00 02/12/2008 15:24
La mariologia di Benedetto XVI – 7

Il "segno della Donna" nella storia dell’uomo



Rileggiamo i punti focali alla cui luce, nell’enciclica "Redemptoris Mater", è illustrata la figura di Maria, secondo l’analisi del Card. Joseph Ratzinger.


Nel numero della rivista dello scorso mese di Gennaio abbiamo aperto il discorso sul commento del Card. Joseph Ratzinger all’enciclica "Redemptoris Mater" di Giovanni Paolo II, parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano e riservandoci di indicare successivamente i punti focali alla cui luce nell’enciclica è illustrata la figura di Maria. Tutto questo è contenuto ancora nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal futuro Papa Benedetto XVI nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, rieditato di recente]. I principali "punti focali" dell’enciclica – nell’analisi del Card. Ratzinger – sono:

1 – Maria, la credente

2 – Il segno della Donna

3 – La mediazione di Maria.

Vediamoli singolarmente.



Maria, la credente

"L’atteggiamento centrale, alla cui luce la figura di Maria è illustrata nell’enciclica – attacca deciso il Card. Joseph Ratzinger – si chiama fede. Se Gesù è il Verbo incarnato e parla attingendo alla profondità della sua unità col Padre, l’essenza e il cammino di Maria sono caratterizzati in maniera decisiva dal fatto che ella è credente. "Beata colei che ha creduto": questa acclamazione rivolta da Elisabetta a Maria [Lc 1, 45] diventa la parola chiave della mariologia. Maria è così inserita nella lode dei grandi credenti della storia, con cui il cap. 11 della Lettera agli Ebrei ha assegnato il suo luogo teologico alla memoria dei testimoni. Tale luogo biblico fondamentale non viene più abbandonato nel corso di tutta l’enciclica e va tenuto sempre presente per capirla bene.

L’enciclica diventa così anche una catechesi sulla fede, sul rapporto fondamentale dell’uomo con Dio. Il Papa vede l’atteggiamento di Maria in unione con la figura di Abramo: come la fede di Abramo divenne l’inizio dell’Antica Alleanza, così la fede di Maria inaugura nella scena dell’Annunciazione la Nuova Alleanza. La fede è nel suo caso, come nel caso di Abramo, un confidare in Dio e un obbedire a Dio, anche lungo un cammino oscuro. Essa è un lasciarsi cadere, un arrendersi e un affidarsi alla verità, a Dio. Così diventa, nella penombra delle vie imperscrutabili di Dio, una conformazione a lui [cfr. RM, 14].

Di questo primo "punto focale" dell’enciclica Ratziger sottolinea due aspetti:

a] "Il carattere di croce della fede, che Abramo dovette sperimentare in maniera tanto radicale, si manifesta per Maria nell’incontro con il vegliardo Simeone, e quindi nella perdita e nel ritrovamento di Gesù dodicenne. Il Papa sottolinea con forza le parole dell’evangelista: "Ma essi non compresero le sue parole" [Lc 2, 48-50; cfr. n. 17]. Pur nella vicinanza più intima a Gesù il mistero rimane mistero; e tocca anche Maria, non diversamente che nella fede.

b] La meditazione sulla fede di Maria trova il suo punto culminante e la sua sintesi nell’interpretazione della presenza di Maria sotto la Croce. In qualità di credente ella conserva fedelmente e medita nel suo cuore le parole udite [cfr. Lc 1, 29; 2, 19.51]. Ma sotto la Croce la promessa: "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre […] e il suo regno non avrà fine" [cfr. Lc 1, 32-35] sembra definitivamente smentita. La fede entra nella sua kénosi più profonda, sta nell’oscurità totale. Ma appunto così essa è partecipazione piena allo spogliamento [cfr. Fil 2, 5-8] di Gesù. La fede – Abramo ce lo insegna – è comunione con la Croce. E pertanto essa diventa piena solo sulla Croce".



Il segno della Donna

"La catechesi sulla fede – continua il Card. Joseph Ratzinger nella sua fine analisi della "Redemptoris Mater" – include l’idea della via e quindi anche quella della storia. Non stupisce perciò che un secondo filone di pensiero dell’enciclica presenti Maria come guida della storia, come segno dei tempi, ancora una volta in stretto collegamento con la parola biblica.

Nel capitolo dodicesimo dell’Apocalisse si parla del "segno della donna", che viene dato in una determinata ora della storia, per determinare da allora in poi le vicende parallele del cielo e della terra. Tale testo contiene un chiaro riferimento alla descrizione biblica dell’inizio della storia, a quel testo misterioso che la tradizione chiama Protovangelo: "Io porrò inimicizia tra te e la donna, tra la tua stirpe e la sua stirpe: questa ti schiaccerà la testa e tu le insidierai il calcagno"[Gn 3, 15].

