00 01/07/2010 22:25
Celebrazione in Vaticano promossa dalla Pontificia Accademia Cultorum Martyrum per la festa dei protomartiri romani

Testimoni di una fede costante e paziente


Rinnovando una tradizione secolare, la Pontificia Accademia Cultorum Martyrum ha commemorato anche quest'anno i santi protomartiri della Chiesa di Roma, con una celebrazione svoltasi in Vaticano, nel tardo pomeriggio di mercoledì 30 giugno.

Sullo stesso suolo dove sorgeva il Circo di Caligola e Nerone, l'arcivescovo Gianfranco Ravasi, presidente del Pontificio Consiglio della Cultura, ha presieduto la celebrazione eucaristica e la successiva processione. Ai sodali dell'antico Collegium fondato nel 1879, raccoltisi in preghiera nella chiesa di Santa Maria in Camposanto, il presule ha offerto una riflessione che pur non accennando esplicitamente alla situazione attuale, conteneva un messaggio forte sulla fedeltà e la coerenza della testimonianza cristiana nella società contemporanea, che non devono mai venir meno anche nei momenti di difficoltà.

Commentando il Vangelo di Matteo 24, 4-13, monsignor Ravasi ha fatto riferimento all'intiepidirsi dell'amore, allo svilimento di cui parlava l'evangelista citando esplicitamente persecuzioni, scandali e tradimenti, attraverso quella che sembra una pagina di cronaca odierna. Mancano la passione, il calore e il colore - ha spiegato il celebrante - ed è per questo che bisogna reagire alla situazione attuale. E l'esempio di come poterlo fare viene proprio dai martiri.


Il secondo spunto dell'omelia riguardava il tema della perseveranza, con il suo significato autentico che rimanda allo stare costantemente sotto un peso, una minaccia che opprime e incombe. In tale contesto - ha detto l'arcivescovo Ravasi - perseverare nella fede significa avere le spalle forti, la stessa pazienza che hanno i buoi nel portare il giogo. I cristiani sono dunque chiamati a una testimonianza costante e fedele, senza mai venire meno a questo impegno. Una costanza che va vissuta ogni giorno, attraverso il cosiddetto "martirio della quotidianità" negli ambienti di vita:  a casa, in famiglia, nei luoghi di lavoro, ovunque il cristiano si trovi a vivere.

All'inizio del rito il sacerdos dell'Accademia, monsignor Pasquale Iacobone, ha salutato il celebrante principale - accompagnato dal segretario del dicastero per la cultura, monsignor Barthélemy Adoukonou - e tutti i presenti, anche a nome del magister Fabrizio Bisconti, impossibilitato a partecipare.

Al termine della messa l'arcivescovo Ravasi ha guidato la processione eucaristica, che si è snodata lungo i viali della Città del Vaticano, per concludersi nella piazza intitolata ai protomartiri romani, davanti al Camposanto Teutonico, dove una lapide - affissa nel 1904 dal Collegium Cultorum Martyrum - ricorda il sacrificio dei primi cristiani dell'Urbe.

Ai sodali dell'Accademia si sono uniti religiose e religiosi che svolgono la loro missione in Vaticano, alcune confraternite romane, rappresentanti del Sovrano Militare Ordine di Malta e dell'Ordine equestre del Santo Sepolcro di Gerusalemme, membri dell'Associazione Santi Pietro e Paolo - con ex guardie palatine in uniforme dell'epoca - e della Guardia Svizzera, sacerdoti e fedeli delle parrocchie vicine. I canti sono stati animati dalla corale della parrocchia di Sant'Anna.

I protomartiri furono vittime con l'Apostolo Pietro della persecuzione - scatenata dall'imperatore Nerone nel 64 - di cui lo storico Cornelio Tacito parla nei suoi Annales:  "Siccome circolavano voci che l'incendio di Roma fosse stato doloso, Nerone presentò come colpevoli, punendoli con pene ricercatissime, coloro che, odiati per le loro abominazioni, erano chiamati dal volgo cristiani" (15, 44, 2-5). Su di essi l'imperatore scaricò, condannandoli a efferati supplizi, le accuse a lui rivolte per l'incendio della città.

In pratica Nerone fomentò l'ostilità del popolo romano - peraltro tollerante in materia religiosa - nei confronti dei cristiani, i quali furono colpiti con una ferocia inaudita. Resta la memoria di episodi orrendi come le fiaccole umane, cosparse di pece e fatte ardere nei giardini del colle Oppio, o come le donne e bambini vestiti con pelle di animali e lasciati in balia delle belve nel circo. La persecuzione ebbe il suo apice nelle violenze perpetrate sui cristiani proprio nei giardini neroniani, cioè nel Circo di Caligola e Nerone, alle pendici del colle Vaticano. L'attuale obelisco di piazza San Pietro era al centro della spina di tale Circo, e segnava il percorso sul quale si sfidavano le quadrighe nelle corse.

L'obelisco fu spostato al centro della piazza dal Papa Sisto v. Il sito originario in cui era collocato è attualmente indicato da una lapide in terra, posta alla sinistra della basilica di San Pietro, poco oltre l'attuale nartece, che ricorda l'ubicazione del Circo nel quale subirono il martirio Pietro e i suoi compagni.


(©L'Osservatore Romano - 2 luglio 2010)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)