00 15/12/2008 07:47
La mariologia di Benedetto XVI – 25

 
di BRUNO SIMONETTO


Il rosario
secondo Ratzinger


  http://www.stpauls.it/madre/0710md/0710md16.htm 


Tutta la mariologia di Benedetto XVI confluisce in certo modo nel rosario: ne è come l’espressione riepilogativa. Presentiamo, oltre ad alcuni discorsi, squarci intimi di come il Papa vive questa preghiera.

Nel mese del rosario, proponiamo ancora una riflessione sull’importanza che Benedetto XVI riserva a questa devozione mariana, sempre vivamente raccomandata dai Papi, ricordando intanto la risposta che dava, ancora cardinale, nel 2000 al giornalista Peter Seewald che gli chiedeva: «Eminenza, quale pensa sia il segreto misterioso del rosario?». Ratzinger rispondeva puntualmente tracciando una specie di excursus storico-psicologico della pratica del rosario ed evidenziandone tutta la potenzialità: «L’origine storica del rosario risale al Medioevo. Era quello un tempo in cui i salmi rappresentavano il punto di riferimento principale per chi pregava. Ma i salmi biblici rappresentavano un ostacolo insuperabile per tutti coloro che all’epoca non sapevano leggere, che erano i più. Si è così cercato un salterio adeguato alle loro esigenze e lo si è trovato nella preghiera mariana cui si aggiungevano i misteri della vita di Gesù Cristo, allineati, uno dopo l’altro, come grani di una collana.

«Queste preghiere toccano la corda della meditazione; la reiterazione delle parole, il ritmo ripetitivo cullano l’anima e le trasmettono serenità, mentre il concentrarsi sulla parola e in particolare sulla figura di Maria e sulle immagini di Cristo, che si sgranano davanti ai nostri occhi, calmano l’anima e la liberano da preoccupazioni e le consentono di sollevare lo sguardo verso Dio.

«In effetti», continua, «il rosario ci restituisce quella sapienza originaria che sa bene come la reiterazione sia una componente importante della preghiera e della meditazione, sia un modo per cullarsi in un ritmo sempre uguale che ci trasmette la serenità [...].

«Coloro che allora recitavano il rosario, avevano duramente lavorato tutto il giorno. Non erano in grado, pregando, di compiere grandi percorsi intellettuali. Al contrario, avevano bisogno di una preghiera che restituisse loro la serenità, che li distraesse anche, che li liberasse dalle preoccupazioni e offrisse loro consolazione e ristoro. Penso che questa arcaica esperienza della storia delle religioni della reiterazione, del ritmo, della parola collettiva, della coralità che mi trascina e mi culla e riempie di sé lo spazio, che non mi tormenta, ma mi trasmette la calma, mi consola e mi libera, è stata pienamente assunta dal cristianesimo e ispira la preghiera e l’interiorizzazione della preghiera nel contesto mariano e nella riproposizione della figura di Cristo agli uomini, scavalcando l’intellettualismo a favore di una valorizzazione dell’effetto rasserenante che produce il cullarsi dell’anima nelle parole della preghiera» (Dio e il mondo, San Paolo 2001, pp. 289-290).

Papa Benedetto XVI recita il rosario (visita al santuario del Divino Amore del 1° maggio 2006).
Papa Benedetto XVI recita il rosario (visita al santuario del Divino Amore del 1° maggio 2006).

Da una riflessione di carattere più generale, il discorso dell’intervistatore si spostava su note più personali circa il modo di recitare il rosario dell’intervistato. Chiedeva Peter Seewald: «Lei ha una maniera particolare di recitare il rosario?». E il cardinale rispondeva con disarmante semplicità: «Lo faccio in modo molto semplice, proprio come i miei genitori mi hanno insegnato. Entrambi hanno amato molto il rosario. E più sono invecchiati più l’hanno amato. Invecchiando, si è sempre meno in grado di fare grossi sforzi spirituali e tanto più forte si sente l’esigenza di individuare un rifugio interiore e di farsi cullare dalle preghiere della Chiesa. Anch’io prego nel modo in cui l’hanno fatto loro».

Insisteva il giornalista: «Ma come si fa? Recita una sola parte del rosario o tutte e tre di seguito?». E Ratzinger, con umiltà e sincerità: «No, tre per me sono troppe; sono uno spirito irrequieto, non conserverei la concentrazione tanto a lungo. Ne scelgo una, e spesso mi limito alla proclamazione di due o tre dei cinque misteri, perché corrispondono alla pausa che io riesco a ritagliarmi dal lavoro e di cui ho bisogno per sgombrare la mente, per ritrovare serenità, in attesa di immergermi di nuovo nel lavoro, con più lena. In questa situazione un rosario intero sarebbe troppo» (pp. 290-291).