In questa sentenza pronunziata sul serpente dopo la caduta nel peccato i Padri videro una prima promessa del Redentore, un’allusione alla discendenza che schiaccia la testa del serpente. Importante per i Padri fu anche il fatto che già in questo primo inizio il tema cristologico e quello mariologico sono inseparabilmente intrecciati. La prima promessa di Cristo, ancora semioscura e decifrabile solo alla luce dei tempi successivi, è una promessa fatta alla donna e per mezzo della donna […].

Maria, che ha generato il Cristo, è diventata il segno della speranza; ella è la guida della speranza. La decisione di Dio in favore dell’uomo, che nell’Incarnazione diventa visibile, "è più potente di ogni esperienza del male e del peccato, di tutta quella ‘inimicizia’ di cui è segnata la storia dell’uomo…" [cfr. RM, 11].



La mediazione di Maria

La terza parte dell’enciclica ["Mediazione materna"] segna come il vertice della riflessione del documento pontificio ed anche – come scrive Ratzinger – "senza dubbio, il punto su cui si concentrerà la discussione teologica ed ecumenica". La ragione è che, se è vero che "anche il Concilio Vaticano II ha già menzionato il titolo di "Mediatrice" e sostanzialmente ha parlato della mediazione di Maria [cfr. LG 60 e 62], mai però finora il tema è stato trattato con tale ampiezza in documenti magisteriali […]. Sicché, nella sostanza, l’enciclica non si spinge oltre il Concilio, di cui adotta la terminologia; tuttavia approfondisce i suoi spunti e conferisce quindi loro nuovo peso per la teologia e la pietà".

Ecco di quali spunti si tratta:

a] Anzitutto, il Papa descrive teologicamente l’idea della mediazione, salvaguardandola da fraintendimenti: egli sottolinea con molta energia l’unica mediazione di Gesù Cristo, ma afferma pure che tale unicità non è esclusiva, bensì inclusiva, nel senso che rende possibili forme di partecipazione […]."Partendo da qui – osserva Ratzinger – il Papa sviluppa la sua terminologia.

b] La mediazione di Maria poggia sulla partecipazione all’ufficio mediatore di Cristo, al cui confronto è un servizio subordinato [cfr. RM, 38]. La mediazione di Maria assume perciò la forma dell’intercessione [cfr. RM, 21]. Ma Giovanni Paolo II non si ferma qui.

"La mediazione di Maria – prosegue l’analisi di Joseph Ratzinger – anche se si colloca sulla linea della cooperazione creaturale all’opera del Redentore, riveste tuttavia il carattere della "straordinarietà"; essa svetta in maniera unica al di sopra del modo di mediazione in linea di principio possibile a ogni uomo nella Comunione dei Santi […].

Ma l’elaborazione concettuale vera e propria della specifica mediazione mariana viene effettuata principalmente nella terza parte dell’enciclica, ancora una volta collegando in maniera sublime vari passi scritturistici, in apparenza assai distanti fra di loro, ma che proprio con il loro accostamento – unità della Bibbia! – sprigionano una luce sorprendente. La tesi fondamentale del Papa suona: la specificità della mediazione di Maria sta nel fatto che essa è una mediazione materna, ordinata alla continua nascita di Cristo nel mondo. Essa mantiene presente nell’evento della Salvezza la dimensione femminile, che ha in lei il suo centro permanente. Naturalmente, ove la Chiesa viene concepita solo in maniera istituzionale […] non rimane più spazio per una cosa del genere. La "consapevolezza materna della Chiesa primitiva" [cfr. RM, 43] a cui il Papa allude – conclude il Card. Ratzinger – è per noi d’attualità proprio oggi".



c] "Ora possiamo domandarci: perché dobbiamo vedere questa dimensione femminile e materna della Chiesa fissata per sempre in Maria? L’enciclica risponde partendo da un passo scritturistico che a prima vista sembra decisamente ostile a ogni venerazione di Maria, quando Gesù risponde alla donna sconosciuta che gli grida entusiasta: "Beato il grembo che ti ha portato!" [Lc 11, 27]: "Beati piuttosto coloro che ascoltano la Parola di Dio e la osservano!" [Lc 11, 28]. A tali parole il Papa collega una sentenza del Signore che va nella medesima direzione: "Mia madre e i miei fratelli sono coloro che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica" [Lc 8, 20s].

