00 02/12/2008 15:12
La mariologia di Benedetto XVI – 4



Una devozione mariana biblica



Il ‘Vangelo dell’infanzia’ di Luca, insieme con il Magnificat di Maria, costituisce il fondamento essenziale della devozione cristiana verso la Madre del Signore.


Altre preziose riflessioni sulla mariologia del Card. Joseph Ratzinger, riprese dal suo volumetto sulla Madonna del 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998], ci vengono offerte nel cap. IV ["Tu sei la piena di grazia"], dove sono analizzati gli elementi essenziali per una devozione mariana fondata sulla Parola di Dio.

Il futuro Papa Benedetto XVI si sofferma anzitutto a commentare l’espressione del Magnificat: "…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata" [Lc 1, 48].

"Questa parola della Madre di Gesù, che Luca ci ha tramandato – scrive – è insieme profezia e compito per la Chiesa di tutti i tempi. Questa frase del Magnificat, ripresa dall’ispirata preghiera di lode di Maria al Dio vivente, è uno dei fondamenti essenziali della devozione cristiana a Maria. La Chiesa non ha inventato nulla di nuovo, quando ha cominciato a magnificare la Santa Vergine; non è precipitata dalle altezze dell’adorazione all’unico vero Dio giù nella lode di un essere umano. Essa fa ciò che deve fare e di cui è stata incaricata fin dall’inizio. Quando Luca scrisse questo testo, si era già nella seconda generazione cristiana; e alla "generazione" dei Giudei si era aggiunta quella dei pagani, che erano divenuti Chiesa in Gesù Cristo. L’espressione "tutte le generazioni" cominciava a riempirsi di realtà storica. L’evangelista non avrebbe certo tramandato la profezia di Maria se essa gli fosse sembrata indifferente o superata. Nel suo Vangelo Luca voleva fissare "con cura [ciò che] i testimoni oculari e i servitori della Parola fin dall’inizio" [cfr. Lc 1, 2-3] avevano tramandato, per dare così sicure indicazioni alla fede della Cristianità che stava facendo il suo ingresso nella storia del mondo".



Come si vede, la preoccupazione ‘esegetica’ del Card. Ratzinger è fondamentale per stabilire l’autenticità della devozione verso la Madre del Signore, basata sulla Parola di Dio. Per questo, egli insiste nel rilevare come la formazione del culto alla Vergine abbia una solida giustificazione storico-esegetica: "La profezia di Maria – continua – apparteneva a questi elementi, che Luca aveva "con cura" rintracciato e riteneva sufficientemente importanti da tramandare come parte del Vangelo. Ciò presuppone che questa parola non era rimasta senza una corrispondenza nella vita della Comunità. I primi due capitoli del Vangelo di Luca lasciano intendere un ambiente di tradizione, nel quale la memoria della Vergine Maria era custodita e la Madre del Signore era amata e lodata".

Ma che cosa presuppongono – nell’analisi di Ratzinger – tali elementi? "Essi presuppongono intanto che il grido della donna sconosciuta del popolo ["Beata la donna che ti ha generato e allattato!", Lc 11, 27] non si era spento, ma aveva invece trovato una più pura e valida configurazione nella profonda comprensione che ne aveva dato in risposta Gesù ["Beati piuttosto quelli che ascoltano la Parola di Dio e la mettono in pratica", Lc 1, 28].

Presuppongono pure che il saluto di Elisabetta ["Tu sei benedetta fra tutte le donne", Lc 1, 42] che l’evangelista Luca caratterizza come una parola pronunciata nello Spirito Santo [cfr. Lc 1, 41], non era rimasto un episodio isolato. La perdurante esaltazione di Maria, almeno in un filone della primitiva tradizione, è il presupposto dei racconti dell’infanzia lucani".

Ed ecco, perciò, l’affermazione impegnativa che ne deduce il Card. Ratzinger: "L’inserzione di questa parola nel Vangelo eleva la venerazione della Madre del Signore da semplice fatto a compito per la Chiesa di tutti i luoghi e di tutti i tempi".



Inesauribile ricchezza del Vangelo dell’infanzia

"La Chiesa – continua il Card. Joseph Ratzinger – trascura qualcosa di quella che è la sua missione, se non loda Maria. Essa si allontana dalla parola biblica, se in lei viene meno la venerazione della Madre di Gesù. Allora essa in realtà non onora più neppure Dio nel modo che gli si addice.

