00 11/08/2012 18:33

3.3/ presso gli anglicani

-arcivescovo John Fischer, decapitato nel 1535; la testa esposta per 10 giorni

-madre del cardinal Reginald Pole uccisa nel 1541, perché il figlio si rifiutava di appoggiare Enrico VIII

-Tommaso Moro, decapitato il 6 luglio 1535

 

da Antonio Maria Sicari, Ritratti di santi, Jaca, Milano, 2009 

Nel carcere [Tommaso Moro] scrive uno dei più bei testi filosofico-spirituali in lingua inglese: il Dialogo del conforto nella tribolazione; poi inizia un Commento alla Passione di Cristo. Negli atti del processo si legge:

Interrogato se riconosceva e accettava e riteneva il re quale Capo supremo della Chiesa inglese… si rifiutava di dare una risposta diretta dichiarando: «non voglio più avere a che fare con tutto questo, perché ho fermamente deciso di dedicarmi alle cose di Dio e di meditare sulla sua Passione e sul mio passaggio da questa terra».

Sa di dover morire, ma non vuol dare nessun appiglio. Quando – commentando la passione – giunge alla frase evangelica che dice «gli misero le mani addosso», il trattato si interrompe perché gli tolgono tutto ciò che gli serve per scrivere.

Il 1° luglio, viene condannato a morte per alto tradimento. Allora, con tutta la chiarezza giuridica di cui è capace, dichiara l’illegittimità dell’Atto di supremazia.

Il 6 luglio viene decapitato (p. 42). [...]

«Lascia i vivi e ripensa a quelli che sono morti e che Dio, spero, ha ricevuto in paradiso. Son sicuro che la maggior parte di essi, vivendo, avrebbe giudicato le cose come me… e prego Dio che la mia anima resti in compagnia della loro. Ancora non ti posso dire tutto. Ma, per concludere, figlia mia, come t’ho detto spesso, io non mi incarico di definire, né di discutere in queste materie, non attacco né condanno l’attitudine degli altri, non ho mai detto una parola, né scritto una riga contro la decisione del Parlamento e non mi impiccio per nulla della coscienza di quelli che pensano o dicono che pensano diversamente da me. Non condanno nessuno, ma la mia coscienza su questo punto è tale, che va della mia salvezza. Di ciò Meg, sono convinto come dell’esistenza di Dio» (p. 44). [...] 

«Certamente, Meg, tu non puoi avere un cuore più debole e più fragile di quello di tuo padre… e in verità, in ciò è la mia grande forza, che benché alla mia natura ripugni così grandemente il dolore, che un buffetto mi fa quasi traballare, tuttavia in tutte le agonie sofferte, grazie alla pietà e alla potenza di Dio, non ho mai pensato di acconsentire a tutto ciò che fosse contrario alla mia coscienza» (p. 45).

«Cristo sapeva che molti, per la loro stessa debolezza fisica, si sarebbero lasciati atterrire alla sola idea del supplizio… e ne volle confortare l’animo con l’esempio del suo dolore, la sua tristezza, la sua angoscia, la sua paura. E a chi sarebbe stato fisicamente costituito a quel modo, cioè debole e pauroso, volle dire quasi parlandogli direttamente: ‘Fatti coraggio, tu che sei così debole; per quanto tu ti senta stanco, triste, impaurito e piegato d’intima angoscia... Pensa che ti basterà camminare dietro a me… Affidati a me, se non puoi avere fiducia in te stesso. Vedi: io cammino innanzi a te per questa via che ti fa tanta paura, aggrappati all’orlo della mia veste e da lì attingerai la forza che tratterrà il tuo sangue dal disperdersi in vani timori e terrà saldo il animo al pensiero che stai camminando dietro le mie orme. Fedele alla mie promesse io non permetterò che tu sia tentato al di sopra delle tue forze’». (Nell’Orto… p.35) (p. 46). [...]

