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  La cristologia della Dei Verbum. Due espressioni bibliche sono decisive per parlare di Gesù secondo il Concilio: Cristo è il mediatore e la pienezza della rivelazione, di Andrea Lonardo



Scritto da Redazione de Gliscritti: 07 /04 /2015 - 

     
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Per una presentazione della Dei verbum, cfr. La Dei Verbum: la novità di un approccio personalistico alla rivelazione. I cinque punti nodali di un magnifico documento, di Andrea Lonardo.

Il Centro culturale Gli scritti (7/4/2015)

La Dei Verbum non parla solo dell'utilizzo della Scrittura, ma la "utilizza" anche, prediligendo alcuni testi biblici che i padri conciliari ritennero decisivi per una presentazione della fede cristiana agli uomini del nostro tempo.

La cristologia biblica di Dei Verbum è incentrata sulla presentazione di Gesù come “mediatore” e come “pienezza” di tutta intera la rivelazione (DV 2).

Mostrare che Gesù è il mediatore vuol dire sottolineare che l’uomo non è mai stato in grado di conoscere l’amore di Dio ed il suo volto con le sue forze, ma solo attraverso la mediazione di Cristo. Lo annunziano, fra gli altri testi:

-Mt 11,27 Tutto è stato dato a me dal Padre mio; nessuno conosce il Figlio se non il Padre, e nessuno conosce il Padre se non il Figlio e colui al quale il Figlio vorrà rivelarlo (in questa espressione della fonte Q è già presente tutta la contemplazione biblica del Vangelo di Giovanni).

-Gv 1,18 Dio, nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito, che è Dio ed è nel seno del Padre, è lui che lo ha rivelato.

-Gv 14,5-7 Io sono la via, la verità e la vita. Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me

-Gv 15,15 Non vi chiamo più servi, perché il servo non sa quello che fa il suo padrone; ma vi ho chiamato amici, perché tutto ciò che ho udito dal Padre mio l’ho fatto conoscere a voi.

-1 Tm 2,5 Uno solo è Dio e uno solo anche il mediatore fra Dio e gli uomini, l’uomo Cristo Gesù

-Eb 8,6 Ora il Cristo ha avuto un ministero tanto più eccellente quanto migliore è l’alleanza di cui è mediatore, perché è fondata su migliori promesse.

-Eb 9,15 Per questo Cristo è mediatore di un’alleanza nuova, perché, essendo intervenuta la sua morte in riscatto delle trasgressioni commesse sotto la prima alleanza, coloro che sono stati chiamati ricevano l’eredità eterna che era stata promessa.

-Eb 12,24 Vi siete accostati a Gesù, mediatore dell’alleanza nuova.

Santa Teresa d’Avila ha parole che mostrano la “mediazione” di Cristo, poiché solo la carne di Gesù è la via certa per conoscere Dio:  «Ho sempre riconosciuto e tuttora vedo chiaramente che non possiamo piacere a Dio e da lui ricevere grandi grazie, se non per le mani della sacratissima umanità di Cristo, nella quale egli ha detto di compiacersi. Ne ho fatto molte volte l'esperienza, e me l'ha detto il Signore stesso. Ho visto nettamente che dobbiamo passare per questa porta, se desideriamo che la somma Maestà ci mostri i suoi grandi segreti. Non bisogna cercare altra strada, anche se si è raggiunto il vertice della contemplazione, perché per questa via si è sicuri» (Santa Teresa di Gesù; Opusc. "Il libro della vita",cap. 22, 6-7, 14)

L’altra espressione biblica che la Dei Verbum predilige è quella di Gesù Cristo “pienezza” della rivelazione che Dio fa nella storia di se stesso. DV 2 quando afferma che Gesù Cristo è “il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione” sta citando:

-Col 2,9 È in Cristo Gesù, il Signore, che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità.

-Gv 1,16 Dalla sua pienezza noi tutti abbiamo ricevuto: grazia su grazia.

-Ef 3,19 Perché siate in grado di conoscere l’amore di Cristo che supera ogni conoscenza, perché siate ricolmi di tutta la pienezza di Dio.

