Dalla serie Interruzioni. Libertà dettata dal bisogno
di Werner Kaltefleiter 19/08/2004
Protestare ad alta voce contro Hitler, temevano Pio XII e la Curia romana, avrebbe portato solo a una reazione brutale del dittatore. L’aiuto della Chiesa poteva riuscire solo attraverso strade discrete ...
... che non sono mai state sconosciute ai servizi segreti nazisti, come emerge dai documenti dell’epoca.
Segue il quinto articolo - sulla raccolta di documenti dell’Archivio segreto del Vaticano sull’opera dell’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da papa Pio XII - "Dalla serie Interruzioni". Werner Kaltefleiter, giornalista del ZDF in pensione, continua la sua collaborazione con Korazym.org. È un amico della prima ora del nostro portale, che continua a fornirci i suoi apprezzati consigli e segnalazioni circa la preparazione in Germania alla XX GMG di Colonia nel 2005.
Il 18 novembre 1942 scrive Theodor Frank da Cannes a papa Pio XII: "Siamo stati colpiti da una grande sfortuna: tredici settimane fa mia moglie è stata deportata, senza che sia stato finora possibile stabilire dove si trovi. Mi permetto a questo punto di chiedere a Sua Santità se fosse possibile aiutarmi a individuare dove si trova e eventualmente a liberarla, perché possa tornare da me".
Il mittente della supplica avverte di essere gravemente malato, secondo il certificato medico non trasportabile, ed è seriamente preoccupato per la salute della moglie, che soffre di diabete. "A mo’ di legittimazione", ricorda un incontro con l’allora Nunzio Apostolico Pacelli a casa di un amico di Berlino Clemens Lammers, nella Heerstraße. Allora, "anni fa", ebbero il "grande onore di poter pranzare con Sua Santità, che tutti e due non hanno mai dimenticato e mai dimenticheranno". Theodor Frank comunica poi le generalità della moglie: Margot Frank, nata Kaufmann, nata il 22 aprile 1889 a Mannheim, deportata nella notte tra il 25 e il 26 agosto, Hotel Suisse a Cannes, secondo il comunicato della Croce Rossa partita da Drancy (Parigi), destinazione sconosciuta. "Dio le permetta di sostenere ancora per molto il genere umano già duramente provato", conclude Theodor Frank, che chiede scusa per essersi preso "la libertà dettata dal bisogno" di rivolgersi al papa con la sua preghiera.
Questa commovente lettera è apparsa nella recentemente pubblicata raccolta di documenti dell’Archivio segreto del Vaticano sull’opera dell’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da papa Pio XII. Era attivo dal 1939 al 1947 e rese possibile non solo il ritrovamento di soldati scomparsi, prigionieri di guerra e civili internati, ma anche i perseguitati per motivi politici, religiosi e razziali. Il titolo dei due volumi Inter Arma Caritas esprime il piano dell’opera: raccontare come la Sede di Pietro abbia attuato un piano d’amore per il prossimo, mentre infuriava una guerra mondiale. Sia le lettere di privati di religione ebraica e delle alte cariche di Gerusalemme al papa personalmente o al Segretariato di Stato, sia i rapporti alla Curia delle deportazioni da parte dei nunzi dai Paesi occupati dalla Germania di Hitler rendono una testimonianza indiscutibile dei crimini del periodo.
Else Nathan di Tel Aviv, Nachum Street 8, scrive in data 10 dicembre 1942 al Delegato apostolico a Gerusalemme alla ricerca di suo fratello e della sua famiglia, che "era stabilito finora nella città di Magonza". "La notizia della loro deportazione, che mi è giunta ora, è datata 8 luglio di quest’anno. Da allora non ho più notizie della loro sorte". Else Nathan prega i diplomatici del Vaticano di fare ricerche per la localizzazione degli scomparsi: dottor Walter Nathan, ortopedico, nato l’11.05.1889 a Coblenza sul Reno; la moglie, Elsbeth Nathan, nata August, nata il 03.12.1897 a Wellesweiler-Neunkirchen am Saar; i figli, Emma Lotte Nathan, nata il 18.07.1932 a Magonza; Daniel Hans Nathan, nato il 24.12.1936 a Francoforte sul Meno. Chi scrive avvisa concludendo che la famiglia possiede la cittadinanza tedesca ed è di religione ebraica.