In realtà, si può dire che tutta la mariologia di Papa Ratzinger confluisce nel rosario, che per lui ne è come l’espressione riepilogativa.


Esortazioni di papa Benedetto alla pratica del rosario


A puro titolo esemplificativo (perché in tante altre occasioni anche papa Ratzinger – come gli altri Pontefici – ha invitato a ricorrere alla preghiera del rosario), citiamo alcune esortazioni di Benedetto XVI a questa pia pratica:

1 Nel Messaggio ai giovani d’Olanda, in occasione della 1ª Giornata nazionale dei giovani cattolici, scriveva (21 novembre 2005): «Vi invito a cercare ogni giorno il Signore, che non desidera altro se non che siate realmente felici. Intrattenete con Lui una relazione intensa e costante nella preghiera e, per quanto vi è possibile, trovate momenti propizi nella vostra giornata per restare esclusivamente in sua compagnia. Se non sapete come pregare, chiedete che sia Lui stesso ad insegnarvelo e domandate alla sua celeste Madre di pregare con voi e per voi. La recita del rosario può aiutarvi ad imparare l’arte della preghiera con la semplicità e la profondità di Maria».


2
In visita al santuario del Divino Amore a Roma, il Papa ha aperto nel 2006 il mese di maggio con la recita dei misteri gaudiosi del santo rosario, che ha poi sapientemente illustrato: « È per me motivo di conforto essere oggi con voi per recitare il santo rosario, in questo santuario della Madonna del Divino Amore, in cui si esprime il devoto affetto per la Vergine Maria, radicato nell’animo e nella storia del popolo di Roma. Una gioia particolare nasce dal pensiero di rinnovare così l’esperienza del mio amato predecessore Giovanni Paolo II che, esattamente ventisette anni or sono, primo giorno del mese di maggio 1979, compì la sua prima visita da Pontefice a questo santuario [...].



«Abbiamo recitato il santo rosario percorrendo i cinque misteri gaudiosi, che fanno passare davanti agli occhi del nostro cuore gli inizi della nostra salvezza, dal concepimento di Gesù per opera dello Spirito Santo nel grembo della Vergine Maria fino al ritrovamento di Lui, ormai dodicenne, nel tempio di Gerusalemme, mentre ascoltava e interrogava i dottori. Abbiamo ripetuto e fatto nostre le parole dell’angelo: "Rallègrati Maria, piena di grazia, il Signore è con te", e anche le espressioni con cui santa Elisabetta accolse la Vergine, che si era prontamente recata da lei per aiutarla e servirla: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo". Abbiamo contemplato la fede docile di Maria, che si fida senza riserve di Dio e si mette totalmente nelle sue mani. Ci siamo sentiti anche noi, con i pastori, vicini al bambino Gesù che giace nella mangiatoia e abbiamo riconosciuto e adorato in Lui il Figlio eterno di Dio diventato, per amore, nostro fratello e così anche nostro unico Salvatore. Siamo entrati anche noi, con Maria e Giuseppe, nel tempio per offrire a Dio il bambino e compiere il rito della purificazione: e qui ci siamo sentiti anticipare, nelle parole del vecchio Simeone, insieme alla salvezza la contraddizione e la croce, e quella spada che, sotto la croce del Figlio, trafiggerà l’anima della Madre e proprio così la renderà non soltanto Madre di Dio ma anche nostra comune madre».



3
Nell’omelia a commento della recita del rosario nel santuario dell’Aparecida (12 maggio 2007), nel recente viaggio apostolico in Brasile, il Papa ha detto: «Come gli apostoli, insieme a Maria, "salirono alla stanza superiore" e lì, "uniti dallo stesso sentimento, si dedicavano assiduamente alla preghiera" (cf At 1,13-14), così anche noi quest’oggi ci siamo radunati qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che in questa ora è per noi "la stanza superiore" dove Maria, Madre del Signore, si trova in mezzo a noi. Oggi è Lei che guida la nostra meditazione; è Lei che ci insegna a pregare. È Lei che ci addita il modo di aprire le nostre menti ed i nostri cuori alla potenza dello Spirito Santo, che viene per essere trasmesso al mondo intero.


«Abbiamo appena recitato il rosario. Attraverso i suoi cicli meditativi, il divino Consolatore vuole introdurci nella conoscenza del Cristo che sgorga dalla fonte limpida del testo evangelico. Dal canto suo, la Chiesa del terzo millennio si propone di offrire ai cristiani la capacità di "conoscere – secondo le parole di San Paolo – il mistero di Dio, cioè Cristo, nel quale sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della scienza" (Col 2,2-3).

«Maria santissima, la Vergine pura e senza macchia, è per noi scuola di fede destinata a guidarci e a darci forza sul sentiero che porta incontro al Creatore del cielo e della terra.