Discorso di Tommaso Moro dopo la condanna:

«Milord, dal momento che questa accusa si basa su un atto del Parlamento che è formalmente in contraddizione con le leggi di Dio e della santa Chiesa, secondo le quali nessun principe temporale, mediante nessuna legge, può arrogarsi il supremo governo o una qualche parte di governo che appartiene legittimamente alla sede di Roma, a causa della preminenza spirituale accordata come prerogativa speciale per bocca del nostro Salvatore presente di persona su questa terra, unicamente a san Pietro e ai suoi successori, i vescovi della stessa sede, tale atto è dunque tra i cristiani insufficiente in via di diritto a perseguire qualsiasi cristiano».

All’obiezione che tutti vescovi, tutte le Università e tutti i dotti del regno hanno sottoscritto quell’atto, risponde:

«Quand’anche l’insieme dei vescovi e delle Università fosse così importante quanto Vossignoria sembra credere, io non vedo affatto, Milord, per quale ragione questo debba portare qualche cambiamento nella mia coscienza. Poiché io non metto in dubbio che in tutta la cristianità, anche se non in questo Regno, non sono pochi ad essere del mio parere a tale riguardo.

Ma se parlassi di coloro che sono già morti, e tra essi ora molto sono santi in cielo, sono certissimo che di gran lunga la maggior parte di loro, da vivi hanno pensato come io penso ora; è per questo quindi che non sono tenuto, Milord, a confermare la mia coscienza al concilio di un solo regno contro il Concilio generale della cristianità».

Parole finali di Tommaso Moro davanti ai suoi giudici:

«Non ho nulla da aggiungere, Signori, se non questo: come l’apostolo Paolo, secondo quanto leggiamo negli Atti degli Apostoli, assisté consenziente alla morte di S. Stefano, custodendo addirittura gli abiti di coloro che lo lapidavano, e tuttavia ora è con lui , santo in cielo, e là essi resteranno uniti per sempre, veramente allo stesso modo io spero (e pregherò intensamente per questo) che io e voi, miei Signori, che siete miei giudici e mi avete condannato sulla terra, possiamo, tutti insieme incontrarci con gioia in cielo per la nostra salvezza eterna». (Dalla Biografia, scritta da Roper) (pp. 46-47).

 

3.4/ a “sinistra” di Lutero

da Martin Lutero, Discorsi a tavola, n. 84, p. 14 (in Discorsi a tavola. Passi scelti e chiose di G.B. Proja, Roma, 1983, p. 33)

Müntzer, Carlostadio, Campano sono proprio diavoli incarnati. Infatti non pensano altro che a nuocere e vendicarsi.

da Martin Lutero, Discorsi a tavola, n. 440, p.34 (cfr. anche n. 1793, p. 152) (in Discorsi a tavola. Passi scelti e chiose di G.B. Proja, Roma, 1983, pp. 33-34)

Perciò d’ora innanzi Butzer [collega e continuatore del morto Zwingli] non avrà presso di me alcuna speranza di indulgenza e di perdono, perché giustifica ancora Zwingli e non si pente ancora del falso dogma. Essi sono strumenti di Satana perché san vendere parole così belle che splendono con tanta grazia e tuttavia sono puro veleno.

da T. Müntzer, scritti diretti agli abitanti di Allstedt del 26 o 27 aprile 1525 (quando incitò i suoi seguaci , quali “servitori di Dio contro gli empi”, ad aderire alla guerra dei contadini “con la spada di Gedeone” (cfr. E. Iserloh, La riforma protestante, in H. Jedin, Storia della chiesa, VI, Jaca, Milano, 1975, p. 161)

Io vi dico questo: che se voi non volete soffrire per amore di Dio, dovete essere martiri di Satana... Tutte le nazioni, la tedesca, la francese e quelle straniere in genere sono vigilanti... Non spaventatevi, dunque. Dio e con voi... Non dovete temere la gran massa: la lotta non è vostra, ma del Signore. Non siete voi a combattere.

da Luther Blisset, Q, Einaudi, Torino, 2000, p. 86

Vidi falci trasformarsi in spade, zappe divenire lance e uomini semplici lasciare l’aratro per mutarsi nei più impavidi guerrieri. Vidi un piccolo falegname incidere un grande crocifisso e guidare le schiere di Cristo come il capitano del più invincibile esercito. Vidi tutto questo e vidi quegli uomini e quelle donne raccogliere la propria fede e farne bandiera di rivincita. L'amore stringeva i cuori in quell'unico fuoco che avvampava dentro di noi: eravamo liberi ed eguali nel nome di Dio e avremmo spaccato le montagne, fermato i venti, ucciso tutti i nostri tiranni per realizzare il Suo regno di pace e fratellanza. Potevamo farlo, finalmente potevamo farlo: la vita ci apparteneva.