In realtà – commenta Ratzinger – questi testi ci fanno conoscere due cose molto importanti: la prima, che al di là della maternità fisica irripetibile di Cristo, esiste un’altra dimensione della maternità, che può e deve continuare; la seconda, che tale maternità – che fa nascere continuamente Cristo – è basata sull’ascolto, sulla conservazione e sulla realizzazione della Parola di Gesù. Ora, proprio Luca, dal cui Vangelo sono desunti i due passi citati, descrive Maria come l’ascoltatrice esemplare della Parola, come colei che la porta con sé, la conserva nel cuore e la fa maturare. Ciò significa che Luca vuole collocare nel suo vero fondamento la venerazione di Maria".

L’enciclica Redemptoris Mater prosegue poi nel sottolineare l’affidamento filiale di Giovanni a Maria sotto la Croce da parte del Cristo morente; e l’evento della Pentecoste, dove la corrispondenza tra l’Incarnazione di Gesù a Nazareth per opera dello Spirito Santo e la nascita della Chiesa con l’effusione dello stesso Spirito è evidente: "La persona che unisce questi due momenti è Maria" [cfr. RM, 24]. "Papa Giovanni Paolo II – conclude logicamente il Card. Joseph Ratzinger – vorrebbe che la scena pentecostale diventasse l’icona del nostro tempo, l’icona dell’Anno Mariano, il segno di speranza della nostra ora" [cfr. RM, 33].

Alla luce di questi elementi il Papa riassume quindi il senso dell’Anno Mariano che l’enciclica annuncia: "Mentre l’Anno Mariano [1954] di Pio XII era stato posto in relazione ai due dogmi mariani dell’Immacolata Concezione e dell’Assunzione corporea di Maria in Cielo – commenta infine Ratzinger –, questa volta si tratta di mettere in rilievo la presenza particolare della Madre di Dio nel mistero di Cristo e della sua Chiesa [cfr. RM, 48].

Il senso ultimo del messaggio dell’enciclica è, dunque, che "la Chiesa deve di nuovo apprendere da Maria il suo essere Chiesa. Solo in una considerazione e in un’adesione al "segno della Donna", alla dimensione femminile, rettamente intesa, della Chiesa si verifica la nuova apertura alla forza creatrice dello Spirito e quindi la formazione di Cristo, la cui presenza soltanto può dare alla storia un centro e una speranza".

Bruno Simonetto

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La mariologia di Benedetto XVI – 8

Maria, "Madre della Chiesa"



"Il Concilio Vaticano II ha inteso dirci che Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa da esserne inseparabile, come sono inseparabili lei e Cristo".


In segno di particolare attenzione all’insegnamento di Papa Benedetto XVI, desumiamo interamente questa 8ª ‘puntata’ sulla sua mariologia dall’Omelia che il Santo Padre ha pronunciato nella Basilica di San Pietro, l’8 Dicembre, festa dell’Immacolata, durante la Messa di celebrazione del 40° Anniversario della conclusione del Concilio Vaticano II.

È un’Omelia vale davvero un trattato mariologico sul titolo di Maria "Madre della Chiesa" che il Pontefice allora regnante, Paolo VI, attribuì alla Madonna, tra il gaudio di tutto l’orbe cattolico.

"Quarant'anni fa, l'8 Dicembre 1965, qui nella Basilica di San Pietro, papa Paolo VI concluse solennemente il Concilio Vaticano II. Era stato inaugurato, secondo la volontà di Giovanni XXIII, l'11 Ottobre 1962, allora festa della "Maternità di Maria", ed ebbe la sua conclusione nel giorno dell'Immacolata.



Benedetto XVI in visita all'Immacolata in piazza di Spagna -Roma 8.12.2007

Una cornice mariana circonda il Concilio. In realtà, è molto di più di una cornice: è un orientamento dell'intero suo cammino. Ci rimanda, come rimandava allora i Padri del Concilio, all'immagine della Vergine in ascolto, che vive nella Parola di Dio, che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle [cfr. Lc 2,19.51]; ci rimanda alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà; ci rimanda all'umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte e, al contempo, alla donna coraggiosa che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la Croce.

Paolo VI, nel suo discorso in occasione della promulgazione della Costituzione conciliare sulla Chiesa, aveva qualificato Maria come "tutrix huius Concilii - protettrice di questo Concilio" [cfr. "Oecumenicum Concilium Vaticanum II - Constitutiones, Decreta, Declarationes", Città del Vaticano 1966, pag. 983] e, con un’allusione inconfondibile al racconto di Pentecoste tramandato da Luca [cfr. At 1, 12-14], aveva detto che i Padri si erano riuniti nell'Aula del Concilio "cum Maria, Matre Iesu" e, pure nel suo nome, ne sarebbero ora usciti [cfr. ibid., pag. 985].

