00 09/01/2013 12:30

 

Benedetto

SCOPRIAMO CHE LA

CHIESA

FU DALL’INIZIO (LA SOLA)

MAESTRA DI TOLLERANZA

 

 

Il problema non è il dialogo. Ma la mancanza di apologetica

Una riflessione documentata e anche storiografica sulla libertà religiosa, l’ecumenismo, il dialogo interreligioso. Su quando nel dialogo la Verità smette di essere la protagonista e protagonisti diventiamo noi, le comparse. Un’analisi di Nostra Aetate e Gaudium et spes, le rubiconde mele “avvelenate” (da qualcuno) della Chiesa contemporanea.

PARAGRAFI

I documenti del Concilio che dovevano unire… dovevano! Concilio, dialogo e libertà religiosa: nulla di nuovo sul fronte tradizionale.
Il macello nasce dal definire “chiese” le comunità protestanti. Ma quando mai i Padri della Chiesa sono stati “antisemiti”?!
Perfido e’ chi dà del perfido al “perfido”. A proposito di “perfidi giudei”. Il “dialogo” e’ con tutti, ma l’ecumenismo e’ fra soli cristiani…
E poi si pensi a Gesù e la prostituta. Manco aveva fatto in tempo a morire Cristo, che comparve il primo Melloni del cristianesimo: quel disgraziato di Marcione. Lo schifo e la vergogna viene da noi cristiani, non dalle “altre religioni”.
E Gregorio Magno insegna la tolleranza religiosa. Lutero: se si convertono, bene; altrimenti, vadano a morì ammazzati!
Lutero, il maestro dell’intolleranza religiosa. La Chiesa dai tempi apostolici era stata maestra di tolleranza… peccato che Lutero e progressisti se ne erano scordati. Quel “volemose bbene a tutti i costi” che fa male all’ecumenismo.
La Chiesa: debitrice di tutti, salda il debito evangelizzando. Il dialogo e’ ok quando si intende “disputa”; non relazione fine a se stessa con l’altro. La missione della correzione fraterna

 

 

 

 

RITAGLI

E allora, cosa c’è di sbagliato in Nostra Aetate o Gaudium et spes? Nulla, almeno a riguardo delle intenzioni. Se il dialogo non funziona e la gente non si converte, non è colpa di questo, ma di come viene impostato; dipende da noi aver abbandonato la dottrina cristiana: l’aborto, il divorzio, l’orgoglio gay, l’eutanasia, la genetica incontrollata, ecc… non l’hanno mica pretesi come legge “le altre religioni” ma noi, noi che ci dicevamo cristiani! Questo è lo scandalo e l’infruttuosità del dialogo.

Ciò che ci interessa è il Magistero ufficiale della Chiesa e ciò che ha insegnato fin dal primo secolo: la tolleranza della libertà religiosa. Senza dubbio sollecitava ad un impegno costante per la predicazione del Divin Verbo affinché queste “genti” potessero alla fine conoscere Gesù, Verità Incarnata.

Ciò che accadde dopo il Concilio Vaticano II è ben diverso: si presentò la tolleranza e la libertà per le altrui convinzioni religiose come un insegnamento “nuovo” e, con questa interpretazione, si giunse al sincretismo religioso, dimenticando la sollecitazione ad essere cristiani, a testimoniarlo e a predicarlo. In una parola, si staccò questa tolleranza religiosa dal dovere di predicare e testimoniare Cristo; si tenne esclusivamente il dialogo, dimenticando i doveri del battezzato. Questo, però, non fu mai chiesto dal Concilio, né è richiesto dai suoi documenti!

Il vero dramma del nostro tempo non è il “dialogo” in sé ma l’assenza dell’apologetica, l’assenza della conoscenza della fede che diciamo di professare e l’avanzare delle proprie opinioni, delle proprie interpretazioni, del proprio individualismo.

 

 

 

 

di Tea Lancellotti da papalepapale.com

 

 

