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Tra gli eventi che nel XX hanno visto per protagonisti quelli che Giovanni Paolo II chiama "i nuovi martiri", uno era finora sfuggito all’attenzione del grande pubblico: il martirio subito dalla Chiesa in Messico.

Raccontiamo questa storia dimenticata, che difficilmente si trova nei libri di storia, quella di una rivolta di coraggiosi, di contadini, maestri, impiegati, madri di famiglia, che insorsero in difesa della libertà concrete (di fede, di diritto ad un insegnamento libero, ad una socialità non soffocata dallo Stato), che combatterono contro il genocidio culturale.


Messaggio Da Teofilo

Prima della celeberrima rivoluzione avvenuta agli inizi del XX secolo, il Messico aveva conosciuto, nello spazio di cinquant’anni, settantadue colpi di stato e trentasei costituzioni: la corsa al potere era continua e avveniva nel crepitio delle fucilate. Tra i vari litiganti chi seppe trarre profitto fu l’Amministrazione Statunitense, appoggiando di volta in volta gli ambiziosi contendenti e soffiando sul fuoco della discordia. Fin dai primi anni della loro indipendenza gli Stati Uniti rivolsero particolare attenzione alle ricchezze dell’ex-colonia spagnola. Ai primi dell’Ottocento incorporarono la Louisiana e la Florida, e oltre ai commerci vi impiantarono ben presto un’aggressiva attività missionaria protestante, allo scopo di "delatinizzare" quelle regioni la cui popolazione era quasi interamente cattolica. A metà del secolo, gli USA crearono un incidente diplomatico col Messico, a cui fece seguito una breve ed intensa guerra di annessione: a bandiera a stelle e strisce sventolò così in tre nuovi stati - il Texas, la California, il New Mexico - un territorio enorme e dalle immense risorse naturali. Fu sempre Washington ad appoggiare le rivolte che servivano a sbarazzarsi di uomini divenuti non graditi, sostituendoli con personaggi più malleabili, che appena giunti al potere si affrettavano a rilasciare concessioni minerarie a importanti compagnie americane per lo sfruttamento di oro, platino, mercurio, rame, ferro, carbone e argento.

Per lo più, alla vigilia della prima Guerra Mondiale, una nuova scoperta, quella del petrolio, accentuò l’interesse nord-americano per i territori al di là del Rio Grande.

Scoppiata la Rivoluzione nel 1910, una serie di ditattori si susseguì al potere: dapprima Carranza, autore nel 1917 di una Costituzione ferocemente anti-cattolica, e quindi Obregone Callas, eletti coi voti del 2% della popolazione.

La Rivoluzione, inizialmente sostenuta dalla sollevazione dei peones, che sognavano una più equa riforma agraria e che erano animati da un profondo sentimento religioso, finì in realtà per porre a capo della nazione messicana una classe dirigente massonica che diede il via ad una massiccia opera di scristianizzazione della società. Il generale Plutarco Calles fu il principale protagonista dell’opera di persecuzione. Nato negli USA, fu l’esponente di quell’ideologia apparentemente contradditoria - un misto di liberismo e leninismo, di giacobinismo e autoritarismo pragmatico - che diede i fondamenti ideologici e pratici al "Partido Revolucionario lnstitutional". Il collante di tale composita ideologia fu l’appartenenza massonica dei suoi seguaci e un nemico da abbattere con odio determinato: la Chiesa Cattolica.



In Messico, negli anni venti, le autorità pubbliche cercarono di sradicare la Chiesa e le sue istituzioni dalla vita del popolo con leggi ingiuste ed una persecuzione sanguinosa; tentarono invano di istituire una Chiesa scismatica; espulsero dal Paese i sacerdoti stranieri; ordinarono la chiusura dalle scuole cattoliche e dei seminari; mutarono le leggi e le pene dei tribunali giudiziali in norme contrarie alla Chiesa; disprezzarono le giuste rivendicazioni dei Vescovi e di molti cattolici.