Noi conosciamo infatti Dio anzitutto attraverso la sua creazione [cfr. Rm 1, 20]. Conosciamo però Dio anche attraverso un’altra e più trasparente via, e cioè attraverso la storia che egli ha posto in atto con gli uomini […]. Il versetto del Magnificat ["…d’ora in poi, tutte le generazioni mi diranno beata", Lc 1, 48] ci mostra che Maria è uno di quegli esseri umani che appartengono in modo del tutto speciale al nome di Dio, a tal punto che noi non possiamo lodare Dio come si conviene, se lo lasciamo da parte. Perché, così facendo, trascureremmo qualcosa di lui che non può essere trascurato. Che cosa propriamente? La sua maternità, potremmo dire in una prima approssimazione, che si manifesta nella Madre del Figlio in modo più puro e diretto che in qualsiasi altro luogo. Ma, naturalmente, questa è un’indicazione ancora troppo generica.

Affinché possiamo lodare Maria come si conviene – e così onorare Dio nel modo giusto –, dobbiamo metterci in ascolto di tutto ciò che Scrittura e Tradizione ci dicono sulla Madre del Signore; e meditarlo nel nostro cuore. La ricchezza della dottrina mariana è, nel frattempo, grazie alla lode di "tutte le generazioni", divenuta quasi illimitata".

Ciò il Card. Ratzinger deduce dalla riflessione su alcune parole significative che San Luca, nell’inesauribile ricchezza della sua narrazione dell’infanzia di Gesù, consegna nelle nostre mani. Vediamolo in successive analisi e per sintesi.



Maria, la figlia di Sion

"Per Luca, nel saluto dell’Angelo a Maria ["Gioisci, o piena di grazia. Il Signore è con te", Lc 1, 28] si trova come in embrione la mariologia che Dio, attraverso il suo messaggero, l’Arcangelo Gabriele, voleva trasmettere a noi.

"Gioisci": letto sullo sfondo veterotestamentario, è l’annuncio della gioia messianica [cfr. Sof 3, 14; Gl 2, 21; Zc 9, 9; Lam 4, 21]. Sicché con questo saluto ha inizio in senso proprio il Vangelo, la cui prima parola è "gioia": la nuova gioia che ha origine da Dio, che irrompe nell’antica e infinita tristezza del mondo. Maria non viene perciò salutata semplicemente in qualche modo; il fatto che l’Angelo di Dio saluta lei e in lei l’Israele in attesa e l’umanità è un invito alla gioia del più profondo dell’essere.

E perché Maria dovrebbe gioire in modo così pieno? Perché "il Signore è con te". Per comprendere il senso di questo annuncio, dobbiamo ritornare ancora una volta ai testi veterotestamentari che fanno da sfondo, specialmente a Sofonia. Essi contengono sempre una doppia promessa per Israele, la figlia di Sion: Dio verrà come Salvatore e abiterà in lei. Il dialogo dell’Angelo con Maria riprende questa promessa e la porta a compimento in una duplice concretizzazione. Ciò che è detto nella profezia della figlia di Sion, vale ora per Maria: ella viene equiparata alla figlia di Sion, è la figlia di Sion in persona. Parallelamente Gesù, che Maria partorirà, viene equiparato al Dio vivente. La venuta di Gesù è la venuta dell’inabitazione di Dio stesso […].

Il saluto dell’Angelo – lo strumento di comunicazione della mariologia non ideato dall’uomo – ci ha condotti ai suoi fondamenti teologici. Maria è identificata con la figlia di Sion, con il popolo di Dio nella sua dimensione sponsale. Tutto ciò che sull’"ecclesia" viene detto nella Bibbia, vale anche per lei, e viceversa: ciò che la Chiesa è e deve essere, lo viene a conoscere concretamente guardando a Maria. Essa è lo specchio, la misura perfetta del suo essere, perché essa è totalmente su misura di Cristo e di Dio, da lui "totalmente abitata".

E per cos’altro dovrebbe esserci la Chiesa se non per questo: per divenire l’abitazione di Dio nel mondo? […].