Cosa ne è stato delle richieste, se e come il papa e i suoi collaboratori abbiano potuto aiutare queste persone disperate, non emerge dalla raccolta di documenti. Queste lettere sono comunque una prova, anche se non sorprende, che Roma è stata informata tardi, solo quando vennero stabilite le unità tecniche per la "soluzione finale della questione ebraica in Europa", di cosa stava succedendo. La pubblicazione dei documenti, nell’ambito della più generale apertura dell’Archivio vaticano condotta da papa Giovanni Paolo II sugli avvenimenti del fascismo e del nazismo può servire alla discussione infinita sul "silenzio" di Pio XII in merito agli orrori nazisti.
Il Vaticano avrebbe dovuto gridare questi crimini davanti al mondo, per accusare la Germania e isolarla? Hitler voleva palesemente "lasciare in pace" la Chiesa durante la guerra, sia per motivi di politica interna che di politica estera; aveva bisogno anche del sostegno dei cattolici, nel caso che ci fosse un regolamento di conti dopo la vittoria della guerra. E i nazisti al potere non avevano in mente il Vaticano come possibile mediatore di pace già all’inizio degli anni quaranta? Poteva essere un’occasione per il papa per stabilire le condizioni? D’altra parte imperversava il fanatismo razzista di un Himmler, di un Heydrich, di un Kaltenbrunner, di un Bormann senza trovare resistenza. "Ad maiora mala vitanda - Per evitare mali peggiori": il papa già nel 1943 aveva espresso il suo parere contrario con una chiara presa di posizione. Giudizi posteriori privati e storici non sono sufficienti per giudicare questo personalissimo conflitto interno del papa.
Protestare ad alta voce, temevano Pio XII e la Curia romana, avrebbe portato solo a una reazione brutale del dittatore. L’aiuto della Chiesa, se possibile e da considerare con l’appoggio degli Alleati, poteva riuscire solo attraverso strade discrete. Che non sono mai state sconosciute ai servizi segreti nazisti, come emerge dai documenti dell’epoca. Anche l’Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra, che era subordinato al Segretariato di Stato, veniva sottoposto ad attività di spionaggio. Il suo direttore, il vescovo greco-cattolico Alexander Evreinoff aveva origini nobiliari russe, era diplomatico dello zar e si era convertito al cattolicesimo dalla fede ortodossa. La sua carriera diplomatica è proseguita nella Segretaria di Stato con la carica agli Esteri. La sua vicinanza al Russicum, del seminario di Roma istituito per la missione in Russia, lo portò presto nelle cerchia tanto dei servizi segreti tedeschi quanto di quelli sovietici.
La documentazione si conclude con scritti del 1949. Nel dopoguerra in alcuni casi si chiede anche una presa di posizione del papa per interessi politici. Scrivono Franz Stein, Ernst Schröter e Friedrich Weichmann da Grossgoltern in data 30 dicembre 1946: "La Slesia è tedesca e appartiene da tempo immemorabile alla Chiesa cattolica romana per la maggior parte, perciò è assurdo che oggi la Polonia rivendichi dei diritti su di essa". Si chiede al papa di concedere udienza a una delegazione della Slesia, "cosicché possiamo porre le domande che ci premono di più". Ora, sarebbe interessante sapere se hanno ricevuto una risposta, che cosa è stato loro risposto, anche soltanto con poche righe della redazione.
La maggior parte del materiale contenuto nei due volumi è in italiano; il primo volume illustra la situazione storica e elenca le liste dei nomi, il secondo una selezione di documenti. Alcune lettere scritte in tedesco sono riprodotte nella versione originale, così come quelle scritte in francese o in inglese. Alcuni errori nella traduzione e nell’ortografia si possono vedere negli originali oppure possono essere intravisti sotto alle correzioni. Per concludere: questa pubblicazione costituisce una testimonianza impressionante della storia contemporanea anche con domande ancora aperte.