Resta indelebile nella mia memoria il momento in cui, sentendo le sue parole: "Mariam Sanctissimam declaramus Matrem Ecclesiae - dichiariamo Maria Santissima Madre della Chiesa", spontaneamente i Padri si alzarono di scatto dalle loro sedie e applaudirono in piedi, rendendo omaggio alla Madre di Dio, a nostra Madre, alla Madre della Chiesa.



La dottrina mariana del Concilio Vaticano II

Di fatto, con questo titolo il Papa riassumeva la dottrina mariana del Concilio e dava la chiave per la sua comprensione. Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "esserci per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando insieme con essa, per così dire, un unico soggetto vivente. La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa.

Il Concilio intendeva dirci questo: Maria è così intrecciata nel grande mistero della Chiesa che lei e la Chiesa sono inseparabili come sono inseparabili lei e Cristo. Maria rispecchia la Chiesa, la anticipa nella sua persona e, in tutte le turbolenze che affliggono la Chiesa sofferente e faticante, ne rimane sempre la Stella della salvezza. È lei il suo vero centro di cui ci fidiamo, anche se tanto spesso la sua periferia ci pesa sull'anima.

Papa Paolo VI, nel contesto della promulgazione della Costituzione sulla Chiesa, ha messo in luce tutto questo mediante un nuovo titolo radicato profondamente nella tradizione, proprio nell'intento di illuminare la struttura interiore dell'insegnamento sulla Chiesa sviluppato nel Concilio. Il Vaticano II doveva esprimersi sulle componenti istituzionali della Chiesa: sui Vescovi e sul Pontefice, sui Sacerdoti, i Laici e i Religiosi nella loro comunione e nelle loro relazioni; doveva descrivere la Chiesa in cammino, "che comprende nel suo seno peccatori, santa insieme e sempre bisognosa di purificazione…" [Lumen gentium, 8].

Ma questo aspetto ‘petrino’ della Chiesa è incluso in quello ‘mariano’. In Maria, l'Immacolata, incontriamo l'essenza della Chiesa in modo non deformato. Da lei dobbiamo imparare a diventare noi stessi "anime ecclesiali": così si esprimevano i Padri, per poter anche noi, secondo la parola di San Paolo, presentarci "immacolati" al cospetto del Signore, così come Egli ci ha voluto fin dal principio [cfr. Col 1,21; Ef 1,4].



Ma ora dobbiamo chiederci: Che cosa significa "Maria, l'Immacolata"? Questo titolo ha qualcosa da dirci? La liturgia di oggi ci chiarisce il contenuto di questa parola in due grandi immagini. C'è innanzitutto il racconto meraviglioso dell'Annuncio a Maria, la Vergine di Nazaret, della venuta del Messia. Il saluto dell'Angelo è intessuto di fili dell'Antico Testamento, specialmente del profeta Sofonia. Esso fa vedere che Maria, l'umile donna di provincia che proviene da una stirpe sacerdotale e porta in sé il grande patrimonio sacerdotale d'Israele, è "il santo resto" d'Israele a cui i Profeti, in tutti i periodi di travagli e di tenebre, hanno fatto riferimento. In lei è presente la vera Sion, quella pura, la vivente dimora di Dio. In lei dimora il Signore che in lei trova il luogo del Suo riposo. Lei è la vivente casa di Dio, il quale non abita in edifici di pietra, ma nel cuore dell'uomo vivo. Lei è il germoglio che, nella buia notte invernale della storia, spunta dal tronco abbattuto di Davide. In lei si compie la parola del Salmo: "La terra ha dato il suo frutto" [Sal 67, 7].

[…] Nell'umiltà della casa di Nazaret vive l'Israele santo, il resto puro. Dio ha salvato il Suo popolo. Dal tronco abbattuto rifulge nuovamente la sua storia, diventando una nuova forza viva che orienta e pervade il mondo. Maria è l'Israele santo; ella dice "sì" al Signore, si mette pienamente a Sua disposizione e diventa così il Tempio vivente di Dio.

La seconda immagine è molto più difficile ed oscura. Questa metafora, tratta dal libro della Genesi, parla a noi da una grande distanza storica, e solo a fatica può essere chiarita; soltanto nel corso della storia è stato possibile sviluppare una comprensione più profonda di ciò che lì viene riferito. Viene predetto che durante tutta la storia continuerà la lotta tra l'uomo e il serpente, cioè tra l'uomo e le potenze del male e della morte. Viene però anche preannunciato che "la stirpe" della donna un giorno vincerà e schiaccerà la testa al serpente, alla morte; è preannunciato che la stirpe della donna - e in essa la donna e la madre stessa – vincerà; e che così, mediante l'uomo, Dio vincerà.

Se insieme con la Chiesa credente ed orante ci mettiamo in ascolto davanti a questo testo, allora possiamo cominciare a capire che cosa sia il peccato originale, il peccato ereditario, e anche che cosa sia la tutela da questo peccato ereditario, che cosa sia la Redenzione.

