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S.E.R. Monsignor Martin John Spalding, arcivescovo di Baltimora (1810-1872)


Estratto da un discorso tenuto il 30 maggio 1870 al Concilio Vaticano

...[...]Veniamo ad una seconda questione, la questione de jure. Io dico che, non solo di fatto il collegio dei vescovi e il corpo della Chiesa abbiano aderito nella storia al Capo docente; dico invece che era necessario aderirvi per la divina istituzione della Chiesa, per le promesse di Cristo, che mai ci può essere separazione. Tutto questo dibattito sull'infallibilità pontificia come separazione è futile e riprovevole: l'Infallibilità non separa il Papa dalla Chiesa, è impossibile.
Come può stare in piedi un edificio se rovina il suo fondamento? Non ho mai visto un edificio che avesse un fondamento puù solido.
Pietro è la pietra, il fondamento della Chiesa, il firmamentum della Chiesa. La Chiesa non può stare senza il suo fondamento.
Dunque Pietro è capo della Chiesa, il capo non si separa dal corpo, senza che intervenga la morte.
Può il capo essere separato dalle membra ma moriamo. Non può il capo essere separato dalla membra, perchè la Chiesa non muore, non può morire, Portae inferi non praevalebunt. Io, visitando le rovine di questa grande città, Città eterna, poichè riceve eternità e forza dalla sede di Pietro, spesso ho visto fondamenta senza edificio ma mai vidi edificio senza fondamenta.
Nella Chiesa non può essere distrutto l'edificio, come questi magnifici palazzi romani furono distrutti, al punto che rimanga il solo fondamento. Non può accadere del tutto e perchè? Perchè portae inferi non praevalebunt.
I confermati posson non aderire al Confermatore ma vanificherebbero il proposito di Nostro Signore, se non vi aderissero.
Guai alle greggi, guai all'unico gregge (perchè é unico il Gregge) se non aderisse al Pastore: si disperderebbe, i lupi lo divorerebbero.
[...]Dicono gli oppositori dell'Infallibilità: la Chiesa non può cadere, l'edificio deve stare ma può cadere il fondamento!
I confermati non possono mai venire meno alla Fede ma il confermatore per cui Cristo pregò, affinchè la sua fede non venisse meno, quegli può cadere! I membri possono separarsi dal capo e vivere! Il gregge è infallibile, non lo è il Pastore!
Questi sono argomenti di quelli che vogliono separare il Capo dalle membra e che negano l'infallibilità pontificia.
[...] Invece da ogni questione, dal fatto, dal diritto, da ciascuno di essi concludo: o il Romano Pontefice come Pontefice, insegnando a tutta la Chiesa con solenne giudizio, è infallibile o la Chiesa stessa di Cristo non è infallibile. O insieme stanno o insieme cadono. Staranno tuttavia poichè portae inferi non praevalebunt.


[SM=g1740771]

S.E.R. Monsignor Ignatius Von Senestrey, vescovo di Ratisbona (1818-1906)

Estratti di un discorso tenuto il 28 maggio 1870 al Concilio Vaticano

[...]In questo sacro consesso si sono udite alcune voci che, se non corrette, potrebbero indurre il sospetto, quasi che nella Germania cattolica la dottrina sull'autorità infallibile del Romano pontefice si fosse conservata con minor fedeltà.[...]
Tra i primi cito il santissimo e dottissimo mio antecessore sulla Cattedra di Ratisbona, il beato Alberto Magno, lume massimo della Germania, maestro di San Tommaso Aquinate, che nato nella diocesi Augustana e ascritto all'Ordine dei Predicatori, illustrò con la sua dottrina le nobilissime accademie del tempo, Colonia, Hildesheim, Augusta, Friburgo e Ratisbona.
Nel suo commentario in Matteo XVI, riportando l'avita esegesi, ha queste belle espressioni: "Darò a te, singolarmente. Non perchè Pietro abbia singolarmente preso le chiavi ma perchè è Unica persona morale, nell'unità dell'ordine ecclesiale, colui che nella pienezza dell'autorità riceve le chiavi, colui che è successore di Pietro, e quindi è Pietro nell'autorità.