Inter Arma Caritas. L`Ufficio Informazioni Vaticano per i Prigionieri di Guerra istituito da Pio XII (1939-1947). 2 volumi: I Inventario, II Documenti. Collectanea Archivi Vaticani No. 52, Archivio Segreto Vaticano. Città del Vaticano 2004.
civiltà cattolica
Radio Mosca creò la leggenda nera su Pio XII: a proposito dell'allocuzione sui «Nefasti del nazismo»
www.avvenire.it
Sull'ultimo numero de «La Civiltà Cattolica», lo storico Giovanni Sale sostiene che fu Radio Mosca a creare la leggenda nera di Pio XII alleato dei nazisti. Giovanni Sale analizza l'allocuzione che il Papa pronunciò il 2 giugno 1945. La stampa antagonista, di sinistra e anticattolica, «addebitava al Papa la responsabilità di aver aiutato Hitler a consolidare il suo potere in Germania».
L'allocuzione, «Nefasti del nazionalsocialismo e requisiti essenziali per una vera pace» fu "letta" da Radio Mosca, il 7 giugno, come quella di un alleato del nazismo. Sale riporta il commento di Radio Mosca: «Chi ha udito il discorso del Papa in occasione della festa di Sant'Eugenio è rimasto oltremodo meravigliato nell'apprendere che il Vaticano durante i trascorsi anni del predominio di Hitler in Europa, ha agito con coraggio e audacia contro i delinquenti nazisti. I fatti invece operati dal Vaticano dicono il contrario».
Secondo lo storico gesuita, la stampa comunista internazionale «si allineò supinamente alle direttive di Mosca su tale materia. In tal modo iniziò la leggenda nera, la quale in qualche misura è arrivata ai giorni nostri, di un Pio XII amico e alleato dei nazisti.»
Giovanni Sale dice anche perché nell'allocuzione del 2 giugno non si parla di ebrei: «Non sono menzionati neppure altri popoli e nazioni che subirono pesantemente la devastazione nazista». «In ogni caso - commenta Sale - non c'era ancora in quel periodo la percezione esatta di ciò che nel cuore dell'Europa era accaduto agli ebrei negli ultimi anni della guerra». Così Giovanni Sale confuta la teoria di Pio XII amico dei nazisti: tutto cominciò con le direttive del Cremlino diffuse da Radio Mosca cinque giorni dopo l'allocuzione del Papa sui «Nefasti del nazionalsocialismo».
STORIA
Esce il libro che Eugenio Zolli scrisse dopo aver ricevuto il battesimo. L’aiuto che la Chiesa portò agli ebrei
Antisemitismo, i distinguo del rabbino
Alle radici di un odio che nel razzismo e nel nazionalismo vede le motivazioni della persecuzione. Ma senza negare gli eccessi del sionismo
Di Marco Roncalli
«L'elemento religioso, e in particolare il monoteismo, si presenta come determinante nella formazione delle peculiarità del popolo ebreo. Lo stesso particolarismo religioso manifestatosi attraverso la coscienza della propria superiorità al di dentro e un forte nomismo al di fuori nei rapporti con altri popoli, sia in Palestina quanto nella diaspora, divenne poi accanto ad altri fattori l'elemento principe nel far sorgere l'antiebraismo definito in tempi a noi vicini con una parola impropria: antisemitismo…». Inizia così - le righe sono stralciate dalla prefazione datata 23 luglio 1945 - Antisemitismo, il primo volume pubblicato da Eugenio Zolli dopo l'adesione al cristianesimo.
A sessant'anni dalla prima edizione Ave, l'opera - intitolata esattamente con quella parola "impropria" coniata nell'Ottocento da Wilhelm Marr - torna a giorni in libreria per le edizioni San Paolo. Ma se fino a poco tempo fa ricordare il rabbino capo di Roma fattosi battezzare il 13 febbraio 1945, poteva dare anche l'impressione di optare per finalità apologetiche creando titubanze tra sensibilità differenti all'opera nel dialogo interreligioso, ora invece - a tabù infranto con le edizioni di Prima dell'alba. Autobiografia autorizzata e di Il rabbino che si arrese a Cristo, sempre per la San Paolo- si riconsidera in modo approfondito la complessità di un caso dove non si registrò alcuna abiura, bensì un "arrivo" (motivato scrisse Zolli «dall'amore di Gesù Cristo, che derivò dalle mie meditazioni sulle Scritture»).