I DOCUMENTI DEL CONCILIO CHE DOVEVANO UNIRE. DOVEVANO…

Giovanni Paolo II, nel discorso al Sacro Collegio del 23 dicembre 1982, in occasione della VI Assemblea del Consiglio ecumenico delle Chiese disse: «Celebrando la Redenzione andiamo al di là delle incomprensioni e delle controversie contingenti per ritrovarci nel fondo comune al nostro essere cristiani». Questo, in sintesi, è uno dei pilastri dei nuovi cambiamenti voluti dal Concilio Vaticano II: guardando al Cristo che diciamo di credere e predicare è indispensabile, in questo tempo, andare oltre le incomprensioni e le controversie e ritrovarci, ripartire, da quel fondo comune al nostro essere cristiani, ossia di Cristo. Non si tratta di perseguire “esclusivamente” quel quid che ci unisce, quanto piuttosto, superate le diffidenze maturate nel corso della storia soprattutto per questioni politiche, perseguire anche altre strade fra le quali quella del “ciò che ci unisce”, una strada effettivamente mai percorsa prima dalla Chiesa, ma non per questo illegittima. Questa è l’unica novità autentica del Concilio! L’errore fondamentale che è stato fatto è quello di aver pensato o addirittura pensato di insegnare una “nuova dottrina” e dunque una “nuova Chiesa”.

 

CONCILIO, DIALOGO E LIBERTÀ RELIGIOSA: NULLA DI NUOVO SUL FRONTE TRADIZIONALE

Paolo VI apre una sessione del Concilio

Con questo piccolo lavoro dimostreremo che non è così. Non c’è nessuna “nuova” dottrina: piuttosto la novità del percorrere una strada che la Chiesa avrebbe già dovuto intraprendere ma che, per motivi storici ed altro, non poté perseguire.

Questo aspetto legittimo della Chiesa ha tuttavia dato origine anche alle false interpretazioni, fino a giungere spesso a dei pericolosi sincretismi o a porre la Chiesa sullo stesso piano delle altre comunità non cattoliche o, persino, sullo stesso piano delle altre religioni.

Per rispondere adeguatamente alle tante domande sull’argomento, è fondamentale partire da questa affermazione ufficiale: il 29.6.2007 la Congregazione per la Dottrina della Fede ha espresso per volere del santo padre Benedetto XVI una Dichiarazione che chiarisse, una volta per tutte, la situazione dottrinale e magisteriale della Chiesa e per una corretta applicazione del Concilio Vaticano II. Cinque risposte a cinque quesiti riguardanti alcuni aspetti circa la dottrina cattolica sulla Chiesa. Rileggiamo quello che maggiormente interessa noi riguardo all’argomento trattato.

Primo quesito: “Il Concilio Ecumenico Vaticano II ha forse cambiato la precedente dottrina sulla Chiesa?

Risposta: Il Concilio Ecumenico Vaticano II né ha voluto cambiare né di fatto ha cambiato tale dottrina, ma ha voluto solo svilupparla, approfondirla ed esporla più ampiamente.

Proprio questo affermò con estrema chiarezza Giovanni XXIII all’inizio del Concilio. Paolo VI lo ribadì e così si espresse nell’atto di promulgazione della Costituzione Lumen Gentium: “E migliore commento sembra non potersi fare che dicendo che questa promulgazione nulla veramente cambia della dottrina tradizionale. Ciò che Cristo volle, vogliamo noi pure. Ciò che era, resta. Ciò che la Chiesa per secoli insegnò, noi insegniamo parimenti. Soltanto ciò che era semplicemente vissuto, ora è espresso; ciò che era incerto, è chiarito; ciò che era meditato, discusso, e in parte controverso, ora giunge a serena formulazione”. I Vescovi ripetutamente manifestarono e vollero attuare questa intenzione”

 

IL CASINO NASCE DAL DEFINIRE “CHIESE” LE COMUNITÀ PROTESTANTI

Benedetto XVI predica ai seguaci di Lutero dal pulpito (loro non li hanno abbattuti come ha fatto certa pretaglia cattolica dopo il concilio) di un luogo di culto luterano in Germania

Se molti che vogliono percorrere il cammino ecumenico si ostinano nel definire “chiese” quelle che non lo sono, ossia tutte le comunità protestanti, non è colpa del Concilio. Anche in questo caso, infatti, il documento fa luce:

Quinto quesito: Perché i testi del Concilio e del Magistero successivo non attribuiscono il titolo di “Chiesa” alle Comunità cristiane nate dalla Riforma del 16° secolo ?

Risposta:

Perché, secondo la dottrina cattolica, queste Comunità non hanno la successione apostolica nel sacramento dell’Ordine, e perciò sono prive di un elemento costitutivo

essenziale dell’essere Chiesa. Le suddette Comunità ecclesiali, che, specialmente a causa della mancanza del sacerdozio ministeriale, non hanno conservato la genuina e integra sostanza del Mistero eucaristico, non possono, secondo la dottrina cattolica, essere chiamate “Chiese” in senso proprio”

Eppure dobbiamo tristemente costatare che non pochi Pastori definiscono “chiese” queste comunità, ma, ripetiamo, la colpa non è del Concilio: è di chi si ostina ancora ad imporre le proprie opinioni, anche sottoforma a volte di messaggi pastorali nei quali si usa il termine “chiesa” senza tenere a mente queste precisazioni. E quel che è più triste è che molti sostengono l’errore che fanno volontariamente in nome “del Concilio”.

