00 06/11/2012 14:13
di STEFANO DE FIORES, smm

Dal servizio alla corona di gloria
   

Nella Serva del Signore scopriamo il cammino del credente dalla kénosi all’esaltazione.
  

Qualche tempo fa mi sono imbattuto in un libro scritto da cinque donne spagnole, di cui quattro laiche e una religiosa: Isabel, Esperanza, Mercedes, María e Demetria. Il volume è intitolato: María, mujer mediterránea (Bilbao 1999).

Le parole introduttorie di Isabel si rammaricano che la figura di Maria, unico referente femminile del Credo, sia stata costruita da uomini che non sempre hanno tenuto conto della realtà della donna. Ne è risultato un ritratto in cui si sono riversati i sogni maschili di un «ideale di donna», ma che ha reso irriconoscibile la reale Maria di Nazaret. Isabel propone di cambiare strada: «Nel caso di Maria, la sua vita autentica ci obbliga ad abbandonare le sete e le corone per seguirla nei cammini polverosi e poveri della sua nativa Galilea. Ci obbliga a incallire le sue mani e a disegnare rughe sul suo volto terso e giovanile. Ci obbliga a coprire la sua tunica immacolata con un grembiule. Ci obbliga a immaginarla mentre trasporta acqua dal pozzo, impasta il pane, allatta, aggiunge rammendi al panno sciupato, frega il suolo… Tutte faccende che hanno fatto le donne per secoli».

Giovanni Paolo II incorona l'immagine della Madonna delle grazie di Krzeszów (viaggio apostolico in Polonia, 31.5.­10.6.1997).
Giovanni Paolo II incorona l’immagine della Madonna delle grazie di Krzeszów
(viaggio apostolico in Polonia, 31.5.­10.6.1997 – foto Giuliani).

Sinceramente consideriamo legittimo e apprezziamo il desiderio di Isabel: umanizzare la figura di Maria, estraendola da un’indebita idealizzazione o da una trionfalistica glorificazione. Continuare a ricuperare la dimensione biblica della Vergine di Nazaret in tutta la realtà storica da lei vissuta in mezzo al suo popolo e nel suo ambiente rimane un compito permanente di teologi e catechisti, di pastori e laici, di uomini e di donne.

Non ci sentiamo tuttavia di togliere la corona dalla fronte della Madre di Dio, perché nel piano della sapienza divina essa fa parte, come necessaria conseguenza, di una vita di servizio del Signore nell’umile condizione della donna alle soglie del Nuovo Testamento. In particolare in lei, serva innalzata a madre del Signore e proclamata beata da tutte le generazioni, scopriamo il cammino del credente dalla kénosi alla gloria. E comprendiamo che chiunque seguirà la Serva del Signore avrà come lei la corona di gloria promessa agli eletti.

Pertanto ci proponiamo nella nostra trattazione di cogliere anzitutto il significato della corona come simbolo universalmente in uso tra i popoli fin dall’antichità. Passeremo poi all’antropologia biblica per apprendere come la vita umana sia posta tra due corone, una iniziale e una finale, e si svolga contemporaneamente secondo la legge storico­salvifica dell’abbassamento­esaltazione.

Contemplata la vicenda del Verbo incarnato che personifica la più alta valorizzazione della predetta legge, potremo infine soffermarci su Maria nel suo passaggio dalla kénosi alla corona di gloria per cui ella può essere invocata dai fedeli regina incoronata. In ultima istanza, togliere la corona dal capo di Maria sarebbe privarla di un elemento significativo della sua partecipazione alla gloria del Figlio risorto e insieme sottrarrebbe ai fedeli un simbolo eloquente del futuro felice che riserva loro una vita di fedeltà all’unitrino Signore.

"Il Correggio" (1489­1534), Incoronazione della Vergine, Galleria nazionale, Parma.
"Il Correggio" (1489­1534), Incoronazione della Vergine, Galleria nazionale, Parma (foto Lores Riva).

Simbolo antropologico. È vero, la corona oggi non detiene la rilevanza che aveva in altri tempi. Le teste coronate sono sempre più rare, man mano che retrocedono le monarchie e avanzano i governi democratici. Rimangono le corone che si scambiano gli sposi nel rito bizantino e i diademi che cingono il capo delle Miss vincitrici dei concorsi di bellezza.