L’identificazione tipologica fra Maria e Sion conduce a una grande profondità. Questa forma di legame fra l’Antico e il Nuovo Testamento è molto di più di un’interessante composizione storica, con la quale l’evangelista Luca collega promessa e adempimento e comprende l’antica Alleanza alla luce dell’evento di Cristo. Maria è Sion in persona; e ciò significa: ella vive tutto quello che con "Sion" si intende. Ella vive in modo da essere permeabile, "abitabile" da Dio: vive in modo da essere "luogo" per Dio; vive nella dimensione comune della storia sacra, che riguarda non un’esistenza singola ma tutto il vero Israele […]".


Maria madre dei credenti

"Ritorniamo ancora al saluto dell’Angelo. Maria viene chiamata "la piena di grazia". Ora, nel testo greco, la parola grazia [= charis] ha la stessa radice della parola gioia [= chara]. Si manifesta così in altro modo, ancora una volta, la stessa correlazione che abbiamo incontrato nel confronto con l’Antico Testamento. La gioia viene dalla grazia, perché la grazia è gioia. E la grazia è un concetto relazionale: non esprime qualcosa della proprietà di un soggetto, ma qualcosa che indica relazione tra un io ed un tu: tra Dio e l’uomo. Perciò, il "tu sei piena di grazia" può essere meglio tradotto con l’espressione: "Tu sei piena di Spirito Santo. Tu sei in relazione vitale con Dio".

Luca ha illustrato questa situazione esistenziale della Santa Vergine anche a partire da un altro ambito tematico: con il suo modo delicato, attraverso una serie di allusioni, propone nel racconto dell’Annunciazione un parallelo fra Abramo, il padre dei credenti, e Maria, la madre dei credenti".

Partendo dall’affermazione che "essere nella grazia" significa "essere credente", e dopo avere disquisito sulla fede [e sull’oscurità della fede], il Card. Joseph Ratzinger stabilisce il raffronto Abramo – Maria nei termini seguenti:

"[…] Il parallelo fra Maria e Abramo ha inizio nella gioia della promessa del figlio, ma procede fino all’ora oscura della salita al Monte Moria, cioè fino alla crocifissione di Cristo e poi certamente anche fino alla miracolosa liberazione di Isacco, fino alla risurrezione di Gesù Cristo.

Abramo "padre nella fede": con questo titolo è designato il ruolo unico del patriarca nella religione d’Israele e nella fede della Chiesa. Ma non è meraviglioso che – senza nulla togliere al ruolo di Abramo – ora, per il nuovo popolo dell’Alleanza stia all’inizio una "madre dei credenti"; che dalla sua pura e alta figura la nostra fede accolga continuamente il suo modello e l’indicazione del cammino di fede da percorrere?".

Queste sono altre profondità teologiche e fecondità spirituali dell’insegnamento del futuro Papa Benedetto XVI, fondate sui presupposti biblici della devozione mariana, a partire dal Magnificat e dalla narrazione lucana dell’Annuncio dell’Angelo Gabriele.

Ne incontreremo altre ancora, continuando il discorso alla prossima puntata.

Bruno Simonetto


Il piccolo Joseph Ratzinger:

La mariologia di Benedetto XVI – 5


"Et incarnatus est […] ex Maria Virgine"



Nell’articolo del ‘Credo’ sta il cuore della nostra fede: il mistero del Natale e tutto il mistero della Vergine-Madre.


Particolarmente significativa [nella celebrazione della Madonna del Natale] è la riflessione sull’articolo del ‘Credo’ "Et incarnatus est de Spiritu Sancto ex Maria Virgine…" che il Card. Joseph Ratzinger propone nel prezioso volumetto "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998].

Riflessione che ci viene offerta nel cap. V [da pag. 69 a pag. 81] e che qui cerchiamo di riassumere nei suoi passaggi essenziali.

"Il centro di tutte le nostre confessioni di fede – scrive J. Ratzinger – è il "sì" a Gesù Cristo: "Egli si è incarnato per opera dello Spirito Santo nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo". A questa frase ci inginocchiamo, perché a questo punto il Cielo, il velo del nascondimento di Dio, viene strappato ed il mistero ci tocca con immediatezza. Il Dio lontano diventa il nostro Dio, l’Emmanuele - "Dio con noi".