 

MA QUANDO MAI I PADRI DELLA CHIESA SONO STATI “ANTISEMITI”!

Vogliamo specificare che “noi”, che qui tentiamo di sviscerare l’argomento senza pretendere di dare risposte definitive, ci riteniamo un pò nel mezzo, con il Papa, in un difficile equilibrio fra i due estremi, catalogati oramai come progressisti da una parte e fondamentalisti (tradizionalisti) dall’altra: una posizione anch’essa scomoda perché facilmente attaccabile da entrambi gli estremi. Ma che è anche l’unica postazione che riteniamo plausibile, ossia “con il Papa”, fiduciosi nelle scelte che compie anche quando non le comprendiamo pienamente. Questo non esclude una serie di analisi e continui approfondimenti degli argomenti che, al di là di chi ha torto o ragione, ci coinvolgono tutti, perché interessano tutta la Chiesa e hanno ripercussioni sul mondo intero. Dunque, a certi gruppi troppo “tradizionalisti” (leggasi fondamentalisti) così come a chi soffia sul falso “spirito del Concilio” (leggasi progressisti) per alimentarlo, vogliamo ricordare in breve il pensiero della Chiesa in duemila anni di storia.

I Padri della Chiesa, memori di questo passo: “Non pensate che io sia venuto ad abolire la Legge o i Profeti; non sono venuto per abolire, ma per dare compimento” (Mt 5,17), i Padri, dicevo, sono sempre stati consapevoli che compito della Chiesa non è mai stato quello di vietare (a parte il peccato) agli altri di professare il proprio credo, quanto quello di portare al mondo la conoscenza di questo compimento e della venuta del Messia. Così come è assurdo attribuire, oggi, ai Padri della Chiesa l’accusa di antisemitismo, quando essi non intervenivano mai sulla razza in quanto tale ma sul rifiuto di accogliere il Messia. C’è, pertanto, una bella differenza!

 

PERFIDO E’ CHI DÀ DEL PERFIDO AL “PERFIDO”. A PROPOSITO DI “PERFIDI GIUDEI”

Eugenio Zolli, il rabbino che si “arrese a Cristo”

Un esempio concreto è il termine “perfidi”… a proposito di “perfidi giudei”. Leggiamo questo passo:

598. La Chiesa, nel magistero della sua fede e nella testimonianza dei suoi santi, non ha mai dimenticato che ” ogni singolo peccatore è realmente causa e strumento delle [...] sofferenze ” del divino Redentore. (434) Tenendo conto del fatto che i nostri peccati offendono Cristo stesso, (435) la Chiesa non esita ad imputare ai cristiani la responsabilità più grave nel supplizio di Gesù, responsabilità che troppo spesso essi hanno fatto ricadere unicamente sugli Ebrei:” È chiaro che più gravemente colpevoli sono coloro che più spesso ricadono nel peccato. Se infatti le nostre colpe hanno condotto Cristo al supplizio della croce, coloro che si immergono nell’iniquità crocifiggono nuovamente, per quanto sta in loro, il Figlio di Dio e lo scherniscono con un delitto ben più grave in loro che non negli Ebrei. Questi infatti – afferma san Paolo – se lo avessero conosciuto, non avrebbero crocifisso il Signore della gloria (1 Cor 2,8). Noi cristiani, invece, pur confessando di conoscerlo, di fatto lo rinneghiamo con le nostre opere e leviamo contro di lui le nostre mani violente e peccatrici “.

Qualcuno potrebbe pensare che si tratta del Concilio o del Catechismo. In effetti è così: ma non appartengono al Vaticano II o all’ultimo Catechismo della Chiesa Cattolica. Queste parole sono del Concilio di Trento, in particolar modo arrivano dal Catechismo Tridentino. Sorprendente vero? Dov’è l’accusa di “deicidio”? Al contrario, già in quel concilio, la Chiesa aveva chiarito la situazione. Rimaneva solo da spiegare il termine “perfidi”: cosa volevano intendere i Padri con questo vocabolo?

Per comprenderlo, occorre far presente che il significato dei termini è cambiato da quando vennero usati con la loro etimologia originaria. Così, un autentico apologeta, oggi, si sforza di ricercare il significato delle parole e, in base a questo, prova a comprendere cosa intendessero dire i Padri ai loro tempi.