Qual è il quadro che in questa pagina ci viene posto davanti? L'uomo non si fida di Dio. Egli cova il sospetto che Dio, in fin dei conti, gli tolga qualcosa della sua vita, che Dio sia un concorrente che limita la nostra libertà e che noi saremo pienamente esseri umani soltanto quando l'avremo accantonato; insomma, che solo in questo modo possiamo realizzare in pienezza la nostra libertà […]. La libertà di un essere umano è la libertà di un essere limitato ed è quindi limitata essa stessa. Possiamo possederla soltanto come libertà condivisa, nella comunione delle libertà: solo se viviamo nel modo giusto l'uno con l'altro e l'uno per l'altro, la libertà può svilupparsi.

Noi viviamo però nel modo giusto, se viviamo secondo la verità del nostro essere e cioè secondo la volontà di Dio. Perché la volontà di Dio non è per l'uomo una legge imposta dall'esterno che lo costringe, ma la misura intrinseca della sua natura, una misura che è iscritta in lui e lo rende immagine di Dio e così creatura libera. Se noi viviamo contro l'amore e contro la verità - contro Dio -, allora ci distruggiamo a vicenda e distruggiamo il mondo. Allora non troviamo la vita, ma facciamo il gioco della morte. Tutto questo è raccontato con immagini immortali nella storia della caduta originale e della cacciata dell'uomo dal Paradiso terrestre".



L’insegnamento conciliare ricordato da Benedetto XVI

Il nostro Collaboratore, p. Stefano De Fiores, intervistato dall’ "Avvenire" sul significato attuale dell’insegnamento conciliare che Papa Benedetto ha inteso ricordare ai credenti nella sua stupenda Omelia, ha spiegato come la maternità di Maria abbia influenzato tutta l’ecclesiologia del Vaticano II.

"La ‘Lumen gentium’ – ha osservato p. De Fiores – parla di Maria come "Madre dei fedeli". Una maternità che è "diretta", poiché proprio la Vergine ha reso possibile la nascita di una Comunità di fedeli e della Chiesa, ma una maternità che è anche "esemplare". La Chiesa, infatti, è chiamata a viverla come propria e a generare Cristo in ogni momento della sua storia. Questa missione dà un futuro a Maria e, con essa, alla Chiesa".

Ad un’ulteriore domanda, se la figura di Maria abbia influenzato anche il testo della ‘Gaudium et Spes’ ["Costituzione pastorale sulla Chiesa nel mondo contemporaneo"], p. De Fiores ha risposto: "I due temi [della maternità di Maria e del suo rapporto con il mondo] non sono direttamente ed esplicitamente legati all’interno della riflessione del Concilio, ma vi trovano una connessione logica: la Chiesa è chiamata a generare Cristo nel mondo in cui si trova a vivere. Un mondo da sempre percorso dalla lotta tra bene e male e dove Maria appare come modello della scelta del bene […]. E l’immagine della Madre di Dio e la riflessione sulla sua vita sono servite al Concilio per ridefinire alcune questioni ecclesiologiche interne fondamentali".

Riferendosi alla parte conclusiva dell’Omelia [da noi necessariamente appena accennata, per ragioni di spazio], un altro commentatore, Pierangelo Sequeri, ha osservato come Papa Benedetto XVI, nella sua passione per l’uomo, ha inteso indicare in Maria la "radice" del bene, per vincere il male del mondo: "Una passione per la causa di Dio e il destino del mondo […] che viene da lontano, inestirpabile, che sostiene passioni liete. "Più la persona si dona, più trova se stessa", ha detto il Papa. Impariamo il Figlio dell’Uomo, impariamo Dio, da questa donna. E c’è molto da imparare anche per noi, figli di donne [del nostro tempo]".

Bruno Simonetto

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Il Papa e la Madre di Dio

di ALBERTO RUM

Maria nella visione di Papa Benedetto XVI



Il Papa ci offre un’immagine di Maria presente e operante nella vita della Chiesa e di ogni cristiano.


All’indomani della sua elezione a Sommo Pontefice, Benedetto XVI invocava "la materna intercessione di Maria Santissima", a sostegno della sua promessa di fedeltà a Cristo. Poneva nelle mani di lei il presente e il futuro della sua persona e della Chiesa. Tale affidamento del Papa alla Madre del Signore offre a noi l’esempio che ci spinge all’amore filiale verso la Madre nostra Maria e alla imitazione delle sue virtù.

Ora, da questa breve pagina giunge a noi l’invito a contemplare la luminosa immagine di Maria che il Papa ha delineato, l’8 Dicembre scorso, nella solennità dell’Immacolata.