Grammatica e contenuto di questo articolo di fede

"Se esaminiamo l’espressione ["…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo"] nella sua struttura grammaticale – analizza molto finemente il teologo-mariologo Ratzinger – si vede che essa include quattro soggetti. Espressamente vengono nominati lo Spirito Santo e la Vergine Maria. Ma poi vi è anche il soggetto sottinteso: "Egli": pronome personale chiamato prima con diversi nomi [Cristo, l’Unigenito Figlio di Dio, Dio vero da Dio vero […], della stessa sostanza del Padre]. Così, in questo "Egli" – da lui inseparabile – è incluso un altro Io: il Padre, con il quale è la stessa sostanza, così che può dirsi "Dio da Dio"…

Tutto ciò significa che il primo e vero soggetto di questa frase – come era inevitabilmente da attendersi, dopo quanto detto in precedenza – è Dio; ma Dio nella Trinità dei soggetti: Padre, Figlio e Spirito Santo. La "drammaticità" dell’espressione sta però nel fatto che non formula un’affermazione sull’essere eterno di Dio, ma un’affermazione "di azione", che ad un più attento esame si rivela persino come un’affermazione "di passione", come un passivo.

Ebbene, a questa affermazione "di azione" [alla quale hanno preso parte le tre Persone divine, ciascuna a suo modo] appartiene l’espressione "ex Maria Virgine"; anzi, da qui dipende la "drammaticità" del tutto. Infatti, senza Maria l’ingresso di Dio nella storia non giungerebbe al suo fine, quindi non sarebbe raggiunto proprio quello che ha importanza nella confessione di fede che Dio è un "Dio con noi", e non solo un Dio in se stesso e per se stesso.

Così la donna che designò se stessa come umile, cioè come "donna anonima" [cfr. Lc 1, 48] – puntualizza Ratzinger – è collocata nel punto centrale della confessione nel Dio vivente, nel Dio che opera. La Parola diventa carne, l’eterno fondamentale significato del mondo entra in esso: Dio non lo guarda solo dall’esterno, ma diventa Egli stesso un soggetto che agisce nel mondo.

[…] Il "mondo" nel quale il Figlio di Dio viene, la "carne" che egli assume, non è un luogo qualsiasi o una cosa qualsiasi: questo mondo, questa carne è una persona umana.

La Lettera agli Ebrei, a partire dai Salmi, ha interpretato il processo dell’Incarnazione come un vero dialogo intradivino: "Un corpo mi hai preparato", dice il Figlio al Padre. Ma questa preparazione del corpo avviene nella misura in cui anche Maria dice: "Sacrificio ed offerta non hai voluto, un corpo tu mi hai preparato […]. Eccomi, io vengo a fare la tua volontà" [cfr. Eb 10, 5; Sal 39/40, 6-8]. Perché il corpo viene preparato al Figlio nel momento in cui Maria si consegna totalmente alla volontà del Padre, e così si rende disponibile il suo corpo come "tenda" dello Spirito Santo".



Lo sfondo biblico dell’espressione

Sempre con la preoccupazione di "scoprire" ciò che veramente la Scrittura lascia intendere della Vergine Maria, il Card. Joseph Ratzinger si addentra ancora più in profondità nell’analisi esegetica dell’espressione "…si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

"Per comprendere in tutta la sua profondità la frase centrale della professione di fede [nel mistero dell’Incarnazione] – scrive il futuro Papa Benedetto XVI – dobbiamo risalire, oltre il Credo, alla sua fonte: la Sacra Scrittura.

[Tale] professione di fede, ad un più attento esame, si rivela su questo punto come una sintesi delle tre grandi testimonianze bibliche dell’Incarnazione del Figlio: Mt 1, 18-25; Lc 1, 26-38; Gv 1, 13ss. Cerchiamo – pur senza la pretesa di entrare in un’interpretazione analitica di questi testi – di cogliere qualcosa del loro particolare contributo alla comprensione dell’Incarnazione di Dio.

A] Mt 1, 18-25

[…] Proprio perché Matteo, che scrive per l’ambiente giudaico e giudeo-cristiano, ha la preoccupazione di mettere in luce la continuità fra l’Antica e la Nuova Alleanza […], vuole mostrare la correlazione fra promessa ed adempimento, facendo emergere accanto alla figura di Giuseppe la figura della Vergine Maria.