La persecuzione religiosa raggiunse il suo vertice con la "Legge Calles" del 14 giugno 1926, con la quale la Chiesa Cattolica, che rappresentava non solo la religione del popolo messicano, ma la sua stessa anima e identità culturale e nazionale, fu privata di tutti i diritti.

Nel 1926, con l'idea di approfondire il proprio potere, Calles aveva inferto alcuni colpi bassi alla Chiesa, lanciando una feroce campagna anticlericale. I preti risposero con uno sciopero del culto. Per la prima volta nella storia del Messico le chiese chiusero i battenti ai fedeli. Al vedere la salute spirituale in pericolo, migliaia di contadini degli stati di Jalisco, Colima, Guanajuato, Michoacan, Zacatecas e Durango si ribellarono, inalberando il sempiterno vessillo della vergine della Guadalupe e invocando Cristo-Re (da cui i nomi cristero e cristiada ).

La guerra durò quasi 15 anni, passando per fasi alterne e coinvolgendo differenti strati di popolazione. La storia ufficiale ha preferito etichettare la cristiada come una sommossa di bigotti manipolati da preti reazionari e proprietari terrieri che si opponevano alla riforma agraria. Tuttavia, la chiesa istituzionale non chiamò mai all'insurrezione e, a partire dal 1929, scomunicò i ribelli. Da parte sua lo stato lasciò perdere l'anticlericalismo militante alla prima opportunità. I cristeros invece definivano se stessi come liberatori e non erano certo difensori del capitalismo: "guai al ricco idolatra del denaro", si legge in un loro manifesto.

In realtà, la cristiada fu una ribellione genuina in cui la Chiesa svolse suo malgrado una funzione detonante in maniera non dissimile da quanto successe decenni dopo in un paese come la Polonia. In questi casi, è importante ciò che la Chiesa rappresenta nell'immaginario collettivo. Per i contadini delle montagne del Jalisco o del Durango, poverissimi e poco informati delle circostanze politiche del momento era semplicemente intollerabile che il governo, oltre a riscuotere tasse, si impicciasse anche dell'unico bene non negoziabile: la cura dell'anima. La chiesa, se non altro, garantiva l'accesso al paradiso



Il Generale Plutarco Elías Calles era un animo deciso a portare a termine i piani di distruzione della Chiesa in Messico. Come dimostrano i fatti aveva deciso di porre fine alla Chiesa cattolica in Messico. Così lo videro i suoi contemporanei e così lo proclamò con coraggio il primo Vescovo di Huejutla, D. José Manriquez e Zárate, nella sua sesta lettera pastorale del 6 marzo 1926: "L'intenzione di Calles è di porre fine, una volta per tutte, alla religione cattolica in Messico. Il giacobinismo messicano ha decretato la morte della Chiesa Cattolica nel nostro Paese, lo sradicamento dalla società messicana e, se fosse possibile, del pensiero cattolico".

Ciononostante, vari sacerdoti decisero di restare nelle proprie comunità al servizio dei fedeli, annunciando la Parola di Dio, impartendo loro i sacramenti, assistendoli con l'esercizio della carità, imitando il Buon Pastore. Non vollero abbandonare le loro comunità cristiane; e per questo patirono pazientemente minacce, oltraggi, tormenti fisici e morali. Perdonarono i loro persecutori, e armati di una grande fede, diedero audacemente la vita per Cristo e per la Chiesa.

Nella stessa persecuzione contro la Chiesa morirono anche molti laici. Tra di essi tre giovani dell'Azione Cattolica, collaboratori del proprio parroco, che si dissero pronti ad offrire la propria vita per Cristo. Non rinnegarono la propria fede né la loro appartenenza all'Azione Cattolica, e con coraggio e serenità subirono percosse, ed infine la morte.

Il movimento "cristero" fu una protesta disperata dei cattolici messicani contro l'azione persecutoria nei confronti della Chiesa. Questo movimento non fu promosso dalla gerarchia ma condotto interamente dai laici.