«Il Papa è venuto ad Aparecida con viva gioia per dirvi innanzitutto: "Rimanete alla scuola di Maria!". Ispiratevi ai suoi insegnamenti, cercate di accogliere e di conservare nel cuore le luci che Lei, per mandato divino, vi invia dall’alto.


«Com’è bello stare qui riuniti nel nome di Cristo, nella fede, nella fraternità, nella gioia, nella pace e "nella preghiera con Maria, la Madre di Gesù" (At 1,14).

«Com’è bello, carissimi presbiteri, diaconi, consacrati e consacrate, seminaristi e famiglie cristiane, essere qui nel santuario di Nostra Signora della Concezione Aparecida, che è dimora di Dio, casa di Maria e casa dei fratelli, e che in questi giorni si trasforma anche in sede della V Conferenza episcopale latino-americana e dei Caraibi.

«Com’è bello essere qui in questa basilica mariana verso la quale, in questo tempo, convergono gli sguardi e le speranze del mondo cristiano, in modo speciale dell’America Latina e dei Caraibi!

«È con grande speranza che mi rivolgo a voi tutti che vi trovate all’interno di questa maestosa basilica, o che hanno partecipato al santo rosario stando all’esterno, per invitarvi a diventare profondamente missionari e a portare la buona novella del Vangelo a tutti i punti cardinali dell’America Latina e del mondo. Chiediamo alla Madre di Dio, Nostra Signora della Concezione Aparecida, che protegga la vita di tutti i cristiani. Lei, che è la Stella dell’Evangelizzazione, guidi i nostri passi sul cammino verso il Regno celeste».




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La mariologia di Benedetto XVI – 26

 
di BRUNO SIMONETTO

Un antidoto all’"eresia eterna"
   

Nel 1997 il cardinale Ratzinger pubblicava un commento alla Redemptoris Mater, in cui presenta Maria come "antidoto" ad eresie ricorrenti nella storia, frutto di una visione negativa del femminile.

In occasione della presentazione dell’Enciclica di Giovanni Paolo II Redemptoris Mater, nel 1997, l’allora cardinale Ratzinger pubblicò una riflessione sull’utilità del documento pontificio (Maria tra femminismo e gnosi) nella quale affrontava diversi temi di natura esegetico-biblica.

Riproduciamo qui – con qualche annotazione esplicativa – la parte di tale riflessione relativa al ruolo della Beata Vergine Maria quale «antidoto all’eresia eterna» costituita dalla gnosi, al moderno femminismo e ad altri errori teologici connessi.

«Il cosiddetto Vangelo degli Egiziani (risalente al secolo II) attribuisce queste parole a Gesù: "Sono venuto ad annullare le opere della realtà femminile". Tali parole esprimono un motivo fondamentale dell’interpretazione gnostica del cristianesimo, motivo che – in una formulazione un po’ diversa – ricorre anche nel cosiddetto Vangelo di Tommaso: «Allorché di due ne farete uno, allorché farete [...] la parte superiore come l’inferiore, allorché del maschio e della femmina farete un unico essere, sicché non vi sia più né maschio né femmina [...], allora entrerete nel regno» (loghion 15, p. 486). Similmente ivi leggiamo, in chiara contrapposizione a Galati 4,4: "Quando vedrete colui che non è nato da donna, prostratevi bocconi e adoratelo: egli è il vostro padre".

«In questo contesto è interessante osservare come Romano Guardini vede un segno del superamento dello schema fondamentale gnostico da parte degli scritti giovannei [Vangelo e lettere di Giovanni, più Apocalisse, ndr] nel fatto che "nel complesso dell’Apocalisse, il femminile gode di quella pari dignità del maschile, che Cristo gli ha conferito. È vero che il momento del male, della sensualità e del femminile confluiscono nella figura della prostituta babilonese; ciò però sarebbe pensato in termini gnostici se dall’altra parte il bene comparisse solo in figura maschile. In verità esso trova un’espressione radiosa nella comparsa della donna cinta di stelle. Se proprio volessimo parlare di una prevalenza, dovremmo piuttosto assegnarla al femminile; infatti, la figura in cui il mondo redento si struttura in maniera definitiva è quello della "sposa"».

Il cardinale Joseph Ratzinger nel 1997, quando commentò la Redemptoris Mater.
Il cardinale Joseph Ratzinger nel 1997, quando commentò la Redemptoris Mater.

Un problema di giusta interpretazione della Bibbia

«Con questa osservazione Guardini ha messo il dito su una questione fondamentale di una giusta interpretazione della Bibbia. L’esegesi gnostica è caratterizzata dal fatto di identificare il femminile con la materia, con il negativo e con il nulla, cose che non possono far parte dell’affermazione salvifica della Bibbia; naturalmente, simili posizioni radicali possono anche capovolgersi nel loro opposto, nella rivolta contro valutazioni del genere e nel loro completo rovesciamento.