Un percorso che andrebbe accostato ad altri da ricordare (a quando ad esempio la riscoperta di un altro studioso ebreo approdato al cristianesimo come Salvatore Attal, passato dagli studi sulla cosmogonia mosaica a quelli su San Francesco?).
Ciò premesso queste pagine necessitano di molte sottolineature bene indicate dal curatore. Tra queste una riguarda la genesi del libro stampato dopo sette anni d'inattività forzata per l'autore (il precedente era stato Il Nazareno, nel 193 8), ma iniziato durante l'occupazione nazista, quando Zolli visse nascosto dall'ottobre 1943 sino al febbraio 1944: lo dichiara lo stesso autore e se ne ha conferma dai riferimenti ben datati a opere appena uscite (come Per la rinascita dell'Italia, edito dal Partito d'Azione nel dicembre 1943), ma anche da omissioni in apparenza clamorose (quale l'assenza di cenni sui lager).
Un'altra rimarca il fatto interessante che tale testo precedette gli altri "autobiografici", Christus del 1946 o Before the Dawn del 1954). Soprattutto però va ricordato che questo libro, col suo linguaggio oggi un po' desueto, costituisce di fatto un'analisi storica - attenta agli aspetti religiosi, politici, psicologici sull'origine e lo sviluppo dell'antisemitismo e, in particolare, sulle radici e l'evoluzione del razzismo come ragione giustificatrice dell'antiebraismo, sulle influenze del nazionalismo nelle sue forme più aggressive (ma anche sulle risposte del sionismo).
Dunque il lavoro, piuttosto "tecnico", di uno studioso apprezzato - ben prima della sua "scelta" - anche dai colleghi cattolici (che l'avevano invitato a collaborare per la Pontificia Commissione Biblica e l'Enciclopedia Cattolica). Un lavoro che nelle prime duecentottanta pagine indaga di tutto: la patria originaria dei Semiti o l'abominio d'Egitto, il sentimento religioso nazionale o la letteratura antiebraica nel mondo, il messianesimo e lo pseudomessianesimo, gli apologeti e i polemisti ebrei e cristiani d'ogni tempo, per arrivare, verso la fine, all'antisemitismo in Germania, Austria, Francia, a Rosenberg e Hitler, ai rapporti tra conversione e antisemitismo (con frasi interessanti come «le conversioni forzate non fruttano né nel campo religioso né in quello politico né nella vita sociale»).
Ma dopo il penultimo capitolo, con una disamina sulla questione razziale che affronta il «monismo biologico» (dove Zolli, dopo aver dato conto dei limiti del «meticciato genetico», osserva anche «quanto labile sia la base su cui poggia il concetto del meticciato intellettuale»), prima di passare in rassegna in appendice le lingue semitiche, ecco aprirsi uno squarcio su «Pio XII e gli Ebrei di Roma nel periodo dell'invasione germanica». Qui l'autore attinge dichiaratamente da una relazione del gesuita Gozzolino Birolo. Vi si legge: «L'ebraismo mondiale ha debito grande di gratitudine alla santità di Pio XII per gli iterati e pressanti appelli alla giustizia in suo favore, e, quando questi non valsero, per le forti proteste contro leggi e procedimenti iniqui. Ma questo debito riguarda in maniera tutta particolare gli Israeliti di Roma perché più vicini alla sua augusta persona e perché furono oggetto di speciali sollecitudini e provvidenze».
Il testo continua rendendo conto degli interventi del Vaticano e di molte istituzioni cattoliche a favore della comunità ebraica, facendo nomi, indicando luoghi, situazioni, cifre: «Immensa opera svolta sotto gli auspici del sommo pontefice e della Chiesa in tutto il mondo con uno spirito di umanità e di carità cristiana impareggiabili», chiosa l'autore. Aggiungendo: «Descrizione dell'opera in tutta la sua vastità costituirà una delle pagine più fulgide della storia, dell'umano e cristiano agire, un vero trionfo della luce che emana da Gesù».
Eugenio ZOlli
Antisemitismo
a cura di Alberto Latorre
Edizioni San Paolo
Pagine 320. Euro 19,00
www.avvenire.it