-Col 1,19 È piaciuto a Dio che abiti in lui tutta la pienezza.

-Col 2,3 In lui sono nascosti tutti i tesori della sapienza e della conoscenza.

De Lubac ha sottolineato che per la fede cristiana la pienezza della rivelazione di Dio e del suo amore non si trova in un libro – a differenza dell’Islam, ad esempio, che è una "religione del Libro" – bensì nell’Incarnazione, nel farsi carne della Parola, in Gesù Cristo. Lui è la pienezza di Dio presente in mezzo a noi:

«[Cristo,] sì, Verbo abbreviato, “abbreviatissimo”, “brevissimum”, ma sostanziale per eccellenza. Verbo abbreviato, ma più grande di ciò che abbrevia. [...] Le due forme del Verbo abbreviato e dilatato sono inseparabili. Il Libro dunque rimane, ma nello stesso tempo passa tutt’intero in Gesù e per il credente la sua meditazione consiste nel contemplare questo passaggio. 
Mani e Maometto hanno scritto dei libri. Gesù, invece, non ha scritto niente; Mosè e gli altri profeti “hanno scritto di lui”.
Il rapporto tra il Libro e la sua Persona è dunque l’opposto del rapporto che si osserva altrove.
La Parola di Dio adesso è qui tra di noi, “in maniera tale che la si vede e la si tocca”
: Parola “viva ed efficace”, unica e personale, che unifica e sublima tutte le parole che le rendono testimonianza. 
Il cristianesimo non è la “religione biblica”: è la religione di Gesù Cristo”» (da H. de Lubac, Esegesi medievale. I quattro sensi della Scrittura, I, Paoline, Roma 1972, pp. 344; 353-354).






La Dei Verbum: la novità di un approccio personalistico alla rivelazione. I cinque punti nodali di un magnifico documento, di Andrea Lonardo

Scritto da Redazione de Gli scritti: 04 /08 /2013 - 

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Riprendiamo sul nostro sito un breve studio di Andrea Lonardo. Restiamo a disposizione per l’immediata rimozione se la sua presenza sul nostro sito non fosse gradita a qualcuno degli aventi diritto. I neretti sono nostri ed hanno l’unico scopo di facilitare la lettura on-line.

Il Centro culturale Gli scritti (4/8/2013)

È possibile sintetizzare il messaggio della Dei Verbum in cinque punti.

1/ Innanzitutto i padri del Concilio scelsero di presentare la Parola di Dio in chiave personalistica: «Piacque a Dio nella sua bontà e sapienza rivelare se stesso»[1]. Dio non ha rivelato agli uomini innanzitutto delle verità di fede e nemmeno degli eventi storici particolarmente rilevanti. Infatti, al cuore della rivelazione non ci sono primariamente dei dogmi e nemmeno il dispiegarsi della storia biblica, bensì molto più profondamente il Dio che si rivela perché per amore vuole essere conosciuto.

Il desiderio di tutti i secoli e di tutte le culture, il desiderio di ogni uomo di vedere Dio, ha finalmente trovato soddisfazione. Come dice l’evangelista Giovanni: «Dio nessuno lo ha mai visto: il Figlio unigenito che è Dio è lui che lo ha rivelato»[2].

Proprio nella discussione che avrebbe portato alla Dei Verbum il Concilio conobbe la svolta che gli permise poi di portare frutto. Il documento preparatorio portava il titoloDelle due fonti della rivelazione e si occupava solo della Scrittura e della Tradizione, avendo come scopo quello di chiarire la relazione tra di esse. Esso venne ritenuto giustamente troppo angusto e la sua prospettiva limitata: un terzo dei votanti lo rifiutò. Fu papa Giovanni XXIII ad avere il coraggio di appoggiarsi a costoro per chiedere ad una commissione apposita di elaborarne una stesura totalmente nuova.

Il nuovo testo si indirizzò nella giusta direzione, inserendo in apertura un capitolo sulla rivelazione stessa, sul Dio che parla prima che sulla Parola di Dio.

Ecco allora la prima grande novità della Dei Verbum: ciò che conta innanzitutto è la bellezza di Dio che vuole rivelarsi, di Dio che per amore mostra finalmente il suo volto. In una storia d’amore umana si introduce l’amato a conoscere la propria intimità: così è piaciuto fare a Dio con gli uomini.