Questi cercarono l'appoggio dei Pastori, che collaborarono in parte e in modo molto vario, a titolo personale.

Anche quando, prelati e sacerdoti erano d'accordo a resistere alle leggi inique contro la Chiesa, tuttavia venivano sostenute diverse opinioni riguardo alla situazione e, soprattutto, con le debite riserve riguardo a una difesa armata.

Tutto il clero appoggiò la resistenza pacifica all'azione di persecuzione del Governo. Così fece anche nei confronti del boicottaggio, dato che era stato approvato dai Vescovi.

Il comportamento dei sacerdoti venne messo in chiaro in un volantino risalente alla fine del 1926, diffuso dalla Lega Nazionale per la difesa della libertà religiosa, in cui si diceva: "Si cercò di fare dei nostri sacerdoti degli apostati, di renderli scismatici, di allontanarli dall'obbedienza al Papa, dinanzi a tutto ciò essi mantennero la loro fede e preferirono restare in miseria ed essere perseguitati".

I sacerdoti, tutti provenienti dal clero diocesano, non furono immolati in gruppo, ma anzi, al momento di venire arrestati si trovavano soli, ognuno al proprio posto. Inoltre, e per il solo fatto di essere sacerdoti, e senza alcun processo, ritenendo un crimine l'esercizio del loro ministero essi furono condotti al martirio. Nessuno appoggiò la resistenza armata del movimento "Cristero". Nel caso dei laici, furono martirizzati in quanto fedeli



L'Ateneo Pontificio Regina Apostolorum sta compiendo una meritoria opera di recupero della memoria storica e di maggior conoscenza, non solo in ambito cattolico, di alcune fra le più importanti, ma misconosciute, persecuzioni di cui sono state vittime appunto i cattolici. :

"La storia della Chiesa in Messico rappresenta un esempio di coraggio e resistenza, sottomessa a una violenta ostilità dal 1911 al 1940. Fu così aspra che Pio XI la paragonò a quella dei primi secoli cristiani. Il cattolicesimo messicano non fu reazionario nei confronti dei cambiamenti sociali. "I congressi" social-cattolici anteriori alla rivoluzioni, le numerose iniziative nel campo educativo, sociale e popolare, lo dimostrano ampiamente. Ma le forze liberali e massoniche trionfatrici nel 1917, rimasero nelle mani di uomini visceralmente nemici della Chiesa. Vollero cancellare per sempre l'uomo cattolico messicano. La spiegazione di una così forte intolleranza si deve ricercare nel carattere popolare del Cattolicesimo messicano, la cui diffusione fra la gente era così incomoda da dover essere soppressa con la forza. All'inizio, poiché era impossibile realizzarlo con le armi, si cercò di farlo con le leggi. Ma quando si dimostrarono inefficaci, si tornò ai plotoni di esecuzione. Nessuno dei Martiri fu sottomesso a un processo legale; nessuno fu condannato per crimini accertati dalla legge. Come nel caso di ogni persecuzione, il motivo della condanna fu la semplice appartenenza esplicitamente professata a Gesù Cristo, vivo oggi, confessato senza ambiguità con quel grido ripetuto mille volte da quei martiri prima di morire: Viva Cristo Re! Viva la Vergine di Guadalupe!

Ai Martiri messicani si può applicare ciò che Sant'Efrem scriveva sui primi martiri: "Ecco la vita nelle ossa dei martiri: chi oserebbe dire che non sono vivi? Ecco i monumenti vivi, e chi ne può dubitare?" Ecco i monumenti vivi della presenza di Cristo, nei Martiri messicani, e nel "basso popolo cristiano", secondo l'espressione usata dai massoni e dai liberali riformisti di allora. Rimase fedele alla sua fede nonostante le ostilità della massoneria infiltrata nella borghesia economica e intellettuale "criolla", protagonista in parte dell'indipendenza e con frequenza protetta dai fratelli "del Nord" e dell'Europa.

