00 16/05/2009 19:51
In un blog una persona appartenente ad un gruppo laico di recente riconoscimento ha accusato la FSSPX di essere  una "setta eretca"..(il buono sarebbero loro)... Occhi al cielo

il mio amico Chisolm ha dato questa risposta che è da incorniciare, non posso non condividerla anche con voi  Occhiolino



Erano gli anni in cui si svolgeva il Concilio. Ero un bambino e, vivendo all’epoca con mia nonna, la accompagnavo sempre alle funzioni. Anche quando ero più piccolo, la accompagnavo e di questa piccola compagnia ho il barlume di una lingua antica e musicale che mia nonna, seppur contadina friulana, seguiva come se leggesse uno spartito.

Ricordo la pronuncia marchigiana del parroco che modellava il latino sulla propria capacità linguistica: ecco che il Tantum ergo diventava il Tanetumerego, mentre sul Miserere nobis, il parroco dico, subiva una strana contrazione: si mangiava un “re”, aumentava di una "e" e pronunciava Miserenobise.

Tuttavia, sono cresciuto con la magia evocativa di quella lingua che riusciva a catturare il sacro e a trattenerlo, contrarlo, modellarlo con tonalità dialettali che non gli toglievano una piuma di peso.
Mia nonna aveva sempre gli occhi lucidi alla consacrazione: io la guardavo di sghimbescio e non sapevo darmene ragione: «HOC EST ENIM CORPUS MEUM».

Avevo memorizzato quella formula e l’avevo pure velocizzata per dirla d’un fiato: dicevo occhestenimcorpusmeum e lo ripetevo per tutta la casa, giocando e saltando col ritornello di “Ma che bel castello”. Mia nonna mi guardava e sorrideva.
Anche adesso, quando voglio ripensare alla nonna, chiudo gli occhi e attacco la melodia dell’ occhestenimcorpusmeum…

Allora, non ci chiedevamo dove stesse andando la Chiesa, oppure “quale Cristo?”, insomma le domande sorte in questa discussione. Allora, c’era la consapevolezza di appartenere ad un Corpo del quale si poteva essere unghia, dito, occhio o capello. Ne eravamo tutti consapevoli, soprattutto quando si rientrava in casa con ancora i fumi d’incenso che impregnavano i cappotti e si mischiavano all’odore di minestra.

Cominciavo a pensare alla minestra quando era giunto il momento della comunione: io ero troppo piccolo per farla e guardavo estasiato mia nonna mentre si inginocchiava alla balaustra tenendomi per mano: non mi mollava un attimo.
Quel momento era ancora più magico: lei che parlava solo friulano, prima di ricevere l’ostia piccola come una luna di neve, diceva perfettamente: « Domine, non sum dignus, ut intres sub tectum meum: sed tantum dic verbo, et sanabitur anima mea».

Mi direte, giustamente, che questi ricordi hanno poco a che vedere con la discussione e, probabilmente, avete ragione. Ho sviato. Ma torno sempre a questi ricordi quando il caos dell’epoca attuale mi prende e mi fa sentire fuori posto.
Macchè tradizionalista, nostalgico, preconciliare… Sono solo uno che, in chiesa, non sente più odor d’incenso, non vede più sguardi meravigliati alla consacrazione ma solo celeri pretonzoli che, quando alzano il calice (e neanche più di tanto), ne approfittano anche per scuotere la casula e buttar l’occhio sull’orologio. Se è tardi, velocizzano la funzione.

Ho nostalgia del mio vecchio parroco, natio di san Severino Marche, latinista con qualche sbavatura ma con occhi grandi come il cielo e braccia da Carnera, quando con la destra fendeva l’aria tanto che tremolavano le fiammelle delle candele e ci garantiva la compagnia del Cristo, obbediente alla morte di croce, ma anche di essere assieme a noi con la famiglia trinitaria.
« Benedicat vos omnipotens Deus: Pater, et Filius, et Spiritus Sanctus»…

Poi, la Chiesa ha indossato abiti alla moda, ha riempito i silenzi con bonghi e chitarre, ha subaffittato chiese ad equo canone, ha esposto crocifissi pop-art, ha fondato curve nord e curve sud, ha presenziato e presenzia a megaraduni e via dicendo.
Non sono arrabbiato, solo un po’ triste.
Allora ripenso a mia nonna, a quando ci avvicinavamo all’altare del Signore Dio, quel “ Deum qui lætificat juventutem meam».
So che lei è con me e mi chiede di crederci come quando ero bambino.
Con dolcezza, ma senza cedere una virgola…

Chisolm

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La mia risposta [SM=g1740738]


chisolm ha detto:

Allora, non ci chiedevamo dove stesse andando la Chiesa, oppure “quale Cristo?”, insomma le domande sorte in questa discussione. Allora, c’era la consapevolezza di appartenere ad un Corpo del quale si poteva essere unghia, dito, occhio o capello. Ne eravamo tutti consapevoli, soprattutto quando si rientrava in casa con ancora i fumi d’incenso che impregnavano i cappotti e si mischiavano all’odore di minestra.