da Luther Blisset, Q, Einaudi, Torino, 2000, pp. 113-114

- Popolo di Mühlhausen, ascolta, la battaglia finale è prossima! Il Signore presto metterà l'empio nelle nostre mani, come fece con i Madianiti e con i loro re, sconfitti dalla spada di Gedeone, figlio di Ioas. Come le genti di Succot, anche voi, dubitando della potenza del Dio d’Israele, rifiutate di portare aiuto alle schiere degli eletti, e riservate i cannoni e le armi alla difesa del vostro privilegio, Gedeone sconfisse le tribù di Madian con trecento uomini, di trentamila che ne aveva chiamati a raccolta. Fu il Signore ad assottigliare le sue fila, perché il popolo non credesse di aver trionfato grazie alle sue sole forze. Coloro che temevano furono cacciati indietro. Non diversamente oggi, la schiera degli eletti si assottiglia, per la defezione dei cittadini di Mühlhausen. Io dico che questo è bene: perché nessuno potrà dimenticare quel che il Signore ha fatto per il suo popolo e, se fosse necessario, sarei pronto a muovere da solo contro i mercenari dei principi. Nulla è impossibile a coloro che hanno fede. Ma a colui che non ha, sarà tolto anche quello che ha. Per questo ascoltate, gente di Mühlhausen: il Signore ha scelto i suoi, gli eletti; chi non ha il cuore gonfio del coraggio della fede, non ostacoli i progetti di Dio: se ne vada, ora, verso il suo destino di cane. Via! Torni alla bottega, torni al suo letto. Vada via, scompaia per sempre.

La gente comincia a urlare e a gridare, a spingersi e a ondeggiare e si accendono risse un po' dappertutto tra coloro che si ritengono degni e quelli che vogliono restare a casa e danno del pazzo a Magister Thomas, urlando a gran voce.

Alla fine, rimangono proprio in trecento, per lo più gente di fuori, vagabondi giunti in città per far razzia nelle chiese, poveracci e gente di San Nicola, che non abbandonerebbero Thomas Müntzer nemmeno se il sole si facesse nero. Il Magister, che non ha più aperto bocca, fa per rivolgersi al suo piccolo esercito, quando quello si divide in due, per lasciar passare alcuni miliziani che trascinano tre cannoni.

da Luther Blisset, Q, Einaudi, Torino, 2000, p. 197

Le idee di Lutero si erano diffuse tra il popolino e anche tra i mercanti che si arricchivano alle sue spalle. Le faccende di Germania rimanevano lontane, l'ubbidienza a cui erano stati ricondotti i contadini tedeschi non poteva riguardare i lavoratori delle manifatture olandesi, i tessitori, i carpentieri dei porti, gli artigiani di quelle città in costante espansione. La religione riformata di Lutero portava con sé nuovi dogmi, nuove autorità religiose, che alienavano la fede ai credenti in modo appena più tenue di quanto facessero i papisti. L'eguaglianza nella fede, la vita comunitaria, avevano bisogno di una linfa diversa. Noi eravamo lì per portarla.