[...]Dopo queste molte citazioni non mi meraviglio che questa dottrina sia stata serbata in Germania da tutti i cattolici fedeli per più di due secoli senza soluzione di continuità. Mi è testimone, per presentarvi via via qualche ulteriore esempio, il celeberrimo canonista Franz Schmalzgrueber che nell'università di Ingolstadt in Baviera e Dilingana della diocesi di Augusta visse e insegnò, in Iure Ecclesiastico, libro I, parte IV, titolo 31 questa proposizione stabilisce e approva: " Il Sommo pontefice è certa e infallibile regola di verità e supremo giudice delle controversie di fede, al punto tale che egli NON PUò ERRARE in un giudizio pubblico ed è INFALLIBILE nel definire le controversie di fede indipendentemente dal Concilio".

La seconda proposizione è "Il Papa, come vescovo della Chiesa universale, è regola infallibile dei costumi, cosicchè i suoi decreti che dichiarino, impongano o proibiscano qualcosa come onesto o disonesto, come lecito o illecito alla Chiesa universale, sono necessariamente veri e non possono essere dannosi per alcun errore".[...] così osservo questa sola cosa ovvero che tutti questi uomini preclari per la loro scienza in varie università e collegi di Germania insegnarono la medesima dottrina sull'infallibile magistero del Romano pontefice come dottrina rivelata, comune e costante dalla nascita della Chiesa e che questa dottrina è provata dalla Scrittura, dalle testimonianze della tradizione e dalle ragioni teologiche.[...]


Il popolo fedele ed il clero venerano l'autorità del concilio ecumenico, non temono la sua definizione in questa materia, nè sostengono possa essere considerata nuova questa dottrina ma saranno pervasi da grande gratitudine se questa antica verità dell'Infallibilità pontificia sarà confermata e più efficacemente confermata e stabilita. E se vi sono quelli che temono che i malevoli possano abusare di questa definizione per far sorgere scandali, per eccitare scandali e combattere la Chiesa, certamente avverrà che questi malvagi si facciano più audaci e insolenti, se ci trovassero pavidi e ansiosi nella difesa e nella proclamazione della Verità.
I fedeli intelligenti sanno che la loro fede è stata edificata sul fondamento degli apostoli e dei profeti ma sanno anche che la Chiesa universale è stata costruita su quella Pietra che è il Romano pontefice, e non si rammaricheranno certamente se questo Concilio ecumenico affermerà che la fermezza di questa è infallibile, cosa che essi hanno sempre creduto. E così sarà pace agli uomini di buona volontà.


[SM=g1740771]

S.E.R. Monsignor Spiridione Maddalena, Arcivescovo di Corfù (1824-1884)

Estratti da un discorso tenuto il 20 maggio 1870 al Concilio Vaticano

[...]Sono nato in Grecia, ho condotto la maggior parte della mia vita in Grecia e, pur non essendo di rito greco, amo la Chiesa greca e sarei pronto a dare a vita per il suo ritorno al centro dell'Unità. Tuttavia, con grande dolore del mio animo, vi debbo confessare una cosa. Fino ad oggi, finchè non giungerà l'aurora di quel giorno tanto desiderato da me quanto da voi, chi è impaziente si meraviglierà che l'Oriente possa essere risvegliato da quel letargo di morte e di tenebre, nel quale è precipitato da ormai otto secoli, verso una nuova vita e nuova luce, sottomettendosi alla Chiesa romana che è fonte di vera vita e vera luce.
CHe sorte terribile e miseranda quella della Chiesa greca, un tempo tanto grande, tanto illustre, tanto feconda, era il decoro e lo splendore della religione cattolica. Ora è vile, sterile, è diventata oscura e rimane come un monumento terribile della vendetta divina! Peccò la figlia di Gerusalemme e ogni sua bellezza svanì. Con quale pena formidabile Dio umilia la superbia dei popoli!