La corona ha una sua storia che risale a tempi remoti, addirittura alla preistoria, come semplice ornamento della testa, ma pure con significato religioso, dato il legame con gli alberi sacri: «Un ramo sottile, curvato e ripiegato su se stesso, dovette già in età preistorica suggerire, con la semplicità dell’operazione, la leggerezza della materia, la grazia della forma, il primo naturale ornamento del capo. Tale ornamento valse però in primo luogo come un attributo alla maestà divina nel culto antropomorfo; e ciò in omaggio al carattere sacro che nelle religioni antiche l’albero riveste nel suo insieme come nelle sue parti componenti (rami e foglie). Conseguentemente l’attributo sacro della corona passò di diritto a quei personaggi mortali che più apparivano in rapporto con la divinità: vale a dire sacerdoti e sovrani».

È interessante notare che la corona floreale è attribuita nel mondo classico ai sacerdoti e ad altre categorie di persone che «si trovano in un certo modo sotto la grazia divina»: vincitori nei giochi sportivi, soldati valorosi, sposi nel rito nuziale, defunti nei riti funebri…

A questo proposito sono state rinvenute in Egitto delle mummie faraoniche risalenti alla XX dinastia (ca. 2000 a.C.) con la testa ornata di corone intessute di rami e foglie. Molto tempo dopo, Saffo afferma che gli dei voltano le spalle ai devoti che si presentano senza corone, mentre Euripide presenta Ippolito stephanephóros, «cinto di corona», dinanzi ad Artemide.

Dal punto di vista antropologico, che cosa significa la corona? Il simbolismo della corona è quanto mai denso e spiega l’uso che ne fa la Bibbia. La corona, nel costume dei popoli, fa riferimento a tre fattori principali: la collocazione sulla testa, la forma circolare e la materia della corona.

Al di là del metallo che la compone, la corona è «il segno visibile di una riuscita». Essa si pone sul capo, sul punto più alto del corpo, e lo supera, divenendo simbolo di un dono dell’alto che guida alla massima realizzazione di sé, alla vittoria del principio superiore sugli istinti. La corona «segna il carattere trascendente di una realizzazione».

Duccio di Buoninsegna (1255 ca.­1318), Incoronazione della Vergine, vetrata del Duomo di Siena.
Duccio di Buoninsegna (1255 ca.­1318), Incoronazione della Vergine, vetrata del Duomo di Siena.

Con la sua forma circolare la corona indica la perfezione e quindi la partecipazione alla natura celeste. Nell’incoronato convergono le realtà inferiori e superiori e nello stesso tempo si delimitano i confini tra il terreno e il celeste, tra l’umano e il divino. In questo senso la corona è come una cesura o uno spartiacque, ma insieme una congiunzione o un condensato tra sopra e sotto, realtà divine e vicende umane. In quanto ricompensa per una prova superata o per un primato acquisito o per uno straordinario traguardo raggiunto, la corona è una promessa di vita immortale.

Ghirlanda intrecciata di fiori o metallo prezioso (oro o argento), la corona indica «una dignità, un potere, una regalità, l’accesso a un rango e a forze superiori».

Nel mondo greco­romano si conoscevano l’alloro olimpico e la corona di vittoria del trionfatore. Se poi la corona termina a forma di cupola, essa «afferma una sovranità assoluta». L’origine etimologica di corona affine a corno, termine presente anche nel linguaggio biblico, esprime l’idea di «elevazione, potenza, illuminazione»: «Entrambi si elevano sopra la testa e sono l’insegna del potere e della luce».

Questo approccio già ci premunisce dal pericolo di liquidare la corona tra le realtà insignificanti; al contrario essa appare un simbolo pregnante che indica il successo di una vita posta al servizio di Dio e unisce il dono divino e l’impegno umano, la vicenda terrena e il premio celeste. Tali prospettive raggiungono nuovi traguardi alla luce della Bibbia.

Ignoto, Incoronazione di Maria, incisione del 1510, Galleria albertina, Vienna.
Ignoto, Incoronazione di Maria, incisione del 1510, Galleria albertina, Vienna (foto Lores Riva).