Lo studio attento dimostra il preciso progetto di smantellare le radici cattoliche e un dichiarato disprezzo non soltanto verso tutto ciò che era "spagnolo", ma anche verso tutto ciò che era "indio", nonostante l'apparente indigenismo di molti esponenti rivoluzionari. Molti sacerdoti sono morti mentre si recavano a celebrare la messa (nonostante la proibizione di farlo); alcuni muoiono addirittura con le specie consacrate in bocca, per difenderle dalla profanazione. I Martiri muoiono invocando la Vergine di Guadalupe. È anche la prova che Guadalupe non era un mito, né una fantasia religiosa scaturita da un sincretismo, ma un Evento che ha penetrato tutta la storia cattolica messicana e latinoamericana, come hanno detto i vescovi a Puebla nel 1989. Un altro aspetto dei Martiri è il loro impegno sociale. Li vediamo immersi in una grande attività nello sforzo di migliorare le condizioni della gente, per la giustizia sociale nei circoli operai, nella stampa, nella formazione di bambini e giovani. La vita non è separata dalla fede. I sacerdoti non rinunciano al loro ministero durante la persecuzione, e vivono nascosti, viaggiando di notte da rancho a rancho. Alcuni soldati si rifiutarono di sparare ai loro sacerdoti, e pagarono con la vita il loro gesto di gratitudine, di rispetto e di fede. Quei sacerdoti erano eroici nella fedeltà quotidiana al proprio sacerdozio, nelle circostanze difficili in cui si trovavano. Questi sono gli aspetti che metterei in evidenza come chiave di lettura della storia di un martirio, una delle storie più appassionanti e appassionate del 20° secolo".

I vescovi messicani, sostenuti da Papa Pio Xl, ordinarono di chiudere al culto le chiese, dal momento che ne andava della vita stessa dei sacerdoti e della libertà del popolo di Dio.

Cominciò a scorrere il sangue dei martiri, I cattolici perseguitati trovarono il coraggio di manifestare pubblicamente la propria fede, affrontando dapprima la repressione poliziesca e quindi quella militare. Calles impose aqli impiegati cattolici una scelta: rinunciare a Cristo o perdere il posto. Su 400 maestri di Guadalajara, ben 389 preferirono essere destituiti piuttosto che rinnegare la fede.

Mentre le prigioni andavano riempiendosi sempre più, i cattolici costituitisi nella "Lega per la difesa della libertà religiosa", continuarono la battaglia civile e non violenta con il boicottaggio nei confronti dello Stato: acquistare solo lo stretto necessario, disertare teatri e luoghi di divertimento, rinunciare a viaggi, ritirare i depositi dalle banche. Il boicottaggio venne propagandato dai giovani attivisti in vari modi e in ogni parte del paese e la risposta violentissima del regime non si fece attendere: le detenzioni vennero sostituite dalle esecuzioni sommarie. Il generale Gonzales, comandante delle truppe della regione di Michoacan, emise questo decreto in data 23 dicembre 1927: "Chiunque farà battezzare i propri figli, o farà matrimonio religioso, o si confesserà, sarà trattato da ribelle e fucilato".

A Citta del Messico, in tutta risposta, convennero folle di pellegrini da ogni parte della nazione, a ricordo del primo Congresso Eucaristico Nazionale, tenutasi nel 1924 con grande successo, nonostante le restrizioni governative, e sulla cima del Cubilete, centro geografico della nazione, per la prima volta venne lanciato il grido fatidico, segnale di riscossa e di insorgenza, che doveva diventare il grido dei martiri davanti ai plotoni di esecuzione o alle forche di questa nuova Vandea: "Viva Cristo Re!". Ma dì fronte agli arresti, alle confische, ai campi di concentramento, agli stupri e agli eccidi, consumati nell’indifferenza internazionale, rotta solo dalle vibranti proteste del Vaticano, i cattolici si trovarono senza altra alternativa, dopo la testimonianza, il boicottaggio e la resistenza passiva, che prendere le armi: divennero soldati, soldati di Cristo Re o, come venivano sprezzantemente definiti dai nemici, "Cristeros".