da Luther Blisset, Q, Einaudi, Torino, 2000, pp. 290-291;297;312

Cominciano i mendicanti di Münster, che entrano nella Cattedrale e da buoni ultimi si prendono un anticipo su quello che dovrebbe spettargli nel regno dei cieli: spariscono gli ori, i candelabri, i broccati delle statue e l’obolo per i poveri passa direttamente nelle mani degli interessati, senza che i preti possano farci la cresta. Quando Bernhard Mumme, filatore e cardatore, si trova di fronte all'orologio che per anni ha scandito il tempo della sua fatica, ascia in mano, non ci pensa due volte a far saltare quei marchingegni infernali. Intanto i suoi colleghi cagano nella biblioteca capitolare, lasciano ricordi maleodoranti nei libroni liturgici del vescovo, le pale d’altare vengono tirate giù, e, affinché possano servire da stimolo agli stitici, con esse viene edificata una latrina pubblica sull’Aa. Il battistero viene giù a suon di mazzate, insieme all’organo a canne. Ci si dà alla gozzoviglia sfrenata sotto le volte, un banchetto è allestito sull’altare, finalmente si mangia in quantità, finalmente si scopa contro le colonne della navata, per terra, lo spirito liberato d'ogni fardello, tutti a pisciare sulle pietre tombali dei signori di Münster, su quei nobilissimi scheletri che giacciono li sotto il pavimento. E dopo aver dato concime a volontà a quelle salme aristocratiche, tutti a lavarsi il culo nelle acquasantiere.

Piangete, santi, strappatevi la barba, il vostro culto è finito.

Piangete, signori di Münster, voi che con la devozione dell'oro circondate il presepe di Cristo: la vostra epoca è tramontata. Niente di tutto ciò che per secoli ha rappresentato il potere nefando dei preti e dei signori deve rimanere in piedi.

Le altre chiese subiscono lo stesso genere di visite, frotte di poveracci carichi di bottino si aggirano per le strade, regalano i paramenti da messa alle puttane, danno fuoco ai documenti di proprietà asportati dalle parrocchie.

Tutta la città è in festa, le processioni carnevalesche percorrono le vie sui carri. Tile Bussenschute vestito da frate attaccato a un aratro. La puttana più famosa di Münster portata intorno al cimitero di Uberwasser con l'accompagnamento di salmi, sventolio di vessilli sacri e suono di campane.

[...]

[parla Jan Matthys] - Questo è il luogo prescelto. Questa è la Nuova Gerusalemme: non c’è posto per i non rigenerati. Possono ancora scegliere, convertirsi. Ma il tempo è giunto agli ultimi rintocchi. Che facciano presto.

- E se non lo fanno?

- Saranno spazzati via insieme a tutto ciò che è decrepito.

[...]

A uccidere ogni curiosità, e ogni ingegno. Sale piano il fumo del rogo dei libri. A manciate raccolgono i volumi che vengono scaricati sul selciato dai carri, e li gettano nel falò; una colonna di fuoco alta fino a lambire il cielo, per richiamare gli angeli col fumo di Pietro Lombardo, Agostino, Tacito, Cesare, Aristotele...

Il Profeta, ritto in piedi sul palco, stringe in mano una Bibbia. Sono certo che mi vede. Sillabe che non superano il vociare esaltato della gente, né il crepitio del fuoco, ma sono pronunciate per me, da quelle labbra sottili.

- Vane parole d'uomini, non vedrete il giorno del tuono. La Parola, e soltanto essa, canterà il giudizio del Padre.

La catasta cresce e si consuma, si alza e incenerisce, scorgo una copia di Erasmo, a dimostrare che quel Dio non ha più bisogno della nostra lingua, e non ci darà pace. Il vecchio mondo si consuma come pergamena nel fuoco...

3.5/ l’iconoclastia

da Olivier Christin, I protestanti e le immagini, in Arti e storia el Medioevo. IV Il Medioevo al passato e al presente, Einaudi, Torino, 2004, pp. 99-100

La posizione di Lutero riguardo alle immagini si modifica sensibilmente intorno al 1520-22 in parte a causa del conflitto con Carlostadio. La svolta può essere forse individuata, in questo caso, nei sermoni della Quaresima del 1522. Pur mantenendo vivi gli attacchi contro la falsa sicurezza delle buone opere e il lusso inutile, Lutero sottolinea che nessuno, nemmeno il più semplice di spirito, è tanto sciocco da confondere l'immagine con chi essa rappresenta, e prendere per divini dei segni umani. Inoltre, Lutero contesta l'efficacia politica dell'iconoclastia.

L'iconoclastia luterana non esiste in sé. È tutta questione di contesto locale, di rapporti di forze tra il clero, il magistrato del luogo, la popolazione urbana. Non c'è un unico modello di ritiro delle immagini.