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da incorniciare...comprese le "filastrocche"  Ghigno

io sono nata nel '63 ma dall'età di 3 anni ero già coccolata dalle suore domenicane di san Sisto...
io non sono cresciuta con il rito antico, ma ho respirato la Comunione Ecclesiale...sono cresciuta in un involucro ancora intatto che pur aprendosi al mondo, manteneva rigore per il sacro...

a 6 anni, prima elmentare, iniziava l'obbligo della Messa ogni mattina  Occhiolino ricordo che andavamo a cercare nella cesta posta avanti alla Cappella il nostro VELO BIANCO da mettere in testa, recante il numero assegnato ad ogni collegiale, io avevo il numero "5"...una suora ci distribuiva la corona del rosario perchè durante la Messa non venissimo distratti da altro o si pregava, o si pregava magari giocarellando con la corona...ricordo che una mia compagna di banco non faceva altro che baciare il crocefisso della corona, ci giocava, contava i grani e baciava... Sorriso

La mia postazione in Chiesa era davanti al banco che occupava la Direttrice, figuriamoci, era per me un privilegio...
quando era la Consacrazione ero talmente incuriosita di una cosa: la posizione del viso della Direttrice, nascosta fra le mani in meditazione...io credevo che volesse giocare al bubu-settete Felice
ed infatti prendevo le sue mani e le lanciavo un enorme sorriso...e lei li mi lanciava uno sguardo severo indirizzandomi verso l'altare e sussurrava: dopo, dopo, ora GUARDA, GESU' E' SULL'ALTARE...
"ma dove?!" dicevo io un pò delusa...
"Lì, DENTRO l'Ostia che il sacerdote ha appena sollevato, a Gesù piace nascondersi..."

la cosa mi convinceva e mi piaceva imparai così a rispettare l'Ostia Consacrata...e a pensare sempre che qui dentro Gesù è vivo e vero...

Poi quando faceva la comunione e la suora si rimetteva in adorazione con il viso coperto, un giorno le dissi: "MA HAI MANGIATO GESU'Che?!?" e mi misi a piangere  Ghigno
Ci volle la santa pazienza della Direttrice per farmi passare lo spavento...e la delusione provata...mi spiegò che non era lei che mangiava Gesù, ma Gesù che si donava e che così aveva voluto che fosse perchè era l'unico modo per abitare dentro le persone...

Da noi la Messa era già in italiano, ma tutte le altre preghiere al di fuori della Messa ci vennero insegnate in latino...
il rosario si diceva in latino con le suore e in italiano quando lo dicevamo nel gruppo...

In sostanza sono cresciuta senza discontinuità.... Occhiolino

i problemi ho cominciati a vederli fuori dal collegio, quando a 22 anni cominciai ad occuparmi del ruolo di catechista...credevo di aver appreso abbastanza, ma finii per rendermi conto che la parrocchia in cui stavo non aveva praticamente più nulla di quanto avevo imparato al collegio...
Io avevo imparato sul Catechismo san Pio X, avevo imparato le formule, qui in parrocchia scoprii che tale catechismo era stato abolito (e che fu un abuso l'ho scoperto solo 10 anni fa), insomma mi resi conto che sarei dovuta andare in Diocesi a fare degli "aggiornamenti" ed anch'io ho cominciato a vivere di abusi liturgici...ignara che lo fossero...

in una Parrocchia  ci fu il parroco (buono come il pane ma molto fai da te) che a momenti ci fece CELEBRARE MESSA a me ed altre due catechiste...era tutto "normale e naturale" per noi, non ci si rendeva conto che fossero abusi e il Magistero del Papa era completamente inesistente...si andava avanti con libretti impostati da non so chi...ma di certo diocesani...

A distanza di anni non mi creo sensi di colpa, ma sarei incosciente se tacessi la vista che il Signore mi ha donato, facendomi vedere, di colpo, i danni che abbiamo compiuto in passato...




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...quanto segue proviene smpre dalle medesime riflessioni.... Occhiolino

si parlava così della comunione alla bocca o della comunione alla mano....