L’11 gennaio 1927 fu proclamato il Manifesto alla nazione detto "de los Altos" e nacque l’Esercito Nazionale dei Liberatori. Il programma politico prevedeva la restaurazione di tutte le libertà soppresse.

L’esercito si organizzò disponendo unicamente del sostegno dei volontari e della popolazione civile. Le colonne si spostavano continuamente in una tattica di guerriglia.

L’armata era composta di giovani, contadini e operai, studenti e impiegati, animati e uniti da uno spirito ammirevole: alla sera, prima di addormentarsi, i Cristeros cantavano l’inno "Tropas de Maria". Quando era possibile si conservava il Santissimo, e i soldati si davano il cambio ogni quarto d’ora per L’adorazione. I capi portavano la croce sul petto e i soldati l'immagine della Vergine di Guadalupe; prima di dare battaglia, tutti si facevano il segno della croce e poi si battevano al grido di "Viva Cristo Re". Lo spazio non ci consente di elencare i tanti protagonisti dell'eroica insurrezione, i valorosi e i martiri, alcuni dei quali, sotto il pontficato di Giovanni Paolo II, hanno raggiunto la gloria degli altari, come il gesuita Padre Miguel Agustin Pro, fucilato senza processo.

Fu una Vandea, abbiamo detto, ma con una conclusione diversa: il desiderio di vedere cessare definitivamente le sofferenze del popolo messicano portò l'Episcopato a siglare accordi con il governo. Il 29 giugno 1929, festa dei Santi Apostoli Pietro e Paolo, le chiese del Messico si riaprirono al culto, e le campane tornarono a suonare nel paese: vennero celebrate Messe ovunque, tra l'entusiasmo della popolazione. I Cristeros deposero le armi: discesero dai monti, sciolsero i battaglioni che per tre anni avevano tenuto testa alle truppe governative, e tornarono ai loro villaggi e alle loro città. La gioia per il ritorno della pace si accompagnò però nei loro cuori all'amarezza per la mancata vittoria: i nemici di sempre rimanevano ai loro posti di comando e la tregua, così frettolosamente raggiunta. sapeva di compromesso.

Molti esponenti dei Cristeros si sentirono traditi: non era stato firmato un accordo, ma una resa. Numerosi membri del clero e laici noti per il loro impegno antigovernativo vennero esiliati e molti Cristeros, appena deposte le armi, furono arrestati e fucilati. Non pochi paesi che avevano dato loro ospitalità vennero saccheggiati e i sacerdoti ritornati nelle loro parrocchie divennero bersagli dell'ostilità governativa.

Prese il via un'opera più raffinata e meno cruenta di marginalizzazione dell'identità religiosa e culturale del popolo messicano.

Nel 1931 la ribellione scoppiò di nuovo, visto che gran parte dei cristeros , diffidando, non avevano consegnato le armi. Scrollati i legami istituzionali, i contenuti agrari furono questa volta più espliciti. Fatto significativo: alla rivolta si sommarono anche alcune regioni degli stati di Morelos e Guerrero, dove gli antichi zapatisti assistevano con amarezza al disfacimento dei loro ideali. Solo il presidente Cardenas (1934-1940), grazie a una politica di riforma agraria integrale, riuscì a guadagnarsi poco a poco le simpatie dei contadini e a provocare la rovina del movimento, prima nel Jalisco e poi negli altri stati. Nel 1940, non rimanevano che degli isolati fuochi di resistenza nel Durango.