È un’icona mariana che il Santo Padre aveva già tracciata nel 1987, in una sua introduzione all’enciclica Redemptoris Mater di Giovanni Paolo II. Segno, questo, che tale icona di Maria era ed è profondamente scolpita nel suo animo devoto.

Il Papa invita a contemplare "l’immagine della Vergine in ascolto che vive nella Parola di Dio; che serba nel suo cuore le parole che le vengono da Dio e, congiungendole come in un mosaico, impara a comprenderle (cfr. Lc 2, 19.51). Il Pontefice rimanda quindi "alla grande Credente che, piena di fiducia, si mette nelle mani di Dio, abbandonandosi alla Sua volontà".

Altre icone mariane presentate dal Papa sono quella dell’umile Madre che, quando la missione del Figlio lo esige, si fa da parte, e quella della "donna coraggiosa" che, mentre i discepoli si danno alla fuga, sta sotto la Croce".

"La meditazione sulla fede di Maria - scriveva J. Ratzinger nel testo citato - trova il suo punto culminante e la sua sintesi nella interpretazione della presenza di Maria sotto la Croce. In qualità di credente ella conserva fedelmente e medita nel cuore le parole udite. Ma sotto la Croce la promessa fattale : "Il Signore gli darà il trono di Davide suo padre... e il suo regno non avrà fine" sembra definitivamente smentita. La fede entra nella sua kénosi più profonda, sta nell’oscurità totale".

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Il senso dinamico della figura di Maria

Ancora. Il Papa ci offre l’immagine di Maria, presente e operante nella vita della Chiesa e di ogni cristiano: "Maria non sta soltanto in un rapporto singolare con Cristo, il Figlio di Dio che, come uomo, ha voluto diventare figlio suo. Essendo totalmente unita a Cristo, ella appartiene anche totalmente a noi. Sì, possiamo dire che Maria ci è vicina come nessun altro essere umano, perché Cristo è uomo per gli uomini e tutto il suo essere è un "essere per noi". Cristo, dicono i Padri, come Capo è inseparabile dal suo Corpo che è la Chiesa, formando con essa, per così dire, un unico soggetto vivente.

La Madre del Capo è anche la Madre di tutta la Chiesa; lei è, per così dire, totalmente espropriata di se stessa; si è data interamente a Cristo e con Lui viene data in dono a tutti noi. Infatti, più la persona umana si dona, più trova se stessa. Più l’uomo è vicino a Dio, più vicino è agli uomini. Lo vediamo in Maria. Il fatto che ella sia totalmente presso Dio è la ragione per cui è anche così vicina agli uomini […].

Sulla presenza viva e operante di Maria nella vita della Chiesa, J. Ratzinger, sempre nel citato libretto, fa la seguente riflessione: "Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente. La sua vita non sta solo alle nostre spalle, non sta semplicemente sopra di noi; ella ci precede.... Ella ci spiega la nostra ora storica.... Da tutta questa attività risulta poi naturalmente anche chiaro chi ella è, chi siamo noi, tuttavia solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura".

Alberto Rum

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La mariologia di Benedetto XVI – 9

Il ruolo di Maria nella storia dell’umanità



In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza.


Una delle più note opere scritte dal Card. Joseph Ratzinger è indubbiamente il libro-intervista Gott und die Welt [Dio e il mondo, nella traduzione italiana delle Edizioni San Paolo, 2001].

Tra i grandi temi affrontati nel volume ci sono il Cristianesimo, Cristo e la Chiesa; e c’è, infine, il "rapporto tra Dio e il mondo", con l’invito ad accostarsi alla religione cristiana senza pregiudizi, con la sorpresa gioiosa di un incontro di vita: tema, quest’ultimo, che sta alla base della prima Enciclica di Papa Benedetto XVI, "Deus caritas".

Particolarmente significativa per noi è la tesi che la Chiesa non si rispecchia anzitutto nel Papa o nei Vescovi, nella Gerarchia ecclesiastica o nei Laici, ma nella Donna di nome Maria: ella - sostiene il futuro Papa Benedetto XVI - dà bellezza e grazia al volto della Chiesa con il quale Dio vuole attirare a sé tutti gli uomini.



Riprendiamo, da questo libro-intervista rilasciata da Joseph Ratzinger al giornalista tedesco Peter Seewald nell’estate dell’anno 2000, alcuni passaggi essenziali del cap. XIII, dedicato al tema: "La Madre di Dio" [cfr. ibid., pp. 266-292]. Un discorso così ricco e articolato che cercheremo di sviluppare in più "puntate" della presente rubrica su ‘La mariologia di Benedetto XVI’, secondo lo schema prospettato dall’Autore:

Maria nel Vangelo

I dogmi mariani

I miracoli

Il Rosario.