QUella chiesa che ai tempi dei primi otto concilii, tra le altre per dottrina, erudizione e dottrina primeggiava, a stento ora ha in questo Concilio Ecumenico uno dei suoi che la rappresenti e che versi lagrime dal suo animo per una caduta tanto ignominiosa, per lacerazioni tanto gravi quanto inveterate.
Questa è la situazione, eminentissimi e reverendissimi padri, malgrado io muova i miei occhi attenti in tutta quest'aula conciliare, essi non trovano consolazione di vedere vescovi propriamente greci. Oh pena! In Oriente le dottissime penne dei Nazianzeni, dei Cirilli, dei Gregori di Nissa, giacciono spezzate a terra, le voci un tempo eloquentissmie dei Crisostomi, degli Atanasi, dei Basilii sono ammutolite, ormai persino l'eco di quelle voci si è spenta. Una crassa ignoranza e una turpe simonia dominano oggi il clero scismatico greco.
I presbiteri greci hanno perso anche il nome di predicatori. Se per caso voleste udire un sermone in una chiesa greca, lo potreste a stento ascoltare in poche cospicue città e nei giorni più solenni. Allora, accantonate per un attimo le cure forensi, vedreste un avvocato salire sull'ambone e costui tenterà di spiegarvi il santo vangelo del giorno; o forse, il che accade più di frequente, un farmacista, pulendosi le mani che poco prima confezionavano farmaci, sale sulla tribuna per spiegarvi i santi padri. CHe zelo per le anime si può trovare in un clero che soffre di tanta ignoranza e superbia?

Il presbiterato per loro non è altro che un mezzo per lucrare denari, per portare il pane a moglie e figli.
Per loro la simonia non è solo lecita ma è quasi un diritto ed un officio inerente l'incarico sacerdotale.
Che faranno questi pastori, questi mercenari, se ad esempio un morbo contagioso affliggerà il popolo loro affidato?
Fuggiranno di là e si daranno alla macchia, in una sola parola metteranno in campo ogni zelo per sottrarsi al contagio.
Mentre i loro fedeli infermi e abbandonati dai loro sacerdoti, esaleranno l'ultimo respiro alla maniera dei bruti.
Spesso, e qualche anno fa accadde nella mia diocesi, il governo dà ordine ai militari per salvaguardare la tranquillità pubblica, di andare a recuperare nel circondario i preti fuggitivi e di riportarli, anche con la forza, dai loro fedeli, colpiti da crudeli epidemie. Ragion per cui un clero, privo di ogni dottrina e di ogni coscienza del proprio dovere, un clero infetto da questa labe simoniaca, un clero come questo avrà scienza bastevole e seria volontà di cooperare al ritorno della Chiesa greca al centro dell'Unità?
Se l'effetto di quest'unione non si può sperare dal clero, ancora meno dai laici lo si dovrà attendere.
Il popolo greco oggi, riguardo la religione, è primieramente greco, poi cristiano. I Greci hanno il culto di adorazione per la loro nazionalità come se fosse un idolo, una nazionalità etnica che [...]ora chiamano cristiana. Da sempre, ma ancor di più dopo le spedizioni dei crociati e la caduta dell'impero bizantino, considerano il cattolicesimo come un nemico inesorabile dell'ellenismo ovvero della nazionalità greca che per loro è sommo bene, mentre il cattolicesimo è detestato come sommo male.
[...] Considerando quindi la misera condizione del clero greco e il lieve ingegno di quel popolo, il tempo del ritorno della Chiesa greca è quindi lontanissimo da noi.