Per Matteo, con la nascita di Gesù dalla Vergine Maria il velo [della profezia di Isaia al dubbioso Acaz: "Ecco: la vergine concepirà e partorirà un figlio…", Is 7, 14] viene sollevato. Questo segno ora è dato; e poiché Dio - l’Emmanuele è ora con noi, sono di essenziale importanza anche i portatori umani della promessa: Giuseppe e Maria. Giuseppe rappresenta la fedeltà di Dio nei confronti di Israele, Maria invece la speranza dell’umanità, poiché per mezzo di lei ["ex Maria Virgine"] il Figlio di Dio è divenuto davvero uno di noi.

Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] - Galleria Uffizi, Firenze.
Filippo Lippi, Adorazione del Bambino con Santi e Angeli [part.] – Galleria Uffizi, Firenze.

B] Lc 1, 26-38

Il testo in esame è la pericope lucana dell’annuncio della nascita di Gesù da parte dell’Arcangelo Gabriele [Lc 1, 26-38].

Luca lascia trasparire nelle parole dell’Angelo il mistero trinitario e dà così all’evento quel centro teologico a cui fa riferimento tutta la storia della Salvezza, anche nella professione di fede […]. Per la discesa dello Spirito Santo sulla Vergine Maria, Luca usa qui la parola "adombrare" [cfr. v. 35]. Egli allude in tal modo al racconto veterotestamentario della nube santa che, fermandosi sulla tenda del convegno, indicava la presenza di Dio. Così Maria è caratterizzata come la nuova tenda santa, la vivente Arca dell’Alleanza. Il suo "sì" diventa luogo dell’incontro, nel quale Dio riceve una dimora nel mondo […].

Ma va sottolineato, di questo racconto lucano dell’Annunciazione, un altro punto: Dio richiede il "sì" dell’uomo, interlocutore libero del suo Creatore. Ciò vuol dire – addirittura – che, senza la libera adesione di Maria, Dio non può diventare uomo; anche se il "sì" della Vergine Maria è pura grazia, poiché nell’Immacolata c’è, fin dal primo istante del suo concepimento e proprio in vista della sua divina maternità, la pienezza della grazia".

C] Gv 1, 13ss

Il Card. Joseph Ratzinger, a questo punto, analizza con particolare cura esegetica il Prologo del Vangelo di Giovanni [1, 13ss], sul quale poggia la nostra professione di fede: "La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi" [Gv 1, 14].

Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e, sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste - Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.
Iconografia della Madre di Dio nell'ordine delle feste liturgiche, con al centro l'icona del 'Roveto ardente' e,
sui margini, raffigurazioni delle Dodici Grandi Feste – Ufficio Archeologico presso l'Accademia Ecclesiastica Moscovita.

Rileva quindi, per cenni, tre concetti:

1] "Il Logos diventa carne: e noi siamo così abituati a questa espressione che non ci colpisce più l’inaudita sintesi divina di ciò che in apparenza era totalmente separato. Qui si trova la vera novità cristiana […], qualcosa di assolutamente nuovo e impensabile, nel quale possiamo entrare nella fede e solo nella fede, aprendoci a orizzonti completamente nuovi del pensare e del vivere. Il riferimento al Logos che diventa carne [sarx], per Giovanni prelude al cap. VI del suo Vangelo: "Il pane che io darò [cioè il Logos, che è il vero nutrimento dell’uomo] è la mia carne per la vita del mondo" (Gv 6, 51). E con il riferimento alla carne è già espresso allo stesso tempo il dono di Lui fino al sacrificio, il mistero della Croce e il mistero del Sacramento pasquale che ne deriva.

2] La seconda indicazione viene dal fatto che Giovanni parla della dimora di Dio [in mezzo a noi] come conseguenza e scopo dell’Incarnazione, adoperando il termine "tenda", rinviando così alla "tenda" del convegno veterotestamentario, alla shekinà, alla teologia del Tempio che trova il suo adempimento nel Logos che si è fatto carne: Gesù è la vera shekinà.

3] Infine, dobbiamo gettare uno sguardo sul versetto 13: "A tutti coloro che credono nel suo nome, che non per nascita naturale, né per volontà di un uomo, ma da Dio sono nati…".