«Nell’evo moderno, a partire dal messaggio biblico, ha preso piede per altri motivi una esclusione meno radicale, ma non meno efficace del femminile; un "solus Christus" esagerato indusse a rifiutare ogni cooperazione della creatura, ogni significato autonomo della sua risposta e a vedervi un tradimento della grandezza della grazia. Perciò da Eva fino a Maria, lungo la linea femminile della Bibbia, non poteva esserci nulla di teologicamente rilevante: quanto i Padri e il Medioevo avevano detto al riguardo fu inesorabilmente bollato come ritorno al paganesimo e tradimento dell’unicità del Redentore.

«I femminismi radicali odierni», argomenta Ratzinger, «vanno senza dubbio interpretati solo come lo sfogo dello sdegno per una simile unilateralità, sfogo a lungo represso e che ora assume naturalmente posizioni davvero pagane o neognostiche: la rinuncia al Padre e al Figlio, che ivi si verifica, colpisce al cuore la testimonianza biblica.

«Tanto più importante diventa leggere la Bibbia stessa e leggerla tutta. Allora si vede che, nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo ai patriarchi e al Servo di Dio, corre la linea che va da Eva, alle donne dei patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia: un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia inconcluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione della ecclesia diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile col mistero cristologico.

«La scomparsa di Maria e della ecclesia in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità. L’allontanamento dalla ecclesia fa anzitutto scomparire il luogo esperienziale in cui tale unità diventa visibile. Tutto il resto segue poi da solo. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento, selezione secondo la quale ciò che è presuntamente più antico viene dichiarato l’unico valido, con conseguente deprezzamento di Luca e di Giovanni. Invece, solo nel tutto troviamo il tutto».

Tali concetti sono stati illustrati da Ratzinger anche nei suoi due saggi mariologici: La figlia di Sion. La devozione a Maria nella Chiesa e Maria. Chiesa nascente.

Il grande teologo e filosofo Romano Guardini (1885-1968).
Il grande teologo e filosofo Romano Guardini (1885-1968).

Maria e il nuovo femminismo

L’attenzione per la figura di Maria – che partecipa della condizione umana d’inferiorità sociale e religiosa in cui era lasciata la donna, ma che nello stesso tempo si eleva sulle sue sorelle come nuova Eva che esercita un influsso salvifico nella storia e come Theotókos o Madre verginale del Verbo incarnato – è intanto venuta recentemente crescendo nella riflessione della Chiesa, mentre il femminismo prende le distanze e non lesina critiche a questa immagine.

«La punta più impegnata del femminismo cattolico nei confronti della mariologia», rileva Stefano De Fiores in Maria. Nuovissimo Dizionario (vol. 1, EDB, pag. 621), «è rappresentata dalla teologa statunitense Elizabeth Johnson, che nel 2003 pubblica il grosso volume Vera nostra sorella. Una teologia di Maria nella comunione dei santi (Queriniana, Brescia 2005)».

La nuova prospettiva avanzata dalla Johnson è di lasciare il simbolismo per «vedere in Maria – storicamente madre di Gesù e definita nella fede Theotókos (o genitrice di Dio) – una donna concreta della nostra storia che ha camminato con lo Spirito [...]. La mia proposta è che per elaborare una teologia liberante di Maria una pista feconda sia collocarla nella comunione dei santi, e qui ricordarla, nel pericolo e nella consolazione, come una donna con la propria storia particolare, tra le sue contemporanee e dinanzi a Dio» (pp. 11 e 191).

Si tratta di un cambiamento radicale di prospettiva: superando l’inculturazione operata nel secondo millennio che considera Maria nella sua soggettività separata dall’economia della salvezza, occorre riallinearsi con il modello del primo millennio. Da mediatrice situata a metà strada tra Dio e noi, Maria deve tornare a essere «una donna che è vera nostra sorella nelle nostre lotte», deve cioè essere restituita alla sua umanità concreta. E da eccezione, conseguente alla cultura del privilegio, Maria deve essere vista con il Vaticano II come tipo e modello: «Soltanto quando Maria non sarà più l’eccezione, ma diventa la regola per lo status socio-ecclesiale delle donne, il suo culto potrà diventare credibile e la sua immagine potrà sviluppare un potere di trasformazione a favore della solidarietà, della giustizia e della liberazione» (E. Schüssler Fiorenza, Gesù, figlio di Miriam, profeta di Sophia. Questioni critiche di cristologia femminista, Torino 1996, p. 239).


Ma già il futuro papa Benedetto XVI nel citato commento all’Enciclica Redemptoris Mater aveva introdotto tale discorso, paventando il rischio di una lettura femminista del documento di Giovanni Paolo II: «La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i "teologi della liberazione" si richiamano al Magnificat che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il Magnificat diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti».