Come è noto, nel momento in cui la guerra tra i cristiani e lo stato messicano ateo sembrò non poter avere una soluzione, la Santa Sede, andando incontro anche alle richieste dei vescovi locali, tentò di venire ad un compromesso richiamando i cristiani a deporre le armi. Nel frattempo, anche se senza riuscirvi, il governo messicano aveva cercato di dare vita ad una Chiesa cattolica nazionalista. Non tutti i cristiani in armi accolsero l'invito a deporle, soprattutto perché le concessioni che il governo anticlericale messicano del tempo aveva fatto a parole ai rappresentanti della Santa Sede, non furono mantenute. Anche dopo la fine degli scontri armati, continuò in forme più subdole una dura persecuzione contro i cattolici e, soprattutto, contro il clero e i religiosi e nella Costituzione messicana rimase l'articolo che non riconosce l'autonomia della Chiesa nello svolgimento della sua azione pastorale.



Bibliografia

- Paolo Gulisano, Viva Cristo Re! Cristeros: il martirio del Messico 1926-29. Il Cerchio, Rimini 1999.

- L. Zilliani, Messico Martire, Soc. Ed. S. Alessandrino, Bergamo 1935.

- Vandea e Messico, Edizioni Centro Grafico Stampa, Bergamo 1993.

Cronologia

· Dicembre 1916: attraverso elezioni manipolate, Carranza diventa Presidente del Messico. Egli si appoggia al liberalismo giacobino, al protestantesimo nordamericano e alla massoneria. Sì inaugura la serie di governi anticattolici che domineranno il Messico per tuffo il secolo XX.

· 5 febbraio 1917: viene approvata la nuova Costituzione massonica. La Costituzione proibisce l’insegnamento religioso, spoglia la Chiesa di tutti i suoi beni, limita il numero dei sacerdoti e l'esercizio del loro ministero, nega alla Chiesa personalità giuridica, vieta ai sacerdoti di avere proprietà, di votare, ereditare, ma li obbliga al servizio militare. Nel biennio successivo, undici tra arcivescovi e vescovi vengono esiliati negli USA, due a Cuba, altri in Europa. Centinaia di sacerdoti e religiosi vengono cacciati e duemila scuole cattoliche vengono chiuse.

· 1920: un colpo di Stato militare depone Carranza. lì generale Alvaro Obregòn (1880-1928) è il nuovo presidente.

· 1924: Scaduto il mandato presidenziale di Obregòn, inizia la "staffetta" con Plutarco Elias Calles.

· 21 aprile 1926: una lettera pastorale dei vescovi messicani accusa il governo di voler "annichilire il cattolicesimo", aprire le porte ai Protestanti e favorire la Massoneria.

· 14 giugno 1926: viene emanata la "legge Calles", che restringe ancor di più la libertà religiosa.

· 31 luglio 1926: per la prima volta, dopo più di 400 anni, i vescovi decidono di sospendere il culto pubblico in tutte le chiese del Messico. Si vive come in un lutto nazionale.

· Agosto 1926: si contano sei rivolte in diverse zone del Paese e numerose proteste di piazza. La rivolta dei Cristeros è iniziata. Dopo un anno, i Cristeros in armi sono circa 25.000.

· 18 novembre 1926: nell'Enciclica Iniquis afflictisque, Papa Pio Xl richiama l'attenzione della Chiesa universale sulla "paurosa situazione" dei cattolici messicani.

· 21 giugno 1929: i vescovi Ruiz Flòres e Pascual Diaz firmano con il Presidente ad interim Emilio Portes Gil un modus vivendi che pone fine agli scontri. Ilì 29 giugno si riaprono le chiese. Ma la persecuzione continua. Nel 1935 si contano in Messico poco più di 300 sacerdoti, sugli oltre 4.000 presenti all'inizio della rivolta. In 17 Stati non si tollera la presenza di alcun sacerdote. La persecuzione contro la Chiesa messicana era costata la morte di 3700 sacerdoti, di 30.000 cristeros a cui vanno aggiunti 150.000 morti tra il popolo e quasi 40.000 caduti dell'esercito governativo.


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Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)