2/ La secondo novità della Dei Verbum consiste nella chiarezza con cui Gesù Cristo viene riconosciuto come il cuore stesso della rivelazione: «Cristo è insieme il mediatore e la pienezza di tutta intera la rivelazione»[3].

In questa maniera appare subito evidente che il cristianesimo non è una “religione del libro”, ma è la fede nel Dio fattosi carne. La Parola di Dio, conseguentemente, non è primariamente la Scrittura, bensì il Verbum Dei è Gesù Cristo.

I due termini che specificano nella Dei Verbum il significato di Cristo sono “mediatore” e “pienezza” della rivelazioneSolo da un punto di vista superficiale può apparire che un rapporto immediato con Dio sia più vero di quello mediato da Cristo. Nello stupore che si prova dinanzi a Cristo, l’uomo si accorge che solo attraverso la mediazione della carne di Gesù può abbandonare tutte le false immagini della divinità che si è creato nei secoli. Come insegnava Teresa d’Avila l’unica via certa per giungere a Dio è la carne di Gesù.

Ma Cristo non è solo il mediatore necessario per giungere a Dio, dato che l’uomo è incapace di “bucare le nubi” per giungere a vedere il volto di Dio. Gesù è anche la pienezza della rivelazione. In Lui Dio si è mostrato totalmente al punto che, contemplando la sua vita, noi arriviamo a dire: «Dio è amore» (1Gv 4,8). Perché Dio è totalmente presente in Lui. Come dice San Paolo: «È in Cristo che abita corporalmente tutta la pienezza della divinità» (Col 2,9).

Al di fuori della fede cristiana, il massimo che possa accadere è che un uomo venga mandato da Dio per recapitarci un libro a nome dell’Altissimo. Nel cristianesimo i libri biblici sono scritti perché si giunga alla Parola di Dio piena che è Gesù Cristo.

Cristo così eccede la Scrittura, perché solo in Lui Dio parla in maniera piena e definitiva[4].

3/ La Dei Verbum, dopo aver chiarito che cosa è la rivelazione e che essa si compie in Gesù Cristo, può allora passare ad affrontare il rapporto fra Bibbia e Tradizione. Esse non sono più viste dal Concilio come due fonti, perché l’unica fonte è la rivelazione stessa di Dio. Scrittura e Tradizione sono piuttosto i due modi con cui la rivelazione, compiutasi una volta per sempre, si perpetua nel tempo.

Per un certo aspetto la Tradizione ha un valore infinitamente più alto della Scrittura. Infatti, nella celebrazione liturgica la Parola di Dio è talmente viva che quando il sacerdote pronuncia le parole «Questo è il mio corpo», Cristo si dona totalmente a chi riceve quel pane. In quelle parole è talmente presente la Parola stessa di Dio che realmente chi mangia dell’Eucarestia riceve Cristo stesso. Una lettura ripetuta ed approfondita della Scrittura non sarebbe mai in grado di offrire alla Chiesa la presenza eucaristica.

Per un altro aspetto, la Scrittura ha una qualità infinitamente grande che la Tradizione non ha: avendo Dio ispirato ogni minuzia di quel testo, ecco che esso è la «regola suprema della fede»[5]. La Tradizione, senza un continuo rapporto con le Scrittura, si inaridirebbe e perderebbe il contatto con il vero Gesù trasmesso dalla tradizione apostolica.

La Tradizione e la Scrittura non possono così stare l’una senza l’altra, anzi «poiché ambedue scaturiscono dalla stessa divina sorgente, formano in certo qual modo un tutto e tendono allo stesso fine […], ne risulta così che la Chiesa attinge la certezza su tutte le cose rivelate non dalla sola Scrittura e che di conseguenza l'una e l'altra devono essere accettate e venerate con pari sentimento di pietà e riverenza»[6].