La generazione verginale di Gesù è orientata ad assumere noi credenti, come a darci una nuova generazione. Così, come nel versetto 14 ["La Parola è divenuta carne ed ha messo la sua tenda in mezzo a noi"] il riferimento all’Incarnazione del Logos prelude al capitolo eucaristico del Vangelo, qui è evidente l’anticipazione del colloquio di Gesù con Nicodemo, dove il Signore ricorda al fariseo la necessità di una generazione "da acqua e Spirito" [cfr. Gv 3, 5].

Nel contesto di questi tre passi evangelici, la Vergine-Madre si trova così al centro dell’evento redentivo. Essa garantisce con tutto il suo essere per la novità che Dio ha operato. E solo in quanto la sua storia è vera e sta all’inizio [della Salvezza], vale ciò che Paolo scrive: "Se dunque qualcuno è in Cristo, allora egli è una nuova creatura" [Cor 5, 17].



Le orme di Dio

"Dunque – riprende Joseph Ratzinger, concludendo la sua analisi del passo del ‘Credo’ –, il "sì" di Maria apre a Dio lo spazio dove piantare la tenda in mezzo agli uomini. La Vergine-Madre diviene per lui tenda; e così ella è l’inizio della santa Chiesa, che a sua volta è anticipo della nuova Gerusalemme, nella quale non vi è più alcun tempio, perché Dio stesso dimora in essa.

La fede in Cristo che professiamo nel ‘Credo’ è quindi una spiritualizzazione ed una purificazione di tutto quanto la storia delle religioni aveva detto e sperato sulla presenza di Dio nel mondo. Ma è allo stesso tempo anche una corporeizzazione ed una concretizzazione che va al di là di ogni attesa sull’essere di Dio con gli uomini. "Dio è nella carne": proprio questo legame indissolubile di Dio con la sua creatura costituisce il centro della fede cristiana […].

Lasciandoci toccare dalla concretezza dell’agire divino, ne scopriamo così le orme nella storia del mondo, per proclamare con sempre rinnovata gratitudine e consapevolezza: "[Gesù, il Figlio di Dio] si è incarnato nel seno della Vergine Maria e si è fatto uomo".

È questo il mistero del Natale; ed è tutto il mistero della Vergine-Madre".

Bruno Simonetto


La mariologia di Benedetto XVI – 6



Il segno della Donna



Aspetti metodologici dell’Enciclica "Redemptoris Mater" e punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria, nell’analisi del Card. Joseph Ratzinger.


Nel cap. III del volumetto sulla Madonna, scritto dal Card. Joseph Ratzinger nel 1997: "Maria – Kirche im Ursprung" [in italiano: Maria – Chiesa nascente, Cinisello Balsamo 1998, ora rieditato] troviamo un’interessantissima Introduzione all’Enciclica di Giovanni Paolo II "Redemptoris Mater" [del 25 Marzo 1987].

Come ricordiamo, è l’Enciclica con la quale il Servo di Dio Papa Wojtyła indiceva l’Anno Mariano [con inizio nella Solennità di Pentecoste del 1987], in preparazione al Giubileo del Duemila, "non solo per rammentare che Maria ha preceduto l’ingresso di Cristo Signore nella storia dell’umanità, ma per sottolineare altresì, alla luce di Maria, che sin dal compimento del mistero dell’Incarnazione la storia dell’umanità è entrata nella "pienezza del tempo" e che la Chiesa è il segno di questa pienezza" [cfr. RM, 49].

L’Anno Mariano sarebbe terminato l’anno successivo, "nella Solennità dell’Assunzione della Santissima Vergine al Cielo, per mettere in risalto ‘il segno grandioso nel Cielo’ di cui parla l’Apocalisse. In questo modo – spiegava Papa Giovanni Paolo II – vogliamo anche adempiere l’esortazione del Concilio [Vaticano II], che guarda a Maria come a ‘segno di sicura speranza e di consolazione per il pellegrinante Popolo di Dio’ " [cfr. ibid. 50].

L’Introduzione-commento del Card. Joseph Ratzinger arricchisce notevolmente la lettura di questa Enciclica, prima parlando degli aspetti metodologici che la caratterizzano, poi indicandone i quattro punti focali alla cui luce è illustrata la figura di Maria.

Riservando ad un secondo articolo quest’ultimo aspetto, vogliamo qui riprendere in sintesi quale sia – secondo il Card. Ratzinger – la corretta metodologia per la comprensione della "Redemptoris Mater".