Sembra che fosse specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: «La lettura femminista della Bibbia», analizza, «vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, Bibbia miniata napoletana, 1340: un brano che viene spesso letto in modo fuorviante.
La cacciata di Adamo ed Eva dal Paradiso, Bibbia miniata napoletana, 1340:
 un brano che viene spesso letto in modo fuorviante.

«Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque, esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia». Proprio per questo, «al fine di rendere più accessibile e comprensibile il documento papale e per facilitarne la lettura», precisa Ratzinger, va posto in luce il modo di procedere dell’enciclica che invita:

1 A leggere la Bibbia come un tutto: «il Papa [in Redemptoris Mater] parla con la Bibbia in questo atteggiamento: egli prende le sue parole così come esse risultano dal suo significato totale, come verità, come informazione su ciò che Dio e l’uomo sono realmente».

2 La linea femminile nella Bibbia. Applicando questo principio alla Redemptoris Mater, osserva infine Ratzinger: «A mio giudizio, l’importanza e l’attualità dell’Enciclica consistono non da ultimo sul fatto che essa ci guida a riscoprire la linea femminile nella Bibbia, con il suo specifico contenuto salvifico, e a imparare che né la cristologia elimina il femminile o lo riduce a una realtà insignificante, né, viceversa, il riconoscimento del femminile pregiudica la cristologia. Solo nella loro giusta relazione e unione si manifesta la verità su Dio e su noi stessi».

Bruno Simonetto
   

Per saperne di più...

Gnosi/gnosticismo. Termine che viene dal greco (gnosis=conoscenza). Indica un complesso di dottrine filosofico-religiose, sorte verso il II secolo dopo Cristo, che fondono elementi attinti da varie tradizioni religiose. Tra le idee fondamentali: la contrapposizione tra Dio e il mondo/materia (visti come negativi), tra un Dio creatore (Demiurgo cattivo) e Dio redentore (buono), la "caduta" dell’anima dal mondo divino nella materia e la necessità di una rivelazione, destinata solo a pochi eletti, per ritornare a Dio (salvezza attraverso la conoscenza).

Alcune correnti della gnosi attingono molto dal cristianesimo e fanno di Gesù (visto come essere puramente spirituale, senza l’incarnazione) il "Salvatore" che rivela parole di sapienza nascosta agli uomini "spirituali". Gnostico è il Vangelo di Tommaso: Gesù parla (spesso con parole simili a quelle dei Vangeli), ma non si dice nulla delle sue azioni, né della sua incarnazione o della passione.




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 La mariologia di Benedetto XVI – 27

 
di BRUNO SIMONETTO

La Madre di Gesù sintesi vivente del Vangelo
   

Nel magistero ordinario della predicazione papa Benedetto XVI ripropone con arte catechetica le sue grandi pagine di mariologia. Ne è un esempio l’omelia tenuta a Mariazell lo scorso 8 settembre.

Anche nella predicazione ordinaria, è sempre incisivo il magistero mariano di papa Ratzinger, profondo esegeta della parola di Dio applicata nel modo più autentico alla figura della Santa Vergine.

Del resto, Gesù Cristo, che è la verità (cf Gv 14,6), ha affidato agli apostoli il deposito della rivelazione da custodire fedelmente (cf 1Tm 6,20) e il compito di annunciarlo a tutte le genti (Mt 28,18-20). Gli apostoli lasciarono come successori nel loro compito di maestri i vescovi, perché il Vangelo fosse conservato integro e vivo nella Chiesa (cf Dei Verbum 7). Il carisma, il munus docendi del Papa e dei vescovi, consiste nel custodire, interpretare, esporre, difendere e trasmettere in forma viva e attuale, alla luce della rivelazione e sotto la guida dello Spirito Santo, i contenuti della fede e della morale. È compito peculiare del magistero dei pastori trasmettere i tesori sempre attuali della parola di Dio.

L’importanza di Maria nella storia della salvezza

L’importanza della Madre di Gesù nella storia della salvezza e il suo posto nella vita di fede e nell’esperienza spirituale del popolo cristiano, mai sfuggita al magistero dei papi e dei vescovi, sono un’esperienza quotidiana, una cordiale consuetudine, almeno nelle Chiese cattolica e orientale.

Natività del Beato Angelico (Convento di San Marco, Firenze, 1441).
Natività del Beato Angelico (Convento di San Marco, Firenze, 1441).

Giovanni Paolo II, nella Lettera ai sacerdoti per il Giovedì Santo del 1995, scriveva che Maria è divenuta anche «fondamentale per il pensare cristiano. Lo è innanzitutto sul piano teologico, per lo specialissimo rapporto di Maria con il Verbo incarnato e la Chiesa, suo mistico corpo. Ma lo è anche sul piano storico, antropologico e culturale».