Nel suo libro su Pio XII del 2001 Andrea Tornielli chiarisce il qui pro quo con una limpidezza che è saggio riportare:

Come tutti i filologi sanno, il termine perfidi in latino ha soltanto il significato di “miscredenti”, riferito a coloro che non vogliono accettare la fede cristiana. Nessuno ha mai detto “perfido” ad un giudeo, nel termine che si traduce oggi. Gli dicevano “perfidus”, cioè “che non crede” nella seconda Persona della Santissima Trinità. Infatti i giudei non credono nella seconda Persona della Santissima Trinità. Ma con l’introduzione dei messalini in lingua volgare e le traduzioni, quel perfidi latino si era trasformato nell’inglese perfidious, nel francese perfide, nel tedesco treulos, nell’olandese trouweloos, nell’italiano perfidi

Da una constatazione si era cioè passati a una condanna morale.

Eugenio Zolli (il Rabbino di Roma, amico di Pio XII che poi si convertì alla Chiesa richiedendo egli stesso come dono il nome di Eugenio) chiese a Pio XII di cancellare l’espressione. Il Papa rispose che il significato della parola latina non conteneva un giudizio morale, ma soltanto la constatazione che i giudei rifiutano la fede cristiana ed erano dunque infedeli. Ma fece fare una precisazione sull’argomento dalla Sacra Congregazione dei Riti, pubblicata il 10 giugno 1948. Dunque i perfidi Judaei erano soltanto i giudei infedeli e non perfidi.

L’espressione sarà definitivamente abolita da Giovanni XXIII. Oggi nella liturgia del Venerdì Santo i cristiani pregano soltanto “per gli Ebrei”, senza l’aggiunta di aggettivi”.

 

IL “DIALOGO” E’ CON TUTTI. MA L’ECUMENISMO E’ FRA SOLI CRISTIANI. E POI SI PENSI A GESÙ E LA PROSTITUTA…

Un esempio di follia e sclerosi senile che da decenni sta devastando l’ordine francescano in ogni latidine della terra: qui un manifesto di aperto e orgoglioso sincretismo di una famiglia di suore francescane missionarie che osano ancora “richiamarsi a santa Chiara”

Questo viene detto riguardo all’Ebraismo. E riguardo alle altre Religioni? Differenze sostanziali non ce ne sono. Si parla, infatti, di dialogo “interreligioso” nei confronti di tutte le “religioni” non cristiane, mentre si parla di “ecumenismo” per il dialogo fra cristiani separati, ossia solo fra coloro che credono in qualche modo nella Santissima Trinità, nell’Incarnazione di Dio e nella Sua Morte e Risurrezione, ma che tuttavia non sono nella Chiesa.Infine, si parla oggi anche di “cortile dei gentili”, con attenzione all’insegnamento paolino, per intrattenere un dialogo franco e sincero nei riguardi di chi cerca ancora un “Dio”, oseremo dire “gli atei aperti, devoti”.

Nostra Aetate parte da un incrocio irrinunciabile: la Chiesa, Nuovo Testamento, e Israele, l’Antico Testamento, sono inseparabili. Nel bene o nel male i nostri destini sono legati. Gesù è ebreo; Maria, sua Madre, è ebrea; la genealogia descritta da Matteo lega Giuseppe alla discendenza del re Davide al quale è unita indissolubilmente tutta la storia della Salvezza. Perciò non possiamo essere antisemiti: sarebbe una contraddizione in termini ed una contraddizione teologica. Al tempo stesso, non temiamo alcun confronto, non temiamo alcun dialogo, non temiamo alcuna religione. Di conseguenza, il rispetto e il dialogo non possono fare altro che aumentare la stima verso la Verità, verso Gesù Signore se coloro che si dicono cattolici sanno essere veri testimoni.

Gesù assume su di sé il sacerdozio regale; mantiene il sacrificio diventando Egli stesso il Sacrificio “unico e perfetto” a Dio gradito; Gesù così completa la Legge, rompe ogni schiavitù e la Legge diventa dono e regola di salvezza, non già di terrore. Un esempio concreto è il passo evangelico sulla donna adultera che stava per essere lapidata: Gesù non abolisce la Legge, ma la supera facendo leva sulla dignità della vita umana, richiamando i suoi giudici alle coscienze e al perdono, quando questi vengono chiamati a lanciare la loro pietra se si fossero ritenuti, in coscienza, senza peccato. Alla donna, dopo averle confermato il perdono, Gesù rivolge il suo paterno monito: “và e non peccare più!”. Dunque, in un breve dialogo, il Signore non mette da parte la legge o la dottrina, ma la vive, la mette al confronto con le coscienze di tutti i presenti, lascia decidere a loro; alla donna fa vedere il volto misericordioso di Dio, senza rinunciare ad ammonirla per evitare che cada di nuovo nel peccato.

