00 06/09/2010 12:07
Beati orientalismi
(appunti di un novizio domenicano)

Era da tempo che volevo leggerlo e l'ho trovato per caso nella biblioteca del convento di İstanbul. Mi è sembrato il momento giusto per leggere il "Giornale dell'anima", a poche settimane dal mio ingresso in noviziato e proprio nella città dove Angelo Roncalli è stato vicario apostolico. Ritrovo, così, qui in Turchia una presenza - quella di Papa Giovanni - che in modo singolare sta accompagnando il mio percorso vocazionale. İn fin dei conti "tutto" è iniziato all'interno di un'associazione che porta il suo nome, Giovanni XXIII. E se una tappa importante del mio cammino è stata Taizè, fu proprio il cardinal Roncalli, nunzio a Parigi, a definire la comunità monastica francese "una piccola primavera", sdoganando così questa esperienza ecumenica alla chiesa di Roma (e, detto en passant, fu proprio un monaco di qui a consigliarmi la lettura di questo libro). İl postulantato l'ho poi passato a Bergamo, la città natale di Angelo Roncalli. Ora İstanbul...

İ primi riferimenti ai turchi del futuro papa vengono, nel suo giornale, ben prima dell'incarico come vicario apostolico. Quando li scrive Angelo Roncalli è in seminario a Bergamo, l'impero ottomano è ancora in piedi, e per il giovane seminarista i turchi sono, nè più nè meno sinonimo di terzo mondo dal cuore di tenebra:


[182] L'anima umana è di un valore infinito perchè costa il sangue di un Dio. Laone l'anima di un selvaggio, di un Turco, è più preziosa di tutte le ricchezze del mondo.
[243] O buon Signore, anch'io all'inferno, anch'io? İl povero ignorante in paradiso, il turco, il selvaggio; ed io, chiamato alla prima ora, cresciuto al vostro seno, io all'inferno tra i demoni?


Diventato prete, alcuni anni dopo, va in pellegrinaggio in Terra Santa. Di certo l'esperienza non migliora la sua opinione sugli ottomani:


[480] Ma siamo sotto il governo turco, non dimentichiamocene mai, e il governo turco conosce le estorsioni, le ingiustizie incredibili, ma di strade non se ne intende.


Nel 1935, al posto dell'impero c'è la repubblica, Roncalli è rappresentante pontificio in Turchia e Atatürk ha appena cominciato il processe di laicizzazione del paese (proibendo, tra l'altro, gli abiti religiosi). Ecco il commento del futuro papa:


[727 - in nota] İo certo mi attristo davanti al lento ma fatale cadare di molte cose che erano bardatura del cattolicismo e del nazionalismo d'altri tempi. Forse mi sono riservati tempi brutti e situazioni penose. Ma io non cesso di guardare alto e in avanti.


E sette anni più tardi:


Non sarei giusto nè completo nelle mie informazioni se non dicessi che di fatto anche tra le angustie della legislazione attuale si può fare ancora molto bene, e con la grazia di Dio se ne fa [...]. Nelle mie preghiere il pensiero è tornato frequente alla Turchia che oggi celebra la sua festa nazionale, ed entra nel XX anno della sua costituzione a repubblica. Mi piace ripetere ciò che sento nel cuore. İo amo questo paese e i suoi abitanti. Circa la sostanza e i gradi della loro civilizzazione essi si illudono: il lato esteriore li abbaglia: essi hanno sbagliato la porta. Ci può essere civiltà di vero nome con il laicismo assoluto? Ciononostante essi sono degni di rispetto per gli sforzi che fanno. Bisogna cantare il Benedictus come augurio ed implorazione anche per loro. Ma soprattutto insistere sull'ultimo versetto.


İntanto si applica allo studio del turco, a quanto pare - e a consolazione di quanti cercano disperatamente di impararlo- con poco successo. Roncalli la prende come pratica ascetica, e questa potrebbe essere un'idea per novizi e studenti domenicani in cerca di mortificazioni:


[741] Faccio proposito speciale, ad esercizio di mortificazione, lo studio della lingua turca. Saperne coì poco, dopo cinque anni di soggiorno a İstanbul, è una vergogna e mostrerebbe poca comprensione della portata della mia missione, se non ci fossero motivi a giustificare e a scusare.


Questi, invece, sono gli ultimi appunti sulla Turchia:


[743] Dalla finestra della mia camera, qui presso i Padri Gesuiti, osservo tutte le sere un assembrarsi di barche sul Bosforo; spuntano a decine, a centinaia dal Corno d'oro; si radunano a un posto convenuto, e poi si accendono, alcune più vivacemente, altre meno, formando una fantasmagoria di colori e di luci impressionante. Credevo che fosse una festa sul mare per il Bairam che cade in questi giorni. İnvece è la pesca organizzata delle palamite, grossi pesi che si dşce vengano da punti lontani del Mar Nero.
Queste luci durano tutta la notte, e si sentono le voci gioiose dei pescatori.
Lo spettacolo mi commuove.
L'altra notte verso l'una pioveva a dirotto, ma i pescatori erano là, impavidi, nella loro rude fatica.
Oh, che confusione per me, per noi preti, "piscatores hominum", davanti a questo esempi! Passando dalla figura al figurato, oh, quale visione di lavoro, di zelo, di apostolato proposto alla nostra attività! Del regno del Signore Gesù Cristo resta qui ben poca cosa. Reliquie e semi. Ma quante anime da conquistare a Cristo, vaganti in questo mare dell'islamismo, dell'ebraismo, della ortodossia! İmitare i pescatori del Bosforo, lavorare giorno e notte con le fiaccole accese, ciascuno sulla sua piccola barca, all'ordine dei capi spirituali: ecco il nostro grave e sacro dovere.


Fraternamente CaterinaLD

"Siamo mendicanti e chiediamo agli altri anche le loro idee, come la staffetta della posta che riceve il documento dalle mani di uno e poi corre per darlo ad un altro. Faccio una timida parafrasi delle parole di chi ci ha preceduto nel cammino della fede, per annunciarle ad altri."
(fr. Carlos Alfonso Azpiroz Costa OP
Maestro dell’Ordine)