Maria nel Vangelo

Il dialogo-intervista fra Peter Seewald e il Card. Joseph Ratzinger apre il capitolo sulla Vergine Maria, inquadrando la figura della Madre di Dio come risulta dai Vangeli, a cominciare dall’Annuncio dell’Arcangelo Gabriele di cui scrive Luca.

– La vicenda da cui il computo temporale [dell’èra cristiana] prende il via ha avuto inizio con una donna: "E l’Angelo del Signore portò l’annuncio a Maria", racconta il Vangelo. Maria era una ragazza che viveva in una piccola cittadina della Galilea sconosciuta ai più, Nazareth, e nemmeno sapeva cosa le stava accadendo…

– La grandezza di questo evento - esordisce il Card. Ratzinger, con la profondità del teologo e al tempo stesso con la semplicità di un catechista parrocchiale - è stata riconosciuta solo nel corso della storia. Tutto ebbe inizio dall’incontro con l’Angelo in cui Maria fu quasi sovrastata da un messaggio straordinario: aveva trovato grazia agli occhi di Dio ed era stata scelta per essere la madre di suo Figlio. Per Maria deve essere stato un momento sconvolgente.

– Un essere umano scelto per essere la madre di Dio!

– È in effetti un grande paradosso. Dio si fa piccolo. Si fa uomo e accoglie tutte le condizioni connesse alla natura umana, come l’essere concepito e partorito. Ha una madre e la sua vita è così strettamente intrecciata al tessuto della nostra storia che una donna può dire che è suo figlio e che è un essere umano: in te c’è il Signore del mondo.



L’espressione "madre di Dio" ha suscitato a lungo violente controversie. C’era il gruppo dei Nestoriani che diceva che ovviamente [Maria] non aveva dato alla luce Dio, ma solo l’uomo Gesù. Può perciò essere detta madre di Cristo, ma non madre di Dio.

Si trattava sostanzialmente di stabilire quanto profondamente fossero unite in quest’uomo Gesù Cristo natura umana e natura divina; se era tale da poter affermare che sì, quello che era stato partorito era Dio e pertanto Maria era la madre di Dio. Non naturalmente nel senso di aver generato Dio, ma nel senso di essere la madre di quell’uomo intimamente unito a Dio, fino ad essere tutt’uno con lui. In questo modo anch’essa è stata fatta partecipe di una unione con Dio che non ha eguali.

– Maria viene venerata come Regina del Cielo, personificazione della Chiesa, o anche come Madre di Misericordia. La forza che si irradia dalla Madonna e che mobilita continuamente milioni di persone, non può essere misurata con parametri usuali.

– Nel corso della storia il ruolo di Maria è stato richiamato sempre più spesso a riconoscimento del ruolo più generale della donna. In Maria si esprime l’essenza archetipa della donna, il simbolo dell’umanità e della Chiesa nella loro originaria purezza. E mentre Eva, la prima donna, la "prima madre", come la si chiama oggi, la madre di ogni forma di vita vivente, partorisce nel segno della morte, Maria, dando alla luce il Salvatore, il quale risorge e porta la vita, diventa la piena realizzazione di ciò che si intende con il nome Eva, con la promessa della donna e della sua fecondità. Maria diventa la madre di Colui che è la vita e dà la vita, la madre della vita e di tutti i viventi.


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L’Ave, Maria


– Il saluto dell’Angelo a Maria è divenuto una preghiera fondamentale della Chiesa cattolica. Alcuni tra i più grandi geni dell’umanità, tra gli altri Mozart e Rossini, hanno messo in musica l’Ave, Maria: "Ave, Maria, piena di grazia!…". E l’Angelo le dice ancora: "Non temere!". E cosa risponde Maria?

– "Eccomi: sono la serva del Signore". Sì, Maria impara a non aver paura. Lo vediamo in tutte le Sacre Scritture, nei pastori come pure nei discepoli. Quando l’uomo percepisce la presenza di Dio, ha paura. Riconosce la propria piccolezza e viene colto da timore di fronte alla soverchiante maestosità e sacralità di Dio, di cui riconosce l’incommensurabilità. Una delle prime frasi del Vangelo è proprio questa: "Non temere!". Questo Dio non viene per farci paura, ma si fa piccolo nella sua grandezza, dismette tutto ciò che incute paura perché viene per operare la nostra salvezza […].