Questa è la vera base per ogni autentico dialogo con i non cattolici o con gli atei.

Nostra Aetate e la Gaudium et spes, partendo dal Concilio, si irradiano nel mondo con queste intenzioni, ma senza dubbio tra il dire e il fare qualcosa è andato storto ed oggi, questi due testi sono quelli che maggiormente dividono all’interno della Chiesa.

 

MANCO AVEVA FATTO IN TEMPO A MORIRE CRISTO, CHE COMPARVE IL PRIMO MELLONI DEL CRISTIANESIMO: QUEL DISGRAZIATO DI MARCIONE

Qualcuno in Occidente sta barando: la Chiesa di Cristo è disarmata. Molto meno disarmati sono islamici e occidentali ormai senza alcuna fede

Riguardo agli Ebrei, occorre dire che la famosa Diaspora non comincia con l’avvento del Cristo né per colpa dei cristiani: essa era già iniziata secoli prima dell’Incarnazione di Dio. La stessa distruzione del Tempio di Gerusalemme nel 70 d.C. non è attribuibile ai Cristiani: il Tempio subì la distruzione qualche decennio dopo la morte in croce del “Sacerdote regale ed unico”. Dalla morte di Gesù cambia tutto: da qui inizia il cammino della Chiesa con Gesù quale Sacerdote attraverso i “suoi”, attraverso coloro che lo accoglieranno senza più distinzione fra razza, popolo, lingua o nazione; da qui crollano tutte le frontiere; da qui si avvia il nuovo popolo redento; da qui nascono anche molte incomprensioni, ma nasce e si sviluppa l’apologetica, gli scritti dei Padri della Chiesa, ecc.; da qui nasce e si sviluppa l’insegnamento della dignità umana e della sua libertà che ha in Cristo la massima espressione.

I Padri della Chiesa hanno sempre sostenuto strenuamente che è lo stesso Dio vivente che parla a tutti noi nell’Antico come nel Nuovo Testamento, cominciando a condannare Marcione quando nell’anno 100 voleva separare l’Antico dal Nuovo Testamento vedendo nei due testi due divinità contrapposte…

Ricordando che il precetto fondamentale del cristianesimo è quello dell’amore di Dio verso il prossimo, promulgato già nell’Antico Testamento e confermato da Gesù, è del tutto normale e legittimo che questo obbliga cristiani ed ebrei, o persone di altre religioni, in ogni relazione umana senza eccezione alcuna. Dice Nostra Aetate: “I vari popoli costituiscono infatti una sola comunità. Essi hanno una sola origine, poiché Dio ha fatto abitare l’intero genere umano su tutta la faccia della terra, hanno anche un solo fine ultimo, Dio, la cui Provvidenza, le cui testimonianze di bontà e il disegno di salvezza si estendono a tutti finché gli eletti saranno riuniti nella città santa, che la gloria di Dio illuminerà e dove le genti cammineranno nella sua luce. (..) La Chiesa cattolica nulla rigetta di quanto è vero e santo in queste religioni. Essa considera con sincero rispetto quei modi di agire e di vivere, quei precetti e quelle dottrine che, quantunque in molti punti differiscano da quanto essa stessa crede e propone, tuttavia non raramente riflettono un raggio di quella verità che illumina tutti gli uomini. Tuttavia essa annuncia, ed è tenuta ad annunciare, il Cristo che è « via, verità e vita » (Gv 14,6), in cui gli uomini devono trovare la pienezza della vita religiosa e in cui Dio ha riconciliato con se stesso tutte le cose. (NOTA DELL’AUTRICE: basti pensare che l’Incarnazione di Dio, l’avvento del Messia, non avvenne solo per gli ebrei o solo per i cristiani, ma per tutto il genere umano e fin anche per la natura stessa che, come ci rammenta san Paolo “soffre a causa del Peccato e attende la redenzione”).

Essa perciò esorta i suoi figli affinché, con prudenza e carità, per mezzo del dialogo e della collaborazione con i seguaci delle altre religioni, sempre rendendo testimonianza alla fede e alla vita cristiana, riconoscano, conservino e facciano progredire i valori spirituali, morali e socio-culturali che si trovano in essi.”



[SM=g1740771]  continua.......

Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)