Lo scisma, generato dalla superbia, è nutrito costantemente dalla superbia stessa e dall'ignoranza. [...]
Quindi, stando così pietrificati i greci nel loro scisma, per la forza della loro superbia, difficilmente faranno un passo verso l'unità. Tuttavia vi potrebbe essere un altra strada: quando i dettami del razionalismo e le idee che dominano la nostra epoca riguardo la libertà di coscienza e l'indifferenza in materia di religione e altre simili avranno invaso il popolo greco, il che non potrà tardare, allora sarà vista la forza quasi magica e superstiziosa dei loro fallaci principii. Allora la chiesa greca, per non essere abbattuta e distrutta dall'ateismo che cova nel suo seno, allora forse in quell'orrendo naufragio, si aggrapperà all'unica tavola che sempre non viene meno, tavola di salvezza, tornando al sicuro porto della religione cattolica.
Oppure quando venisse ottenuta dal popolo greco la tanto veemementemente anelata potenza imperiale, allora esso, non avendo più bisogno del fanatismo religioso che oggi è il più valido strumento per propugnare questo presunto perfezionamento della loro nazionalità, lo disprezzeranno e lo getteranno via.[...]
Ho detto queste cose, guardando lo stato infelice di questa chiesa con gli occhi dell'umana prudenza. Ciò che umanamente parlando sembra impossibile, chi negherà che Dio onnipotente e misericordioso possa compierlo in poco tempo? La mano di Dio non è stata tolta ed Iddio sanerà le nazioni.[...]

[SM=g1740771]

S.E.R. Monsignor Tommaso Michele Salzano O.P. vescovo in partibus infidelium di Tanis (1807-1890)

Estratti da un discorso tenuto il 2 giugno 1870 al Concilio Vaticano

[...]Vediamo quale sia il giudizio di Sant'Antonino su questa materia. [SM=g1740722]

Egli nella terza parte della sua Summa Teologica, titolo 22, della natura dei sommi pontefici, dove parla del Papato, inizia a mostrare l'altissima dignità del successore di Pietro, quando a lui adatta quello che di Cristo profeticamente si diceva nel salmo VIII: "L'hai posto poco sotto gli angeli, l'hai coronato di gloria e d'onore e l'hai costituito sopra le opere delle tue mani". Dice Sant'Antonino che il Sommo Pontefice, che Cristo
ci lasciò come suo vicario in terra, sia per natura minore agli angeli ma per autorità e potere superiore. Un angelo infatti non può nè sciogliere, nè legare, il Papa ha invece il potere plenario e universale di sciogliere e legare.
Il Papa è coronato di gloria e di onore perchè è posto al sommo di tutte le dignità, onde meritatamente lo si appella beatissimo e santissimo. E' coronato con la grandezza dell'autorità, perchè giudica tutti e non è giudicato da nessuno. Fu collocato sopra tutte
le opere di Dio perchè dispone di tutti come di inferiori, apre le porte del cielo, stabilisce gli ordini in tutto il clero e conferma gli Imperi. Da qui secondo sant'Antonino nascono tutti i privilegi che competono al Pontefice, tra i quali l'inerranza nelle questioni di fede e di costumi.[...] Quindi ancor più manifestamente in medesimo punto Sant'Antonino difende questa medesima sentenza dove dimostra che il sommo pontefice è capo supremo e monarca nella Chiesa di Dio e di qui viene naturalmente il privilegio della sua stessa inerranza.[...]
Eppure per alcuni questa definizione dell'Infallibilità non è urgente, come se avessimo Annibale alle porte.
Sappiamo in ogni caso che Annibale fu vinto non dalla prudenza di Fabio ma dall'ardore di Scipione. In ogni caso noi non abbiamo Annibale alle porte ma da tempo l'abbiamo tra le nostre mura. Da qualunque punto di vista è chiarissimo con quale violenza, con quale impeto, con quale satanico furore si combatta contro il principio di autorità nell'ecclesiastica ma anche nella civile società. Contro questo principio gli innovatori non cessano di tenere i loro furiosi baccanali. Possiamo davvero dire che l'eresia dominante dell'epoca nostra è la negazione dell'autorità, eresia che ha pervaso il civile consorzio e la stessa famiglia. Uomini infami hanno potuto in tutta sicurezza non solo bisbigliare alle orecchie del popolo i loro discorsi che si diffondono come un cancro ma pubblicamente spargere il loro veleno e vomitare il loro pestilenziale morbo con tutti i suoi errori. [...] Noi che siamo ricercatori nel tempio di Dio, dobbiamo portare una medicina alla moderna società, non dobbiamo assuefarci alle malattie di queste stesse società.