4/ La Dei Verbum passa poi ad illuminare quale debba essere il giusto modo di accostarsi al testo sacro. I padri del Concilio accolsero con riconoscenza i nuovi studi biblici che, attraverso la ricerca storica, permettevano di comprendere sempre meglio il senso originario delle parole bibliche[7]. Al contempo il documento ricorda che l’esegesi deve essere guidata dallo stesso Spirito che ha ispirato le Scritture e, per questo, sottolinea alcuni importantissimi criteri spirituali quali l’unità della Scrittura - si veda la tipologia che caratterizza la liturgia -, la viva tradizione della Chiesa (cui è da aggiungere, come fanno i documenti successivi, il concorso dell’esegesi ebraica) e l'analogia della fede[8].

L’allora cardinale Ratzinger ricordò in un suo intervento[9] che a modello di questa compresenza del metodo storico e del metodo spirituale nell’interpretazione biblica potevano essere prese le meditazioni del cardinale Carlo Maria Martini, che era capace di radicare la sua riflessione nel dato filologico del testo, ma insieme ne sapeva manifestare il significato attingendo sia al continuo rimando dei brani dall’Antico al Nuovo Testamento, sia allo splendore dell’interpretazione che i rabbini ed i padri della Chiesa ne avevano fornito.

In particolare la Dei Verbum seppe confermare la Chiesa, grazie all’intervento di papa Paolo VI che richiese l’inserimento di tale espressione nel testo, che «i quattro Vangeli, di cui afferma senza esitazione la storicità, trasmettono fedelmente quanto Gesù Figlio di Dio, durante la sua vita tra gli uomini, effettivamente operò e insegnò per la loro eterna salvezza»[10]. I padri conciliari sottolinearono che, qualunque sia stata la storia redazionale degli scritti neotestamentari, essi «sono di origine apostolica»[11], rispecchiano cioè effettivamente quanto Gesù manifestò ai Dodici.

5/ Infine la Dei Verbum desidera ardentemente che i fedeli si nutrano dei tesori della Parola di Dio, affermando: «Il santo Concilio esorta con ardore e insistenza tutti i fedeli, soprattutto i religiosi, ad apprendere “la sublime scienza di Gesù Cristo” (Fil 3,8) con la frequente lettura delle divine Scritture. “L’ignoranza delle Scritture, infatti, è ignoranza di Cristo” (San Girolamo, Commento ad IsaiaPrologo). Si accostino essi volentieri al sacro testo, sia per mezzo della sacra liturgia, che è impregnata di parole divine, sia mediante la pia lettura, sia per mezzo delle iniziative adatte a tale scopo e di altri sussidi […]. Si ricordino però che la lettura della sacra Scrittura dev'essere accompagnata dalla preghiera, affinché si stabilisca il dialogo tra Dio e l'uomo; poiché “quando preghiamo, parliamo con lui; lui ascoltiamo, quando leggiamo gli oracoli divini”»[12].

In questo paragrafo finale meritatamente famoso tutto quanto la Dei Verbum ha già espresso viene riletto dal punto di vista del dialogo personale di ogni credente con il Signore.Dio che si è rivelato in persona vuole entrare in comunione con ogni uomo e vuole parlargli ancora oggi, tramite la Sacra Scrittura e la viva Tradizione della Chiesa espressa particolarmente, ma non solo, dalla liturgia. È un dono d’amore, una proposta da non rifiutare.

Note al testo

[1] DV 2.

[2] Gv 1,18.

[3] DV 2.

[4] «La Parola di Dio precede ed eccede la Bibbia. È per questo che la nostra fede non ha al centro soltanto un libro, ma una storia di salvezza e soprattutto una Persona, Gesù Cristo, Parola di Dio fatta carne» (dal discorso tenuto da papa Francesco nell’udienza ai membri della Pontificia Commissione Biblica il 12/4/2013).

[5] DV 21.

[6] DV 9.

[7] DV 12 e, per il Nuovo Testamento, DV 19.

[8] DV 12.

[9] J. Ratzinger, Un instancabile maestro della “lectio divina”, in Carlo Maria Martini da 15 anni sulla cattedra di Ambrogio, San Paolo, Cinisello Balsamo, 1996, pp. 101-103.

[10] DV 19.

[11] DV 18.

[12] DV 25.



[Modificato da Caterina63 11/04/2015 17:33]
Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)