In un grande numero di casi, il magistrato cittadino, il Rat, intende conservare il controllo del processo di trasformazione delle chiese. Il fine e la giustificazione di questo atteggiamento sono quelli di evitare tumulti, di mantenere l'ordine, di impedire gli scandali. D'altronde, fu questo uno degli argomenti principali di Lutero nel suo scontro con Carlostadio: le violenze iconoclastiche scandalizzano i semplici, li turbano profondamente, urtando la loro sensibilità. Le violenze impediscono o allontanano il trionfo del Vangelo, più di quanto non lo favoriscano. Inoltre, la confisca o l'eliminazione delle immagini pongono immediatamente problemi giuridici complessi: a chi appartengono realmente questi beni dall'ambiguo statuto?

-cfr. Martin Lutero e Cranach, suo pittore ufficiale; cfr. la chiesa parrocchiale di Santa Maria di Wittenberg

da Olivier Christin, I protestanti e le immagini, in Arti e storia el Medioevo. IV Il Medioevo al passato e al presente, Einaudi, Torino, 2004, pp. 108-109

L'iconoc1astia è divenuta endemica nel corso degli anni 1550. Fino dagli anni 1560-61, vale a dire prima delle guerre, assume una dimensione rivoluzionaria, suscita le sommosse che radunano centinaia di partecipanti, tocca pressoché tutte le regioni del regno, specie quelle sudoccidentali. Una marea di pubblicazioni, anonime o no, di libelli, di canzoni, di componimenti poetici giustifica e celebra la distruzione degli idoli. Le prudenze di Calvino sono dimenticate: questi testi violenti e gioiosi invitano i fedeli ad agire, a non perdere tempo, a instaurare al più presto il regno del Vangelo in terra. Un canto anonimo di questi primi anni di guerra civile così chiama alla distruzione immediata delle immagini: «ôte la toile de tes yeux / Et reconnais le Dieu des cieux, / Peuple abruti. Tombe par terre / Tes idoles de bois et de pierre» («strappa il velo dai tuoi occhi /  E riconosci il Dio dei cieli, / Popolo abbrutito. Getta a terra / I tuoi idoli di legno e di pietra»). Abbattere gli idoli è dunque il primo passo verso la vera fede, il presupposto indispensabile, la condizione necessaria per riconoscere il vero Dio. Una volta fatto questo, il trionfo della Parola di Dio sarà imminente. [...]

[A Lione], da un lato, i soldati protestanti entrano nella chiesa di San Giusto e cominciano subito, secondo un testimone, ad «abbattere, demolire e frantumare tutte le immagini, i reliquiari e gli altari della chiesa». Allo stesso modo, si impadroniscono di «libri e abiti che offrono in strada al dileggio». Altri testimoni confermano che i soldati si sono introdotti nelle case dei canonici e hanno rubato o distrutto ciò che vi hanno trovato. Fanno nelle strade parate e sfilate parodistiche. Dall'altro lato, tuttavia, alcuni gesti si rifanno con tutta evidenza a un rituale più sofisticato. Quella stessa mattina, il pastore Ruffy entra nella cattedrale di San Giovanni e fa cadere a terra il grande crocifisso. Ci salta sopra a piedi giunti sguainando la sua spada; mozza la testa del Cristo e la brandisce in alto gridando: «Ecco la testa dell'idolo». Il pastore ordina quindi di ridurre il resto del corpo in quattro pezzi e si reca alla residenza episcopale con la testa in mano. Infine, qualche giorno più tardi, il barone des Adrets, comandante delle truppe protestanti della regione, giunge a Lione. Molto rapidamente, pone fine a questa prima iconoclastia, indotto a questo da una lettera di Calvino in data 16 maggio 1562. Da quel momento, l'iconoclastia cambia radicalmente. Sono stati stipulati dei contratti tra il barone des Adrets, i suoi rappresentanti o il consolato, e alcuni demolitori privati, pagati per il loro lavoro. Alcuni notai o librai sono incaricati di redigere inventari esatti dei beni sequestrati nelle chiese e di consegnarli alle autorità. Gli iconoclasti privati sono perseguiti dalla giustizia come razziatori.



[SM=g1740771]  continua...........

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)