Per quanto riguarda l’Ave, Maria, la preghiera della Chiesa, consta di due parti. La prima è il saluto dell’Angelo, l’altra è ciò che dice Elisabetta quando Maria le rende visita: "Benedetto il frutto del tuo grembo"; e segue: "D’ora in poi tutte le generazioni mi chiameranno beata", che preannuncia anche la devozione mariana. Queste parole sono profeticamente suggerite dallo Spirito Santo. In altri termini, i Cristiani glorificheranno Dio anche gioiendo di coloro in cui lui ha mostrato la sua grandezza e la sua bontà.



Seguono quindi altre domande/risposte di carattere biblico-esegetico, sempre molto interessanti al fine di conoscere ulteriori elementi della mariologia di Papa Benedetto XVI.

– Maria non compare spesso nei Vangeli. In alcuni importanti passaggi della vita di Gesù è addirittura assente, o, se presente, non compare necessariamente come figura positiva e madre amata.

– È vero, nella tradizione evangelica Maria ha un ruolo molto marginale. In Matteo quasi non compare, nei racconto dell’infanzia di Gesù è molto più presente Giuseppe. Direi che, finché [Maria] è vissuta, si è voluto mantenere la discrezione nei suoi confronti. E anche lei ha voluto mantenersi discreta.

Gesù costituisce una nuova famiglia, e laddove si tessono le lodi della donna che gli ha dato la luce e lo ha nutrito, lui corregge il quadro tradizionale delle relazioni familiari. Formula così ciò che conta per lui: "Beati coloro che ascoltano la parola di Dio e la mettono in pratica". Questo è il nuovo concetto di legame familiare e di maternità. Lo descrive in questi termini: chi compie la mia volontà è mio fratello, madre o sorella. È essenziale, da questo punto di vista, la fuoriuscita da un quadro meramente umano-familiare per entrare invece nella sfera di quella famiglia allargata che è la Comunità fondata sulla volontà di Dio. Luca, che riporta queste ‘puntualizzazioni’, collega anche letteralmente queste parole alla narrazione dell’infanzia, e in particolare all’incontro con Elisabetta. Maria vi appare come una madre che non incarna solo la maternità corporea, ma che si pone nella Comunità di Dio come colei che ascolta e che crede. È lei, secondo il Vangelo di Luca, che incarna l’esempio di chi ascolta e custodisce la parola di Dio.

– Con altre donne Gesù si mostra più affettuoso e vicino. Sua madre, invece, viene talvolta come ‘ripresa’ da lui bruscamente. In occasione delle Nozze di Cana, ad esempio, quando gli chiede di intervenire perché il vino per gli ospiti sta per finire, le risponde in modo apparentemente duro: "Che ho da fare con te, o donna?". Ha davvero trattato sua madre duramente? Ha persino prese le distanze da lei, in qualche momento?

– Lei si riferisce a un passo riportato dal Vangelo di Giovanni. San Giovanni ha una mariologia molto particolare. In questo Vangelo relativamente tardo il ruolo di Maria viene elaborato con molta più chiarezza che in Matteo. Giovanni ricorre ad esempio alla parola "donna" ogniqualvolta Gesù si rivolge a Maria. In quest’espressione è riconoscibile anche una figura teologica. Perché, se dunque l’appellativo rivolto a Maria è quello di gynae, "la donna"; se, dal miracolo di Cana fino alla Crocifissione del figlio, il ruolo che lei riveste va al di là della sfera individuale, nella figura di Maria si affaccia l’immagine della nuova Eva.


I diversi episodi devono quindi essere letti in una prospettiva comune; e conseguentemente il miracolo di Cana va considerato in rapporto alla Crocifissione, e rappresenta la fuoriuscita da un quadro familiare cui, con la Crocifissione, subentrerà la costituzione di un nuovo contesto familiare in cui Maria rivestirà un ruolo centrale.

Ma già a Cana queste parole tanto apparentemente rudi da parere scostanti, rivelano in realtà una polisemia. Gesù intende infatti dire che non può forzare i tempi. Inizialmente non può piegarsi alle esigenze familiari. Poi accetta di operare il miracolo e anticipa conseguentemente i tempi della sua manifestazione pubblica per venire incontro all’intercessione materna [di Maria]. Se, quindi, sua madre è dapprima come non accettata, le viene poi restituito il suo posto, e insieme appare già come "la donna" per eccellenza, come la prefigurazione della Chiesa supplicante che, appunto come Maria, può implorare l’anticipazione dei tempi della storia della Salvezza.

Questo [delle Nozze di Cana] è, quindi, un testo molto profondo, su cui ci sarebbe ancora molto da pensare e da dire.

Bruno Simonetto

A questa prima "puntata", ripresa quasi integralmente dal libro-intervista "Dio e il mondo", seguiranno altre di non minore intensità mariologica del Card. Joseph Ratzinger, poi Papa Benedetto XVI.

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[Modificato da Caterina63 25/09/2009 16:00]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)