è stata inserita la testimonianza di una persona che all'interno di un noto Cammino...prende la comunione in questo modo Occhi al cielo :

 
"Oggi a distanza di quasi 30 anni l'Eucarestia è diventata il centro della mia vita. Partecipo alla Messa quasi tutti i giorni facendo almeno dieci minuti di adorazione presso il tabernacolo.
Questo amore verso l'Eucarestia è scaturito dalla partecipazione,in tanti anni,alle celebrazioni del Cammino Neocatecumenale. Vivere una liturgia viva ha sviluppato in me una consapevolezza e una devozione eucaristica prima sconosciute.
Nelle celebrazioni del sabato sera ho imparato il valore
dell'adorazione eucaristica di cui prima ero del tutto ignaro.
E' stato
tenendo il Signore nel palmo della mia mano, nelle celebrazioni del sabato sera,che ho avuto consapevolezza del mistero della presenza reale di Cristo in quel pezzo di pane. Oggi vivo quei pochi minuti in cui tengo il Signore nelle mi mani con grande intensità
.”
Occhi al cielo

la mia risposta:

...l'idea errata del tenere Gesù (Eucarestia) nelle mani è anche di molti cattolici NON NC....quando seppi che una signora di 60 anni SI PORTA L'OSTIA AL BANCO SI SIEDE E SE LA GUARDA....e dopo la DEGUSTA...mi fu difficile spiegarle lo sbaglio che stava facendo...mi ci sono voluti i mesi...anche di discussioni accese  Occhiolino la signora era giunta perfino ad avercela con Benedetto XVI perchè aveva rimesso l'inginocchiatoio...
Senza accorgersene la signora IDOLATRAVA MA NON ADORAVA...

questa forma di prendere così la comunione è protestante...che pur non credendo nella reale presenza SPIRITUALMENTE RITORNANO ALL'UTIMA CENA IMMAGINANDOSI GESU'...

ecco cosa comporta queste catechesi errata SI FINISCE PER IMMAGINARE GESU' e la convinzione si fa talmente radicata che appena si dice al fratello o alla sorella: "perdonami, MA DEVO SVEGLIARTI DAI TUOI SOGNI" ecco che scatta L'ODIO, L'ACCUSA DI FONDAMENTALISMO, DI TRADIZIONALISMO...tutto si tira in ballo per GIUSTIFICARE IL PROPRIO SENTIMENTALISMO EUCARISTCO..fondato sulle IMMAGINE che pian piano ci costruiamo. Occhi al cielo

La Sana Dottrina serve proprio a liberarci dalle immagini "NON TI FARAI IMMAGINE ALCUNA" ADORERAI DIO IN SPIRITO E VERITA':
Spirito= l'azione dello Spirito Santo che rende l'Eucarestia un prodigio ma INVISIBILE;
Verità= E' LA SANA DOTTRINA...

... piú esplicita si rivela la lettera del 23 giugno 2003 dell’allora Card. Ratzinger al Dott. Heinz-Lothar Barth:
« Credo che a lungo termine la Chiesa romana deve avere di nuovo un solo rito romano. L’esistenza di due riti ufficiali per i vescovi e per i preti è difficile da “gestire” in pratica. Il rito romano del futuro dovrebbe essere uno solo, celebrato in latino o in vernacolo, ma completamente nella tradizione del rito che è stato tramandato. Esso potrebbe assumere qualche elemento nuovo che si è sperimentato valido, come le nuove feste, alcuni nuovi prefazi della Messa, un lezionario esteso con più scelta di prima, ma non troppa, una “oratio fidelium”, cioè una litania fissa di intercessioni che segue gli Oremus prima dell’offertorio dove aveva prima la sua collocazione ». Piú o meno quanto aveva previsto il Concilio, a questo ci sta portando Benedetto XVI......


Ed ecco il contributo del mio amico Chisolm....DA GUSTARE... Occhiolino

Le mani dei laici, per quanto santi, non sono le mani dei consacrati, per quanto indegni (i certi casi, ovviamente). Le mani dei laici servono per edificare il regno di Dio, col lavoro, giungendosi in preghiera, asciugando lacrime e per dar carezze, qualche volta una sculacciata.