Annibale non è alle porte ma è tra le mura. Chi ignora quanto oggi si diano da fare i sicofanti e i ciarlatani per
abbattere la retta filosofia, i principi del vivere sociale, i principi e la dottrina della Chiesa?
I sommi pontefici furono come sempre pronti a marchiare con apostolico stigma e a condannare queste operazioni, così come fa oggi chi regge la sede di Pietro, il nostro pontefice amantissimo.
Tuttavia è ormai chiaro il tentativo dei rivoluzionari che dicono senza alcun pudore e diffondono tra il popolo, che il Papa non è infallibile[...], che le sue condanne hanno valore attraverso il consenso del concilio o dei vescovi dispersi. In questo modo condannare una proposizione o una dottrina non varrà a nulla e nel frattempo l'errore ogni momento di più si diffonderà con somma rovina delle anime e dei popoli. Se dunque, in tempi passati in cui non v'era tutta questa prurigine di insegnare e di scrivere, non c'era ancora necessità di definire questa verità cattolica, ora è necessario, affinchè l'errore sia schiacciato e domato e la verità brilli sempre di più in questa nebbia di tenebre.

Annibale non è alle porte ma è tra le mura. Infatti in quel tempo in cui i reggitori degli stati erano grandi di nome, di fatto e di autorità per la loro sottomissione alla chiesa, essi erano pronti a confermare con la loro autorità le leggi e le sanzioni canoniche della Chiesa, ed ad applicarle efficacemente nella prassi. Da questo vennero infiniti beni sia alla Chiesa che alla civile società. Oggi res ad triarios pervenit. Posto l'infausto principio della separazione tra CHiesa e stato, è necessario che i vincoli dell'ecclesiastica gerarchia siano strettamente rafforzati, più validamente consolidati, più magnificentemente esaltati, affinchè, persi i supporti umani e confidando nell'aiuto di Dio e tutta pervasa dalla fede nell'inerranza del suo Capo, la Chiesa possa stringersi con maggiori vincoli di sicurezza e obbedienza ed insorgere come una compatta falange contro i suoi nemici e combattere con esito felice più validamente, più alacremente e più velocemente.[...]


Non temo le ribellioni, nè le turbe tumultuose, nè i popoli, nè i re, non temo Garibaldi, non temo Lucifero.
Temo le divisioni tra i vescovi: proclamiamo insieme la medesima verità e non vi siano divisioni tra noi.[...]
Abbracciati in fraterno amore, non dubitiamo di ripetere con il più ampio significato queste parole auree che San Gerolamo scrisse a Papa Damaso, parole auree per questi nostri tempi: io, seguendo nessun'altro che Cristo, mi associo alla tua beatitudine, cioè alla Cattedra di San Pietro. So che quella pietra è edificata la Chiesa. Chiunque mangerà l'agnello fuori da essa, è profano. Se qualcuno non sarà sull'arca di Noè, perirà nel diluvio. Non conosco Vitale, respingo Melezio, ignoro Paolino. Chi non raccoglie con TE, disperde. Chi non è di Cristo, è dell'Anticristo."[...]

[SM=g1740738]


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)