Il rischio di una lettura femminista dell’Enciclica

Il futuro Papa Benedetto XVI introduce il discorso paventando qualche rischio: "Un’enciclica mariana, un Anno Mariano – scrive senza mezzi termini – suscitano in genere poco entusiasmo nel Cattolicesimo tedesco. Si teme possano appesantire il clima ecumenico; si paventa il pericolo di una pietà troppo emozionale, incapace di reggere di fronte a criteri teologici rigorosi.

La comparsa di tendenze femministe ha naturalmente introdotto un elemento nuovo e inatteso, che minaccia di scompigliare un poco i fronti. Da un lato, l’immagine che la Chiesa traccia di Maria viene ivi presentata come la canonizzazione della dipendenza della donna e come la consacrazione della sua oppressione: la glorificazione della Vergine e Madre servizievole, obbediente e umile avrebbe fissato per secoli il ruolo della donna; una glorificazione tesa a tenerla soggetta. Dall’altro lato, la figura di Maria offre lo spunto per un’interpretazione nuova e rivoluzionaria della Bibbia: i "teologi della liberazione" si richiamano al "Magnificat" che annuncia la caduta dei potenti e l’elevazione degli umili; così il "Magnificat" diventa il faro di una teologia che considera suo compito incitare all’abbattimento degli ordinamenti esistenti".

Sembra che sia specialmente questo secondo rischio a preoccupare il teologo Ratzinger: "La lettura femminista della Bibbia – analizza – vede in Maria la donna emancipata che, libera e consapevole del proprio compito, si oppone a una cultura dominata dai maschi. La sua figura, assieme ad altri indizi speciosi, diventa una chiave ermeneutica che alluderebbe a un Cristianesimo originariamente del tutto diverso, il cui slancio liberatore sarebbe poi stato di nuovo presto attutito e neutralizzato dalla struttura del potere maschile.

Il carattere tendenzioso e forzato di simili interpretazioni è facile da riconoscere; comunque esse potrebbero avere il vantaggio di renderci di nuovo più attenti a quel che la Bibbia ha effettivamente da dire su Maria. Questo potrebbe perciò essere anche il momento di prestare più attenzione del solito a un’enciclica mariana, che da parte sua si preoccupa unicamente di far parlare la Bibbia".

Proprio per questo – "al fine di rendere più accessibile e comprensibile il documento papale e per facilitarne la lettura", come egli precisa – il Card. Ratzinger comincia con alcune considerazioni che ne mettono in luce il modo di procedere, riservando una seconda parte del suo intervento alla focalizzazione dei contenuti principali dell’Enciclica.

Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso - Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.
Pascalis Via Matris: Maria presenta l’umanità a Cristo Crocifisso -
Miniatura medioevale del Cantico dei Cantici, Biblioteca di Bamberga.

Aspetti metodologici della "Redemptoris Mater"

1. Leggere la Bibbia come un tutto


"L’Enciclica si presenta in molte parti come una meditazione biblica. Presuppone [perciò] l’interpretazione storico-critica della Bibbia e fa da parte sua il passo successivo, quello d’una interpretazione propriamente teologica".

La regola fondamentale in materia – ricorda il Card. Ratzinger – si trova nel cap. III della Costituzione conciliare "Dei Verbum": "… per ricavare con esattezza il senso dei sacri testi, si deve badare con diligenza al contenuto e all’unità di tutta la Scrittura, tenuto debito conto della viva tradizione di tutta la Chiesa e dell’analogia della fede" [DV, 12].

Ne deriva, che "spiegare teologicamente la Scrittura significa non ascoltare solo gli Autori storici collaterali e antitetici, ma cercare l’unica voce del tutto, l’identità interiore [del testo] che sorregge e unisce tale tutto". E questo vuol dire che l’interpretazione teologica della Parola di Dio supera il metodo storicistico; e che, in fondo, "la Scrittura è interpretata mediante la Scrittura, perché la Scrittura spiega se stessa".

Un secondo principio della "lettura unitaria" della Scrittura comporta il fatto di leggerla come una realtà presente, una ricerca di ciò che è vero. Credere questo fatto costituisce l’essenza dell’esegesi teologica.

"Il Papa [nell’Enciclica "Redemptoris Mater"] – sottolinea il Card. Ratzinger – parla con la Bibbia in questo atteggiamento: egli prende le sue parole così come esse risultano dal suo significato totale, come verità, come informazione su ciò che Dio e l’uomo sono realmente".

Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).
Ugolino da Belluno, Vergine dell’Accoglienza – Chiesa parr. Di Andora (Savona).

2. La linea femminile nella Bibbia

È importante leggere tutta la Bibbia. "Allora – spiega Joseph Ratzinger – si vede come nell’Antico Testamento, accanto e con la linea che va da Adamo ai Patriarchi e al Servo di Jhawè, corre la linea che va da Eva alle donne dei Patriarchi, a figure come Debora, Ester e Rut e infine alla Sophia: un cammino che non si può teologicamente minimizzare, per quanto esso sia non concluso e quindi aperto nella sua affermazione, per quanto esso sia incompiuto come tutto l’Antico Testamento, che rimane nell’attesa del Nuovo e della sua risposta. Ma come la linea adamitica riceve il suo senso da Cristo, così alla luce della figura di Maria e nella posizione dell’"ecclesia" diventa chiaro il significato della linea femminile, nella sua unione inseparabile con il mistero cristologico".

E qui arriva l’affondo del teologo Ratzinger: "La scomparsa di Maria e dell’ "ecclesia" in una corrente importante della teologia contemporanea è indice della sua incapacità di leggere la Bibbia nella sua totalità […]. Viceversa, per poter percepire il tutto, si presuppone l’accettazione del luogo fondamentale ecclesiale e quindi anche la rinuncia a una selezione storicistica all’interno del Nuovo Testamento".

Applicando questi princìpi alla "Redemptoris Mater", Ratzinger osserva: "A mio giudizio, l’importanza e l’attualità dell’Enciclica consistono non da ultimo sul fatto che essa ci guida a riscoprire la linea femminile nella Bibbia, con il suo specifico contenuto salvifico, e a imparare che né la cristologia elimina il femminile o lo riduce a una realtà insignificante, né, viceversa, il riconoscimento del femminile pregiudica la cristologia. Solo nella loro giusta relazione e unione si manifesta la verità su Dio e su noi stessi".



3. Una mariologia storico-dinamica

Il terzo elemento di analisi della struttura che caratterizza l’Enciclica mariana di Giovani Paolo II, il Card. Joseph Ratzinger lo espone in un rilievo terminologico.

"Il pensiero mariologico del secolo XIX e del secolo XX – spiega – mirava soprattutto a illustrare i privilegi della Madre di Dio, che furono riassunti nei suoi grandi titoli. Messa al sicuro l’Assunta con il dogma dell’assunzione corporea di Maria in Cielo, balzò in primo piano la controversia sul titolo di "Mediatrice" [Mediatrix] e di "Corredentrice" [Corredemptrix]. Nell’Enciclica, per quel che mi consta, il titolo di "Corredentrice" non compare; quello di "Mediatrice" lo incontriamo solo molto raramente, piuttosto ai margini e in citazioni. Tutto l’accento viene invece a cadere sul termine "mediazione", sull’azione, sulla missione storica; l’essere diventa visibile solo mediante la missione, mediante l’azione storica.

Questo spostamento terminologico – continua Ratzinger – ci permette di cogliere la nuova impostazione della mariologia scelta dal Papa: non si tratta di illustrare davanti alla nostra contemplazione stupita misteri statici, ma di capire la dinamica storica della Salvezza, che ci coinvolge e ci addita il nostro posto nella storia, elargendoci doni e ponendoci esigenze. Maria non risiede solo nel passato né solo nell’alto dei Cieli, nell’intimità di Dio; ella è e rimane presente e attiva nell’attuale momento storico; ella è qui e oggi persona agente […]. Dal fatto che ella ci precede e ci indica il cammino che ci sta davanti, risulta poi naturalmente chiaro chi ella è e chi siamo noi, tuttavia solo se prendiamo atto del senso dinamico della sua figura".

Continueremo il discorso nei prossimi numeri della rivista, soffermandoci ad osservare anzitutto come in questo modo la mariologia diventa teologia della storia e imperativo ad agire, convinti sempre più che la presentazione-commento che il Card. Joseph Ratzinger fa della "Redemptoris Mater" è lezione alta di catechesi mariana.

Bruno Simonetto
[Modificato da Caterina63 25/09/2009 15:57]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)