Anche una sculacciata ben data aggiunge un mattone alla Civitas Dei.
Il mio quasi omonimo, Padre Francesco Chisholm, ne Le chiavi del Regno di Cronin, così apostrofava i suoi parrocchiani cinesi per indurli alla cooperazione, al lavoro per il Regno: « Non crediate che il Paradiso sia soltanto in Cielo…è nella vostra casa, in un fiore che sboccia, nel palmo della vostra mano… non importa dove…»

Le mani dei laici, a parte il ruolo dei ministri straordinari dell’eucarestia, non sono fatte per cullare il Corpo di Cristo: “Noli me tangere”, non trattenermi.
Come bambini piccoli, dice Pietro, bramate il latte, quasi a voler indicare nella bocca, il luogo di destinazione del Pane, senza stazioni di sosta, senza pause di riflessione: la bocca, e non le mani, sono il luogo d’accoglienza del Cibo. Poi, seguirà la giusta “orazione”, da os-oris (bocca).


Le mani dei consacrati hanno la loro importanza, il loro rilievo.
Sono quelle mani, le sole, a poter “trattenere” il Corpo di Cristo, a elevarlo, a distribuirlo.
Ricordo con gioia le prime messe dei miei compagni di studio.
Conseguita la Licenza in Teologia, venivano ordinati quasi subito: alla prima messa, io come tanti, i loro parenti e amici, mi mettevo in fila per baciare le loro mani consacrate.
Tra tanti, ricordo con piacere don Silvio che, quando gli presi le mani per il bacio, ebbe un moto di delicato imbarazzo. Mi disse, ancora frastornato dall’ordinazione: «Doveri baciarti io le mani per tutti gli appunti che mi hai passato…».

In quell’occasione, per ricordargli che non erano gli appunti che facevano il prete, ma, in certo senso, le mani, gli regalai una riproduzione del Figliol Prodigo di Rembrandt.
Gli dissi di osservare le mani del Padre che si posavano sulle spalle del figlio inginocchiato.
Una mano è maschile, l’altra (così ha voluto Rembrandt) è delicatamente femminile.
Gli dissi che sarebbero state il modello delle sue mani.
Una maschile, per consacrare e benedire, l’altra femminile, materna, per distribuire il Cibo ai figli.

Sono passati sei anni. Ora è missionario, in coerenza con la sua congragazione.
Tempo fa mi ha spedito una foto: lui in mezzo a un centinaio di bambini, i suoi “appunti” di carne.

Quando gli baciai le mani, il giorno della sua ordinazione, in un certo senso ho baciato tutti i suoi figli.
Le mie mani continuano a prendere appunti, le sue a benedire, consacrare e nutrire.

Chisolm


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L'approfondimento:

Le mani dei laici, a parte il ruolo dei ministri straordinari dell’eucarestia, non sono fatte per cullare il Corpo di Cristo: “Noli me tangere”, non trattenermi.
Come bambini piccoli, dice Pietro, bramate il latte, quasi a voler indicare nella bocca, il luogo di destinazione del Pane, senza stazioni di sosta, senza pause di riflessione: la bocca, e non le mani, sono il luogo d’accoglienza del Cibo. Poi, seguirà la giusta “orazione”, da os-oris (bocca).



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questo passo è ben descritto nel famoso libretto DOMINUS EST scritto dal vescovo Scheneider  Occhiolino


Il problema sta alla radice della catechesi errata di Kiko per la quale, l'avvenimento cristico (e di conseguenza l'Eucarestia e tutta la forma liturgica) è centrale si, ma non la causa principale del nostro essere cristiani...

cosa vuol dire?
che per Kiko la causa principale per cui abbiamo il Cristo=Eucarestia sta semplicemente nella COMUNITA', VERO CENTRO nel quale deve convergere il battezzato....cioè E' LA COMUNITA' CHE GENERA IL PRODIGIO.....da qui infatti si comprende l'iniziativa di un certo OBBLIGO al sacerdozio KIKIANO per i giovani che non intendono sposarsi...e la comunità monacale per le donne singol...per evitare che possano PERDERSI nel mondo...

La comunità per Kiko GENERA TUTTO, GENERA ANCHE LA CHIESA con tutto ciò che vi è dentro.... Occhi al cielo
è davvero preoccupante che vescovi, teologi, esegeti e ahimè il Papa stesso che ha tanti problemi da affrontare, non comprendano questa grave eresia...

Per la verità fu il card. Pappalardo di venerata memoria che nel 1996 sollevò per primo questo problema, denunciando IL PERICOLO di affermazioni kikiane e catechetiche sul senso della Comunità e dell'essere comunità nella Chiesa...
Poi Benedetto XVI che non di rado anche quel 10 gennaio è ritornato spesso a spiegare il senso di essere comunità, ma ahimè chi lo ascolta?


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)