Non mancano, però, voci che ritengono Maria un fatto marginale nel cristianesimo o un’interpretazione esagerata del cattolicesimo romano. A queste si contrappongono non poche voci autorevoli di teologi, biblisti, patrologi e liturgisti che, per la loro consuetudine a scrutare e approfondire il mistero della Santissima Trinità, di Cristo e della Chiesa, hanno contribuito a dare ponderati contributi alla mariologia non solo cattolica.

Uno di questi teologi del nostro tempo è certamente Joseph Ratzinger, ora Papa, che sulla Madre di Gesù ha scritto e parlato in modo essenziale presentandola come sintesi vivente del Vangelo di Gesù e della missione compiuta nel suo nome, poiché insegna come si accoglie la Parola (Annunciazione), la si genera (Natività), la si presenta al mondo (Epifania), la si conserva dentro di sé (vita di Nazareth), le si crede (presenza a Cana), la si diffonde (Visitazione), le si è fedeli nell’ora della prova (Crocifissione), la si testimonia nella condivisione della fede (Pentecoste).

Per quanto riguarda Maria, nella lunga storia del cristianesimo, il magistero dei pastori è stato vigile nell’arginare insidiose deviazioni dottrinali riguardanti il ruolo e il significato della Madre del Signore, ricorrendo al testo evangelico; solerte nel discernere i fondamenti biblici della pietà ecclesiale e popolare; sollecito nel cogliere, dall’insieme della Scrittura, le radici di una divina Rivelazione su importanti punti della dottrina ecclesiale. Specialmente a partire dal Vaticano II, il magistero è stato sempre più attento alla necessaria dimensione trinitaria, ecclesiale, antropologica, ecumenica, interreligiosa e interculturale della mariologia.

Benedetto XVI, con la sua "mariologia breve", si pone nella scia di queste attenzioni, come risulta dai suoi scritti mariani. Lo conferma anche il magistero ordinario che si esprime nelle sue omelie nelle feste della Vergine Maria. Riportiamo ad esempio, qui di seguito, alcuni passaggi dell’omelia che Papa Ratzinger ha tenuto a Mariazell, nel suo recente viaggio apostolico in Austria, in occasione dell’850° anniversario della fondazione di quel santuario.

Omelia nella festa della Natività di Maria

Nell’omelia della messa celebrata nella festa della Natività di Maria l’8 settembre 2007, papa Benedetto XVI ha detto fra l’altro: «Oggi ci inseriamo nel grande pellegrinaggio di molti secoli. Facciamo una sosta dalla Madre del Signore e la preghiamo: "Mostraci Gesù. Mostra a noi pellegrini Colui che è insieme la via e la meta: la verità e la vita" [...].

«"Guardare a Cristo", è il motto di questo giorno. Questo invito, per l’uomo in ricerca, si trasforma sempre di nuovo in una spontanea richiesta, una richiesta rivolta in particolare a Maria, che ci ha donato Cristo come il Figlio suo: "Mostraci Gesù!". [...] Maria risponde, presentandolo a noi innanzitutto come bambino.

Gesù incontra sua madre, pirografia del paolino Mario Moscatello.
Gesù incontra sua madre, pirografia del paolino Mario Moscatello.

«Dio si è fatto piccolo per noi. Dio non viene con la forza esteriore, ma viene nell’impotenza del suo amore, che costituisce la sua forza. Egli si dà nelle nostre mani. Chiede il nostro amore. Ci invita a diventare anche noi piccoli, a scendere dai nostri alti troni ed imparare ad essere bambini davanti a Dio. Ci chiede di fidarci di lui e di imparare così a stare nella verità e nell’amore. Il bambino Gesù ci ricorda naturalmente anche tutti i bambini del mondo, nei quali vuole venirci incontro. I bambini che vivono nella povertà; che vengono sfruttati come soldati; che non hanno mai potuto sperimentare l’amore dei genitori; i bambini malati e sofferenti, ma anche quelli gioiosi e sani. L’Europa è diventata povera di bambini: noi vogliamo tutto per noi stessi, e forse non ci fidiamo troppo del futuro. Ma priva di futuro sarà la terra solo quando si spegneranno le forze del cuore umano e della ragione illuminata dal cuore, quando il volto di Dio non splenderà più sopra la terra. Dove c’è Dio, là c’è futuro.

