sant’Andrea – una volta egli camminò sotto la neve, senza mangiare, talmente a lungo che cadde a terra sfinito, rischiando di perdere i sensi e di rimanere lì congelato. A quel punto, all’improvviso sentì una voce: “Alzati, cammina!”. Udendo quella voce, Andrea si ridestò, scorgendo come un’ombra di qualcuno che lo guidava.

Questa esperienza del grande testimone coreano ci fa comprendere un aspetto molto importante dello zelo apostolico. Vale a dire il coraggio di rialzarsi quando si cade. Ma i santi cadono? Sì! Ma dai primi tempi: pensate a San Pietro: ha fatto un grande peccato, ma ha avuto forza nella misericordia di Dio e si è rialzato. E in Sant’Andrea noi vediamo questa forza: lui era caduto fisicamente ma ha avuto la forza di andare, andare, andare per portare il messaggio avanti. Per quanto la situazione possa essere difficile, anzi a volte sembri non lasciare spazio al messaggio evangelico, non dobbiamo demordere e non dobbiamo rinunciare a portare avanti ciò che è essenziale nella nostra vita cristiana, cioè l’evangelizzazione. Questa è la strada. E ognuno di noi può pensare: “Ma io, come posso evangelizzare?”. Ma guarda questi grandi e tu pensa nel tuo piccolo, pensiamo noi nel nostro piccolo: evangelizzare la famiglia, evangelizzare gli amici, parlare di Gesù, ma parlare di Gesù ed evangelizzare con il cuore pieno di gioia, pieno di forza. E questa la dà lo Spirito Santo. Prepariamoci a ricevere lo Spirito Santo nella prossima Pentecoste e chiediamogli quella grazia, la grazia del coraggio apostolico, la grazia di evangelizzare, di portare avanti sempre il messaggio di Gesù.

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Saluti

Oggi ricorre la giornata mondiale di preghiera per la Chiesa cattolica in Cina. Essa coincide con la festa della Beata Vergine Maria Aiuto dei cristiani, venerata e invocata nel Santuario di Nostra Signora di Sheshan, a Shanghai. In questa circostanza, desidero assicurare il ricordo ed esprimere la vicinanza ai nostri fratelli e sorelle in Cina, condividendo le loro gioie e le loro speranze. Un pensiero speciale è rivolto a tutti coloro che soffrono, pastori e fedeli, affinché nella comunione e nella solidarietà della Chiesa Universale possano sperimentare consolazione e incoraggiamento. Invito tutti ad elevare la preghiera a Dio, perché la Buona Novella di Cristo crocifisso e risorto possa essere annunciata nella sua pienezza, bellezza e libertà, portando frutti per il bene della Chiesa cattolica e di tutta la società cinese.

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Rivolgo un cordiale benvenuto ai pellegrini di lingua italiana. In particolare, saluto le Missionarie della Carità, il Comitato Organizzatore eventi speciali di Roma, il gruppo oncologico pediatrico del Policlinico di Bari, la Scuola Divina Provvidenza di Roma.

Infine, come di consueto, mi rivolgo ai giovani, ai malati, agli anziani e agli sposi novelli. Oggi è la festa della Madonna venerata con il titolo di Maria Ausiliatrice. Maria aiuti voi, cari giovani, a rinsaldare ogni giorno la vostra fedeltà a Cristo. Ottenga conforto e serenità per voi, cari anziani e cari ammalati. Incoraggi voi, cari sposi novelli, a tradurre nella vita quotidiana il comandamento dell’amore. Il giorno di Maria Ausiliatrice è una vocazione mariana tanto cara a Don Bosco: un saluto e un ricordo alla Famiglia Salesiana, ringraziando per tutto quello che fa per la Chiesa.

E ancora la tristezza a tutti ci viene per la martoriata Ucraina: si soffre tanto lì, non dimentichiamoli. Preghiamo oggi Maria Ausiliatrice che sia vicina al popolo ucraino.

E a tutti la mia benedizione.


[Modificato da Caterina63 25/05/2023 07:53]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)