L’uomo biblico tra due corone. La Bibbia procede ad una personificazione e anche umanizzazione della corona, nel senso che Dio è la corona di gloria per il popolo (Is 28,5), mentre per Dio stesso la corona è innanzitutto Israele (Is 62,3), segno della sua azione onnipotente e salvifica. Anche Paolo scriverà ai Filippesi: «Fratelli miei, mia gioia e mia corona» (Fil 4,1).

Al di là di questa personificazione, i libri sacri ricorrono alla corona in senso traslato o simbolico per descrivere la dignità dell’uomo creato da Dio e il traguardo riservato ai suoi servi fedeli. Possiamo affermare che la vicenda dell’uomo biblico si svolge tra due corone di gloria, una di sovranità sul creato che gli partecipa il Creatore e una come ricompensa a una vita di umile accettazione del piano di salvezza che il Padre realizza mediante Cristo nello Spirito.

Stefano De Fiores, smm
  
   

"Rivelazioni private e fenomeni straordinari"

Oggi è particolarmente frequente l’enfatizzazione di alcuni fenomeni "straordinari", come presunte apparizioni o rivelazioni della Madonna, di Gesù bambino, di angeli, di santi, di defunti. Inoltre, alcune persone diffondono messaggi che riceverebbero direttamente dall’aldilà.

Su questi vari fenomeni la Chiesa ha posizioni molto diverse: in alcuni casi non si è pronunciata; in altri si è pronunciata evitando di affermare in modo definitivo la soprannaturalità o la non soprannaturalità; in altri ancora ha emesso un giudizio sfavorevole e negativo; e infine in casi rarissimi si è pronunciata in senso favorevole.

Il discernimento di questi fenomeni è molto difficile e proprio perché difficile va affrontato con saggezza e prudenza avendo a disposizione il maggior numero possibile di informazioni per conoscerli in modo approfondito.

Rivelazioni private e fenomeni straordinari (Gris, Esd 2010, pp. 192, € 20,00) presenta alcuni casi particolari, come le apparizioni e le rivelazioni provenienti dalla Madonna, le rivelazioni del cosiddetto "Gesù bambino di Gallinaro" (Frosinone), la croce di Dozulé (Normandia) e i casi di Conchiglia ("Movimento d’Amore San Juan Diego"), dei Cenacoli serafici (conosciuti anche come "Sentieri di misericordia") e di "Fra Elia" (Elia Cataldo; Calvi dell’Umbria, Terni).

Gli autori dei differenti saggi tentano di fornire elementi per una valutazione oggettiva di questi fenomeni.

c.s.

 

«Una spinta alla conversione e al nostro essere in Dio»

Basandosi su esperienze personali, Francesco Bamonte, religioso dei Servi del Cuore immacolato di Maria ed esorcista della Diocesi di Roma, racconta (La Vergine Maria e il diavolo negli esorcismi, Paoline 2010, pp. 200, € 14,50) come nella sua cura pastorale delle persone possedute è possibile constatare la presenza e la protezione della Madonna, che con immensa tenerezza di madre interviene accanto ai suoi figli.

Scrive Renzo Lavatori, massimo esperto di demonologia, nella Prefazione al volume: «Alcuni sentimenti hanno colpito beneficamente il mio animo: ho potuto contemplare la grandezza e la bellezza di Maria, in maniera così luminosa e incisiva, come non mi era capitato prima di allora. Certamente sono cose risapute, ma descritte con una vivacità e una icasticità che illumina l’animo e la mente, suscitando profonde emozioni di ammirazione e di amore verso la Vergine santa.

Paradossalmente si verifica questo strano fenomeno: dai racconti turbolenti degli esorcismi emerge nella sua altezza e nella sua magnificenza la figura purissima e splendida della Madre di Dio, di fronte alla quale si resta come abbagliati e affascinati. Si potrebbe dire che davanti alle tenebrose manifestazioni sataniche appare con maggior fulgore colei che è stata prescelta, con la forza della sua santità, a svergognare e smascherare la bruttezza e la meschinità di Satana».

s.b.



Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)