«"Guardare a Cristo": gettiamo ancora brevemente uno sguardo al Crocifisso sopra l’altare maggiore. Dio ha redento il mondo non mediante la spada, ma mediante la croce. Morente, Gesù stende le braccia. Questo è innanzitutto il gesto della passione, in cui egli si lascia inchiodare per noi, per darci la sua vita. Ma le braccia stese sono allo stesso tempo l’atteggiamento dell’orante, una posizione che il sacerdote assume quando nella preghiera allarga le braccia: Gesù ha trasformato la passione – la sua sofferenza e la sua morte – in preghiera, e così l’ha trasformata in un atto di amore verso Dio e verso gli uomini. Per questo, le braccia stese del Crocifisso sono, alla fine, anche un gesto di abbraccio, con cui egli ci attrae a sé, vuole racchiuderci nelle mani del suo amore. Così Egli è un’immagine del Dio vivente, è Dio stesso, a lui possiamo affidarci.

«"Guardare a Cristo" . Se questo noi facciamo, ci rendiamo conto che il cristianesimo è di più e qualcosa di diverso da un sistema morale, da una serie di richieste e di leggi. È il dono di un’amicizia che perdura nella vita e nella morte: "Non vi chiamo più servi, ma amici" (cf Gv 15,15), dice il Signore ai suoi. A questa amicizia noi ci affidiamo. Ma proprio perché il cristianesimo è più di una morale, è appunto il dono di un’amicizia, proprio per questo porta in sé anche una grande forza morale di cui noi, davanti alle sfide del nostro tempo, abbiamo tanto bisogno. Se con Gesù Cristo e con la sua Chiesa rileggiamo in modo sempre nuovo il decalogo del Sinai, [...] allora ci si rivela come un grande, valido, permanente ammaestramento. Il decalogo è innanzitutto un "sì" a Dio, a un Dio che ci ama e ci guida, che ci porta e, tuttavia, ci lascia la nostra libertà, anzi, la rende vera libertà (i primi tre comandamenti). È un "sì" alla famiglia (quarto comandamento), un "sì" alla vita (quinto comandamento), un "sì" ad un amore responsabile (sesto comandamento), un "sì" alla solidarietà, alla responsabilità sociale e alla giustizia (settimo comandamento), un "sì" alla verità (ottavo comandamento) e un "sì" al rispetto delle altre persone e di ciò che ad esse appartiene (nono e decimo comandamento). In virtù della forza della nostra amicizia col Dio vivente noi viviamo questo molteplice "sì" e al contempo lo portiamo come indicatore di percorso in questa nostra ora del mondo.

«"Mostraci Gesù!". Con questa domanda alla Madre del Signore ci siamo messi in cammino verso questo luogo. Questa stessa domanda ci accompagnerà quando torneremo nella nostra vita quotidiana. E sappiamo che Maria esaudisce la nostra preghiera: sì, in qualunque momento, quando guardiamo verso Maria, lei ci mostra Gesù. Così possiamo trovare la via giusta, seguirla passo passo, pieni della gioiosa fiducia che la via conduce nella luce – nella gioia dell’eterno Amore. Amen».

Cosa osservare su questo discorso mariologico dal tono schiettamente biblico-pastorale che appartiene all’insegnamento ordinario del Papa? Solo che anche nella sua predicazione di ogni giorno il Santo Padre trova il modo migliore per applicare in modo "catechetico" a Maria la profondità della sua teologia, ampiamente documentata dai suoi studi.


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Benedetto XVI al termine del Rosario a chiusura del mese dedicato a Maria
Il Magnificat è la più vera
interpretazione della storia



"Il Magnificat a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia". Lo ha affermato Benedetto xvi nel discorso al termine della recita del rosario a conclusione del mese mariano. La celebrazione si è svolta alla sera di sabato 31 maggio in piazza San Pietro.



Cari fratelli e sorelle!
Concludiamo il mese di maggio con questo suggestivo incontro di preghiera mariana. Vi saluto con affetto e vi ringrazio della vostra partecipazione. Saluto, in primo luogo, il Signor Cardinale Angelo Comastri; con lui saluto gli altri Cardinali, Arcivescovi, Vescovi e sacerdoti, intervenuti a questa celebrazione serale. Estendo il mio saluto alle persone consacrate e a tutti voi, cari fedeli laici, che con la vostra presenza avete voluto rendere omaggio alla Vergine Santissima.
Celebriamo quest'oggi la festa della Visitazione della Beata Vergine e la memoria del Cuore Immacolato di Maria.

Tutto pertanto ci invita a volgere lo sguardo con fiducia a Maria. A Lei, anche questa sera, ci siamo rivolti con l'antica e sempre attuale pia pratica del Rosario. Il Rosario, quando non è meccanica ripetizione di formule tradizionali, è una meditazione biblica che ci fa ripercorrere gli eventi della vita del Signore in compagnia della Beata Vergine, conservandoli, come Lei, nel nostro cuore. In tante comunità cristiane, durante il mese di maggio, esiste la bella consuetudine di recitare in modo più solenne il Santo Rosario in famiglia e nelle parrocchie. Ora, che termina il mese, non cessi questa buona abitudine; anzi prosegua con ancor maggiore impegno, affinché, alla scuola di Maria, la lampada della fede brilli sempre più nel cuore dei cristiani e nelle loro case.

Nell'odierna festa della Visitazione la liturgia ci fa riascoltare il brano del Vangelo di Luca, che racconta il viaggio di Maria da Nazareth alla casa dell'anziana cugina Elisabetta. Immaginiamo lo stato d'animo della Vergine dopo l'Annunciazione, quando l'Angelo partì da Lei. Maria si ritrovò con un grande mistero racchiuso nel grembo; sapeva che qualcosa di straordinariamente unico era accaduto; si rendeva conto che era iniziato l'ultimo capitolo della storia della salvezza del mondo. Ma tutto, intorno a Lei, era rimasto come prima e il villaggio di Nazareth era completamente ignaro di ciò che Le era accaduto.

Prima di preoccuparsi di se stessa, Maria pensa però all'anziana Elisabetta, che ha saputo essere in gravidanza avanzata e, spinta dal mistero di amore che ha appena accolto in se stessa, si mette in cammino "in fretta" per andare a portarle il suo aiuto. Ecco la grandezza semplice e sublime di Maria! Quando giunge alla casa di Elisabetta, accade un fatto che nessun pittore potrà mai rendere con la bellezza e la profondità del suo realizzarsi. La luce interiore dello Spirito Santo avvolge le loro persone. Ed Elisabetta, illuminata dall'Alto, esclama: "Benedetta tu fra le donne e benedetto il frutto del tuo grembo! A che debbo che la madre del mio Signore venga a me? Ecco, appena la voce del tuo saluto è giunta ai miei orecchi, il bambino ha esultato di gioia nel mio grembo. E beata colei che ha creduto nell'adempimento delle parole del Signore" (Lc 1, 42-45).

Queste parole potrebbero apparirci sproporzionate rispetto al contesto reale. Elisabetta è una delle tante anziane di Israele e Maria una sconosciuta fanciulla di uno sperduto villaggio della Galilea. Che cosa possono essere e che cosa possono fare in un mondo nel quale contano altre persone e pesano altri poteri? Tuttavia, Maria ancora una volta ci stupisce; il suo cuore è limpido, totalmente aperto alle luce di Dio; la sua anima è senza peccato, non appesantita dall'orgoglio e dall'egoismo. Le parole di Elisabetta accendono nel suo spirito un cantico di lode, che è un'autentica e profonda lettura "teologica" della storia: una lettura che noi dobbiamo continuamente imparare da Colei la cui fede è senza ombre e senza incrinature. "L'anima mia magnifica il Signore". Maria riconosce la grandezza di Dio. Questo è il primo indispensabile sentimento della fede; il sentimento che dà sicurezza all'umana creatura e la libera dalla paura, pur in mezzo alle bufere della storia.

Andando oltre la superficie, Maria "vede" con gli occhi della fede l'opera di Dio nella storia. Per questo è beata, perché ha creduto: per la fede, infatti, ha accolto la Parola del Signore e ha concepito il Verbo incarnato. La sua fede Le ha fatto vedere che i troni dei potenti di questo mondo sono tutti provvisori, mentre il trono di Dio è l'unica roccia che non muta e non cade. E il suo Magnificat, a distanza di secoli e millenni, resta la più vera e profonda interpretazione della storia, mentre le letture fatte da tanti sapienti di questo mondo sono state smentite dai fatti nel corso dei secoli.

Cari fratelli e sorelle! Torniamo a casa con il Magnificat nel cuore. Portiamo in noi i medesimi sentimenti di lode e di ringraziamento di Maria verso il Signore, la sua fede e la sua speranza, il suo docile abbandono nelle mani della Provvidenza divina. Imitiamo il suo esempio di disponibilità e generosità nel servire i fratelli. Solo, infatti, accogliendo l'amore di Dio e facendo della nostra esistenza un servizio disinteressato e generoso al prossimo, potremo elevare con gioia un canto di lode al Signore. Ci ottenga questa grazia la Madonna, che questa sera ci invita a trovare rifugio nel suo Cuore Immacolato. A voi tutti la mia Benedizione.
(©L'Osservatore Romano - 2-3 giugno 2008)

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Vogliamo essere veramente segno di contraddizione?

Altro non vi dico (…) Non vorrei più parole, ma trovarmi nel campo della battaglia, sostenendo le pene, e combattendo con voi insieme per la verità infino alla morte, per gloria e lode del nome di Dio, e reformazione della Santa Chiesa…”
(Santa Caterina da Siena, Lettera 305 al Papa Urbano VI ove lottò fino alla morte per difendere l’autorità del Pontefice)

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)